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Autore: Lely1441    19/05/2008    6 recensioni
"Cosa fareste se voi abitaste in una bettola, e faceste credere al vostro corteggiatore che abitate nella casa dove lavorate come cameriera, non sapendo però che proprio lui ne è il proprietario?" Liberamente tratto dal film "Quello strano sentimento".
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Elric, Maes Hughes, Riza Hawkeye, Roy Mustang, Winry Rockbell
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Quello strano sentimento

 

L’urlo della sirena dell’ambulanza che si stava affievolendo nella strada, si fece ben sentire in quell’angusto appartamento della 54ª Avenue, svegliando le due coinquiline.

- Winry, tocca a te fare la colazione oggi, alzati, forza.

- Dammi un attimo, Riza…

La donna, ormai in piedi, osservò per qualche momento l’amica rivoltarsi nelle coperte, e con un grugnito sollevare il lenzuolo sopra la testa e rimettersi a dormire.

“Ancora questa storia?”

- Winry… Winry!

Niente. La ragazza era entrata in uno stato vegetativo, e per farla alzare ora non sarebbe bastata l’intera fanfara della banda cittadina schierata sotto la loro finestra per le prove generali.

La stanza da letto era un vero bugigattolo: lo spazio bastava a malapena per i due letti, e per un cassettone che aveva la duplice funzione di armadio e scrivania. I letti erano muniti di rotelle, così da poterli spostare per riuscire ad aprire la porta del bagno (bagno! Un altro stanzino dove entravano appena e per grazia divina i servizi e il tubo della doccia), che era bloccata dall’intelaiatura del letto di Winry, oppure per mandarli nella direzione opposta per aprire la finestra.

Quindi, se Winry non si alzava, Riza non sarebbe riuscita ad entrare in bagno, né tanto meno sarebbe riuscita a far circolare un po’ d’aria (certo, un po’ inquinata per il traffico della città, ma sempre ossigeno era) nella camera.

Rifletté sul da farsi, e con uno scatto deciso afferrò le coperte e le strappò di dosso dall’amica, aspettando pazientemente la sua reazione.

Vide il corpo raggomitolato rabbrividire impercettibilmente, e un piede muoversi involontariamente, per poi rimanere immobile qualche secondo, rigido come quello di un morto.

Poi, l’urlo.

- Riza! Ma sei pazza? Lo sai che non devi svegliarmi così, accidenti!

- Niente storie. Alzati e prepara la colazione, io intanto mi lavo.

Winry continuò a borbottare contrariata, mentre si sollevava sbadigliando con malagrazia e si avviava riluttante verso l’altra stanza, che fungeva da cucina.

- Certo che sei proprio una carogna! Sai quanto lavoro, un po’ di rispetto, insomma! Se rientro a casa tardi la sera, non è colpa mia! Che stanchezza…

Riza si affacciò dalla porta.

- Sei tanto stanca, ma hai ancora abbastanza fiato in corpo per lamentarti, vero?

Ridendo, schivò la pantofola che l’avrebbe sicuramente centrata, se i suoi riflessi fossero stati più lenti.

Afferrò i letti, prima uno e dopo l’altro, e li spostò velocemente verso la finestra, liberando quei 50 centimetri che rendevano l’abitare lì ancora possibile.

Mentre si lavava (con l’acqua ghiacciata, tanto per cambiare) ripensò con un vago senso di nostalgia a tutti i suoi piani futuri, che invece di avvicinarsi, sembravano allontanarsi ogni giorno di più.

Afferrò il fine asciugamano e se lo avvolse intorno al corpo, uscì, spostò nuovamente i letti, questa volta verso la parete del bagno, e aprì la finestra.

“Il giorno in cui queste rotelle si bloccheranno, saremo veramente nei guai”.

Raccattò i vestiti di Winry sparsi sul minuscolo fazzoletto di pavimento che rimaneva sgombro dal mobilio, e glieli sistemò sopra il comò, mentre afferrava un semplice abito da uno dei cassetti e lo indossava.

In cucina, trovò l’amica bellamente appollaiata su una sedia, in pigiama e con una tazza di caffè fumante in mano, e prendendo in mano un biscotto, le si sedette accanto.

- Allora, oggi quali sono i nostri programmi?

- Io oggi devo andare da Jack a sistemargli il locale, e stasera tardi ho le prove. Tu?

- Io devo fare le pulizie da uno dei soliti ricconi, ne avrò fino a tardi, credo.

- Comincio a non farcela più, Riza. Insomma, guarda in che razza di appartamento viviamo! Perché non ne prendiamo uno nuovo, eh?

L’altra sospirò.

