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Autore: elokid78    27/12/2013    4 recensioni
Anna è una diffidente ed intransigente giovane avvocatessa londinese che deve occuparsi di redigere il contratto per il nuovo film della star inglese del momento. Una serie di imprevisti ed equivoci la porterà a dimenticare il suo passato.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Cap. 1. UN VIAGGIO INASPETTATO
 
 
Stavo sonnecchiando quando il pilota diede l’annuncio dell’imminente atterraggio.
Il viaggio mi era sembrato interminabile.
L’Islanda non era proprio dietro l’angolo, ma neppure troppo lontana.
Comunque ero abituata ai continui spostamenti. Il mio lavoro, che adoravo, mi permetteva di viaggiare moltissimo.
Lavoravo come avvocato in un grande studio londinese, specializzato in contratti di lavoro nel campo artistico. Insomma se un attore, un ballerino, un cantante doveva stipulare un contratto di lavoro si rivolgeva a noi per la consulenza nella stipula degli accordi inerenti le sue prestazioni professionali.
Ovviamente ciò significava che ovunque fosse richiesto l’artista stesso, anche l’avvocato dovesse recarsi per la consulenza, ma questo non mi disturbava affatto.
Non avevo una famiglia che mi aspettava a casa la sera, quindi ero libera di fare questa vita in continuo movimento.
Anzi, i soci anziani dello studio, approfittando proprio di questa mia assenza di legami, mi mandavano sempre nei luoghi più disparati e quando un affare comportava una lunga trasferta, la loro scelta su a chi affidare il lavoro ricadeva sempre su di me.
Comunque, senza falsa modestia, ero molto brava nel mio mestiere.
Sapevo contrattare, avevo una gran dialettica e nulla mi spaventava.
Se non le relazioni interpersonali.
Questa volta si trattava del contratto riguardante l’ingaggio di un attore inglese, che da qualche tempo girava film internazionali.
Non lo conoscevo, però avevo già avuto modo di trattare con il suo publicist, che aveva già seguito un contratto per un’altra sua cliente, la ben più famosa Emma Watson, la Hermione Granger di Harry Potter.
Luke era una persona simpatica e alla mano e lo era, in verità, anche Emma. In effetti con lei mi ero dovuta parzialmente ricredere sul mio pregiudizio circa le star hollywoodiane, troppo spesso dotate di un ego gigantesco.
Nonostante l’attore fosse londinese, si trovava in Islanda per girare alcune scese del suo prossimo film, quindi ecco spiegato il mio viaggio.
L’atterraggio mi dava sempre qualche preoccupazione, più del decollo - incomprensibilmente – quindi mi svegliai piuttosto repentinamente all’annuncio del pilota.
Mi attaccai con le mie unghie laccate di rosso ai braccioli della poltrona di business class, attendendo che le ruote toccassero finalmente terra.
Per fortuna l’aereo atterrò senza bruschi scossoni e potemmo scendere piuttosto rapidamente.
Dopo aver ritirato il bagaglio, piuttosto pesante, - dato che in Islanda era pieno inverno ed immaginavo si morisse di freddo, mi ero portata una valanga di indumenti caldi, visto che soffrivo molto il freddo – vidi che mi attendeva un autista, con un cartello in mano.
  •  Buongiorno signorina Martin. La accompagno in hotel?
  • La ringrazio, ma preferirei presentarmi immediatamente al signor Windsor per accordarci sull’appuntamento di domani, se non le dispiace.
  • Ehm, d’accordo, solo che il set è parecchio distante, non è stanca per il viaggio?
  • Sono abituata a viaggiare, grazie. Mi accompagni sul set, se non è un problema.
Effettivamente il luogo delle riprese era parecchio lontano.
Direi praticamente un posto sperduto tra le montagne. Non immaginavo che si trattasse  di una regione così desolata. E gelata. Morivo di freddo e gli indumenti più caldi che avevo erano ovviamente stipati in valigia.
Quando arrivammo sul set potevano essere tranquillamente dieci gradi sotto lo zero. Ero abituata al freddo di Londra, ma questo era decisamente al di sopra delle mie aspettative.
Io indossavo un tailleur pantalone – ringraziai la mia buona stella di non aver indossato una gonna quella mattina – ed un cappotto stretto da una cintura in vita, ma non era minimamente sufficiente a garantire al mio corpo un minimo di conforto per quel freddo così pungente.
Ad ogni modo ormai mi trovavo lì e cercai di conservare un aspetto professionale, nonostante mi stessi congelando.
Le riprese erano ancora in corso ed io mi sistemai in un angolo per non disturbare gli attori al lavoro.
Scorsi anche Luke, che però era molto impegnato in una discussione con qualcuno, quindi non cercai di attirare la sua attenzione.
Attesi per un tempo che mi sembrò eterno, soprattutto nello stato in cui ero. Mi portai le mani al volto e feci uscire aria dai polmoni per scaldarmele. Non avevo neppure un paio di guanti, da lì a qualche minuto avrei rischiato l’assideramento.
Fortunatamente alla fine il regista urlò qualcosa che non avvertii dal punto in cui ero e vidi che tutti si rilassarono, preparandosi a lasciare, per quel giorno almeno, il luogo prescelto per le riprese.
Solo in quel momento Luke Windsor si accorse di me e mi venne incontro.
Gli porsi la mano, che lui strinse calorosamente.
 
