Loki era tornato ad Alfheimr e subito si era precipitato nella zona lacustre e
aveva raggiunto le collinette
artificiali, vi era entrato e aveva fatto ritorno alla stanza allagata con le
quattro statue, di nuovo si era posto sul basamento al centro del lago e aveva
ripetuto le operazioni necessarie per trovarsi nella stanza a specchio, dove
tutto era sotto sopra. Aveva infatti capito subito che il qui troverai il
passaggio del manoscritto si riferiva al luogo dove lo aveva trovato.
Era
tutto come la prima volta, le statue capovolte, i quattro spicchi colmati con
gli elementi, la strana, larga e tozza T luminosa nella volta. Cosa doveva fare
a quel punto? Non ne aveva idea! Era certo che ci fosse un altro indizio, un
messaggio da qualche parte. Si concentrò, attese e dopo un po’ iniziò ad avere
la sensazione che ci fosse una sorta di illusione, come un velo che gli celasse
la realtà: doveva squarciarlo!
Fece
apparire il proprio pugnale, lo strinse saldamente, poi fece un salto verso
l’alto e fendette l’aria come a voler squarciare quel velo e vi riuscì. Il
soffitto si aprì come una tela tagliata nel mezzo e rivelò una volta quasi
uguale a quella illusoria, l’unica differenza era che ora sulla T c’era una
scritta altrettanto luminosa che diceva: Io sono la soglia che tutti temono,
ma che chiama a sé ogni creatura, nessuno può evitare di passare attraverso di
me. Ad erigermi fu la potenza suprema, la massima sapienza e il sommo amore.
Qui fui posta al principiare della somma guerra per accogliere gli eserciti di Angra e di Spenta.
Per
Loki fu evidente che quella fosse una porta che
conduceva ad Hel, ma nella maniera più naturale: con
la morte. Dunque doveva morire. Gli sembrava assurdo! Ma poi ricordò un’altra
delle molte cose che aveva letto nel libro di Gondopharn:
bisogna morire per poter rinascere. Decise di fidarsi, si sollevò dal
piedistallo e con la levitazione cominciò a dirigersi verso il portale; più gli
si avvicinava, più vedeva che la roccia perdeva consistenza e quando lo
raggiunse trovò solo tenebra. Tenebra ovunque, non vedeva nulla, non riusciva
neppure a vedere sé stesso. Si sentiva indebolito, provò a scuotersi, ma non vi
riuscì, strinse i pugni, ma non sentì nulla, era come se il suo corpo fosse
svanito, aveva coscienza di sé ma non aveva più un recipiente dove stare e
presto, però, anche quell’unica consapevolezza andava dissolvendosi, era come
se si stesse addormentando, pur non volendolo; la sua percezione di sé divenne
sempre più debole, fino a rimanerne un solo granellino e poi più neppure
quella. La Morte.
La
scossa di un fulmine. Il dolore più tremendo che si possa provare. Un urlo. Due
occhi verdi si aprirono. Loki era ancora vivo o forse
lo era per la prima volta.
Inizialmente
non vide nulla: una luce abbagliante lo circondava, poi iniziò ad intravedere
delle ombre, ma era ancora tutto molto confuso, non sapeva chi era e non se lo
chiedeva, non era neppure consapevole, era come solo un ricettacolo di
sensazioni. La vista migliorava con la coscienza e presto gli fu chiaro il
mondo interiore ed esteriore.
Capì
di essere sdraiato su una lastra di pietra lavorata; attorno a lui c’erano una
decina di esseri di varie razze, vestiti in maniere differenti, alcuni
vecchissimi, altri meno, l’unica cosa che avevano in comune era un amuleto a
forma di due triangoli equilateri intrecciati tra loro, uno col vertice in
alto, l’altro col vertice in basso. Istintivamente Loki
si portò una mano al petto e constatò di avere anche lui quell’oggetto.
“Benvenuto
tra i Saggi.” disse uno di quelli.
Loki aggrottò la
fronte, voleva chiedere qualcosa, ma non poté, fu preceduto.
