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Autore: Perry12    26/12/2013    2 recensioni
Gli spazi chiusi possono indurre le persone, che siano migliori amici o dei perfetti sconosciuti, ad agire in modo imprevedibile. E se poi queste persone sono Harry e Louis...ancora meglio!
Genere: Erotico, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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                                                         LA BIBLIOTECA
 
"Harry sta giocando di nuovo con Louis" disse la signora Styles rivolta al marito "Non mi piace".
 
Gettò uno sguardo verso il piccolo giardino dove il figlio Harry, 10 anni, giocava in tranquillità.
 
"È solo un bambino, Anne. Non preoccuparti. Crescerà, capirà molte cose. Cambierà."
 
Anne pensava che suo marito fosse veramente troppo veloce a liquidare i loro problemi. Soprattutto quelli che riguardavano Harry.
 
"Crescerà, cambierà" continuava a ripetere, ma intanto Harry da ben quattro anni si ostinava a voler giocare solo con Louis, tagliando fuori gli altri bambini. La signora Styles si passò per l'ennesima volta le mani tra i capelli, segno di estrema preoccupazione, e si avvicinò alla finestra per chiamare il figlio.
 
"Harry, saluta Louis! È pronta la cena!"
 
Vide il figlio salutare con la mano il suo amico e avvicinarsi alla porta. Ne avevano parlato a lungo e Anne era riuscita a convincere Harry a non far entrare Louis in casa, o almeno così credeva. Qualche volta infatti, Harry faceva sgattaiolare Louis di nascosto nella sua cameretta, Louis che era così agile e leggero che raggiungere la finestra della stanza di Harry era facile, con i rami del grande salice che crescevano come gradini. Quella sera, per esempio, Louis rimase con Harry. Si arrampicò di nascosto sui rami del vecchio albero ed entrò dalla finestra che l’amico aveva lasciato aperta, aspettando fino a quando non sentì i passi leggeri di Harry salire le scale.
 
 "Hai già finito di cenare?"
 
"Ho fatto in fretta. Sapevo che eri qui ad aspettarmi."
 
Louis sorrise, annuendo leggermente con il capo. "Possiamo continuare a giocare, se non sei stanco."
 
Louis sapeva che ogni tanto ad Harry mancava il fiato e che aveva bisogno di più tempo rispetto agli altri bambini per riprendersi dopo una lunga corsa.
 
"No, ce la faccio" disse Harry "Voglio giocare."
 
 
                                                                                        ****
 
 
"Harry, sveglia" la voce di sua madre lo raggiunse gradualmente, attraversando uno ad uno gli strati di nebbia che gli offuscavano il cervello "Sono già le 10! La signora Portman ti aspetta tra un'ora per aiutarla a sgombrare la biblioteca."
 
"La signora Portman." Un pensiero colpì il cervello di Harry all'improvviso, scuotendolo dal suo sonno. La signora Portman era la loro vecchia vicina, la stessa che quando lui era piccolo aveva preteso di essere chiamata zia e che ora che aveva 19 anni non si stancava mai di viziarlo. La stessa che nella sua lunga vita aveva accumulato centinaia e centinaia di libri, tutti ammassati nella stanza sul retro, quella più grande. La stessa che ora aveva deciso di ordinare quei libri in ordine alfabetico e aveva praticamente costretto Harry a fare il lavoro per lei.
 
"Mi vesto e vado, mamma" disse Harry. All'idea di faticare tutto il giorno si era già rassegnato, rimandare non sarebbe servito a niente.
 
 
                                                                                           ****
 
 
La biblioteca della signora Portman era disordinata e buia. Le finestre erano piccole e strette, collocate sulla parte più alta della parete ed Harry le aprì aiutandosi con un bastone che la sua vicina gli aveva messo a disposizione, sganciando l'anello che le teneva sigillate. Un pò della polvere millenaria accumulata nella stanza uscì dalla stanza, permettendo ad Harry di respirare un po’ più facilmente.
 
"Ehi, Harry!" la voce squillante di Louis alle sue spalle lo fece sobbalzare.
 
"Louis! Come hai fatto ad entrare?"
 
"Ero venuto a cercarti a casa e ti ho visto entrare qui. La porta era aperta."
 
"Sì la signora Portman è uscita e credo che si sia dimenticata di chiudere" disse Harry " Sono felice che tu sia qui. Mi serve un pò di compagnia."
 