  • Anna, benvenuta! Pensavo che fossi andata in albergo e che ci saremmo visti con calma domani!
  • Ehm, ho pensato che fosse meglio passare, in modo da prendere accordi su quando vederci domani.
  • Credevo che non ti piacesse venire sui set.
  • Infatti non lo apprezzo particolarmente, specie se si trovano in lande deserte e desolate come questa.
  • Si effettivamente questa è una location particolare.
In quel momento vidi che uno degli attori stava venendo verso di noi. Indossava un pesante costume in pelle e metallo color oro, sovrastato da un ingombrante soprabito con il colletto in pelliccia. In quel momento lo invidiai mostruosamente. Volevo quella pelliccia ed evidentemente la stavo osservando con un’aria adorante, perché proprio non stavo minimamente calcolando chi la indossava.
 
  • Non vuoi presentarmi la tua amica, Luke?
  • Non è una mia amica, è l’avvocato che seguirà il tuo contratto.
  • Oh. Sono Anna Martin, suppongo che lei sia Mr. Hiddleston.
Nonostante mi fossi presentata con la massima serietà e professionalità, non riuscii proprio ad evitare di battere i denti, per cui le mie parole risultarono balbettanti e stentate.
Ottimo lavoro, Anna.
 
  • Da quanto si trova qui indossando  un semplice cappottino, signorina Martin?
A quelle parole con un gesto fluido ed elegante si sfilò il soprabito con pelliccia dalle spalle e lo mise sopra le mie. Un caldo sollievo mi avvolse. Quel capo era veramente un toccasana per le mie povere membra semi assiderate, per di più era ancora caldo dal tepore di chi lo indossava prima di me.
Chiusi gli occhi per un momento, non riuscendo a trattenere un sospiro di sollievo.
 
  • La ringrazio davvero. Tutti i miei indumenti pesanti sono ancora in valigia e ne vengo ora dall’aeroporto.
  • Infatti pensavo di vederla domani.
  • Ho preferito passare subito per mettermi d’accordo con Luke per l’appuntamento di domani.
  • Avrebbe potuto telefonare.
  • Preferisco trattare di persona. Non mi sembra di aver creato troppo disturbo, comunque ora parlo con Mr. Windsor e tolgo il…
  • Sono solito trattare personalmente i miei contratti.
Già lo detestavo. Era stato cortese con il cappotto - forse un pochino saccente -  ma tutte quelle domande… sì, certamente non erano poste in tono sgarbato, anzi, pareva quasi preoccupato del fatto che non fossi passata in hotel a cambiarmi prima di arrivare in quel deserto freddo. Ma soprattutto: da quando gli attori si occupano personalmente dei contratti?
 