“Non
sei ancora diventato uno di noi, ma presto lo sarai.”
“Sappiamo
perché sei qui e speriamo avrai il coraggio necessario.”
“Se
tutto andrà come di dovere, non ci rivedremo più.”
“Poiché
diventerai più grande di tutti noi.”
“Tu
sei la speranza di una rigenerazione totale.”
“Ne
sarai degno?”
“Ora
ti trasporteremo da Mìmir.”
“Mostragli
il nostro simbolo.”
“Saprà
che può farti bere senza ulteriori prove.”
“Io
…” cercò di dire Loki, ma non riuscì a dire alcunché,
si sentì spinto verso il basso, verso la lastra su cui era sdraiato,
l’attraversò, si sentì di nuovo stordito e quando si riprese si trovava
altrove, in piedi, avvolto da neve, ghiaccio e gelo, su Jotunheimr.
Si stupì, non avrebbe mai immaginato che Mìmir e la
sua fonte della saggezza si trovassero nel suo Regno. Dove andare? Si trovava
praticamente in mezzo al nulla e la neve fioccava pesantemente, limitando la
visuale. Il nuovo amuleto iniziò a vibrare e si sollevò un poco, per indicare
la direzione da prendere. Loki seguì quelle
indicazioni e ben presto riuscì a distinguere una grossissima e altissima
sagoma nera sull’orizzonte e capì: quella era una delle tre radici dell’Yggdrasil. Il Mago si affrettò e presto la raggiunse e lì
vi trovò un essere a metà tra l’umano e lo jotun,
grosso, possente, blu, ma con tratti molto gentili e capelli rossi, mentre gli
occhi erano verdi; al collo aveva anche lui l’amuleto dei Saggi.
“Buongiorno”
salutò il Mago “Sono Loki figlio naturale di Laufey, figlio d’adozione di Odino e Frigga, re di Jotunheimr e principe reale di Asgard.”
“So
chi sei.” rispose Mìmir, sorridendo “Ti stavo
aspettando da molto tempo.”
“Davvero?”
“Forse
da sempre. Sono cresciuto ascoltando narrare le tue gesta.”
“Com’è
possibile? Tu non sei uno degli esseri più antichi?”
“Deve
ancora venire il tempo in cui sono stato fanciullo e in cui ho regnato anch’io
su Jotunheimr, ma sarà tra breve.”
Loki fece segno di
non capire.
“Presto
ti sarà chiaro. Bevi alla fonte. Lì ci sono l’otre con cui attingere e il corno
da cui bere.”
Il
Mago si avvicinò agli oggetti indicati, prese per primo l’otre, ottenuto dalla
pelle della zampa di un drago e lo immerse nella pozza d’acqua gorgogliante che
fuoriusciva da sotto l’enorme radice. Riempitolo, vi attinse con il corno e
bevve.
Quel
che gli accadde in quel momento è indescrivibile, fu come scoprire di avere
davanti agli occhi centinaia di veli, come quello che celava la vera porta
nella caverna, e vederli distruggersi in un solo istante. D’improvviso ogni
cosa gli si svelava e si mostrava a lui nella propria pura essenza, non più
celata da nulla, non più condizionata dalle opinioni, convinzioni, credenze,
pregiudizi, tradizioni e quant’altro fa da filtro tra la coscienza umana e la
realtà. Molte cose che prima gli erano sembrate importanti, ora non lo erano
più, mentre altre di cui non si era mai occupato, gli risultavano adesso
basilari. Ora Loki aveva evidente, dentro di sé,
l’Essere, l’essere puro senza condizioni. Comprese tutto, sapeva ciò che era
stato, sapeva ciò che bisognava fare e l’intera esistenza non aveva più segreti
per lui.
Si
voltò verso Mìmir e lo guardò con orgoglio e
amorevolezza, voleva dirgli qualcosa, ma l’altro lo precedette: “No, non
parlare; altrimenti resteremmo qui troppo a lungo. Tu sai e io so, abbiamo
entrambi abbastanza saggezza per non dover dirci nulla, perché già ci siamo
capiti.”