Harry era contento che Louis non si fosse fatto vedere a casa sua. Erano anni che sua madre aveva problemi con lui, anche se Harry non capiva il motivo.
 
"Louis non esiste, Harry" gli aveva detto così tante volte che in alcuni momenti Harry non poteva fare altro che crederci "È solo un residuo della tua infanzia. Il tuo vecchio amico immaginario"
 
Ma Harry si chiedeva perché, se sua madre aveva ragione, lui continuava a vedere Louis anche ora che aveva 19 anni e non era più un bambino.
 
"Louis non è veramente lì a parlare con te" aveva detto suo padre, centinaia di volte, prima di andare via e non tornare mai più.
 
Ma allora perché Louis era sempre stato l'unico disposto ad ascoltare Harry quando lui ne aveva bisogno? Quando suo padre se ne era andato? Quando sua madre passava giorno e notte e piangere? A volte Harry pensava che forse sua madre aveva ragione, che forse era solo lui a vedere Louis, e questo sicuramente non andava bene. Ma poi lo vedeva così chiaramente davanti ai suoi occhi che non riusciva a fare a meno di parlare con lui, di toccarlo, di accarezzare i suoi capelli. Louis aveva i capelli corti, ma Harry non aveva mai avuto problemi ad affondarci dentro le dita, come un bambino in un barattolo di nutella. E la cose che piaceva di più ad Harry, che lo faceva letteralmente impazzire, era che Louis non lo fermava mai. In quei momenti in cui erano da soli Harry dimenticava di dover sempre obbedire ad una madre così oppressiva e si sfogava con Louis fino a quando non ne aveva più. Quando Harry aveva 14 anni, e i suoi ormoni non la smettevano di offuscargli i pensieri, Louis era stato il primo a capire di cosa avesse bisogno. Lo aveva raggiunto in camera sua una notte, sempre salendo sul salice che cresceva vicino alla sua finestra, e aveva lasciato che Harry lo accarezzasse quanto voleva. Harry aveva esplorato il corpo di Louis e aveva scoperto che non c'era niente che non gli piacesse. La pelle liscia e gli occhi cristallini, le dita sottili e le sua labbra...soprattutto le sue labbra. Harry aveva esitato un attimo e poi lo aveva baciato una volta. Il suo primo bacio. Lo aveva baciato una seconda volta. Il suo secondo bacio. Louis lo aveva lasciato fare fino al terzo bacio, ma al quarto era intervenuto e gliene aveva regalato uno vero, con la lingua e tutto il resto. Le mani che scivolavano lungo la schiena e i loro corpi premuti come se fossero uno. Harry aveva capito che lo amava proprio in quel momento, mentre Louis gli tirava piano i capelli e gli affondava di nuovo la lingua tra i denti.
 
"A che punto sei con questi libri?" chiese Louis distogliendolo dai suoi pensieri. Era seduto per terra a gambe incrociate,la mani sulle ginocchia. Harry era davanti a lui con la testa sepolta tra i volumi infiniti.
 
"Sono solo alla C" rispose seccato. Non vedeva l'ora di finire per passare un pò di tempo con lui.
 
"Dovrei spostare questa libreria per fare più spazio" disse Harry pensando ad alta voce  “Non deve essere tanto pesante"
 
"Sicuro?" chiese Louis in tono dubbioso.
 
"Sono forte abbastanza." Harry poggiò i palmi delle mani sul lato corto della libreria e cominciò a spingere piano e poi sempre più forte. La libreria iniziò a muoversi un centimetro alla volta, lentamente. Dopo qualche passo, Harry si accorse dell'irregolarità nel pavimento che bloccava il suo passaggio. Spinse più forte per superarla, ma il risultato fu disastroso. La libreria si sbilanciò in avanti e poi cadde definitivamente, provocando una reazione a catena e trascinando con sè anche le altre librerie.
 
"Harry, attento!" urlò Louis. Harry si piegò per evitare che una pioggia di volumi pesanti e polverosi gli si abbattesse sulla testa. Si rannicchiò sul pavimento e nascose la testa tra le braccia mentre intorno a lui tutto cadeva. Quando riaprì gli occhi il pavimento era ricoperto di libri e la porta della stanza, la loro unica possibilità di uscita, completamente bloccata.
 
“Harry, tutto bene?” disse Louis con tono preoccupato.
 
Harry sentì le sue mani sollevarlo da terra e in pochi secondi si trovò in piedi. “Tutto bene, credo. Niente di rotto.”
 