  • Non ero stata informata di questo. Prenderò accordi con Luke che sarà senz’altro a conoscenza dei suoi impegni e concorderemo un appuntamento.
  • Domani ho un giorno libero, non ho riprese. Può andar bene domattina per le 10?
  • Certamente.
  • Allora, dato che soggiorniamo nello stesso albergo, verrò in camera sua per le 10.
Ecco. Puntualmente ogni volta si ripresentava lo stesso, fastidiosissimo inconveniente. Ma era mai possibile che tutti gli attori avessero un ego delle dimensioni di una montagna? Perché tutti pensavano che, dato che erano ricchi e famosi, potevano permettersi di piombare nella mia camera di albergo e fare i loro porci comodi? E peraltro questo chi lo conosceva?
 
  • Ci vediamo nella hall per le 10. – sibilai a denti stretti e girai sui tacchi, tornando dal mio autista. Neppure salutai il povero Luke che era rimasto lì con un palmo di naso.
Oh! Al diavolo, gli avrei inviato un sms in seguito per scusarmi.
Durante il lungo tragitto verso l’albergo ripensai alla mia conversazione con il signor Thomas William Hiddleston.
Di lui sapevo solo quello che avevo letto nel suo fascicolo. Doveva firmare un ingaggio per un thriller con il regista messicano Guillermo del Toro.
Aveva trentadue anni, di persona era effettivamente un uomo affascinante, con quei grandi occhi color verde-azzurro, ma non era diverso dagli altri attori che mi era capitato di incontrare.
Scesi dall’auto ancora infuriata e mi diressi a grandi passi verso la reception per ritirare la chiave della mia stanza.
Mi rifugiai subito nel tepore della mia camera e solo allora mi accorsi di avere ancora addosso il suo soprabito di pelliccia.
Me lo sfilai rapidamente e lo lanciai sulla poltrona accanto al letto.
Presi a disfare velocemente la valigia. Mi feci una rapida doccia, infilai il pigiama e mi infilai sotto le coperte, assaporando quella magnifica sensazione.
 
 
 
 
Fui svegliata da un deciso bussare alla mia porta.
Trattenni un imprecazione. Ma chi diamine poteva essere?
Non era sicuramente già mattina.
Guardai l’orologio.
Oh merda! Invece era proprio mattina! E non molto presto! Erano le dieci e mezza!
Possibile che non avessi sentito la sveglia? In realtà non ricordavo proprio di aver impostato alcuna sveglia. Ero talmente stanca che mi ero addormentata senza caricarla.
Infilai una vestaglia ed andai ad aprire.
E mi trovai davanti proprio lui. Dovevo essere paonazza dalla vergogna.
 
  • Mr. Hiddleston?
  • Si, scusi l’intrusione, ma…
  • Mi scusi lei per il ritardo, se mi concede ancora cinque minuti, scendo immediatamente nella hall.
  • Sì, non è un problema, ma visto che ci sono magari…
  • No, non può entrare, ci vediamo tra cinque minuti nella hall.
  • Purtroppo devo insistere perché…
In quel momento ero paonazza non per la vergogna, ma per l’ira.
 
  • Mi sembra di essere stata chiara, non intendo…
  • Ho bisogno che mi restituisca il cappotto!
  • Come?
  • È un costume di scena e ieri è andata via dal set senza restituirlo. Se scoprono che è sparito sono nei guai.
  • Oh. Ma certo.
Scoppiai a ridere.
Anche lui si sciolse in un’allegra risata. Era veramente un bell’uomo, specialmente quando rideva. Ed era la prima volta che lo vedevo farlo.
 
  • Ascolti signorina Martin, penso che ieri abbiamo cominciato con il piede sbagliato. Intanto potremmo darci del tu. Ricominciamo: io sono Tom.
  • Anna.
Gli porsi la mano, che lui afferrò e strinse fra le sue, portandosela poi alle labbra come per mimare un baciamano.
Allora io mi sciolsi subito dalla sua presa. Pensavo che la cosa stesse diventando troppo intima.
 
  • Ehm, ci vediamo giù tra cinque minuti. Ti porto il tuo abito di scena.
Senza attendere risposta chiusi la porta e mi infilai nel bagno.
Mi lavai, vestii, truccai in un tempo ai limiti delle umane possibilità e mi precipitai nella hall.
Mi stava aspettando seduto al bar, con davanti una tazza di tea fumante.
 