“Sono
felice di averti visto.”
“Non
aggiungere altro, per favore” replicò commosso “Va! Va e fa ciò che devi.
Consacra la tua vita. Rendi eterno il tuo nome. Va, mi rivedrai!”
“Mi
hai già visto?” chiese con meravigliata speranza.
“Sì,
tu mi hai posto qui.”
“Allora
aspetterò con impazienza quel giorno.”
Detto
ciò, Loki si teletrasportò a Nidavellir,
ora con la nuova saggezza acquisita poteva spostarsi anche tra un Regno e
l’altro. Si portò direttamente presso il palazzo del re Hreidmarr
e fece una grandiosa entrata ad effetto, con tanto di fumo, nella sala del
trono, facendo sobbalzare il monarca.
“Come
osi presentarti qua!?!” gli ringhiò Hreidmarr, appena
si fu ripreso dalla sorpresa.
“Ascoltami,
non ho tempo per i nostri soliti giochi. Mi sono divertito molto in questi
cinquecento anni a scambiarmi dispetti con te, ma adesso la questione è seria.”
“Dispetti
…. Il mio ultimo non ha funzionato.” borbottò, deluso, il re dei nani.
“Qual
era?”
“Bah,
una roba che è fallita miseramente … Sapevo che eri vivo e che eri tu il nuovo
re di Jotunheimr con cui mi sono scontrato
ultimamente, tra l’altro non ti perdono quest’ultima trovata dell’arsenale
tagliato a metà!; così quando hai mandato da queste parti la tua amichetta, ho
mosso le corde giuste nella sua mente e nel suo cuore affinché si scoprisse
innamorata di te. È stato più semplice del previsto, perché non ho dovuto
convincerla di amarti, ma solo far sì che se ne rendesse conto. Speravo che tu
la rifiutassi e che lei ti perseguitasse al mio posto, ma tu invece la ricambi
e allora …”
“Ho
capito bene? Tu volevi vendicarti di me, tramite la sua vendetta di donna
respinta? Come ti è potuto venire in mente un piano così dissennato?”
“Ma
sai come si dice.” si giustificò Hreidmarr “Non c’è
peggior nemica di innamorata antica.”
Loki rimase
perplesso, nonostante la sua saggezza, o forse proprio a causa di essa, non
riusciva a concepire la logica di quel piano. Dopo qualche attimo scosse le
spalle e disse: “Va beh, lasciamo perdere queste sciocchezze. Ho bisogno del
tuo aiuto.”
“E
cosa ti fa pensare che io sia disposto ad aiutarti, dopo tutti i tiri mancini
che mi hai combinato?”
“Hai
forse scordato come sei salito su quel trono? E poi, suvvia, giocavamo! Adesso
si tratta di una questione seria che non riguarda il fare un favore a me, bensì
il ripristinare l’ordine universale preesistente alla creazione.”
“Non
hai un po’ esagerato nell’inventare questa storia?”
“Ti
sembrerà strano, ma non sto mentendo.”
“È
quello che diresti, se mentissi.”
Hreidmarr notò solo
allora l’amuleto al collo di Loki e gli domandò dove
lo avesse preso; ottenuta la risposta, disse: “Sei fortunato. Quei medaglioni
li forgio io stesso e so a chi li consegno. Mi hai detto la verità e quindi,
essendo diventato tu un Saggio, dovrò accontentarti. Dimmi che cosa ti serve.”
“Mi
occorre un pugnale molto particolare, dev’essere in
mercurio.”
“Mercurio?!”
scoppiò in una risata “Ora capisco perché ti sei rivolto proprio a me … non c’è
nessun altro nei Nove Regni che possa riuscirci. Molto bene. Aspetta una
giornata e lo avrai.”
“Te
ne ringrazio infinitamente, e racconterò questo a chi narrerà la mia storia e
anche il tuo nome e il tuo valore verranno eternati.”