Entrambi si guardarono intorno, realizzando solo in quel momento il disastro che li circondava. Le librerie erano cadute come delle tessere del domino e i pesanti volumi che contenevano ricoprivano il pavimento, lasciando solo poco spazio a disposizione per camminare. Una coltre di polvere si era alzata dalle vecchie pagine ed Harry cominciava già a fare fatica a respirare.
 
“La porta è bloccata” constatò Louis accomodandosi su una pila di libri lì vicino “Non riusciremo mai a spostare tutto quel peso” disse poi indicando le pesanti librerie che gli sbarravano la strada.
“Spero solo che la signora Portman torni presto, allora.”
 
“Non hai il cellulare?”
 
“E’ a casa. Abito qui accanto, non pensavo mi potesse servire” spiegò Harry “non pensavo di rimanere bloccato in questa biblioteca del cazzo!” esclamò raggiungendo Louis sulla catasta di libri.
 
Harry gettò un’occhiata alle finestre e si calmò un po’ vedendo che erano ancora aperte, anche se solo per uno spiraglio. La luce riusciva a filtrare e Harry sentiva anche un fioco filo di vento arrivargli attraverso la coltre di polvere.
 
“Respira e stai calmo. Respira e stai calmo” disse a sé stesso mentre cercava con le dita la mano di Louis. La raggiunse e la afferrò, tenendola stretta.
 
“Non ti agitare” sussurrò Louis cercando di calmarlo. Sapeva che tutta quella polvere non poteva di certo fare bene ad Harry, ma del resto non c’era altra soluzione che aspettare la signora Portman. Louis accarezzò con la mano libera il viso dell’altro ragazzo, delicatamente, e portò la bocca sulle sue labbra. Lo baciò lentamente, in modo che Harry avesse modo di scacciare l’ansia che lo bloccava e concentrarsi su di lui. Quando si staccò, gli occhi di Harry erano più calmi, più chiari, come se il ragazzo si fosse liberato di un grosso peso.
 
Louis sentì la mano di Harry afferrare la sua maglietta e tirarla verso l’alto.
 
“La vuoi togliere?” chiese Louis divertito.
 
“Sì” rispose semplicemente Harry.
 
Ma Louis poteva vedere che non voleva solo togliere la maglietta. Voleva spogliarlo completamente e baciarlo lì dove nessuno lo aveva mai baciato.
 
“Sono mesi che te lo chiedo” insisté Harry “che ti prego”
 
“E sono mesi che ti rispondo la stessa cosa” disse Louis “Devi aspettare. Dobbiamo aspettare.”
 
“Ma perché?”
 
Se la voce di Harry fosse stata una frusta, Louis avrebbe ricevuto una frustata in piena faccia.
 
“Lo sai perché, Harry. Lo so che in fondo lo sai.”
 
“E’ per quella cazzata dell’amico immaginario?” sibilò Harry “Anche tu?”
 
“Ti spiegherò una cosa, Harry” disse Louis in tono conciliante “Non ti assicuro che capirai, ma dovrai fare uno sforzo. Non c’è occasione più adatta di questa. Siamo soli, e nessuno ci potrà disturbare per un bel po’”
 
Harry annuì, mollando finalmente la presa sulla maglietta di Louis e cercando una posizione più comoda tra i libri. Gli sembrava che  Louis stesse per raccontargli una storia,una di quelle interessanti, come faceva sua madre quando era molto piccolo, prima che tutto nella sua famiglia andasse a rotoli.
 
“Molti bambini hanno degli amici immaginari, questo lo sai, vero?” chiese Louis. Era una domanda retorica, lo sapevano entrambi, ma Harry fece comunque un cenno con la testa per far vedere che lo stava seguendo “Tu, naturalmente, eri uno di loro. Quando eri piccolo giocavamo insieme, quando sei cresciuto siamo passati ad altro, ricordi no?” un sorriso apparve sulle labbra di entrambi al ricordo del loro primo bacio.
 
“Ma la verità è che quelli che i bambini vedono non sono degli “amici”. Sono delle possibilità che gli vengono date.”
 
“Che genere di possibilità?” chiese Harry. La curiosità lo aveva spinto sull’orlo della pila di libri e ormai pendeva da ogni singola parola che usciva dalle labbra di Louis.
 
