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Autore: Shandris    19/05/2008    2 recensioni
Alexander scopre un drow prigioniero e sofferente, decide di scoprire cosa sta succedendo
Genere: Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I due stavano camminando lentamente, uno di fianco all’altro lungo la sponda del fiume. Il cavallo di Alexander li seguiva docilmente a qualche metro di distanza. Il fragore della corrente e lo scalpiccio degli zoccoli riempivano l’aria.

“Hai bisogno di un bel bagno Drizzt, lo sai?”, disse Alexander d’un tratto con voce allegra, più che altro per rompere il silenzio imbarazzato che si era creato.

“Lo so”, rispose mesto l’elfo.

Era vero. Drizzt aveva smesso di farci caso, poiché durante la sua prigionia era troppo occupato a cercare di sopravvivere per badare a questi inconvenienti. Ma ora che Alexander gliel’aveva fatto notare si era reso conto di quanto i suoi capelli fossero unti e sporchi, di come il sudore rendesse la sua pelle umida e appiccicosa, per non parlare delle croste di sangue rappreso che gli costellavano la schiena. Era stanco, ferito, affamato… ma nonostante questo, paradossalmente, ora era proprio un bagno ciò desiderava di più.

“Vieni con me. Ti porto nel posto in cui vivo. Lì potrai farti un bagno caldo e mangiare qualcosa. Dovrei avere anche degli abiti puliti della tua taglia”

Gli occhi di Drizzt per un breve istante brillarono di gratitudine, ma poi l’elfo rispose “Non posso accettare. Hai già speso per me una somma che probabilmente non potrò mai restituirti. Non posso accettare altri favori..” concluse con un velo di rimorso.

Alexander sorrise fra se e se. “Non era una domanda. Ti ci sto già portando”, disse indicando le palizzate che delimitavano l’accampamento, che spuntavano dal fogliame della foresta qualche decina di metri alla loro sinistra.

Drizzt si fermò. “Quello è il posto in cui vivi?”, chiese l’elfo che aveva scorto le vedette di guardia sul muro di cinta, e le osservava con inquietudine mentre facevano il giro di ronda.

Alexander guardò nella stessa direzione, e indovinando i pensieri dell’altro disse: “Non ti saranno ostili, né tenteranno di farti del male, te lo garantisco”.

“Come puoi esserne certo?”, domandò Drizzt con una punta di perplessità.

“Perché quei soldati sono ai miei comandi”, rispose Alexander con semplicità e naturalezza.

Rifletté un istante, poi decise che era ora di chiarire la sua posizione nei confronti dell’elfo una volta per tutte. Si voltò lateralmente per poterlo guardare negli occhi, gli mise una mano sulla spalla e gli parlò con tutta la franchezza di cui era capace: “Ascoltami bene Drizzt, so quali leggende circolano sulla tua razza, so come reagisce la gente anche solo al sentir nominare la parola drow. Ma io, per quanto strano ti possa sembrare, mi fido di te”, sottolineò quest’ultima affermazione stringendo la presa sulla spalla di Drizzt, “Non so esattamente cosa mi spinga a farlo, ma è così. E per quanto possa valere, ti do la mia parola che anche tu puoi fidarti di me”.

Senza aspettare una sua reazione, voltò le spalle al drow per nascondere l’imbarazzo che lo aveva colto alla sprovvista proprio mentre terminava la frase. Non gli capitava spesso di mettere a nudo i suoi pensieri più intimi. E non gli capitava spesso di sentirsi imbarazzato. Si irritò con se stesso per questa debolezza.

Drizzt non disse nulla, ma fu grato che Alexander si fosse voltato. Sebbene la sua espressione fosse rimasta impassibile, gli occhi dell’elfo si erano fatti lucidi. Voleva replicare, ma nulla di quello che gli veniva in mente pareva adatto, così si limitò a raggiungere ad Alexander e disse semplicemente “Ti seguo”.

 

Alexander fece strada dirigendosi verso il portone d’ingresso. Le guardie di vedetta lo avevano riconosciuto e senza attendere un suo cenno fecero aprire i battenti. Alexander si fermò sulla soglia e fece cenno a Drizzt di raggiungerlo. Varcarono l’ingresso insieme e la prima cosa di cui Drizzt fu consapevole furono gli occhi dei soldati. Con sollievo constatò che non si trattava di sguardi ostili, ma soltanto di fugaci occhiate curiose. Attirava inevitabilmente l’attenzione di tutte le persone che incrociavano, ma gli sguardi, dopo essersi soffermati brevemente su di lui, scivolavano su Alexander, si trasformavano in un cenno di saluto e slittavano nuovamente via. Drizzt gradatamente si rilassò; era evidente che quegli uomini si fidavano ciecamente del loro comandante. All’improvviso un uomo si parò loro davanti con irruenza. “Come non detto”, pensò Drizzt suo malgrado.