Hreidmarr forgiò il
pugnale in mercurio come promesso e lo consegnò a Loki,
senza trucchi o inganni e gli disse: “Sei stato un degno avversario, temo
passerà molto tempo, prima ch’io possa trovare qualcun altro con cui divertirmi
così tanto. Dal momento che questo è un addio, eccoti il pugnale che mi hai
chiesto, non voglio alcun compenso, te lo dono in virtù della nostra turbolenta
amicizia. L’ho caricato di grande potere, diventerà un’arma leggendaria, beato
colui che lo erediterà; che si sappia che l’ho forgiato io.”
Loki ringraziò
ancora e poi si teletrasportò ad Asgard, presso Vör; la trovò intenta a suonare l’arpa, così come le aveva
raccomandato, nella sala del trono dove erano radunati Thor, Odino, Sif, i Tre Guerrieri, Bragi e
altri membri della corte. I presenti sembravano tutti tornati alla normalità,
ma manifestavano grande apprensione per il resto di Asgard.
La musica aveva acquietato le loro menti, li aveva liberati, però essa non
poteva guarire tutto il regno ed essi temevano ciò che accadeva fuori dal
castello; ogni tanto si avvicinavano alle finestre, preoccupati, guardavano e
pregavano che nulla di brutto accadesse ai loro cari, speravano che nulla di
pericoloso si sarebbe potuto avvicinare.
“Fratello!
Sei tornato!” esclamò Thor, andandogli incontro, lieto di rivederlo sano e
salvo.
“Com’è
la situazione qui?”
“Si
è un poco normalizzata, ma Vör non può suonare in
eterno.” esclamò Sif, estremamente irritata dal dover
rimanere con le mani in mano, incapace di risolvere il problema.
“Hai
trovato una soluzione, figlio mio?” chiese Odino con apprensione.
Quando
gli abitanti di corte erano rinsaviti e avevano saputo che Loki
era partito alla ricerca del modo per risolvere, soltanto in pochi se ne erano
stupiti (e tra costoro ovviamente erano compresi Hogun,
Sif e Volstagg) e a costoro
veniva detto: È un principe di Asgard, è naturale
che si prodighi per il nostro bene.
Per
questo rispetto che si era guadagnato, per questa fiducia Loki
era fissato da tutti i presenti che, con l’espressioni dei loro volti stavano
ripetendo la domanda di Odino: Hai trovato una soluzione?
“Sì.”
Loki raccontò
piuttosto dettagliatamente le vicende di quei due giorni, poi spiegò: “Gli Amesha e i Daiva sono così
turbolenti perché rinchiusi nei medaglioni, dunque debbono essere liberati e
ciò è possibile seguendo un rituale magico culminante con il trafiggere gli
amuleti col pugnale in mercurio. I diciotto spiriti, non più vincolati a nulla,
saranno però un grosso problema. Ripristineranno il sistema vigente più di
quindicimila anni fa, ossia ognuno di loro cercherà il proprio dominio,
ripristineranno i loro governi e useranno gli abitanti dei Nove Regni per farsi
guerra. L’universo non sarà più come lo conosciamo ora, le autorità saranno
sovvertite.”
“Cosa
fare, allora?” chiese Odino, impaziente, stringeva nervosamente la lancia,
incredulo che essa non servisse a nulla in quel frangente.
Vör, ricordando il manoscritto di Bhiscma, chiese: “Con la tua nuova saggezza dovresti essere
in grado di controllare gli spiriti, almeno finché sono confinati, perché
liberarli, allora?”
“Perché
prima o poi io morirò e allora il problema di gestirli si ripresenterà. Bhiscma aveva parlato di una soluzione che lui rimandava,
ma che doveva realizzarsi prima o poi e il momento è giunto. Amesha e Daiva non potranno avere
potere temporale, se saranno ricollocati al loro posto.”
“E
quale sarebbe? Come si fa?” esclamò il Padre degli dei.
“Dimmi
dove e ce li rispedisco a suon di martellate!” proruppe Thor, sollevando mijolmin.
“Quanti
uomini occorrono?” domandò ancora Odino.
“Nessun
uomo, basta una donna: Vör.”
“Io?”
si meravigliò lei.
