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Autore: Aries Pevensie    26/12/2013    1 recensioni
Non credo nelle coincidenze, preferisco l'inevitabilità. Ogni evento è inevitabile. Se non lo fosse, non accadrebbe.
Dal prologo:
"Un sentimento a lui sconosciuto cominciò a fargli bruciare lo stomaco, mentre sentiva come una stretta al cuore e il respiro gli divenne doloroso. Era certo di poter resistere a quell’emozione, ma presto dovette ricredersi. Sapeva che doverla vedere tutte le mattine a scuola non avrebbe fatto altro che peggiorare la sua situazione, corrodendolo dall’interno. Sarebbe esploso, prima o poi. E allora si sarebbe messo una mano sul cuore e avrebbe chiesto il perdono di Janis. Ma come?"
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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A tutti coloro che hanno passato un
buon Natale, ma ancora di più a chi,
invece, ne ha passato uno difficile.
Al mio amico Marco, nella speranza
che almeno quest'anno il tuo Natale
sia stato sereno. 


 



Inevitabile

Under the mistletoe
 
Il 23 dicembre Janis aveva già compreso che quello non sarebbe stato un Natale come gli altri, che non si sarebbe svegliata con Oliver che correva da tutte le parti, la mamma che faceva i pancakes e papà che leggeva il giornale davanti al camino acceso; sapeva che non ci sarebbe stato nessun pranzo con i parenti, nessuna colazione fatta di fretta per poter aprire i regali, niente rumore di carta strappata, niente coriandoli sul tappeto, niente mamma e papà in piedi alle loro spalle ad osservare la reazione dei due figli; non ci sarebbe stata la nonna con la sua classica busta con i soldi, non ci sarebbero stati i cugini davanti alla televisione a guardare film scadenti mangiando marshmallow, non ci sarebbe stato Oliver, che con occhioni dolci la implorava di giocare alla battaglia navale.
No, quel Natale sarebbe stato completamente diverso, perché la stessa Janis non aveva nessuna voglia di festeggiare. Aveva già programmato di svegliarsi tardi, prepararsi una tazza di cereali e piazzarsi davanti alla televisione fino all’ora di pranzo. Forse avrebbe fatto una telefonata a zia Linette, a Carol e a Melory per augurare loro un felice Natale, ma poi si sarebbe chiusa di nuovo in se stessa, udendo in sottofondo il brusio dei parenti. Sicuramente avrebbe mandato un messaggio a Zayn, che subito l’avrebbe richiamata, ma aveva già deciso di non tenerlo al telefono molto, perché lui doveva tornare dalla sua famiglia per continuare a festeggiare in pace quel giorno speciale; lui avrebbe insistito e detto che non c’era nessun problema, sarebbe uscito in veranda e le avrebbe chiesto come stava.
Avvertì le farfalle allo stomaco, come le capitava ogni volta che lo sentiva, mentre mise a posto l’ultima scatola di addobbi.
Aveva tirato fuori tutto l’occorrente per decorare il camino, fare l’albero, mettere la ghirlanda alla porta e le candele che la mamma amava tanto, il centro tavola fatto dalla nonna, il nastro rosso lungo il corrimano della scala, i festoni sul parapetto del portico e gli adesivi alle finestre. Aveva preparato tutto, aveva scoperchiato tutte le scatole, poi aveva fissato il contenuto e aveva stretto le labbra: come si permetteva di festeggiare dopo quello che era successo? Poi Zayn aveva suonato alla porta, lei si era asciugata le lacrime ed era corsa ad aprirgli, si era rintanata fra le sue braccia e aveva alzato la testa per ricevere il bacio del suo ragazzo. Zayn era entrato e aveva commentato il fatto che non avesse ancora fatto le decorazioni e si era offerto volontario per darle una mano, sorridendole dolcemente. E Janis non aveva saputo dire di no, così avevano cominciato ad intrecciare rami finti e nastri dorati, avevano sgombrato l’angolo in cui avrebbero messo l’albero, sembrava tutto pronto. Avevano anche ordinato la pizza, in modo da poter continuare nel loro lavoro, ma Zayn aveva visto Janis in difficoltà, così l’aveva stretta in un abbraccio delicato, le aveva lasciato un bacio sul collo e si erano sdraiati sul divano a farsi le coccole.
Ed era finito tutto lì, perché Zayn era tornato a casa e Janis aveva appena chiuso nell’armadio del corridoio ogni singola decorazione.
Tornò in soggiorno, guardò la stanza spoglia e gli sembrò più giusto che fosse così.
 
Il giorno della vigilia di Natale, in casa Malik, era tutto concentrato sul menù del pranzo con i parenti, sugli ultimi ritocchi all’albero, la preparazione degli ultimi pacchetti e, nel caso specifico di Zayn, una corsa contro il tempo per comprare gli ultimi regali. In particolare, ovviamente, gli mancava il regalo per Janis, quello più importante e difficile. Aveva chiesto consiglio alle donne di casa e il risultato era stato a dir poco deprimente: Safaa gli aveva detto di comprarle una Barbie da collezione, Waliyha una borsa di Gucci o Prada, Doniya una collana o un braccialetto e sua madre era semplicemente scoppiata in lacrime.
Così Zayn si era arreso all’idea di dover passare la Vigilia in giro per negozi. Si vestì in fretta ed aprì il cassetto in cui teneva i soldi per le emergenze, li infilò tutti in tasca e fece per uscire dalla stanza, quando suo padre gli bloccò la strada.
“Papà” esclamò sorpreso, interrogandolo con lo sguardo. Non aveva notato che era piuttosto di fretta?
Yaser entrò in camera e si chiuse la porta alle spalle, poi sprofondò le mani nelle tasche dei pantaloni e guardò il pavimento.
“Dove stai andando?” domandò con voce pacata, per poi inchiodare il figlio con gli occhi.
“A comprare gli ultimi regali, lo sai” farfugliò il ragazzo, senza comprendere il perché delle azioni del padre.
“Scommetto che ti manca anche quello per la bella Janis”
Bingo. Zayn inarcò le sopracciglia e si morse il labbro inferiore. Suo padre sapeva della sua relazione con Janis, era stato lui stesso a parlarne in casa, ma non capiva il motivo di quel discorso e di quel tono così serio e profondo. Annuì lentamente, senza smettere di fissare il padre.
“Stai mandando a puttane tutto quello che ho fatto per tirarti fuori da quel casino” soffiò Yaser, la voce resa acuta dall’ira, ma comunque controllata per non essere sentito nel resto della casa.
“No, papà” lo contraddisse Zayn, che fece un passo avanti e fronteggiò l’uomo, “Tu hai fatto una cosa che…per cui ti sarò grato e debitore per tutta la vita. Ma stare con lei non significa rovinare tutto” disse sicuro. Lui guardò il figlio e scrutò attentamente la sua espressione, i muscoli tesi, le labbra serrate e gli occhi scuri. Soffiò un sorriso.
“Perché non le regali la verità, per Natale?” chiese, poi si voltò ed uscì dalla stanza di Zayn, lasciandolo lì, impalato sul posto, tremante e spaventato.
Regalarle la verità sarebbe stato devastante per lei, le avrebbe spezzato il cuore, provocato un dolore tanto grande quanto quello della morte di sua madre e suo fratello, l’avrebbe allontanata per sempre. Scrollò violentemente il capo ed entrò nel negozio di musica in cui Janis gli aveva raccontato la storia del suo nome.
Alexander Ryan era un amante del rock e del blues e quando era giovane ci fu una donna che sconvolse il mondo della musica: Janis Joplin. Era sempre stato affascinato da quella donna così indipendente, alternativa, sempre alla ricerca della libertà. La sua tragica scomparsa, nel 1970, fu un duro colpo per lui e in quel momento decise che la sua primogenita si sarebbe dovuta chiamare così, Janis, in onore di quell’incredibile donna, che aveva fatto della sua difficile vita la forza per continuare a lottare per quello in cui credeva.
La ragazza gli aveva detto che suo padre aveva i dischi in vinile, ma non il grammofono, quindi si era limitata ad ascoltare qualche canzone su Youtube. Nonostante ciò, era rimasta anche lei colpita dalla Joplin, la sua voce dolce ma ruvida, le canzoni lente e tristi, i testi malinconici e profondi.
Era un regalo banale ed insulso, ma sperava comunque che le piacesse. Pagò la copia di Pearl ed uscì con il sacchetto stretto fra le dita; gli mancavano ancora un paio di regali e non c’era posto migliore se non il centro commerciale. Avrebbe sicuramente fatto un salto in libreria, perché sapeva che Janis amava i libri fotografici e poteva essere un buon regalo insieme al cd. Forse, pensò, non era esattamente il caso di regalarle qualcosa che le ricordasse il padre e qualcos’altro la madre, però confidava nell’amore che la sua ragazza provava per i genitori scomparsi e sperava che capisse che il suo gesto era un invito a non dimenticarli.
 