  • Vuoi qualcosa?
  • Grazie, un cappuccino andrà benissimo.
Posai il pesante soprabito sulla sedia più vicina.
 
  • Hai ancora le mani arrossate per il gelo di ieri.
Osservai le mie mani. Effettivamente erano ancora violacee e mi dolevano un pò. Cambiai discorso.
 
  • Vorrei scusarmi per il mio imperdonabile ritardo. Non succederà mai più.
  • Non preoccuparti. Può capitare.
  • Non a me. Luke non viene?
  • Perché? Io non mordo mica.
Ecco che ritornava prepotentemente quel classico atteggiamento da attore consumato nell’arte della seduzione. Proprio non riuscivo a sopportarlo.
 
  • Non tratto mai con gli attori.
  • Perché?
  • La maggior parte di voi non si degna neppure di conoscermi, delegando tutto ai collaboratori. Con quelli che invece ho conosciuto…  ecco... diciamo che era meglio continuassi a non conoscerli.
  • Addirittura! E cosa mai ti avranno fatto?
Alzai gli occhi dal mio cappuccino e puntai con lo sguardo i suoi in un’occhiata che voleva essere molto eloquente, il cui significato era: non puoi sapere, non saprai mai, e comunque è abbastanza per non voler conoscere mai più nessun appartenente alla tua categoria professionale.
Lui mi squadrò per un attimo con aria stupita e meditabonda, poi distolse lo sguardo e proseguì a sorseggiare il suo tea.
Io cominciai a fargli qualche domanda tecnica, per capire come voleva che impostassi il contratto.
Il ragazzo aveva le idee piuttosto chiare, dovevo ammetterlo, non era uno sprovveduto.
In quel momento il mio cellulare squillò.
Gli chiesi di perdonarmi e mi allontanai per rispondere.
Era mia sorella Kate. Voleva saper se ero arrivata a destinazione e se stessi bene.
Adoravo mia sorella, che era la maggiore e si comportava in maniera molto protettiva con me.
Era l’unica rimasta nella mia disgraziata famiglia e si preoccupava per me come se fosse stata mia madre. Avevamo perso i genitori in un incidente d’auto quando io avevo cinque anni e lei dieci ed eravamo state allevate dalla nonna materna. Una donna incredibile – io portavo il suo nome - che nonostante la tragedia che ci aveva distrutto, si era subito rimboccata le maniche e ci aveva cresciuto nel migliore dei modi. Qualche mese prima anche la nonna ci aveva lasciate e noi eravamo, se possibile, ancora più legate.
 
  • Ciao Kate! Tutto bene, sono già al lavoro.
  • Wow! Davvero! Non ti fermi mai, eh! Quando ti concederai una vacanza?
  • Non è proprio questo il momento! Sono in piena attività.
  • Stai lavorando con Luke Windsor, vero? Beh, lui mi era sembrato davvero un ottima persona quando me lo hai presentato.
  • Ehm, veramente l’attore che mi ha assunto vuole trattare personalmente i termini del contratto..
  • Cosa? Ma chi è? Anna, stai attenta, non voglio che succeda di nuovo come…
  • Stai tranquilla Kate, non sono più una sprovveduta, ho imparato dai miei errori.
  • Chi è questo tipo? Come si chiama? Lo conosco?
  • Mah, non lo so. Io non lo conoscevo prima che mi affidassero il suo fascicolo.
  • Mi vuoi dire come si chiama?
  • Tom Hiddleston.
  • Cosa??? Come fai a non conoscerlo? È l’attore del momento, a Londra tutti lo adorano! E anche nel resto del mondo, a dire il vero.
  • Uh, davvero?
  • Ma certo! Ha cominciato con il teatro, poi ha fatto delle serie tv, ed è stato notato da Kenneth Branagh, che gli ha affidato il ruolo del villain nel colosso della Marvel Thor.
  • Kate, lo sai che io non guardo questi film tutti azione e nessuna sostanza.
  • Ti assicuro che grazie alla sua interpretazione questi film tutti azione hanno acquisito anche sostanza.
  • Boh, sarà. Magari lo guarderò.
  • Cosa sta girando adesso?
  • Veramente non lo so, io devo occuparmi del suo progetto successivo.
  • Non sai proprio niente di lui eh? È così bello anche dal vivo?
  • Uhm beh, non è male. Ha dei begli occhi.
  • Tutto qui? A me sembra di una bellezza sconvolgente.
  • Kate! Controlla i tuoi ormoni! Lo sai come è fatta questa gente! Sono persone come te che li incentivano a montarsi la testa ed a pensare che tutto è lecito per loro.
  • D’accordo, d’accordo..
  • Va bene, sorellina, ora devo lasciarti, ho del lavoro da fare. Dai un bacio ai miei adorati nipotini.
  • Ok, Anna. Ti abbraccio forte e, come sempre, stai attenta.
  • Ti voglio bene.
  • Anch’io.
Terminai la conversazione.
Quando alzai gli occhi vidi che qualcuno mi stava fissando.
Tom si era avvicinato nonostante io mi fossi spostata apposta per mantenere la privacy della mia conversazione con mia sorella.
Lo guardai strizzando gli occhi a fessura, profondamente irritata. Era chiedere troppo fare una telefonata in santa pace?
 