“Sì.
Mentre io compirò il rituale, tu dovrai suonare con l’arpa.”
“Cosa?!”
esclamò più di una voce.
“Sei
impazzito!” protestò Volstagg.
“No,
vuole imbrogliarci tutti!” proclamò Sif.
“Loki, non riponi troppa fiducia nella mia musica?” domandò Vör, esitante.
“No.
È necessario che qualcuno suoni e ripristini l’Armonia delle Sfere Celesti,
essa sospingerà Amesha e Daiva
al loro posto, poiché essa è ordine e non vi ci si può sottrarre. Solo tu puoi
riuscirci e solo con quell’arpa. Non è stato un caso che quello strumento si
trovasse vicino a uno dei medaglioni: Bhiscma l’ha
collocato appositamente, poiché sapeva sarebbe servito. Non è un’arpa comune,
ha un grande potere, ma deve pure essere suonato da chi ha un dono speciale, il
tuo.”
“Ma
io non conosco questa armonia!”
“Io
ora sì, te la farò sentire e tu potrai riprodurla.” e iniziò ad intonare una
melodia che incantò tutti quanti “Suona questa, il continuo verrà da sé, ne
sono certo.”
Loki diede poi
disposizioni per celebrare il rituale e fu così che meno di un’ora dopo, la
corte di Asgard era in cerchio attorno al Mago e a
sua moglie, in trepida attesa di scoprire se quella sarebbe stata davvero la
soluzione al grave problema che opprimeva il loro Regno.
Vör suonava l’arpa ed effettivamente
le sue dita avevano iniziato a muoversi rapidamente tra le corde in maniera del
tutto spontanea, senza bisogno che lei pensasse alla musica, poiché essa
sgorgava da sola; una melodia perfetta!
Loki aveva disposto
i nove medaglioni su un tavolo: cinque li aveva messi in un’unica fila, gli
altri quattro erano come in cerchio attorno a quello centrale. Non ebbe bisogno
di impiegare molto tempo per trovare la concentrazione necessaria, essere un
Saggio gli permetteva di essere subito nella giusta predisposizione d’animo;
recitò formule e poi col pugnale colpì uno per volta gli artefatti, che
vibravano, si creparono e si avvertì che qualcosa fuoriuscisse da essi, pur non
vedendosi nulla; quelle forze ancestrali erano talmente potenti che erano
avvertite anche dagli animi più grossolani tra i presenti.
Loki vedeva gli Amesha e i Daiva che si
liberavano e li vide anche seguire l’indirizzo dato loro dalla musica perfetta.
“È
fatta, sono tornati al loro posto.” annunciò alla corte.
Vör allora cessò di suonare e Odino,
Thor e tutti gli altri applaudirono ed esultarono, ma presto si interruppero:
un terremoto. Non un terremoto normale: la terra vibrava senza smettere, l’aria
crepitava di fulmini e fuori dal palazzo si potevano vedere fiumi straripare
d’improvviso e alberi bruciare per autocombustione.
La
corte di Asgard si spaventò e alcuni iniziarono ad
urlare. Thor chiese: “Loki, che
cosa sta accadendo adesso?!”
“L’avevo detto che era un inganno!” esclamò Sif.
“Maledetto!” lo insultò Volstagg.
Hogun strinse la propria mazza; Fandral
era dubbioso, non era certo che Loki avesse agito a
loro danno, nonostante non capisse cosa stesse accadendo.
Nessuno, però, diede peso a quelle parole,
quasi tutti erano atterriti e guardavano il principe in cerca di risposte.
Il Mago, preso da grande emozione, percependo
chiaramente la grandezza del momento, tentò di spiegare: “Angra
e Spenta, i due semidei primordiali, possono riunirsi nell’unico, vero Dio.
L’Armonia delle Sfere Celesti era la condizione prima, la scissione del Dio la
interruppe, o la sua interruzione causò
la scissione del Dio; Dio e l’Armonia sono tutt’uno, ora che l’Armonia è stata
ripristinata Spenta ed Angra torneranno ad essere un
un’unica entità, trascendente il bene e il male. Stanno arrivando, questi
fenomeni annunciano il loro approssimarsi a qui.”