“La possibilità di conoscere la propria anima gemella” spiegò Louis, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
 
“L’anima gemella?” ripeté Harry. Louis non diede segno di averlo sentito e continuò con il suo racconto. Era concentrato perché voleva a tutti i costi che Harry capisse, che non lo fraintendesse.
 
“Ma il punto è… hai fatto caso che quando i bambini crescono tutti i loro amici immaginari scompaiono?”
 
“Certo, è quello che mio padre ha sperato per anni.”
 
“In realtà non scompaiono. Si limitano a diventare invisibili anche per i bambini con cui giocavano fino al giorno prima, così come lo sono sempre stati per i loro genitori.”
 
“Ma con me non è successo.”
 
Se Harry era convinto che Louis fosse reale – non poteva farne a meno, era proprio lì, davanti a lui-  negli anni aveva anche capito che lui era l’unico a poterlo vedere. Louis andava e veniva, a volte lasciando Harry da solo per interi mesi, ma tornava sempre. Quando Harry era cresciuto si era cominciato a domandare perché Louis non andasse a scuola come lui, o perché non lo invitasse mai a casa sua. Ma non aveva mai cercato di trovare una risposta a quelle domande per paura che Louis lo potesse abbandonare, se avesse indagato troppo.
 
“Esatto” disse Louis “con te non è successo. Io sono ancora qui.”
 
“Ma perché?”
 
“Può succedere, a volte. Ci sono alcune persone, tu, ad esempio, più sensibili delle altre. Queste persone riescono a mantenere il collegamento con la loro anima gemella anche una volta cresciute, e queste stesse persone, Harry, sono quelle più fortunate”
 
“In che modo posso essere fortunato?” chiese Harry “La mia famiglia mi crede pazzo perché ho passato la mia intera vita a parlare con una persona che loro non vedono, a baciare una persona che loro non vedono, a desiderare…” Harry si interruppe, colpito da un improvviso lampo di comprensione “Aspetta, è per questo che non hai mai voluto…ehm…andare oltre con me?
 
“Esatto!” Louis si esibì in un piccolo applauso canzonatorio e sorrise “Io non sono reale, Harry, sono solo una proiezione.”
 
Harry abbassò il viso e si portò le mani tra i capelli. Una proiezione? La persona più importante della sua vita era solo una proiezione?
 
“Una proiezione di una persona reale, Harry.”
 
“Aspetta, vuoi dire che esiste un te reale? Un te che possono vedere tutti?”
 
Vide Louis annuire e sentì il suo cuore riempirsi di gioia. Avrebbe finalmente potuto mostrare Louis a tutti, senza bisogno di essere preso per pazzo.
 
“Ma come faccio a trovarlo? A trovarti?” chiese Harry, ancora sconvolto da quelle rivelazioni.
 
“J, 14” rispose Louis “Devi guardare in J- 14” e con quelle parole scomparve, lasciando Harry da solo.
 
Harry divenne di nuovo cosciente della polvere che lo circondava e che gli rendeva difficile respirare, tutta quella polvere che fino a quel momento non gli aveva dato fastidio perché c’era Louis con lui. Cercò di calmarsi e di fare piccoli respiri, per evitare che altra polvere gli entrasse nei polmoni, e ci riuscì solo dopo alcuni minuti. Doveva essere in grado di pensare chiaramente per riuscire a capire il messaggio criptico di Louis. J,14.
 
Lanciò uno sguardo intorno sé, per l’ennesima volta da quando era rimasto chiuso lì dentro e passò di nuovo in rassegna il mare di libri che lo circondava. Avrebbe dovuto finire di mettere in ordine prima dell’arrivo della signora Portman, altrimenti sua madre lo avrebbe rimproverato per il resto della sua vita. Continuando a riflettere sulle ultime parole di Louis, cominciò a raccogliere i primi volumi, cercando di ordinarli in pile divise in ordine alfabetico. Non poteva sollevare le librerie cadute, ma poteva almeno cercare di mettere in ordine i libri. Andò avanti ad un ritmo regolare per minuti e minuti, perdendo la cognizione del tempo, fino a quando non arrivò alla pila di autori il cui cognome iniziava con la J.
 
“Ma certo!” esclamò Harry, battendosi una mano sulla fronte.
 
Si chinò sul pavimento, cominciando a cercare disperatamente tutti gli autori sotto la lettera J. Erano tanti, ma Harry riuscì a raccoglierli tutti ai suoi piedi, impilandoli in ordine alfabetico.
 
