Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: Vanoystein    26/12/2013    1 recensioni
Jill tornò a guardare la strada qualche secondo dopo, non ebbè nemmeno il tempo di gridare che si trovò subito ferma, immobile, con la cintura che le stringeva sul petto. La macchina si era letteralmente capottata, i vetri si erano rotti in mille pezzi, vedeva sangue ovunque, lei sanguinava, sua madre aveva perso i sensi.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Ieri è successa una cosa. Tutto mi da l'impressione che Alec nasconda qualcosa. – Jill si lasciò cadere sul divano sospirando e guardando Vincent in piedi davanti a lei.
– Che vuoi dire? Ti ha fatto di nuovo qualcosa? -
- No, no. Sono io. Continuo a sentire delle voci nella mia testa. Sussurri, grida. Sia da sveglia sia quando dormo. –
Vincent si sedette sul divano di fianco a lei incrociando le braccia. – E cosa ti dicono le voci? -
- Di non fidarmi di lui. Che mi sta usando e che è un bugiardo. Settimana scorsa Ginevra mi ha detto le stesse identiche cose ma non le ho creduto. Poi sono andata a parlarne con Alec e mi ha assicurato che erano solo balle. Che mi posso fidare di lui. -
- Beh, tu meglio di me sai che ha sbagliato a metterti le mani addosso qualche settimana fa. Io sono scattato, l'ho quasi ucciso, ho perso il controllo. Forse per lui è stato lo stesso...voglio dire, ha fatto di tutto per dimostrare che puoi fidarti. Ti ha salvato la vita più di una volta, ti ha aiutata e protetta e il fatto che tu andassi di colpo ad insinuare che è un bugiardo gli avrà fatto perdere il controllo. Ma mai, ti farebbe del male. Mai, mentirebbe. -
- Da quanto tempo conosci Alec? – Domandò Jill inarcando le sopracciglia.
- Non so, un anno, più o meno. -
- E Dakota da quanto? -
- Meno, rispetto a me. – Rispose Vincent accigliato.
- Sapevate qualcosa del suo passato? Di cosa facesse prima di trovarvi o di trovare me? -
- No, ma… -
- Niente ma. Forse nasconde qualcosa. -
- Ti sbagli. Cosa dovrebbe volere? Non ti sta usando. Ti sta aiutando. Quelle voci sono infondate, ti puoi fidare di lui più di chiunque altro. – Ribattè Vincent alzandosi dal divano sospirando.
Jill scattò in piedi, alzando il tono di voce. – Tu dici così solo perché sei innamorato di lui. -
Quella frase paralizzò il ragazzo.
Era davvero così? Poteva essere che i suoi sentimenti influivano sul giudizio che aveva di Alec?
- Sei tu che dovresti capire. Non io. Dovresti capire tutti i casini che ha attraversato per farti stare al sicuro. Non avrebbe senso quello che dici tu. Non ti vuole far del male! - Questa volta fu Vincent ad alzare il tono di voce.
- Dovevo immaginare che avresti preso le sue difese. – Borbottò Jill. - Sai a volte vorrei solo che tutto questo, angeli, demoni e stronzate varie siano solo un sogno. Forse hai ragione, chi lo sa, forse sono troppo paranoica o forse no. Forse c'è davvero dietro qualcosa ma qui siamo tutti troppo stupidi per vedere la verità! -
Vincent sospirò passandosi una mano tra i capelli mori. - Mettiamola così. - Si avvicinò piano a Jill. - Ti fidi di me, no? -Jill annuì abbassando lo sguardo. - Allora fidati del mio giudizio. Sei al sicuro. Alec non è un pericolo. - Bisbigliò dolcemente prendendole il viso tra le mani. I loro occhi azzurri si incrociarono. - Siamo tutti qui per aiutarti. Qui nessuno vorrebbe farti del male. Lui meno di tutti. Non lasciare che i dubbi e le incertezze rovinino tutto. -
Era sempre così. Anche quando Jill non ne voleva sapere, quando si era intestardita su qualcosa, il suo fratellone riusciva sempre a rassicurarla. Poche volte riusciva invece a farle cambiare idea, ma questa volta, ci era riuscito. - Okay? - La voce di lui la strappò dai suoi pensieri.