“Qui? Perché?” furono le domande che
attraversarono la folla.
“Perché hanno bisogno di una fucina, di un
corpo mistico per riaggregarsi. È necessario che si offra come ricettacolo uno
che sia Mago e Saggio e che trasumani con loro.”
Vör non sapeva che cosa significasse quella parola, ma
intuì, o solo temette, che si trattasse di qualcosa di estremo; con viva
preoccupazione chiese: “Che cosa vuol dire trasumanare?”
“Tasumanar
significar per verba non si poria.”
sospirò, dispiaciuto dal dover recare quel dolore alla donna che amava e che lo
amava come mai avrebbe potuto amare altri “Temo che sia un addio. Scusami, se
non te l’ho detto subito, ma se lo avessi saputo non mi avresti aiutato, invece
tutto questo è necessario per i Nove Regni e non solo!”
Vör si sentì il cuore come trafitto da mille frecce, le
lacrime iniziarono a scorrerle lungo le guance, si avvicinò a lui, disperata,
supplicando: “Non puoi farlo, ti prego, non puoi lasciarmi sola, non andartene
… Che senso ha una salvezza senza di te? … non posso stare senza di te …”
Il marito, impietosito e sommamente commosso
da quell’affetto immenso, la strinse a sé e le fece coraggio: “Certo che puoi,
sei una persona meravigliosa e non devi dipendere da nessuno, nemmeno da me. Ci
amiamo e questo non cambierà mai, però non possiamo vivere in simbiosi. La tua
vita è tua, non è in funzione di me; anche se sarà doloroso, anche se non mi
dimenticherai mai e continuerai ad amarmi per sempre, tu hai una vita che è al
di là di me.”
Lei non cessava il suo pianto; lui continuò a
tenerla abbracciata, a carezzarle il capo. Gli occhi di tutti erano su di loro,
ma nessuno osava fiatare; quella notizia aveva profondamente colpito tutti
quanti: il principe si sarebbe sacrificato per loro! La stima e il rispetto per
lui superarono di gran lunga quelli nutriti per qualsiasi altro.
Quando Loki avvertì
che la moglie si era un po’ calmata, la baciò, sapendo che sarebbe stata
l’ultima volta e poi le domandò sottovoce, senza che altri potessero sentire:
“Tu hai sempre detto che vuoi ch’io sia felice, vero?”
“Sì, certo.”
“E allora lascia ch’io trasumani, finalmente
avrò ciò che ho sempre voluto: grandezza, rispetto, fama imperitura. Se vuoi
rendermi felice, aiutami a realizzare il mio sogno: racconta la storia che più
mi fa onore. Scrivi di me, in modo che tutti sappiano di me e raccontino le mie
gesta e la mia gloria. Fa che il mio nome suoni come il più onorato di tutti,
fa che tutti sappiano che il Dio è tornato alla sua forma originaria grazie a
me e che io sono parte integrante di esso. Saremo entrambi felici.”
“Io avevo sperato saremmo stati felici
assieme …”
“Assieme abbiamo rigenerato il mondo! Io e
te, da soli, abbiamo riportato l’equilibrio nei Nove Regni, che consacrazione
maggiore ci può essere per il nostro amore? Esso è eterno e non diminuirà, solo
perché saremo lontani, ti amerò per sempre, anche trasumanato … E poi, non ti
lascio del tutto … Presto nasceranno i nostri figli, potrai rivedermi in loro.
Amami nella parte di me che c’è in loro. E dì loro che li amo, tantissimo,
diglielo ogni giorno.”
Se non proprio convinta del tutto, Vör si era almeno rassegnata a quella decisione, sciolse
l’abbraccio, ma rimase accanto al marito e gli tenne la mano. Loki, allora, si rivolse agli altri: “Padre! E tu,Thor!
Scusatemi davvero per tutto quello che vi ho fatto! Grazie per avermi voluto
bene! Siate fieri di me e non scordatemi.”