Non sapeva perché si trovasse lì, aveva accettato di accompagnare Melory ai grandi magazzini per cercare un regalo per il suo ragazzo, così magari avrebbe potuto prendere qualcosa per Zayn. Ed eccola lì, in un negozio di intimo, nel reparto maschile, mentre la sua amica le mostrava almeno cinquanta paia diverse di boxer. Certamente non avrebbe comprato a Zayn un paio di mutante con Babbo Natale, la imbarazzava il solo pensiero di portarle alla cassa. Melory rise per l’ennesimo mugolio della ragazza, che arrossì e scrollò la testa, più per esprimere la sua assenza di idee che non il suo dissenso.
“Cos’hai pensato di prendere a Zayn?” le chiese allora Mel, razzando nel cesto delle occasioni. Janis dovette impegnarsi non poco per mettere da parte l’immagine della sua amica con un perizoma da uomo in mano e rispondere alla sua domanda.
“Pensavo…pensavo di dare un’occhiata al negozio di colori e in libreria”, distolse lo sguardo da quell’ammasso di stoffa e si guardò i piedi, dondolando avanti e indietro.
“Non hai pensato a niente di più brioso?” la prese in giro l’altra, lanciandole addosso un tanga zebrato, che cadde direttamente ai piedi della rossa.
“Mel, che schifo!” squittì, balzando all’indietro e urtando qualcuno. Si voltò per scusarsi e si trovò davanti un divertito Zayn, che la guardava con un sorriso birichino sulle labbra.
“Ciao” disse, per poi chinarsi e lasciarle un veloce bacio sulle labbra. Janis arrossì ancora di più e nascose il viso tra le mani, respirando profondamente.
“Usciamo di qui” bofonchiò, appoggiò le mani sul petto del suo ragazzo e lo spinse fuori dal negozio, mentre questo se la rideva e camminava all’indietro. Le passò un braccio intorno ai fianchi e l’avvicinò a sé, baciandola più intensamente di prima; Janis gli prese il volto tra le mani e ricambiò il gesto, beandosi di quelle labbra morbide e di quella barba ispida che le pungeva la pelle.
“Che ci facevi in quel negozio?” si interessò il moro, allontanandosi da lei e circondandole le spalle con un braccio. Janis sospirò e si passò una mano nei capelli.
“Melory sta cercando qualcosa per il suo ragazzo” disse “E anche io”, abbassò gli occhi e si mordicchiò il labbro inferiore, “Tu?”
Zayn ridacchiò e alzò i sacchetti che teneva in mano.
“Ultimi regali” disse solo, baciandole una tempia, “Ti lascio al tuo shopping, ci vediamo nel pomeriggio”, sciolse l’abbraccio e la prese per mano. Lei annuì e gli accarezzò una guancia, poi si alzò in punta di piedi e lo baciò teneramente.
 Mentre tornava verso il negozio, si toccò le labbra e sorrise tra sé: baciare Zayn le lasciava sempre una strana sensazione sulla pelle e nel cuore, come se fosse una bevanda calda in una notte d’inverno gelido, come il getto dell’acqua fredda della doccia dopo una giornata di caldo torrido. Era rigenerante, era intenso, era tutto ciò che fa sorridere, era un abbraccio in un momento di sconforto, era una nevicata la notte della Vigilia, era la risata di un bambino, era il sorriso di una mamma, era una torta di una nonna, era un cielo senza nuvole, era una notte con una marea di stelle. Era Zayn, colui che l’aveva tirata fuori dalle sabbie mobili, colui al quale aveva affidato il suo cuore ammaccato, colui che non si era lasciato spaventare e l’aveva amata.
“Siete così carini” l’accolse Melory, in mano una sportina contenente un pacchetto dalla carta rossa. Janis sorrise mestamente e scrollò le spalle.
“Ancora non riesco a crederci” confessò. Melory la prese a braccetto ed insieme si incamminarono verso la libreria del centro commerciale. Lì dentro ci si poteva perdere, Janis lo sapeva: quando sua mamma doveva comprare un libro, la lasciava libera di vagare tra gli scaffali e lei, otto anni, si perdeva a guardare le copertine colorate dei libri per bambini, quelle incomprensibili dei libri per grandi e quelle affascinanti dei libri fotografici. Ne sceglieva uno, si sedeva ai piedi dello scaffale e ne sfogliava le pagine, lasciandosi colpire dalle foto più strane, finché la mamma non tornava a cercarla e l’aiutava a rimettere a posto quell’enorme volume. Un giorno le aveva promesso che quando sarebbe stata più grande le avrebbe regalato un libro di foto ogni Natale e ancora adesso Janis aspettava quel momento. Vivianne aveva avuto la possibilità di regalarle solo tre di quei libri, poi basta. E Janis sapeva che non ne avrebbe ricevuti più, perché lei non c’era più e nessuno, a parte lei, capiva quella sua strana passione.
Si recò direttamente agli scaffali dei libri di arte, cercando di non lasciarsi incantare da quello subito accanto, e cominciò a scrutare i diversi volumi, in cerca di qualcosa che le richiamasse il volto di Zayn e il suo amore per il disegno. Trovò un fascicolo per imparare a disegnare i tatuaggi, lo prese in mano e lo sfogliò velocemente. Zayn aveva diversi tatuaggi sulle braccia e, per quanto ne sapeva lei, ne aveva alcuni anche sull’addome. Quello non era sicuramente il momento di pensare a quanto avrebbe voluto vederli, così scrollò il capo e nascose il sorriso dietro a quel sottile libro, chiudendo gli occhi e ridacchiando da sola. Melory l’affiancò e guardò stranita quello che teneva in mano l’amica.
“Che hai da ridere?” domandò scettica, nascondendo tuttavia il sorriso. Era bello riavere quella versione di Janis, rivederla ridere per le battute stupide, arrossire per quelle a sfondo sessuale, prendersi in giro da sola per le sue strane manie. Sapeva di dover ringraziare Zayn Malik per questo, ma qualcosa dentro di lei le impediva di credere che quel ragazzo non nascondesse qualcosa.
Janis prese per mano l’amica e la trascinò alla cassa, mettendosi in fila dietro ad altri ritardatari nel fare i regali. Le mostrò la copertina del libro e la ragazza sbiancò.
“Vuoi farti fare un tatuaggio?!” squittì a voce alta. Alcuni clienti della libreria si voltarono nella loro direzione e Janis rise sommessamente.
“Forse un giorno. Ma gli prendo questo libro perché lui ha un sacco di tatuaggi sulle braccia e gli piacciono, ma non se li fa perché dice che i disegni che ci sono in circolazione sono troppo banali. Con questo può disegnarseli lui!” trillò entusiasta.
“Te sei tutta matta” borbottò Melory, scrollando la testa e sorridendo apertamente. Era matta, ma finalmente era felice, parlava di qualcosa con enfasi, si appassionava, gesticolava talvolta. Erano comportamenti che prima aveva, ma più pacati, poi si era chiusa a riccio per superare il lutto e ora, grazie a Zayn, era tornata ad essere viva.
Uscite dal centro commerciale, Janis camminò svelta verso il negozio di colori e articoli da disegno all’angolo della strada, entrò senza nessun indugio e salutò il proprietario, sorpreso dall’irruenza con cui quella ragazza si era precipitata nel suo umile negozietto. Melory guardava da lontano Janis che rovistava in contenitori di pennelli, matite e colori, poi la vide illuminarsi e correre verso lo scaffale delle bombolette spray. Roteò gli occhi e si avvicinò a lei.
“Bombolette di vernice?” la interrogò, prendendo in mano quella della tempera gialla. L’altra si voltò nella sua direzione e sgranò gli occhi.
“Bombolette?”, arricciò il naso, “Oh! Oh, no. Stavo pensando a questo”, si fece da parte ed indicò all’amica una striscia di pelle marrone con più tasche contenenti matite, pennelli, gessetti, carboncini, strumenti vari, tutti riposti ordinatamente. Il commesso si avvicinò a loro e si schiarì la gola per richiamare la loro attenzione.
“Quello è un ottimo articolo per gli amanti di qualsiasi tipo di arte grafica. Voi lo siete?”, aveva un modo di porsi diffidente, ma la sua voce trasudava ammirazione e rispetto. Janis scrollò il capo.
“Il mio ragazzo lo è. Sto cercando un regalo per lui” spiegò. L’uomo annuì lentamente e si grattò la nuca, evidentemente deluso da quell’affermazione.
“Se è davvero un amante dell’arte, deve essere un mio cliente. Qui a Bradford non ci sono altri negozi come questo” farfugliò, cercando di non sembrare borioso e altezzoso.
“Si chiama Zayn. È alto, moro, con gli occhi castani e le ciglia lunghe, tiene spesso la barba e quando ha la giacca di pel-”, Melory le diede una gomitata e ridacchiò, “Sì, ehm…si chiama Zayn Malik” mormorò Janis, arrossendo per la figuraccia appena fatta.
“Ho capito, sì! Zayn viene spesso qui e compra sempre un sacco di materiale per disegnare. Non penso abbia mai comprato qualcosa per dipingere…”, si grattò il mento ed osservò gli scaffali stracolmi del suo negozio, poi alzò l’indice in aria e girò i tacchi. Janis piegò la testa di lato e lo seguì, mentre Melory sbuffava e rimaneva sulla porta.
“Dovrei avere qualcosa che fa al caso tuo…” gridò l’uomo, per sovrastare il rumore di scatole di latta spostate con poca grazia. La ragazza lo raggiunse alle spalle e lo guardò scendere dallo sgabello su cui era salito in piedi per raggiungere il ripiano più alto, in mano una specie di piccola cassettiera schiacciata di legno. Si spostarono al bancone, su cui lui appoggiò quello strano oggetto.
“Vedi, nel primo cassetto ci sono quarantotto matite colorate, nel secondo ci sono matite di diversa durezza, carboncini, gomme per cancellare e per sfumare e ogni altro tipo di strumento per il disegno…” le spiegò, “Sono certo che Zayn non ce l’abbia, perché è l’unica copia che ho e non l’ho mai messa in esposizione. Gliel’avrei mostrata più avanti, ma credo che sia più bello se gliela regalassi tu”, scrollò le spalle e guardò la ragazza, che gli sorrise apertamente ed annuì, tirando fuori il portafoglio dalla borsa. Non aveva la più pallida idea di quanto costasse, ma quell’anno non avrebbe badato a spese per quei pochi regali che voleva fare, specialmente se era quello per Zayn, per il quale avrebbe fatto follie.
 