  • Scusa non volevo ascoltare la telefonata, ma volevo avviarmi verso la mia camera per portare via il cappotto di scena, prima volevo avvisarti, ma eri troppo presa dalla conversazione per notarmi.
  • Non fa nulla. – mentii, sperando solo che non avesse ascoltato proprio tutto il dialogo con mia sorella.
  • Proprio non ti piaccio eh?
Arrossii. Mi aveva scoperto.
 
  • Non ti conosco.
  • Però non ti prendi neanche la briga di conoscermi.
  • Io… non ho bisogno di conoscerti. Devo solo aiutarti a stipulare un contratto.
  • A tua sorella però piaccio.
Ed allora mi fece l’occhiolino e scoppiò in una sonora risata.
Certo che la sua risata era davvero contagiosa.
Anch’io mi scoprii a ridere di gusto.
Quando l’ilarità terminò, seguì un momento di imbarazzato silenzio.
Parlò lui per primo.
 
  • Adesso devo andare, devo riportare il costume di scena sul set prima che la costumista si accorga che è sparito, altrimenti mi ucciderà.
Sgranai gli occhi. Cosa poteva importare all’attore protagonista del giudizio di una semplice costumista?
 
  • Ma.. non potresti riconsegnare il cappotto domani, quando tornerai sul set?
  • Te l’ho detto! Non voglio che Jennifer se ne accorga, se no sono spacciato!
  • Allora vado io a riportarlo, è colpa mia.
  • Non se ne parla nemmeno, il soprabito era sotto la mia responsabilità.
  • Ma se non lo avessi dato a me ora non dovresti riportarlo indietro.
  • D’accordo, ascolta facciamo così. Andiamo insieme. Intanto ti porto a fare un giro sul set.
  • Va bene, andiamo. Ma non occorre che mi fai visitare il set.
  • Mi fa piacere portarti a fare un giro.
  • Non sono una fanatica dei set cinematografici.
  • Ne hai visti parecchi?
  • Qualcuno.
  • Comunque è meglio che ti cambi, laggiù, se non avessi notato, fa molto freddo.
  • Sì, ho notato. Ci vediamo qui tra un quarto d’ora?
  • D’accordo. Ti aspetto.
Salii in camera e indossai un maglione ed una giacca molto pesanti, sciarpa, guanti e berretto. Non mi sarei fatta cogliere impreparata una seconda volta.
Scesi nuovamente nella hall. Tom mi stava aspettando seduto nella solita sedia al bar, con un’altra tazza di tea in mano.
 
  • Proprio lo stereotipo dell’inglese, vero?
Mi disse ironicamente indicando la sua bevanda fumante.
 