“Fratello! È la seconda volta che ti
sacrifichi! Stai rinunciando a tutto per ridare all’universo il suo ordine
originario … se ho capito bene. Spero di comportarmi in maniera degna di te.
Tutti sapranno del tuo eroismo e ti avranno a modello!” avrebbe voluto
aggiungere altro, ma non ce la faceva.
Odino puntò il suo occhio orgoglioso sul
figlio e gli disse: “Tutti i Nove Regni sapranno la verità!”
Loki cercò con lo sguardo i Tre Guerrieri e Lady Sif e disse: “Avrei molto da rimproverarvi, ma ora tutto il
vostro scherno sembra svanire, davanti al ricordo di momenti gioiosi passati
anche con voi. Infine …. Fandral, scusami per averti
chiamato imbecille.”
“Oh, non ti preoc …
Mi hai chiamato imbecille?!”
“Più di una volta, ma dopotutto non sei il
peggiore tra le persone che ho conosciuto. Avvicinati.”
Lo spadaccino obbedì. Loki
guardò Vör che capì le sue intenzioni e gli rispose,
sempre e solo con gli occhi, che le accettava, benché nessuno avrebbe potuto
sostituirlo. Il Mago, il Saggio, il futuro Dio disse al guerriero: “So che sei
innamorato di Vör, prenditi cura di lei, so che
affidandola a te sarà protetta da ogni pericolo e che farai di tutto per
renderla felice.” mise la mano della moglie in quella dell’altro uomo “Non so
se lei riuscirà ad amarti, seppure di un amore diverso da quello che nutre per
me; so di certo che però per te nutre un affetto speciale. Prenditi cura di lei
e dei miei figli, se potrai, altrimenti sono certo che mio padre e mio fratello
faranno di tutto per loro.” percepì che Angra e
Spenta erano ormai pronti “Presto, andate, sta per accadere!”
Fandral, commosso da quella stima inaspettata, allontanò Vör, che non avrebbe voluto spostarsi di un solo
centimetro, e con lei tornò presso Odino.
Loki sentì i due spiriti iniziare a penetrare nel suo corpo,
congiungersi tra loro, avvertì la propria energia mescolarsi alle altre due,
per poi diventare unica. Ecco! Cercò gli occhi di Vör,
voleva il loro oro come ultima immagine di quella vita. Gli occhi verdi e d’oro
si persero un’ultima volta gli uni negli altri.
Erano passati poco più di mille anni da quel
fatidico giorno in cui Loki aveva permesso alle due
parti di Dio di ricongiungersi e dunque di ristabilire un ordine e un’armonia primordiali.
Le cose nei Nove Regni erano nettamente migliorate e ovunque si proclamava che
il nuovo benessere, la nuova pace erano merito di Loki
il Saggio Mago, lo Jotun di Asgard.
Ovunque erano state erette statue in suo onore ed era stato composto più di un
poema per celebrare non solo la sua più grande impresa, ma anche le gesta
precedenti: in alcuni Regni, non solo si raccontava delle volte in cui
giovanissimo aveva combattuto al fianco di Thor, ma pure si tentava di far
apparire nobile il suo tentativo di conquistare Midgard
e di come quegli ingrati mortali non avessero accolto il suo messaggio; su Nidavellir, il re Hreidmarr aveva
fatto comporre una lunghissima ode che raccontasse le loro sfide di
intelligenza ed illusioni, evidenziando particolarmente come era stato grazie
al suo intervento che Loki aveva trovato moglie e
sottolineando l’importanza fondamentale del suo pugnale di mercurio, un’altra
ode, invece, narrava di come Loki lo avesse aiutato a
prendere il trono e ciò gli tornava utile per legittimare la propria autorità;
su Alfheimr si sosteneva che Loki
era stato la reincarnazione di Bhiscma; su Vanaheimr si sottolineava soprattutto il legame con la loro
storia più antica e si cercava di esaltare la figura di Vör;
su Jotunheimr Loki era
celebrato come l’ottimo trai Giganti, colui che aveva dato nuovo lustro a
quella stirpe bistrattata da tempo.