Fu un pranzo alquanto rumoroso e caotico, quel giorno, perché Waliyha voleva a tutti i costi convincere i genitori che era abbastanza grande per passare il Capodanno in discoteca con le amiche, Doniya sbuffava per le urla isteriche della sorella, Safaa gridava per sovrastare tutti e raccontare del gioco che la maestra le aveva fatto fare durante educazione fisica e Trisha sgridava tutte e tre le figlie femmine. Zayn mangiava in silenzio, gli occhi fissi sul piatto, un mal di testa atroce e un’incredibile voglia di sbrigarsi per andare da Janis, ma sapeva che finché quel casino fosse andato avanti, lui non avrebbe potuto alzare il sedere dalla sedia. Ripensava alla proposta che sua madre gli aveva fatto non appena era rientrato in casa: invitare Janis a passare il giorno di Natale insieme a loro. Non sapeva cosa lei avrebbe potuto rispondere, ma non vedeva l’ora di chiederglielo e vedere la sua reazione, anche se negativa.
“Stupide regole” borbottò a voce talmente bassa che non la sentì nemmeno lui. Poi accadde qualcosa di imprevisto, Yaser si alzò strisciando la sedia e nella stanza calò un silenzio reverenziale che mai si era sentito in casa Malik. Zayn alzò lo sguardo dalla sua cotoletta di pollo e guardò il padre, dall’altra parte della tavola, aggrottò le sopracciglia e solo dopo si accorse che lui lo stava fissando con insistenza.
“Puoi andare, Zayn” disse solo, con tono solenne ed espressione seria. Il ragazzo aprì la bocca per dire qualcosa, ma subito intervenne una delle sue sorelle, che si oppose alla decisione del padre.
“Io non ho mai avuto il permesso di lasciare la tavola prima della fine!” si lamentò Doniya, con tono acuto e la schiena dritta di chi è rimasto particolarmente offeso. Zayn sostenne lo sguardo del padre e lo analizzò a fondo, per cercare di capire se lo stesse mettendo alla prova o se veramente lo stava lasciando libero di andare dalla sua ragazza, dopo averlo accusato di essere sul punto di rovinare tutti i suoi sforzi per mantenere segreta la verità. Quello che vide in quelle iridi così uguali alle sue era fiducia, fierezza, amore e rispetto.
“Vai” ripeté l’uomo, accompagnando le parole con un cenno del capo verso la porta d’ingresso ed un sorriso lieve, ma ben visibile. Zayn non se lo fece ripetere una terza volta, prese il suo piatto e sparecchiò le sue cose, poi passò accanto al padre e lo ringraziò con un gesto appena percepibile della testa ed uscì svelto di casa.
Con ancora la testa che gli esplodeva, Zayn imboccò il vialetto di casa di Janis e parcheggiò l’auto dietro a quella della sua ragazza. Aveva un gran voglia di baciarla e di vederla, mentre correva verso la porta e suonava il campanello due volte.
Janis chiuse di scatto il libro che stava leggendo e schizzò in piedi, dandosi una veloce sistemata ai capelli e al maglione, dirigendosi all’ingresso. Quando aprì la porta non fece in tempo a dire niente, che Zayn era già sulle sue labbra, baciandola teneramente e tenendola per i fianchi con fare possessivo, gli allacciò le braccia al collo e si alzò in punta di piedi, avvicinandosi ancora di più a lui. Quando si separarono, Zayn le accarezzò una guancia con la punta del naso e soffiò un sorriso.
“Mi sei mancata” sussurrò, lasciandole un veloce bacio sulla mandibola. Janis ridacchiò e lo allontanò un poco, poi chiuse la porta e lo guardò negli occhi. Era sempre più bello e tutte le volte si stupiva di quello che erano riusciti a costruire e di come lui la facesse sentire speciale e amata. Ancora nel più totale silenzio, si spostarono dall’atrio e si accomodarono sul divano, coprendosi con una coperta e rimanendo così, ad ascoltare il respiro dell’altro e bearsi della sua presenza.
“Cosa farai domani?” domandò Zayn, posandole un bacio sul collo e lasciandosi inebriare dal profumo del suo shampoo. La sentì rabbrividire e farsi ancora più piccola fra le sue braccia e questo provocò un moto di orgoglio in lui, che strinse l’abbraccio.
“In che senso?” farfugliò lei, non riuscendo a capire il motivo di quella domanda.
“Domani è Natale e mia mamma ti ha invitata a casa nostra” spiegò tutto d’un fiato. Janis si raddrizzò sul posto e lo guardò con occhi allucinati, aprì la bocca per dire qualcosa, ma poi arrossì di botto e nascose la faccia nelle mani. Zayn ridacchiò e si mise seduto anche lui, appoggiando una mano su un polso sottile della sua ragazza per cercare di scoprirle il viso.
“Ehi, che c’è?” mormorò, prendendo ad accarezzarle la pelle con il pollice. Lei sospirò pesantemente e finalmente lo guardò, gli occhi pieni di lacrime calde e le guance rosse. Vedendola così, lui si allarmò e si chiese che cosa aveva detto di sbagliato, ripetendosi mentalmente le sue parole. Non gli sembrava di aver detto niente di offensivo o di poco carino, quindi non capiva il perché di quella reazione.
Nel momento in cui Zayn le aveva chiesto di unirsi a loro per festeggiare, Janis si era sentita scoppiare, il cuore aveva preso a batterle all’impazzata, la sua mente era andata in tilt, mentre ogni singola cellula del suo corpo la spingeva ad accettare. Ma quando era stata sul punto di rispondere, aveva sentito un enorme magone bloccarle il respiro e pesarle sullo stomaco, una sensazione crescente di nausea, le lacrime pungerle le palpebre e un singhiozzo minacciare di uscire.
“Jan, ti prego, dimmi che c’è” si allarmò Zayn, mettendosi in ginocchio sul pavimento, in modo da poterla fronteggiare, prendendole poi il volto fra le mani e asciugando una lacrima che era sfuggita al suo autocontrollo.