- Sì. - Rispose sicura portando una mano sopra la sua.

****

- Commentavate amorevolmente se fidarvi di me o no? – La voce di Alec risuonò alle spalle di Jill appena si allontanò dal rifugio di Vincent.
La mora si voltò subito verso di lui notando le macchie di sangue sulla maglia di lui. – Cosa hai fatto? – Chiese abbassando lo sguardo sui polpacci di Alec, segnati ancora dai graffi.
– Niente. Ho ucciso alcuni demoni che ti stavano cercando. – Ovviamente mentì.
– Dovresti andare a…-
- A farmi medicare? Sopravvivo lo stesso. – La interruppe lui. – Comunque, ho ascoltato la tua conversazione con Vincent. –
Jill sbuffò alzando gli occhi al cielo. – E adesso? Non c'è bisogno che tu provi a convincermi di fidarmi oppure no. -
- Beh, spetta a te deciderlo. Ma sono sicuro che le parole di tuo fratello ti abbiano già influenzata. Comunque…- Alec si avvicinò a lei lentamente piegandosi leggermente in avanti fermandosi a pochi centimetri dal suo viso. – Non posso di certo restituirti la tua vecchia vita ma se vuoi, posso riaccompagnarti un attimo a casa tua. Non so, nel caso volessi prendere alcune delle tue cose o restare un po’ da sola in un ambiente familiare. -
Ovviamente si riferiva a ciò che aveva detto pochi attimi prima a suo fratello. Rivoleva la sua vecchia vita.
- Lo faresti? –Domandò lei, quasi sorpresa.
Alec le annuì accennando un piccolo e dolce sorriso. – Dammi solo il tempo di cambiarmi e di prendere delle armi per sicurezza. Tra 20 minuti partiamo. -

I due arrivarono davanti all’imponente villa dei Baker.
In mezzo a quel piccolo paesino di New York, quella villa era la più antica, costruita negli anni ’60.
Tutta bianca, enormi finestre di legno che si affacciavano sul giardino ugualmente grande che circondava tutta la casa.
Il prato era occupato da qualche albero da frutto e tantissimi fiori.
L’entrata aveva un grande portone in legno dalle maniglie ramate.
Il cielo azzurro illuminato dal sole rendeva ancora più bella quella villa.
Jill percorse il piccolo sentiero che accede alla porta d’entrata, sotto al porticato, seguita da Alec.
Appena la ragazza poggiò il palmo della mano sulla maniglia la porta scricchiolando si aprì da sola scoprendo il soggiorno completamente in subbuglio.
I cassetti dei mobili erano buttati per terra, tutte le cose al loro interno messe alla rinfusa.
Fogli e cartacce erano sparsi dappertutto sul pavimento insieme al tavolo di legno ribaltato per terra.
– Fai andare avanti me. – Disse subito Alec superando la ragazza ed entrando in casa.
Voltò lo sguardo verso la cucina dove c’era esattamente lo stesso caos. Tutto era in disordine. – Probabilmente sono stati demoni…forse angeli. Saranno venuti a cercarti. -
- Ma perché avrebbero dovuto buttare tutto all’aria? – Domandò Jill entrando finalmente nella villa chiudendo la porta.
– Non ne ho idea. – Rispose lui.
Jill percorse le lunghe e strette scale che collegavano il salone al piano superiore, alla sua camera. Arrivò davanti alla porta che però, stranamente era chiusa a chiave.
– Cosa c’è? – Domandò Alec raggiungendola subito e vedendo che stava tirando la maniglia della porta.
– E’ bloccata. Non si apre. – Rispose lei.
– Eddai, non eri tu quella con la forza amplificata? – Ridacchiò Alec divertito alle sue spalle.
Subito dopo quella frase, infatti, Jill spinse forte la porta, riuscendo ad aprirla di colpo, facendola sbattere. – Ecco. – Disse lei soddisfatta girando il viso verso Alec rivolgendogli un sorriso compiaciuto per poi entrare nella stanza buia.
Jill si avvicinò subito alla finestra, aprendo le ante di legno facendo finalmente entrare la luce del sole, illuminando la camera.