- Per l’ennesima volta, noi non possiamo permettercelo. Vuoi diventare un’attrice famosa? E allora devi pagarti gli studi, non puoi prenderti la libertà di buttare soldi all’aria in questo modo! E poi, a me non sembra ci sia niente di male in questo appartamento, è piccolo, ma dignitoso.

- Certo, quindi se esci con un uomo, ti faresti riaccompagnare fin dentro, vero?

Riza si alzò e cominciò a sparecchiare il suo piatto.

- Il problema non sussisterebbe. Non c’è nessun uomo con cui vorrei uscire, adesso, e anche se fosse, di sicuro non mi farei scortare fino a dentro casa, sai?

Winry la osservava scioccata.

- Cioè, e mi vuoi far credere che finora non hai mai frequentato nessuno? Sono due anni che viviamo qua!

Riza ricambiò la sua occhiata sconvolta con una esasperata.

- Cielo, Winry, non sono come te! Quanti uomini vedi che possano essere considerati decenti qui nei dintorni? Sono tutti come il garzone del fornaio, dai!

- Ehi, non mi toccare quel ragazzo! E’ pure carino… Sei te che non hai buon gusto, non te ne va bene uno! Sai come finirà? Che a forza di stare da sola diventerai talmente spietata e disumana che nessuno ti vorrà! Una zitella inacidita, ecco il futuro che ti aspetta!

Proprio mentre una replica incandescente stava per arrivare, qualcuno bussò alla porta, costringendo le due a una tregua momentanea.

- Arrivo!

Winry afferrò la tavola che usavano come tavola da stiro e che bloccava orizzontalmente la porta, e la sollevò, chiudendola dentro un apposito scaffale.

- Buongiorno vicine!

Era appena entrato un uomo alto, dai capelli scuri e gli occhiali. Le due ragazze si guardarono un attimo, prima di riprendere a discutere, ignorandolo a bella posta.

- Guarda che io non ho nessun bisogno di un uomo, per sentirmi felice! Anzi, avrei da preoccuparmi anche di una persona in più, e non ne ho alcuna voglia!

- Quindi ti vuoi ritrovare a sessant’anni  a giocare a bridge con le tue vicine zitelle, a spettegolare sulla figlia di tal dei tali, e senza avere la gioia della luce di un nipotino?

- Winry, ti rendi conto che siamo partite dal fatto che io non voglio andarmene di qui, e tu sei finita a pronosticarmi una vita da brivido?

L’altra la guardò trionfante, e agitò l’indice nella sua direzione.

- Ah-ha! Hai visto che l’hai ammesso? “Vita da brivido”! Vedi che neanche tu ne sei felice? E poi… Maes, quello era il mio caffè, mollalo giù!

L’uomo le fissò laconicamente, prima di finire la tazza.

- Be’, visto che voi eravate troppo prese dal vostro dibattito, mi sono servito da solo. Tanto ero sicuro che le mie adorate vicine mi avrebbero sicuramente offerto un caffè, quindi perché scomodarvi?

Riza alzò le spalle, mentre tornava in camera per pettinarsi. Winry invece non smetteva di osservare l’uomo con astio.

- Primo, Maes: non dare così per assicurato il fatto che un giorno “le tue care vicine” non possano smettere di trovarti anche solo minimamente sopportabile, e non ti facciano fare un bel volo dal quinto piano; secondo: era il mio caffè mattutino, e quello è intoccabile, sono stata abbastanza chiara?

- Sì, sì… Comunque sono d’accordo con Winry, Riza! – e qui alzò un po’ la voce per farsi sentire anche nell’altra stanza

- Ah davvero?

La ragazza era scettica, di solito nelle discussioni difendeva sempre Riza, non lei.

- Ma certo! Che cosa c’è di meglio di un bel matrimonio, per portare felicità e letizia nella vita di una coppia, e che i figli saprebbero solo intensificare? Ragionate: trovare qualcuno che cucini per te, lavi per te, ti rammendi i calzini, ti svegli con amore la mattina, che ti aspetti a casa come se il tuo ritorno dal lavoro fosse l’evento più lieto di tutta la giornata…

- Una scimmia ben ammaestrata, insomma. Non sarò mai una moglie-schiava, Winry, scordatelo.

- Ma Riza, non intendevo questo, lo sai benissimo!

- Tu no, certo, ma hai visto con quale chiarezza il nostro amico ha esposto la situazione.

Winry gettò uno sguardo di puro odio a Maes, prima di tornare a parlare.

- Non avrai mica intenzione di dare ascolto a questo tizio, vero? Insomma, dai! Temo anch’io per la poverina che se lo sposerà, figuriamoci, ma questa è soltanto la sua opinione, mica quella di tutto il mondo!

Riza riapparve, con in mano un’ultima forcina, che le serviva per tenere su i capelli nella complicata acconciatura che si era fissata sul capo.