“Niente”, si alzò dal divano e lo lasciò lì, in ginocchio sul pavimento, mentre lei saliva svelta le scale e si rintanava in camera sua.
Zayn era sempre stato bravo con le ragazze, perché a casa ne era circondato, ma c’era qualcosa in Janis che gli sfuggiva, qualcosa che la rendeva così misteriosa e affascinante. Qualcosa che lo spaventava. Come se lei stesse lottando contro se stessa, come se tutto in lei le dicesse di stargli alla larga e lei fosse combattuta fra l’istinto di ascoltare quel suggerimento oppure no. Si risvegliò dai suoi pensieri quando sentì una porta sbattere al piano di sopra, si passò una mano sulla nuca e si alzò, percorrendo con cautela il tragitto che lo separava da quella fragile creatura che gli aveva rubato l’anima. Abbassò la maniglia della camera ed infilò la testa dentro: Janis era seduta sulla scrivania, le ginocchia strette al petto e la guancia appoggiata ad esse, guardava fuori e non mosse nemmeno un muscolo quando lui entrò e si schiarì la gola.
“Jan?” la chiamò, ma lei ancora non rispose. Allora lui si avvicinò come si fa con gli animali selvatici e arrivò alla finestra, le appoggiò una mano sulla spalla e subito la ritrasse, quando lei scattò spaventata. Si guardarono un paio di istanti, poi lei lasciò andare le gambe e si voltò verso il ragazzo, prendendogli una mano e avvicinandolo a sé.
“Scusa” sussurrò a testa bassa, mordicchiandosi poi il labbro inferiore e dandosi mentalmente della stupida per come aveva reagito a quella semplice proposta.
“Non fa niente” la rassicurò, passandole un braccio intorno ai fianchi, “Verrai?” domandò timoroso, ma questa volta Janis non reagì da lunatica, bensì gli sorrise apertamente ed annuì, continuando a torturarsi le labbra con i denti. Zayn provò una gioia irrefrenabile e appoggiò entrambe le mani sui suoi fianchi, sollevando un poco la felpa ed accarezzandole la pelle liscia, per poi baciarla con tenerezza e attirarla a sé, facendo sì che lei gli allacciasse le gambe al bacino e le braccia al collo. Presto si ritrovarono coinvolti in un turbinio di emozioni, i respiri corti, le labbra fameliche, le mani curiose e Zayn dovette staccarsi per non finire troppo in là, per non oltrepassare quel confine che nessuno aveva tracciato, ma che lui sentiva presente ed insormontabile. Si guardarono per qualche istante, poi Janis lo attirò di nuovo a sé e lo strinse ancora più stretto, percependo i suoi muscoli irrigidirsi e poi rilassarsi immediatamente, mentre le loro lingue si sfioravano e i vestiti cominciavano a diventare gabbie da distruggere. Il primo a spezzare una delle sbarre fu Zayn, che insinuò una mano sotto la pesante stoffa della maglia della sua ragazza e la piazzò direttamente sulla sua schiena, mentre approfondiva sempre di più il bacio, che si faceva intenso e veloce, ed entrambi sentivano più caldo. Janis armeggiò un po’ con la cerniera della felpa di Zayn, la slacciò e gliela fece sfilare subito; impaziente di poter toccare la sua pelle, infilò una mano sotto la maglietta e accarezzò il torace di Zayn, che ansimò sulle sue labbra, per poi sorridere nel bacio e salire a slacciarle il reggiseno per ripicca. Senza pensarci due volte, Janis afferrò i lembi della maglietta del suo ragazzo e gliela tolse, lasciandola cadere ai piedi della scrivania. Sentiva caldo ovunque, il suo cuore batteva come un matto, le sue mani tremavano e sentiva le ginocchia molli. Eppure in quel momento non riusciva proprio a staccarsi dalla fonte di tutte quelle emozioni: Zayn. Quest’ultimo scese a baciarle il collo e Janis lasciò cadere la testa all’indietro, infilando una mano tra i capelli corvini di lui e ansimando piano. Zayn non riusciva a credere a quello che stava per succedere, anche se non aveva mai avuto problemi di questo tipo. Con Janis era diverso, a lei teneva davvero, non era solo sesso, era una cascata di brividi, sensazioni, vampate calde e gelide, pelle d’oca, spasmi muscolari, sospiri e gemiti. Lei era tutto quello e lui ce l’aveva lì, tra le mani, le sue labbra erano sulla sua pelle, le sue dita giocavano con i suoi capelli. Le fasciò i fianchi con entrambe le braccia e la sollevò dal tavolo, voltandosi e arrancando verso il letto, dove la fece sdraiare e la baciò passionalmente e lentamente, senza curarsi di andare ad un ritmo definito, ma soltanto facendole capire quanto la desiderasse. Janis ridacchiò e sbottonò i jeans di Zayn, che in un lampo se li tolse e si sdraiò su di lei, cercando di non pesarle troppo; la baciò ancora più lentamente e si beò della sensazione delle sue labbra morbide sulle sue, delle loro lingue che si inseguivano, delle sue dita sottili e ghiacciate che gli accarezzavano la schiena e lo mandavano fuori di testa. Le accarezzò il ventre con una mano e scese a giocare con l’elastico dei suoi pantaloni della tuta, mentre soffocava i suoi gemiti con un bacio senza fine e tratteneva quel sorriso spontaneo e sincero che tutta la situazione gli provocava. La sua gioia era incontenibile, avrebbe voluto farlo subito, senza aspettare, voleva donarle fisicamente tutto il suo amore, ma allo stesso tempo voleva che quel momento durasse in eterno, che le loro mani non la smettessero di torturare la pelle dell’altro, che le loro labbra non la smettessero di inseguirsi e che i loro cuori non la smettessero di battere all’unisono.
Intrufolò due dita sotto la stoffa della tuta e Janis sobbalzò, graffiandogli la schiena e ansimando più forte. Erano entrambi al limite, erano sull’orlo di un precipizio in fondo al quale si trovava la pace, l’amore, la tranquillità. Loro due.
 