  • Effettivamente.
  • Invece tu preferisci il caffè?
  • Ho origini italiane. Mia nonna è venuta in Inghilterra dall’Italia perché si è innamorata di mio nonno, un soldato inglese, durante la seconda guerra mondiale.
  • Che storia romantica! Magari un giorno me la racconterai?
  • Uhm. Va bene.
  • Certo che non mi rendi la vita facile, eh? Fare conversazione con te è davvero complicato. Ti assicuro che io non mi sono montato la testa e non penso che per me sia tutto lecito.
Lo guardai sgranando gli occhi. Aveva proprio ascoltato tutta la telefonata con mia sorella! E non si prendeva neppure la briga di nascondermelo. Che presuntuoso!
 
  • Non stavo parlando di te. Comunque non credo di dovermi giustificare per aver detto quello che penso a mia sorella.
  • Touchè! D’accordo non dovevo ascoltare la tua conversazione telefonica, però ho sentito pronunciare il mio nome e mi sono sentito almeno un pochino autorizzato, no?
Ed a quel punto sfoderò la sua migliore espressione da cucciolone maltrattato e così mi strappò un sorriso.
 
  • Lo prenderò per un silenzio assenso.
Nel frattempo eravamo arrivati al garage dell’albergo e lo vidi armeggiare con le chiavi di un auto.
 
  • Ma non andiamo con il tuo autista?
  • Oh, no, mi fa piacere guidare un po’ e poi oggi è il suo giorno libero, non volevo disturbarlo. Inoltre siamo in incognito, ricordi?
E mi strizzò l’occhio. Quell’uomo era una continua sorpresa, dovevo ammetterlo.
Aprì la portiera del passeggero e mi fece accomodare, richiudendola poi per andarsi a sedere sul sedile del guidatore.
Sistemò la seduta in modo da guidare comodamente. Era davvero alto, anche con i tacchi io non gli arrivavo neppure al mento.
 
  • Adesso perché mi stai fissando?
Arrossii vistosamente.
 
  • Non sei abituato? Sei un attore, immagino che quando vai in giro tutti ti fissino, no? – gli risposi sfrontatamente.
  • Sempre sulla difensiva.
  • Sono un avvocato.
  • Già, si vede. Ti piace il tuo lavoro?
  • Moltissimo.
Intanto eravamo partiti e ci stavamo dirigendo verso quella landa desolata. Per fortuna lui aveva acceso il riscaldamento ed in auto c’era un confortevole tepore.
 
  • Ci fermiamo per il pranzo in un ristorante che conosco sul tragitto, non manca molto.
  • Va bene.
Il ristorante era davvero grazioso e caratteristico.
Servivano soprattutto pesce, che io adoravo, e feci onore al menu. Avevo molto appetito, la sera prima ero andata a dormire subito, senza cenare.
Ad un certo punto vidi che mi guardava mangiare con un sorrisetto stampato su quel bel faccino.
 
  • Adesso sei tu che mi stai fissando!
  • Eheheh! È bello vedere una donna che si gusta il suo pranzo, senza pensare alle calorie che assume.
Dovetti diventare di nuovo paonazza, perché lui si affrettò ad aggiungere:
 
  • Intendiamoci, lo ritengo una cosa fantastica, nel mio ambiente vedi certe ragazze che mangiano una carota ed una costa di sedano e fanno finta di essere sazie. Lo trovo uno spettacolo riprovevole!
Gli sorrisi.
 
  • Ecco, ieri sera non ho cenato ed ora ho fame!
  • Gradisci un dessert?
  • Magari un caffè. O ancora meglio, magari più tardi una cioccolata calda. Con questo freddo!
  • Anche io adoro la cioccolata calda! Conosco un bel posticino non troppo lontano che ne serve di aromatizzate buonissime.
  • D’accordo, allora andiamo a restituire il tuo cappotto, poi al ritorno, per premio, ci aspetta la cioccolata!
Ci rimettemmo in viaggio. Il tempo stava cambiando, si preparava un bell’acquazzone.
 