“Dodici, tredici…quattordici!” afferrò il quattordicesimo volume e lo sfogliò con foga, cercando un qualsiasi messaggio. Un foglietto, un pezzo di carta qualunque, ma non c’era niente. Sfogliò il libro con più delicatezza, aprendolo alla prima pagina.
 
Per –H,
diceva la prima riga del messaggio. La speranza che era nata nel petto di Harry scomparve subito. Il resto del testo era un serie incomprensibile di numeri che Harry non riusciva a decifrare.
 
“Harry!” la voce acuta e tremolante della signora Porter lo raggiunse attraverso la porta e le librerie cadute “Harry, che cose è successo?”
 
Harry strappò la prima pagina del libro che aveva in mano e se lo infilò nella tasca dei jeans. Poi si avvicinò alla porta il più possibile, pronto a spiegare alla sua vicina il disastro che aveva combinato.
 
                                                                                           ***
 
Sua madre aveva stabilito che Harry non avrebbe più potuto uscire di casa per un mese, come minimo, ma a lui non importava. Nella sua cameretta c’era il computer, tutto ciò che gli serviva per decifrare il messaggio trovato nel libro. Digitò la serie di numeri nella barra di ricerca e spinse invio, aspettando trepidante quei pochi secondi necessari al motore di ricerca per trovare i risultati.
 
Harry seppe all’istante di aver fatto la cosa giusta. Quei numeri erano coordinate geografiche e ora sullo schermo del suo computer appariva lo stesso indirizzo, ripetuto all’infinito.
 
“E’ qui vicino, in centro” disse Harry ad alta voce. Decise che sarebbe andato la mattina seguente. Sarebbe scappato dalla finestra e avrebbe corso fino all’angolo della strada, dove sua madre non avrebbe più potuto vederlo. Probabilmente si sarebbe guadagnato un altro mese di punizione, ma non poteva fare altro. Doveva trovare Louis.
 
                                                                                               ***
L’indirizzo corrispondeva ad uno studio di uno psicologo. La fronte di Harry si aggrottò per la perplessità mentre stava fermo davanti al portone, fissando la targa che aveva di fronte.
 
John Stuart, 3 piano.
 
Harry spinse il pesante portone d’ingresso ed entrò nel palazzo, raggiungendo lo studio di Stuart, e venne accolto da una segretaria all’ingresso che subito gli chiese se avesse un appuntamento.
 
“No” rispose Harry “ma non ci vorrà molto. Devo solo parlare con il signor Stuart per pochi minuti. Io mi chiamo Harry. Harry Styles.”
 
La segretaria annuì e scomparve in una delle molte stanze dello studio, per tornare pochi secondi dopo con un sorriso sulle labbra.
 
“Prego, il signor Stuart la aspetta nel suo studio, è in fondo a sinistra.”
 
Harry seguì le direttive ed entrò in una stanza piccola ma ben illuminata. Stuart sedeva dietro la scrivania con gli occhiali appoggiati sulla fronte, le mani impegnate a scrivere sul computer. Quando sentì aprirsi la porta però, alzò subito lo sguardo sul ragazzo.
 
“Harry, suppongo.”
 
Harry riuscì ad accennare un sorriso e annuì a stento, sedendosi su una poltrona libera senza aspettare che Stuart lo invitasse ad accomodarsi. Era stanco e non vedeva l’ora di trovare Louis, il vero Louis. Una domanda gli attraversò la mente, come un treno sui binari.
Lo avrebbe riconosciuto? O sarebbero stati dei completi estranei?
 
Harry si rilassò sulla poltrona e si preparò a raccontare la sua storia alla psicologo. Se lo avesse potuto aiutare gli avrebbe fatto un grande favore, altrimenti avrebbe continuato a cercare Louis in altri modi, anche se non sapeva ancora bene quali.
 
 
                                                                                                                ***
Quando Harry ebbe finito di raccontare, Stuart lo fissò ancora per un attimo e poi fece un gran respiro.
 
“Conosco Louis. Lo conosco da anni, a dire il vero. È un mio paziente, sua madre lo ha mandato da me perché, come te, continuava a parlare con una persona invisibile agli altri anche dopo essere uscito dall’infanzia” disse lo psicologo “Dopo il tuo racconto, si spiegano molte cose. Sapevo che le descrizioni di Louis erano troppo dettagliate per essere solo i residui dei ricordi di un bambino molto fantasioso. E ora che ti vedo, mi rendo conto che in tutti questi anni Louis non ha fatto altro che descrivere te.”
 