Zayn non aveva mai creduto nell’amore, non aveva mai dato fiducia ai sentimenti, alle alterazioni del battito cardiaco; aveva sempre seguito il cervello, nel bene o nel male, aveva sempre pensato che l’amore non fosse una cosa per lui. Eppure quella mattina non riusciva a smettere di sorridere, mentre si alzava dal letto, mentre si lavava la faccia e mentre si lasciava trascinare giù dalle scale da una sovraeccitata Safaa. Era la mattina di Natale e niente avrebbe potuto rovinare quella giornata, perché ci sarebbe stata Janis al suo fianco, perché aveva ancora il suo profumo nel naso, perché sentiva ancora il suo nome trasformato in sospiri, perché non riusciva a non pensare che aveva fatto l’amore con la sua ragazza e che per la prima volta si era sentito felice di farlo. Non era solo la mattina di Natale, quella, ma era la prima mattina della sua nuova vita, una vita fatta di amore, di felicità, di sorrisi, di tachicardia, di arrossamenti, di baci, di Janis. Una nuova vita durante la quale, chi lo sa, avrebbe trovato il coraggio di confessare tutta la verità anche alla vittima della sua stupidità, quella fragile creatura che gli aveva messo il cuore in mano e gli aveva chiesto di prendersene cura e di ricucire le profonde ferite causate da uno sconosciuto che indossava una maschera con il suo volto. Da quando Janis era entrata a far parte della sua misera vita, Zayn sentiva di essere cambiato, aveva un motivo per svegliarsi la mattina, aveva una ragione per sorridere, qualcuno da chiamare, qualcuno a cui scrivere messaggi nel mezzo della notte solo per accertarsi che stia dormendo, qualcuno con cui ridere anche davanti ad un film drammatico, qualcuno con cui bere cioccolata calda con i marshmallow davanti al camino acceso, qualcuno di cui prendersi cura, qualcuno con cui fare l’amore tutta la notte, qualcuno da aiutare a fidarsi della gente, qualcuno con cui parlare di qualsiasi cosa. Aveva Janis e questa consapevolezza lo rendeva l’uomo più felice dell’universo.
Scese a fare colazione con il cuore leggero, perché a differenza degli altri anni, quel Natale non avrebbe dovuto sopportare la sua caotica famiglia da solo, ma si sarebbe potuto voltare e vedere che accanto a lui c’era lei, la sua vita.
Guardò Safaa scartare ogni regalo con espressione meravigliata, mentre lui sorrideva distrattamente e non si rendeva davvero conto di quello che riceveva in dono, troppo concentrato a pensare al dono più grande che avrebbe ricevuto di lì a qualche ora e a quello che aveva scartato la sera precedente, quando aveva fatto l’amore con Janis senza che nessuno dei due se lo aspettasse, senza pretese, senza secondi fini. Solo puro e semplice amore.
 
