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Autore: HamletRedDiablo    26/12/2013    2 recensioni
Un capitano e un pescatore vivevano felici su una locanda vicino al mare.
Finché l'ombra dell'Inquisizione non si stese su di loro. E il mondo si riempì di cenere.
[Seguito di "Rosa de los Vientos"]
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Inghilterra/Arthur Kirkland, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'Rosa de los Vientos'
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Epilogo

 

Non si vedeva più la Spagna.

Nemmeno le sue creste irregolari di sabbia bianca, o il bianco accecante delle case sotto il sole. La Spagna era sparita, inghiottita dall’immensità del mare.

Le spine della sofferenza si erano conficcate nel suo cuore con più forza quando aveva abbandonato l’Italia: aveva salutato la sua patria rannicchiato contro il pavimento scheggiato di quella nave maledetta, su cui il fratello aveva perso la vita.

Era arrivato in Spagna solo e arrabbiato, ed aveva trovato un padrone violento: credeva che avrebbe gioito, nell’abbandonare quel posto pieno di caldo e pomodori.

Poi era subentrato Antonio, e i giorni passati alla locanda. Anche se l’Inquisizione aveva scatenato una pioggia di veleno nei suoi ricordi, non aveva cancellato le memorie dei tempi più dolci.

Il tempo spensierato in compagnia di quella scombinata famiglia, le nottate passate nella stanza patronale, il cuoco che aveva scelto di esalare l’ultimo respiro ad un passo dal reame del mare… per tutte quelle memorie, il suo cuore aveva versato qualche lacrima.

Una mano solleticò il profilo del suo collo, allungato per scrutare fuori dall’oblò rudimentale.

«Non riesci a dormire, Lovino?» domandò la voce del suo amante, rauca per i residui di sonno.

L’italiano fu lesto come un gatto selvatico a strattonare un lenzuolo per coprire le sue nudità.

Non sapeva esattamente come avesse fatto – e forse nemmeno voleva saperlo – ma Antonio era riuscito a far valere i suoi diritti su di lui: nessun marinaio lo aveva mai infastidito. Non sapeva se attribuire quel fatto a segrete manovre dello spagnolo o all’espressione trucida che vestiva di solito.

«Questa sera il mare è troppo agitato» minimizzò in un brontolio.

Antonio si issò a sedere e gli colò addosso, quasi senza nerbo: le braccia dell’uomo si adagiarono sul suo grembo, ed il viso si accasciò sulla sua spalla, la bocca appoggiata alla sua pelle.

Lovino si dimenò senza una reale intenzione di scrollarsi l’amante di dosso: quella schermaglia di inseguitore e inseguito era una specie di rituale tra di loro che andava mantenuto.

«Sei pesante» il suo lamento si acutizzò in uno squittio: le dita dell’uomo, appoggiate apparentemente a caso, erano pericolosamente scivolate vicino alla sua intimità. «E sposta quelle manacce!» aggiunse, divincolandosi con più vigore.

«Sto dormendo» comunicò Antonio. Sopportò gli sgroppamenti di Lovino come un cavaliere fa con un cavallo troppo turbolento, e mormorò: «Non sono responsabile delle mie azioni.»

«Perché, anche quando dormi, una parte di te resta sempre in attività?» scalciò il giovane. La spudoratezza del compagno gli faceva spumeggiare il sangue per l’imbarazzo, specie quando erano soli e senza vestiti su di un letto, come in quel momento. Al contrario, lo spagnolo sembrava nutrirsi della sua vergogna, e più le guance dell’italiano si arrossavano, più lui diventava insistente.

«È colpa tua» mormorò contro il suo orecchio infuocato.

«Non darmi la colpa, bastardo!» si ribellò lui, rigirandosi nel suo abbraccio come un salmone nella rete del pescatore.

Un palmo dell’uomo fece forza sul suo petto, schiacciandogli la schiena contro il busto del compagno, mentre l’altra rimase ferma nell’incavo morbido della sua coscia.

Lo spagnolo dovette evitare l’ennesima gomitata, ed una lamentela fuoriuscì con il suo respiro:

«Credevo che mi amassi, Lovino.»

«Non l’ho mai detto» s’inasprì lui.

«L’hai detto» lo contraddisse dolcemente Antonio.

La mano del compagno si strinse sul suo bicipite, la bocca si appoggiò sulla sua spalla e la lingua si mosse nelle tonalità dell’italiano:

«Ti amo. Hai detto così.»

Per un istante, le membra del giovane si raggelarono per la sorpresa. Poi la rabbia le fece diventare più roventi del fuoco mentre sibilava:

«Eri sveglio?»

«Non potevo dormire, in un momento del genere» non riuscì a terminare la frase: il cuscino grezzo si schiantò sulla sua faccia, ed il ragazzo sgusciò fuori dalla sua stretta in un battito di ciglia.

«Ti odio» sputò, avvolgendosi le lenzuola attorno al collo e al capo. Quando Antonio riuscì a togliersi il guanciale dal viso, al posto del suo amante sul letto si ergeva uno strano bozzolo di coperte, aggrovigliato e fumante di collera.

«Lovino…» un uragano di lenzuola lo tempestò di colpi, mentre la voce del compagno esacerbava:

«Stai lontano!»

L’unica risoluzione possibile fu sporgersi verso quell’ammasso in fermento e sedarlo in una stretta amorevole. Le braccia dell’ex-capitano cinsero quell’involucro irrequieto, placando la sua ribellione contro il proprio cuore.

Se gli avesse detto quanto lo aveva reso felice, con quelle parole bisbigliate nella notte, probabilmente Lovino lo avrebbe colpito con una testata sul mento. Così si limitò ad abbracciarlo più forte, depositando dei baci su quel grumo di pieghe, dove supponeva si trovassero le guance e la fronte del giovane. Dal calore del suo corpo e dall’intensità del suo silenzio, Lovino avrebbe capito.