“Quindi Louis, il vero Louis,è andata da uno psicologo” pensò Harry “ I suoi genitori hanno cercato di prendersi cura di lui. A mia madre non è mai importato niente, altrimenti credo che avrei fatto la stessa fine”
 
“Mi sa dire dove lo posso trovare?” chiese Harry rivolto a Stuart. Sedeva sull’orlo della sedia, i muscoli in tensione, pronto ad uscire dallo studio e a raggiungere Louis, dovunque fosse.
 
“Ha un appuntamento con me tra poco. Perché non aspetti?”
 
 
                                                                                                  ***
Era passato un anno da quando il signor Stuart aveva fatto aspettare Harry nella piccola sala di attesa del suo studio. Ripensandoci ora, Harry poteva ancora percepire tutta l’ansia che gli scorreva nelle vene in quei momenti e la paura di perdere Louis per sempre. Ma adesso gli bastava solamente girare lo sguardo per tranquillizzarsi, perché Louis era lì con lui.
 
Erano di nuovo nella biblioteca della signora Portman, che stranamente aveva di nuovo chiesto l’aiuto di Harry. Le librerie naturalmente erano state sollevate e questa volta la sua vicina le aveva fatte fissare alla parete, in modo che non si ripetesse quello che era successo un anno prima.
 
“Lo sai” disse Harry “ è qui che Louis, cioè, la tua proiezione, mi ha spiegato tutto.”
 
Louis, il Louis reale, annuì. Anche lui, quando si erano incontrati, sapeva già tutta la storia, ma il suo Harry, la sua proiezione, era già sparita da un pezzo, lasciandolo con un indizio che il ragazzo non era riuscito a decifrare. Anche lui aveva ricevuto dei numeri apparentemente senza senso ma che in realtà corrispondevano alle coordinate della casa di Harry.
 
“Te lo ripeterò all’infinito” disse Louis “ Sei stato un genio a capire che i numeri erano delle coordinate.”
 
“Non era poi così difficile.” rispose Harry, osservando Louis che lo aiutava a mettere in ordine i libri. A volte, mentre lo guardava, Harry si stupiva ancora di quanto Louis fosse concreto rispetto alla sua proiezione, con cui aveva condiviso così tanti anni della sua vita. Il Louis che ora aveva davanti aveva la pelle più chiara e gli occhi ancora più brillanti, se possibile. La risata più acuta e i capelli più morbidi. Era anche molto meno permissivo della sua proiezione, ma Harry aveva capito che questo aspetto faceva parte dell’essere una persona reale. Questo Louis gli poneva dei limiti, ma ad Harry andava bene così. Si sentiva finalmente trattato come una persona normale.
 
“In questa stanza ho anche provato a spogliarti … per la centesima volta” disse ancora Harry, questa volta sorridendo “ma la tua proiezione mi ha bloccato. Non voleva che fosse… così poco reale.”
 
“Aveva ragione.” disse Louis,dandogli le spalle, ancora concentrato sui libri “Avevo ragione.”
 
Sentì le braccia di Harry circondarlo da dietro, e la sua schiena aderire con il petto del ragazzo. Subito dopo percepì le labbra di Harry sul suo collo e la  maglietta scorrergli sulla pelle e passargli davanti agli occhi per poi cadere sul pavimento.
 
“E’ più reale ora?” sussurrò Harry nel suo orecchio, facendogli scendere un brivido freddo lungo la schiena.
 
Ma Louis non fece in tempo a rispondere che sì, sì, quello era tutto ciò che aveva sempre sognato, perché il fiato gli mancava a causa di quel ragazzo dietro di lui, un ragazzo vero, vero in una maniera inimmaginabile mentre lo spogliava e lo baciava ovunque, e visibile agli occhi di tutti. Quello che aveva desiderato per tutta la vita.


Ecco il secondo capitolo di questa raccolta!! Come avrete visto oltre agli spazi chiusi, in questa one shot c'è anche un pò di sovrannaturale che spero di essere riuscita a rendere bene. Spero che la storia vi piaccia e che sia riuscita a spiegare bene la questione dell'anima gemella. Nel caso in cui invece non ci sia riuscita, e vogliate dei chiarimenti, scrivetemi pure! Sarò felice di rispondere alle vostre domande! :)

A presto!
  
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