Janis non aveva la più pallida idea di cosa indossare per il pranzo a casa di Zayn e di come comportarsi con la sua famiglia. Non si era mai trovata in una situazione simile, non aveva mai dovuto pensare a che maglietta abbinare ai jeans o se fosse il caso di mettere un vestito o come tenere i capelli o di che colore usare l’ombretto. Non c’era abituata e non si era nemmeno mai immaginata una cosa simile, ma era consapevole di doverlo fare con le sue stesse mani, non poteva chiamare Melory e Carol per una cosa così banale, perché con molta probabilità stavano ancora dormendo e comunque non era giusto disturbarle in un giorno di festa per una cosa così stupida. Erano rimaste molto sorprese da quello che la loro amica aveva raccontato il giorno precedente, non si aspettavano che lei si lasciasse andare così velocemente con Zayn, ma erano felici del suo entusiasmo e di sapere che grazie a lui aveva ripreso a camminare sulle sue stesse gambe.
Provò un paio di abbinamenti, poi fissò il mucchio di panni sul suo letto e sbuffò, appoggiando le mani sui fianchi e battendo il piede ritmicamente.
Come presa da una visione, si trovò catapultata indietro nel tempo, quando da bambina sbirciava la mamma che sceglieva cosa indossare per le cene di lavoro di papà e lei, nascosta dietro la porta, spalancava la bocca meravigliata dai mille abiti che sua madre aveva nell’armadio.
Poi tornò al tempo presente e senza nemmeno un’esitazione uscì dalla sua stanza e si fermò davanti alla porta della camera dei suoi genitori. Alzò la mano tremante ed afferrò la maniglia fredda, inspirò profondamente ed espirò lentamente, poi entrò accendendo la luce. Una valanga di ricordi la investì in pieno, mentre si dirigeva a passo lento verso l’armadio e ne apriva con timore le ante color panna. L’odore di chiuso venne subito spazzato via dal profumo degli abiti di Vivianne e Janis si sentì rinascere dal profondo; sfiorò la stoffa di un tubino color tortora, poi si concentrò su un abito color corallo: si ricordava il momento esatto in cui sua madre l’aveva indossato la prima volta e lei glielo aveva criticato perché invidiosa del modo in cui le calzava a pennello. Sorrise malinconicamente e lo sfilò dalla gruccia per guardarlo bene: era un vestito semplice, lungo fino al ginocchio, con le maniche corte e le spalle rinforzate, un raffinato scollo a barchetta e una cinturina nera in vita. Sorrise di nuovo e se lo mise davanti al corpo, cercando di capire se le sarebbe potuto andare bene. L’ultima cosa che voleva era rovinare le cose di sua madre, anche se lei non avrebbe potuto dirle niente di persona. Il senso di colpa l’avrebbe inseguita fino in capo al mondo e niente le avrebbe potuto togliere la sensazione di essere una persona orribile e spregevole, per questo si sfilò immediatamente il vestito e ne prese un altro, più semplice e meno raffinato, ma pur sempre di ottima fattura e di grande stile.
Mentre finiva di sistemare i capelli in una crocchia quasi elegante, suonarono alla porta e si dovette accontentare di legarsi in una coda ordinata e voluminosa. Quando aprì la porta, Zayn la guardò dalla testa ai piedi e spalancò la bocca sorpreso.
“Sei bellissima” balbettò, arrossendo un poco. Janis si mordicchiò il labbro inferiore e si lisciò la gonna.
“E’ di mia madre” spiegò con un filo di voce.
Il ragazzo si rabbuiò e si ritrovò a pensare che se Janis si trovava in quella situazione dolorosa, era solo e soltanto colpa sua e della sua idiozia, ma non poteva certo farsi vedere con quella faccia, quindi la prese per i fianchi e catturò le sue labbra in un bacio soffice e lento.
“Buon Natale, piccola mia” soffiò a pochi millimetri dalla sua pelle, solleticandole il viso con la barba e facendola ridacchiare.
Quel suono, quella voce così profonda e sensuale, quella barba ispida e nera, quel naso a punta e quegli occhi vispi, tutto quello era suo e lei era certa che non si sarebbe mai stancata di averlo intorno e di guardarlo. Quel giorno l’avrebbe passato con la famiglia del suo ragazzo, sebbene non conoscesse nessuno di loro, eccezion fatta per la piccola Safaa.
Arrivarono a casa di Zayn troppo velocemente per i suoi gusti e la prima cosa che provò fu quell’immotivato senso di inadeguatezza che l’accompagnava ovunque, persino a fare la spesa. Sospirò pesantemente e guardò la portiera con riluttanza, mentre Zayn scendeva e l’aspettava sul marciapiede con le mani nelle tasche. Quando si accorse che lei non sembrava intenzionata a scendere, si avvicinò all’auto e aprì lo sportello dalla parte di Janis.
“Tutto bene, Jan?” chiese con una vena di preoccupazione nella voce. Lei sorrise sovrappensiero, gli occhi ancora puntati verso il basso, come incantata, poi stiracchiò un sorriso ed annuì.
“Se non dovessi piacergli?” mormorò, sistemandosi i capelli nella cosa e lisciandosi la gonna nervosamente. Zayn ridacchiò e le prese il viso tra le mani, lasciandole un veloce bacio stampo e tornando a sorriderle raggiante.
“Prima di tutto devi piacere a me. Secondo, non è stando in macchina che lo scoprirai. Terzo, farai un figurone” le assicurò, sigillando quella promessa con una altro lungo e casto bacio. La prese per mano e la fece scendere dalla macchina, chiudendole lo sportello alle spalle e sorridendole ancora con fare incoraggiante. Era bellissima anche nell’indecisione, era bellissima anche se si vergognava come non mai, anche se si sentiva superflua, esagerata, troppo elegante, troppo poco sofisticata, troppo giovane, troppo sfigata, troppo sola.
Alla porta la tensione non diminuì, nonostante Zayn non mollasse la sua mano, nonostante si sforzasse di sorridere, nonostante fosse grata al ragazzo per averle chiesto di essere lì quel giorno, nonostante sapesse che un pranzo non aveva mai ucciso nessuno. Una donna dagli enormi occhi castani aprì alla porta e sorrise raggiante alla vista dei due giovani; sembrava una persona gentile e molto dolce, ma lei non riuscì ad evitarlo e si nascose un poco dietro il suo ragazzo, che si voltò ad osservarla e la guardò con un’espressione tra il confuso e l’intenerito. Strinse la presa sulla sua mano e si sforzò di salutare la donna sollevando un angolo della bocca e cercando di sembrare meno spaventata di quanto in realtà non fosse, le porse una mano ed aspettò che la madre di Zayn ricambiasse il gesto.
“Sono Patrisha, piacere di conoscerti” disse con il tono dolce di una madre realmente contenta di trovarsi di fronte alla fidanzata del figlio.
“Janis” mormorò la giovane, uscendo un poco dal suo riparo ed arrossendo un poco, consapevole che il suo comportamento non fosse esattamente consono ad una ragazza di ormai diciotto anni.