 

Era Mark, l’ufficiale medico.

“Stai scherzando spero!”, disse con tono sarcastico ad Alexander, indicando con un cenno Drizzt.

“Che vorresti dire?”, rispose Alexander tranquillo, ma con una nota di irritazione nella voce.

“Non hai mai detto che l’avresti portato qui! E soprattutto non hai mai detto che si trattava di un drow”, Mark lanciò un’occhiata di sbieco verso l’elfo.

“Non l’ho mai detto, e allora? C’è qualche problema?”

I toni erano ancora bassi, ma la tensione stava crescendo a vista d’occhio. Drizzt deglutì a disagio, ma non si azzardò ad intromettersi.

“Certo che c’è un problema!”, rispose Mark con aria di sfida, “Come puoi fidarti di lui? Lo sai cosa si dice..”

“Lo so benissimo cosa si dice dei drow”, lo interruppe Alexander a denti stretti. Lo afferrò per l’avambraccio e lo trascinò via, lontano da Drizzt. Poi inspirò profondamente. Con una mano si sfregò il viso mentre cercava di calmarsi e di trovare le parole adatte.

“Senti Mark”, disse con tutta la tranquillità che riuscì a raggranellare, “non ho scelta. Ha bisogno di supporto morale e materiale. Ha bisogno di vestiti, cure e cibo. Non puoi pretendere che lo abbandoni a se stesso.”

“Ma è un ..”

“Un drow, lo so. Proprio per questo non posso lasciarlo girare per Lordaeron da solo. Di lui mi fido Mark, completamente. E’ della gente che non mi fido. Potrebbero metterlo alle strette e una volta con le spalle al muro, allora si che diventerebbe pericoloso”.

I due restarono a fissarsi per diversi istanti senza che nessuno trovasse qualcosa da aggiungere. Alexander non riusciva a capire se l’amico era più orientato ad andarsene infuriato o a scusarsi con lui..

Alla fine fu Mark a prendere la parola. In tono casuale disse: “Beh è logico.. lo dice anche la proprietà transitiva: se io mi fido di te e tu ti fidi di lui, allora anche io mi devo fidare di lui”.

Alexander non riuscì a impedire ad una sincera risata di salirgli su per la gola. Per l’ennesima volta fu stupito da come l’amico e collega era in grado di sdrammatizzare ogni situazione, infilando una battuta calzante quando meno ce lo si aspettava.

“Mi dispiace Alex, non avevo intenzione di essere così aggressivo”, aggiunse mentre il suo comandante stava ancora sorridendo. “Dovremmo dargli una chance. Probabilmente hai ragione tu. Come al solito” concluse sorridendo a sua volta.

Alexander dapprima annuì, poi tornò serio e disse: “ Ha delle brutte ferite su tutto il corpo, dovresti dargli un’occhiata”.

“D’accordo”, rispose l’altro, “fallo lavare e poi portamelo. Io intanto preparo l’attrezzatura”.

Si salutarono dandosi amichevolmente un pugno sulla spalla l’uno dell’altro, poi si separarono.

Alexander tornò da Drizzt munito di un sorriso rassicurante. “Tutto a posto”, lo tranquillizzò.

“Ne sei certo?”

“Si, davvero. Vieni, ti porto ai bagni”.

 

All’accampamento non avevano vasche da bagno, bensì solo filari di docce comuni, che in quel momento erano completamente vuote. Alexander spiegò il loro funzionamento a Drizzt, gli diede del sapone ed una salvietta per asciugarsi, poi uscì per andare a recuperare dei vestiti. Quelli che l’elfo indossava erano luridi e consunti.. se non si fossero sciolti durante il lavaggio sarebbero comunque stati inutilizzabili.