Vedeva le facciate e i tetti delle case altrui sotto al cielo contornato da piccole e soffici nuvole bianche, tutto incorniciato dal telaio della sua finestra.
A differenza delle altre stanze della casa non era particolarmente in subbuglio.
Beh…c’era sempre il solito disordine che Jill lasciava ogni volta; la scrivania piena di quaderni e penne, il letto ancora disfatto dall’ultima volta che ci aveva dormito.
Il piccolo comodino zeppo di sigarette, sia nei cassetti aperti che sul piano di legno.
Jill si lasciò finalmente cadere sul letto osservando Alec che si avvicinava alla sua scrivania scrutando il comodino in parte ad essa.
Appena aprì il primo cassetto di legno la voce di Jill lo fece sussultare. – Ehi! Richiudi subito quel dannato cassetto! -
- Wow. Dove diamine la prendevi tutta questa droga? Mi sembra strano il fatto che tu sia ancora viva. – Disse lui senza darle ascolto.
Abbassò lo sguardo su quel paio di spinelli presenti insieme a dei sacchettini colmi di eroina, cocaina e pasticche.
Jill scattò in piedi dal letto per poi chiudere violentemente il cassetto. – E quell’idiota di tuo fratello non si è nemmeno mai accorto di tutta questa bella scorta? – Ridacchiò Alec girando lo sguardo verso di lei.
–Beh, come hai detto tu, Vincent è un idiota quando ci si mette. Bastava nasconderle un po’ meglio e lui non le trovava. Comunque c’erano sempre i pochi giorni in cui tutta questa roba spariva perché me la portavo dietro quando uscivo oppure la finivo e poi Julian me ne portava subito altra quando glielo chiedevo. -
– Ecco svelato il motivo per cui tuo fratello odiava il tuo bellissimo ragazzo. -
- Non è che mi importasse poi tanto se lo odiava oppure no. – Sospirò Jill stendendosi nuovamente sul letto. – Julian, la droga e l’alcol mi facevano stare meglio. Era come se potessi sfuggire dalla realtà, sentirmi finalmente libera senza preoccupazioni. Non pensavo più alla notte in cui mia madre morì. Tutto il dolore spariva improvvisamente. Mi divertivo, andavo alle feste, mi ubriacavo, mi sballavo. Julian mi faceva conoscere gente nuova praticamente ogni giorno, gente che fingeva di adorarmi, mi dicevano continuamente che ero perfetta…tutti i ragazzi mi facevano il filo, sempre. Mi dicevano che ero tutto quello che avevano sempre desiderato. Era quasi tutta gente che credevo mia amica, a cui credevo di piacere ma che in realtà mi sparlava alle spalle. Però cercavo di far finta di niente, ignoravo le chiacchere, ma sapevo che le voci che giravano su di me non erano delle migliori. Mi davano dell’insicura, depressa, perché mi facevo qualunque tipo di droga e pensavo a come sarebbe il suicidio, stronza, puttana perché mi divertivo a prendermi gioco delle persone. Ogni sera cambiavo il ragazzo con cui fare sesso. Credimi, mi facevo schifo da sola…ma comunque andavo avanti, la droga mi aiutava. La ritenevo l’unica via di scampo a questo mondo di merda. – Aggiunse lei tirandosi a sedere sul letto, rannicchiandosi, portandosi le ginocchia sotto al mento. – E adesso non iniziare con il solito discorsetto penoso dove dici che ti dispiace. –
Jill precedette qualsiasi frase che stava per uscire dalla bocca di Alec, che, effettivamente le voleva dire solo ‘’Mi dispiace’’.
Qualche istante dopo il forte campanello d’ingresso fece sussultare i due.
Jill scattò in piedi affacciandosi alla finestra senza però riuscire a vedere chi fosse.
– Chi è? – Domandò Alec accigliato.
– Non lo so. Beh, tu resta qui , non frugare tra le mie cose e non fare rumore. – Gli rispose lei uscendo dalla camera e arrivando velocemente al piano inferiore.
Si fermò davanti alla porta tirando un grande sospiro prima di aprire, poi finalmente girò la maniglia aprendo la porta. – Julian. – Bisbigliò Jill sgomenta.
– Sorpresa di vedermi? – Domandò il biondo sorridendo incrociando le braccia.
  
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