All’interno della casa la storia non fu tanto diversa, tranne che con Safaa, che corse ad abbracciare Janis e le saltò in braccio, nonostante gli ammonimenti del fratello, che ancora non aveva capito se la sua ragazza aveva piacere o no di essere lì con lui e la sua famiglia per il pranzo di Natale. Non era ancora riuscito a captare i segnali tipici di Janis, come il tono leggermente più acuto, il continuo sistemarsi i capelli e il sorriso tirato di quando faceva qualcosa controvoglia e questo non faceva che renderlo irrequieto, perché se c’era una cosa che odiava, quella era proprio non riuscire a capire la sua ragazza, non poterla aiutare nel momento del bisogno.
Per tutta la durata del pranzo, Janis alternò le sue attenzioni tra la parlantina di Safaa, le domande di Patrisha, le battutine dei cugini di Zayn e le continue frecciatine dello zio del ragazzo, che voleva a tutti i costi sapere se erano già arrivati a quel punto e al quale Zayn non aveva nessuna intenzione di svelare che sì, avevano fatto l’amore e che era stata la serata migliore della sua intera vita. Ogni volta che sentiva essere ripreso quell’argomento, Janis non riusciva a non arrossire e sorridere come una scema, perché lei sapeva bene cosa avevano fatto il giorno precedente, si ricordava ancora la sensazione di avere le labbra di Zayn sulla sua pelle, le sue mani a sfiorarle tutto il corpo, quel calore così intenso da fonderle qualsiasi blocco e qualsiasi organo, quell’esplosione che aveva sentito nel petto appena lui aveva sussurrato il suo nome in preda al piacere, l’emozione di lasciarsi stringere tra le sue braccia e aspettare che i loro cuori tornassero a battere regolarmente, insieme. Certo, però, era felice che anche Zayn preferisse tenersi tutto per sé, sperava davvero che non fosse come gli altri, che si vantano delle loro conquiste e delle loro avventure sotto le lenzuola, anche perché lei per prima non era quel genere di persona, ma era una ragazza alquanto riservata, parecchio insicura sotto l’aspetto dell’amore e delle relazioni.
Mentre Janis chiacchierava con Safaa, a fine pranzo, Zayn si sedette accanto a lei sul tappeto e le baciò una spalla, attirando l’attenzione della ragazza, che si voltò e fece scontrare i loro nasi, poi sorrise e si allontanò appena, perché non era certo il caso di scambiarsi effusioni davanti ad una bambina e nemmeno davanti all’intera famiglia Malik.
“Come stai?” mormorò il ragazzo, ignorando le insistenti lamentele della sorellina, che doveva ancora finire il racconto ed era stata brutalmente interrotta. Janis ridacchiò e gli accarezzò una guancia coperta da un sottile velo di barba, combattendo contro la voglia di baciarlo e chiedergli di stare un po’ da soli per parlare.
“Tutto bene, tu?” rispose con tono dolce, senza staccare gli occhi da quelli del suo ragazzo. Avrebbe potuto perdersi in quelle iridi color nocciola, in cui si rispecchiava tutta la sua essenza, tutto il suo amore e nel quale vedeva il vero Zayn, quello che l’amava, che non l’aveva lasciata sola un attimo, quello che l’aveva presa per mano e le aveva chiesto di poterla salvare dall’incombente naufragio del suo cuore.
“Ti va di scappare?” domandò con un sorriso malandrino e Janis non poté fare a meno di annuire e prenderlo per mano. Safaa sbuffò pesantemente e li guardò dirigersi verso le scale che portavano al piano di sopra, poi tornò a giocare con la nuova Barbie che le aveva donato Babbo Natale.
Zayn aprì la porta della sua camera e si fece da parte per far passare prima lei, poi la seguì e si chiusero dentro a chiave, giusto per essere sicuri di non essere disturbati.
Non era la prima volta che Janis entrava nella camera di Zayn, c’era stata diverse volte, quando lui era a casa da solo e avevano voglia di cambiare le pareti dentro cui stare, passando da casa sua a quella del ragazzo, anche se solo per farsi un po’ di coccole e guardare un film. Quella volta, però, tutto aveva un sapore nuovo, come se entrambi si aspettassero qualcosa, un gesto, una parola, che facesse esplodere tutta la loro voglia di stare insieme. Zayn si schiarì la gola e si avvicinò all’armadio, da quale tirò fuori una sportina azzurra che sembrava contenere qualcosa di pesante. Janis aprì la bocca, poi si ricordò che anche lei doveva ancora dare il suo regalo a Zayn, così si alzò e corse verso la porta, girò la chiave e prima di uscire lo guardò.
“Torno subito, non ti muovere”, sorrise raggiante e corse lungo il corridoio, percorse in fretta le scale, afferrò la sua borsa dall’appendiabiti e tornò al piano di sopra come se non fosse mai scesa. Zayn fissava ancora la porta con un’espressione confusa, ma quando la rivide sorrise ed aspettò che lei chiudesse di nuovo la porta a chiave.
“Ti ho preso qualcosa anche io” si giustificò lei, scrollando le spalle e andando a sedersi sul letto, si sfilò le scarpe ed incrociò le gambe sul materasso, dimenticandosi per un attimo delle buone maniere e di indossare un vestito. Il ragazzo ridacchiò e si piazzò di fronte alla sua ragazza, imitando la sua posizione e cercando di non farsi distrarre dalla gonna troppo corta e dalla quell’importante porzione di pelle scoperta. Deglutì rumorosamente e sperò con tutto il cuore che lei non avesse notato la sua difficoltà nel sopportare una situazione simile. La osservò estrarre dalla borsa la sporta di un negozio che conosceva bene e per un attimo si trovò a pensare a quanto fosse fortunato ad avere una ragazza come lei, che era riuscita a capirlo ancora prima che lui si lasciasse scoprire.
“Prima io” farfugliò lei, rossa in viso e con gli occhi bassi, porgendogli il sacchetto. Zayn lo prese con una mano e con l’altra le mise davanti il suo regalo.
“Insieme” disse solo, aspettando che lei focalizzasse la sua attenzione sul pacchetto che sua madre aveva confezionato con cura. Annuì debolmente e lo prese con mani tremanti, poi fissò Zayn negli occhi e si sentì morire dentro. Non era abituata a ricevere regali da persone che non fossero i suoi famigliari, non era abituata a ringraziare, non sapeva come comportarsi di fronte ad una sorpresa, specie se chi gliela faceva era qualcuno come Zayn.
