DUE
Tom ha cinque anni, gioca da solo. Ha trovato la tana di
un ragno.
L’animale è diverso da quelli che ha osservato fino a
quel momento. Avvicina la mano e quello, con le sue zampe sottili, si arrampica
su di essa. Pensa che sia incredibile che un animaletto così piccolo e
all’apparenza fragile possa essere letale. Lo osserva meglio. Non c’è nulla che
possa suggerirne la pericolosità.
Gli fa il solletico.
Tom sorride e riavvicina il ragno alla sua casa. Sta
bene, con gli animali. Più che con gli uomini.
Gli uomini sono inclini a giudicare troppo in fretta. Gli
animali non lo feriscono con parole affilate come lame. Possono ucciderlo, ma
con pietà.
Non sente gli altri avvicinarsi. Non li sente ridere e
fare commenti maligni.
Non sente il mio avvertimento. Non ancora.
E’ un attimo. E del ragno non rimane molto, solo una
poltiglia appiccicosa su una ringhiera.
Povero Tom.
Si volta verso l’assassino, pieno di rabbia. Si
sta pulendo la mano sui pantaloni della salopette. E’ uno più grande, ha
un’aria malvagia.
Suo padre beve molto, la madre si ammazza di lavoro per
sopravvivere.
Orfano, lo chiama,
sei sempre a giocare da solo, non sarai mica scemo?
Lo invidia. A volte vorrebbe disfarsi del proprio gruppo,
vorrebbe sedersi in un angolo a leggere.
Ma non può, il branco è la regola. Tom l’eccezione.
E’ triste per il ragno ed una grossa lacrima gli cola su
una guancia. Si avventa sull’altro, che però lo spinge a terra.
Tom è debole.
Tom non può sentirmi.
Quando lo farà, sarà molto divertente.