Sarebbe arrossito, avrebbe arricciato le labbra in quel suo broncio adorabile, poi sarebbe sgusciato fuori per dirgli qualcosa di acido: era il suo modo di arrendersi all’impetuosità dell’amante.

Poco dopo, infatti, un viso graziosamente corrucciato sbucò da un foro delle lenzuola, facendolo assomigliare ad un cammeo incollerito.

«Ti odio» sbuffò, con meno vigore e più cedevolezza nella voce.

Lo spagnolo insinuò una mano nell’apertura delle coperte, svolgendo piano quel guscio di tessuto che avviluppava il suo compagno.

«Peccato» sorrise Antonio. Lo adagiò piano sul letto, gli occhi calamitati dallo sguardo ostile e dalle guance infiammate. «Perché io ti amo.»

La sua clavicola assorbì gli sporadici insulti che Lovino gli barbugliò contro mentre le sue mani accarezzavano la muscolatura magra del giovane.

Antonio chiuse gli occhi, le dita che percorrevano il corpo dell’italiano, come un cieco che cerca la strada di casa. Lovino era la sua occasione, l’unica ed irrinunciabile.

Accarezzò i capelli ramati del ragazzo, appena rovinati dalla vita sul ponte principale; dischiuse le sue labbra con le proprie, ancora tiepide dei baci che si erano scambiati durante quella notte. Mordicchiò le screpolature che il sole e il vento pregno di salsedine avevano aperto sulla bocca del giovane, guadagnandosi un morso vendicativo.

Un ginocchio del ragazzo si incassò nel suo sterno, quando il pescatore divaricò le gambe per il suo amante. Anche se Lovino affermava di averlo fatto senza rendersene conto, Antonio sapeva che era la vendetta dell’italiano per essere stato udito mentre diceva le parole più imbarazzanti di tutta la sua vita.

Gli sollevò con garbo il bacino, senza staccare le labbra dal suo viso.

Erano dei protagonisti davvero bizzarri, loro due: Lovino dichiarava di odiarlo, e lo picchiava perfino nei loro momenti di intimità; le loro figure plasmate dalla rude forgia del mare non possedevano le labbra di rosa, i capelli di seta o la pelle vellutata degli eroi delle ballate d’amore.

Tuttavia, il loro sentimento non era secondo a quei personaggi inventati: si erano buttati entrambi nel loro peggiore incubo pur di salvarsi a vicenda.

Le gambe asciutte del ragazzo si strinsero contro il suo bacino e le sue braccia attorno al suo collo, ed Antonio baciò con più forza le sue labbra mentre si spingeva in lui.

Non erano protagonisti di poesie o di canzoni sentimentali.

Erano due persone vere, che avevano disprezzato i rapporti umani, chi con un sorriso e chi con un ringhio, finché non si erano innamorati l’uno dell’altro.

Ognuno dei due aveva ricevuto un’occasione dalla vita. E la strava abbracciando in quel momento.

 

***

 

Un urlo attutito si infiltrò nei loro sogni, svegliandoli con un mugugno.

Lovino si rialzò addentando una processione di imprecazioni, e Antonio lo imitò con uno sbuffo infiacchito.

La sua gamba protestò per l’umidità di quella cabina e per l’eccessiva attività notturna. Lo spagnolo cominciò a rivestirsi, totalmente incurante di quelle lagnanze: non avrebbe rinunciato alle notti con Lovino solo per una cicatrice.

Lanciò un’occhiata alle gambe ancora scoperte dell’italiano, trovando il sorriso sghembo della ferita sulla coscia. I punti erano stati tolti svariato tempo prima, e il ragazzo aveva affermato di non avvertire il minimo dolore. Si chiedeva se fosse del tutto vero: quando aveva provato a chiederglielo, Lovino gli aveva quasi fracassato lo sterno con un pugno.

«Cos’è questo baccano?» contestò il ragazzo, irritato per la sveglia indesiderata.

Antonio non ascoltò la sua domanda: si portò alle spalle dell’amante, e lambì con una carezza il ricordo della ferita. La conseguenza fu una gomitata nel suo stomaco.

«Ti ho fatto una domanda» gli ricordò Lovino.

Antonio sorrise, premendo un bacio sul suo collo.

«È la vedetta» sussurrò. «Siamo arrivati.»

L’italiano tese l’orecchio, e riuscì finalmente a distinguere le grida del marinaio sull’albero maestro:

«Vedo le luci del porto di Marsiglia! Prepararsi all’attracco!»

 

***

 

Una strana febbre sembrava aver agitato le sartine di quell’atelier.

Francis sospirò teatrale, rivolgendosi alla ragazzina che cuciva al suo fianco.

«A cosa è dovuta questa eccitazione?» domandò, scrollando con eleganza la chioma dorata.

«È arrivata, monsieur» cinguettò quella. Quasi si conficcò l’ago nelle dita per l’emozione. «La Queen of Pirates è arrivata!»

Gli occhi azzurri del francese si schiusero per la sorpresa. Sollevò il viso, sorridendo all’aria frizzante di aspettative.

«Ne sono lieto» soggiunse, a mezza voce. «Quella nave mi deve ancora un capitano.»

Il mantello drappeggiò con eleganza sulle sue spalle, fasciate da una camicia fabbricata dalla sua stessa sartoria – quindi di fattura impeccabile, la migliore della Francia.

«Serata libera, mademoiselles» annunciò, spalancando la porta. «Andiamo ad accogliere quei frigidi inglesi con un po’ di calore francese.»

I loro passi in corsa rintoccarono fino al porto.





Prosegue in: Stagioni Marsigliesi

   
 
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