La stanza fu subito riempita dal rumore della carta strappata, poi ci fu un attimo di silenzio, durante il quale Zayn fissò la scatola che aveva tra le mani, un sorriso che premeva per spuntare e la curiosità che lo portava a studiare bene quell’oggetto, mentre Janis sentì un tonfo dentro al petto, si rigirò tra le mani in disco di Janis Joplin, poi si asciugò una lacrima quando prese in mano il libro fotografico sui monumenti e gli edifici più strani ed insoliti. Il cuore martellava nella cassa toracica, aveva la gola asciutta e la vista appannata dalle lacrime, aveva una gran voglia di scappare da quella stanza, da quella casa, da quella città e da quella vita, ma l’unica cosa che fece fu togliere di mano a Zayn il suo regalo e fiondarsi fra le sue braccia, lasciando che il pianto le impedisse di parlare, permettendo ai singhiozzi di squassarle i polmoni e le lacrime bruciare la sua pelle come gocce di limone. Il ragazzo rimase spiazzato da quella reazione, indeciso se fosse provocata dalla disperazione, dalla gioia, dalla gratitudine o dalla rabbia, non sapeva cosa fare, cosa dire e come chiederle cosa fosse successo. Si sentiva inutile e colpevole, non avrebbe dovuto farle quei regali, era riuscito a sbagliare tutto anche in una cosa così semplice e forse avrebbe dovuto ascoltare i consigli delle sue sorelle, comprarle una borsa o un braccialetto, senza entrare in quella sfera delicata e malmessa che lui stesso aveva distrutto. Non riusciva a parlare, ogni suono era stato cancellato dai singhiozzi della sua ragazza, che tremava fra le sue braccia, premuta contro il suo petto in cerca di conforto, protezione, aiuto. Allora lui non poté fare altro se non abbracciarla, dondolarsi sul posto e baciarle i capelli, aspettando che lei si calmasse per poterle chiedere spiegazioni, potersi scusare e poterla baciare teneramente, perché sapeva che un bacio avrebbe potuto farla stare meglio.
Passarono minuti interminabili, duranti i quali Janis non aveva dato segnali di calmarsi, poi d’un tratto smise di piangere, tirò su con il naso, si asciugò le lacrime e nascose il viso nell’incavo del suo collo, lasciandoci un leggero bacio. Zayn intensificò le carezze sulla schiena e si schiarì la voce.
“Tutto a posto?” sussurrò timoroso, passando ad accarezzarle le spalle con una mano e con l’altra una coscia. Janis annuì contro di lui e soffiò un sorriso.
“E’ davvero un regalo bellissimo, Zayn” mormorò, lasciando un altro veloce bacio sulla pelle calda del suo collo, “Scusami. Ti sarò sembrata un stupida” mugugnò, raccogliendo le gambe e stringendosi ancora di più contro il petto del ragazzo, che bloccò le carezze e si allontanò un poco, in modo da costringerla ad alzare la testa verso di lui. Le sorrise dolcemente e si chinò sulle sue labbra, posandoci un leggero bacio al sapore di lacrime.
“Ho esagerato con i ricordi, scusami” farfugliò, ancora sulle labbra sottili di Janis, che scrollò velocemente il capo e gli intrappolò il volto fra le mani.
“Sei fantastico e non potrei desiderare un ragazzo migliore di te” gli disse con voce dolce e un leggero rossore a colorarle le guance. Zayn sorrise apertamente e si fiondò a baciarla con passione, costringendola a sdraiarsi sul letto, scansando i regali da una parte, e prese ad accarezzarle i fianchi, le braccia, le cosce e i capelli, poi lei ridacchiò e lui si fermò, il fiato corto ed una fastidiosa erezione nei jeans. Si grattò la nuca a disagio e si mise in ginocchio, mentre lei si sollevava e lo riattivava a sé, coinvolgendolo in un nuovo travolgente bacio e riportandolo sdraiato su di lei. Zayn sapeva che tutto quello era sbagliato, che quello che stava facendo era un enorme casino; sapeva che sarebbe arrivato il momento in cui lei avrebbe scoperto la verità e lo avrebbe allontanato, ferita e delusa come non mai. Tuttavia, in quel momento non riusciva a non pensare che lei era lì, per lui e con lui e che erano vicini a fare l’amore, fregandosene dei parenti al piano di sotto, delle lacrime appena versate, delle ferite riaperte, dei sensi di colpa riemersi. C’erano solo loro due.
L’afferrò per i fianchi con entrambe le mani e si spinse verso di lei, affinché sentisse quanto la desiderava, poi le sfilò le calze con finta delicatezza, attento a non romperle per evitare di lasciare tracce evidenti di quello che stavano facendo. Janis ansimò a voce alta e Zayn si fiondò a bloccare qualsiasi dolce suono con un bacio infinito, mentre lei si affrettava a slacciargli il bottone dei jeans e glieli tirava giù, liberando la sua eccitazione e cercando un contatto più diretto e libero. Un altro gemito venne inghiottito dalle loro labbra sigillate, le mani si divertivano con la pelle dell’altro, i loro corpi si fondevano e davano vita ad un solo essere umano, non c’era un suono in quella stanza che non fosse prodotto da loro due, dal loro amore così sconnesso e insensato, eppure salvifico e fondamentale.
Si rivestirono senza fretta, scambiandosi baci veloci e sorrisi furbi, sistemandosi i capelli a vicenda e ridendo delle espressioni dell’altro, come se non fossero consapevoli della propria. Prima di uscire, Zayn frugò in una sportina e ne estrasse un piccolo rametto di vischio, poi prese Janis per mano e l’attirò a sé. Lei gli circondò il collo con le braccia e lo guardò sostenere sulle loro teste quel piccolo ramoscello; ridacchiò e tornò a fissare il suo ragazzo, che in un attimo avvicinò il volto al suo. Janis si mordicchiò il labbro inferiore e appoggiò la punta del naso a quella del moro, perdendosi di nuovo i quel mare color nocciola.
“Ti amo” sussurrò Zayn, stringendo ancora un po’ l’abbraccio e desiderando di essere ancora sdraiati a letto a fare l’amore, le lasciò un veloce bacio sulle labbra e non si allontanò se non di qualche millimetro, in modo da poter sentire il suo fiato sulla pelle e il suo profumo così buono.
“Buon Natale, Zayn. E grazie di avermi salvata”

Aries' corner

Molto bene, prima di tutto, BUON NATALE!!! 
Seconda cosa, chiedo scusa per l'enorme ritardo! Questo capitolo avrei voluto pubblicarlo prima di Natale, per augurare a tutti voi di trovare un ragazzo che vi faccia battere il cuore. Io sono ancora alla ricerca! ;) Alla fine ho avuto una marea di cose da fare, tra cui molti regali, e non ho avuto uno straccio di tempo per finire e postare il tutto! Quindi eccomi qui! Mi scuso anche per la lunghezza spropsitata e mi duole ammettere che era esattamente così che doveva venire! ^^' Anzi, l'ho anche tagliato, perché alcune parti erano decisamente inutili e veniva una cosa lunga tipo 15.000 parole!! xD

Quindi, in parole povere, buone feste a tutti! Io le passerò a preparare 5 esami che darò a gennaio, ma per fortuna le mie splendide amiche verranno a casa mia a farmi compagnia <3 Non vedo l'ora che sia domani!!! :D 
A presto!
Buon anno e buone feste!!

Horan Hugs
A.P.

 
 
   
 
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