Quando Alexander uscì, Drizzt si infilò sotto l’acqua calda e ne assaporò i benefici ristoratori; lentamente il vapore salì fino ad avvolgerlo e lui chiuse gli occhi, lasciando che il getto massaggiasse con dolcezza i suoi muscoli stanchi. Sentì letteralmente lo sporco scivolare via, e gli parve quasi che con esso stessero svanendo anche tutta la malinconia e la frustrazione, come se l’acqua potesse lavar via ogni sua pena. Assaporò questa meravigliosa sensazione per lunghi istanti, poi cominciò a lavarsi sul serio, strofinando con foga, come se assieme alla polvere volesse eliminare anche tutte le umiliazioni e le delusioni che aveva dovuto subire da quando aveva lasciato Buio Profondo…

 

Quando Drizzt finalmente uscì dalle docce, asciutto e pulito, Alexander lo condusse nell’ala medica. “Ora daremo un’occhiata alle tue ferite. Alcune sono sicuramente da disinfettare, e … beh non tocca a me dire cosa c’è da fare. Ora lo vedremo”, disse con un sorriso rassicurante.

Mark li stava già aspettando all’interno del reparto.

“Spogliati e siediti qui”, disse Mark indicando il lettino ambulatoriale.

Drizzt esitò perché non era mai stato visitato da un dottore e per lui era insolito spogliarsi di fronte ad altri uomini.. ma alla fine fece come gli era stato detto.

Notò l’espressione di Mark rabbuiarsi, mentre gli girava attorno con sguardo inquisitore. La schiena muscolosa di Drizzt era costellata dalle ferite provocate dalle frustate. Per la maggior parte si erano cicatrizzate, ma alcune di esse si erano infettate ed erano degenerate in un’infiammazione purulenta.

“Non va bene Drizzt. Non va bene per niente”, sussurrò Mark cupo. “Ti fa male se tocco qui?”, chiese sfiorandogli la schiena con un dito rivestito da un guanto in lattice.

Non appena ebbe toccato la pelle arrossata, Drizzt si ritrasse con un lamento.

Alexander, che si era messo in disparte per non essere d’intralcio, spostò il peso del corpo da un piede all’altro, a disagio. “Cosa si può fare?”, domandò.

“Beh di ossa rotte non ce ne sono, e gli organi interni non dovrebbero essere danneggiati, altrimenti… beh altrimenti ce ne accorgeremmo. E le ecchimosi non sono un problema, quelle si riassorbiranno da sole nel giro di qualche settimana. Ma questi ascessi purulenti non mi piacciono per nulla…”, disse Mark accigliandosi sempre più.

“Devo asportare il tessuto infetto e apporre la medicazione sulla carne viva”, spiegò, “Mi dispiace ragazzo, ma è necessario. Si comincia subito”.

Drizzt si limitò ad annuire, consapevole che quel trattamento era per il suo bene.

 

“Alex, puoi uscire se vuoi. Non ti piacerà quello che vedrai”, disse Mark.

“Non badare a me”, replicò Alexander con un sorriso sornione, “non ti darò fastidio”.

Mark si strinse nelle spalle, dopodiché invitò l’elfo a distendersi prono sul lettino.

“Ti farò male Drizzt. Cerca di resistere.”

Drizzt annuì nuovamente e chiuse gli occhi, stringendo le sponde del lettino fra le dita.

Mark si mise al lavoro, e dopo aver passato il disinfettante sugli strumenti, cominciò ad operare sulle ferite, tagliandole per permettere la fuoriuscita del pus.

Drizzt avvertì un dolore lancinante risalire come un fulmine lungo la sua spina dorsale. Digrignò i denti e affondò le dita nel lettino.

Con un altro strumento Mark cominciò delicatamente a scavare nella ferita, per essere certo di rimuovere fino all’ultimo residuo di materia infetta.

Drizzt non riuscì più a trattenersi e cominciò ad essere irrequieto e a gemere, mentre le sue dita affondavano sempre di più nella gomma del letto. “So che fa male”, disse Mark con una traccia di compassione nella voce, “ma devi cercare di stare fermo”. L’elfo non diede segno di averlo udito, anzi le sue mani si staccarono dal materassino e cominciarono a scivolare giù, lungo le gambe metalliche della branda, agitate, come alla ricerca di aiuto.

Alexander si avvicinò portandosi di fronte alla testa del letto, e gliele afferrò entrambe. Subito Drizzt le strinse compulsivamente. Si calmò quasi immediatamente, e riuscì a convogliare tutto il dolore nella spasmodica stretta delle mani di Alexander.

Dopo quello che a Drizzt sembrò un interminabile lasso di tempo, Mark dichiarò di aver finito la medicazione, e lo fece mettere a sedere per poter bendare le ferite ora pulite.

“Per una settimana cambieremo le bende ogni giorno”, gli disse. “Vieni qui ogni sera al tramonto. Non dimenticartene, è importante”.

Drizzt che era ancora vagamente stordito dal dolore, ringraziò e uscì con grande sollievo dall’ala medica, scortato da Alexander.

  
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