La storia era una, ma tutti la raccontavano
nel modo che più esaltava il legame di Loki col Regno
in cui veniva raccontata.
Insomma, il suo nome era sulla bocca di
tutti, Loki aveva ottenuto ciò che aveva sempre
desiderato: un’indiscussa supremazia. In fondo aveva ingannato tutti quanti:
tutti ritenevano che si fosse sacrificato per il bene dei Nove Regni, invece lo
aveva fatto solo per quella fama, per quel rispetto e per raggiungere lo status
di Dio supremo.
Nel millecentottantottotesimo
anniversario dalla trasumanazione di Loki, ad Asgard si celebrava una grande cerimonia, oltre a quella in
memoria del principe, quel giorno veniva incoronato il nuovo re.
Un
giovanotto alto, dal fisico atletico ma non muscoloso, i capelli neri tirati
all’indietro, lisci, gli cadevano sulle spalle, gli occhi erano d’oro.
Indossava i suoi abiti da cerimonia e un elmo sormontato da lunghe corna
ricurve, alla cintura aveva il pugnale in mercurio e da qualche parte teneva
anche il manoscritto del Mago Gondopharn, da cui non
si separava mai. Sostò qualche momento sotto la grande statua di Loki, posta davanti al palazzo reale, e le parlò a lungo
con affetto ed emozione. Si diresse poi verso la grande sala delle cerimonie:
era gremita di gente che aspettava lui e lo accolse con applausi e urla di
giubilo. Lui attraversò la lunga stanza, sorridendo con gentilezza ai presenti,
camminava sicuro, ma senza arroganza; arrivò dinanzi alla scalinata che portava
al trono su cui sedeva un Odino molto vicino alla morte e che avrebbe preferito
cedere il regno già da tempo.
Il
giovane era emozionato, guardò le persone in piedi alla base delle scale; per
prima sua madre, affiancata da Fandral, l’uomo che lo
aveva cresciuto come avrebbe fatto un padre, e vicino a loro i suoi
fratellastri e sorellastre; poi spostò lo sguardo verso lo zio Thor, che lo
guardò con grande orgoglio, e i suoi cugini; vide poi il re degli Jotun, un Gigante di ghiaccio dai lineamenti gentili, i
capelli rossi e gli occhi verdi: era il suo fratello gemello; infine spostò gli
occhi anche su Sif, Volstagg
e Hogun, che ricambiarono con profondo rispetto.
Odino
strinse la lancia, guardò il nipote e disse: “Fenrir,
figlio di Loki, figlio di Odino, mio erede. Da tempo
hai dimostrato la tua abilità in combattimento, la tua potenza magica, ti sei
dimostrato sapiente, giusto, volenteroso, generoso e laborioso, doti che
dovrebbero accompagnare ogni cittadino e soprattutto un re. Io prima, mio
figlio Thor poi, abbiamo difeso Asgard e le vite
degli innocenti in tutti i Nove Regni, anche se negli ultimi mille anni il
nostro intervento è stato poco necessario. Giuri di sorvegliare i Nove Regni?”
“Lo
giuro.” rispose il principe, con una nota di emozione, consapevole della grande
responsabilità.
“E
giuri di preservare la pace?”
“Lo
giuro.”
“E
giuri di mettere da parte ogni ambizione egoistica e di prodigarti per il bene
dei Regni?”
“Lo
giuro.”
“In
questo giorno io, Odino, Padre degli dei, ti proclamo re di Asgard.”
Saluti:
Questo
è l’ultimo capitolo, la stria finisce qui. Ringrazio tutti i miei affezionati
lettori, spero di avervi allietata. Dal momento che alcuni di voi mi hanno
chiesto di continuare a scrivere, vi informo che nei prossimi giorni inizierò a
scrivere una nuova fanfic, strettamente legata a
questa, non si tratterà di un sequel, ma di un prequel, ambientato nel 1513, lo
stile sarà sempre questo i avventura e sentimentalismo.
Vi
ringrazio ancora tutti quanti e a presto!