- Si dia il caso che lui, sia un esponente dell’altro sesso, Winry, quindi a meno che non voglia sposare lui, o comunque qualcun altro del suo stesso livello, penso proprio che lascerò che la vita vada come vada.

- Parlate pure come se non ci fossi, eh!

- Ma Riza!

- Basta. Ora vado al lavoro, non ne voglio sapere più nulla di questa idea bislacca di farmi accasare con qualcuno, ok? E soprattutto, noi non cambieremo appartamento.

Riza afferrò la borsa ed uscì di casa, Winry la inseguì sul pianerottolo, e sporgendosi dalla ringhiera delle scale, le urlò dietro:

- Come vuoi, Riza, ma ricordati che verrà il giorno in cui ti pentirai di quello che hai detto, stanne certa!

L’altra rise e le fece “ciao” con la mano dalle scale.

- Maledizione a quella testa dura!

Si richiuse la porta dietro la schiena, e notò che l’uomo le stava anche addentando la sua brioche.

- Tu! Brutta razza di parassita che non sei altro, sanguisuga, Caino, schifoso voltagabbana, fuori di casa mia! Immediatamente!

E sbattendo con malagrazia il vicino fuori dall’abitazione, ripensò con nostalgia ai bei tempi passati, quando la sua unica preoccupazione era quella di scegliere il colore degli elastici per i codini.

 

Riza stava percorrendo la 63ª strada, quando adocchiò un chiosco di giornali, e decise di fermarsi ad acquistare una rivista per Winry. Non avrebbe sopportato di vederla di cattivo umore anche al suo ritorno, discutere con lei richiedeva un dispendio di energie non indifferente.

Posò la sua grande borsa-valigetta sul marciapiede, e si chinò sulla fila di periodici davanti a lei.

 

Roy camminava in tutta fretta: il suo amico dava già fuori di testa per un ritardo di dieci minuti, figurarsi per uno di mezz’ora.

Così, troppo preso dai suoi pensieri, non notò l’enorme borsa che spiccava davanti ai suoi occhi, e ci inciampò sopra, cadendo sul marciapiede e sbattendo un gomito per terra.

- Ma si può sapere chi è quell’idiota che molla una borsa incustodita in mezzo alla strada?

Sbraitò, mentre si massaggiava la parte lesa.

- Signore, si è fatto male? Mi dispiace, l’avevo lasciata lì per pochi minuti, credevo che chiunque riuscisse a vederla…

Roy, ancora borbottante, alzò lo sguardo, per trovarsi davanti una donna. Una bella donna. Una possibile preda. E visto che il suo istinto da galantuomo aveva sempre e comunque la meglio, si affrettò ad alzarsi e a rassicurarla.

- Ma no, ma no, è tutta colpa della mia sbadataggine, scusi lei, anzi… In fondo non mi sono neanche fatto male!

- Meglio, allora.

La donna sconosciuta sorrise, e a Roy si strinse qualcosa dalle parti dello stomaco.

- Stava acquistando qualcosa?

- Mmh? Ah sì, una rivista per una mia amica, vorrei farmi perdonare, più o meno…

Roy la osservò come inebetito, mentre la successione dei rapidi sorrisi dell’altra lo stordivano sempre più.

- Signore, perdoni la maleducazione, ma proprio non posso rimanere. Scusi ancora, e arrivederci!

Solo allora l’uomo si riscosse, e cercò di salvare il salvabile.

- Ma per restare in tema, anch’io vorrei farmi perdonare! Che ne direbbe se le offrissi qualcosa da bere, laggiù c’è un bar…

- Mi dispiace veramente, ma ho molta fretta, vede…

- Insisto. Vede, è giusto a due passi da qua, la vede quell’insegna?

Dicendo così, si era voltato, per indicarle il cartello alle sue spalle, e in quel frangente di secondo Riza prese la decisione di andarsene. Non poteva essere in ritardo sul lavoro, quindi si mimetizzò alla folla e scomparve.

Quando Roy si voltò, al suo posto non trovò altro che un fiume umano che risaliva il marciapiede.

 

 

 

Note finali: Liberamente tratto dal film del 1965 "Quello strano sentimento", regia di Richard Thorpe.

Ehm. Ok, non è niente di che, lo ammetto =____= Però l’idea mi piaceva, e ho deciso di buttarmici di petto, e be’, pazienza, ho sempre il tempo di migliorare.

Ho deciso di pubblicare questo, al posto dell’aggiornamento di “Ferro e Fuoco”, quindi dovrete accontentarvi fino alla prossima settimana XD

Ora vado, kissoni e un ringraziamento a tutti coloro che passeranno di qui ^^

 

Lely

 

P.S. Shatzy, credo che il bicchiere di thè dove affogare me lo porgerai tu stessa, ora XD

   
 
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