  • Il tempo qui in Islanda è parecchio volubile. Potremmo beccare un bel temporale.
  • Il cellulare qui non prende?
  • Non da queste parti, ma sul set sì. Comunque non temere, di solito arriva un prodigioso temporale e dopo poco torna il bel tempo. Come ti dicevo il clima è molto variabile.
  • Ma con questo freddo nevicherà.
  • Può darsi.
Arrivammo sul set e parcheggiammo l’auto.
Tom prese il cappotto e lo nascose sotto il suo.
Non potei trattenere una risata, era troppo buffo questo omone alto quasi due metri con un cappotto sopra l’altro che sembrava l’omino della Michelin.
 
  • Non ridere! Ci scopriranno!
Si diresse verso una delle roulotte della troupe, dove immaginavo fossero conservati i costumi di scena.
Bussò, ma nessuno rispose.
 
  • Come immaginavo, a quest’ora sono tutti a vedere le riprese. Sgattaioleremo dentro non visti e lasceremo il cappotto, così nessuno si accorgerà di nulla.
Entrammo nella spaziosa roulotte. Tom si diresse con sicurezza verso una fila di abiti, tutti catalogati con un apposito cartellino identificativo, ordinatamente sistemati su un ampio appendiabiti.
Stava per riporre il cappotto su una gruccia vuota, dove era scritto il suo nome e quello del suo personaggio, quando improvvisamente qualcuno aprì la porta del van.
Allora lui con un gesto fulmineo mi prese la mano e mi spinse contro un altro appendiabiti, nascose lui e me con una pila di ingombranti vestiti di scena, spalmandomi completamente contro la parete con il suo corpo.
Avevo la schiena al muro, la guancia appoggiata al suo petto ed ascoltavo il suo battito irregolare, agitato dall’ansia di non farsi scoprire. Questo ragazzo era davvero un bambinone!
Aveva un profumo buonissimo ed avendo appoggiato le mani sul suo petto in un gesto istintivo, sentivo anche sotto il cappotto i suoi muscoli vibranti sotto le mie dita. Anche lui mi stringeva per la vita, non in modo volgare né equivoco.
Dalla mia posizione non scorgevo minimamente il suo viso, ma immaginavo il suo sorriso nell’eccitazione del momento.
Ma a cosa stavo pensando? Stupida che non sei altro? Anna, ritorna in te! Controlla gli ormoni!
Restammo immobili fintanto che le voci non cessarono e non sentimmo la porta della roulotte richiudersi.
Ebbi l’impressione che Tom indugiasse per un momento di troppo in quella posizione, poi mi liberò dalla sua stretta e mi aiutò ad uscire da quella pila di vestiti appesi.
 
  • Appena in tempo. – mi disse, mentre io cercavo di nascondere il mio imbarazzo e le mie gote arrossate con la sciarpa di lana.
  • Ora possiamo andare – proseguì, dopo aver ordinatamente appeso il suo fantomatico cappotto.
Ci dirigemmo verso l’uscita della roulotte e lui fece per aprirmi la porta, ma si bloccò.
 
  • Che succede?
  • L’hanno chiusa. È chiusa dall’esterno, non possiamo uscire.
  • COSA???
  • È chiusa a chiave, evidentemente le riprese sono finite e nessuno tornerà prima di domani mattina.
  • COSA??? Avanti prova a sfondarla!
  • Non posso. La serratura è molto resistente, non vogliono che qualcuno rubi i costumi del film.
  • Adesso provo io.
Tentai istericamente di prendere a calci e a spallate la porta, ma Tom mi prese per un braccio, prima che rischiassi di farmi male.
 
  • È inutile, ti dico. Stanno molto attenti.
  • E ora cosa facciamo? Chiama qualcuno con il cellulare!
Si frugò nelle tasche.
 
  • L’ho lasciato in auto. Il tuo?
Mi frugai nella borsa e trovai il mio iPhone.
 
  • No, no, no, NOOOOO!
  • Che succede?
  • È scarico! Maledetto iPhone! Non dura niente questa batteria!
  • Proviamo a farci sentire, magari qualcuno è ancora sul set.
  • Sì, hai ragione.
Presi ad urlare istericamente con quanto fiato avevo in gola:
 
  • AIUTOOO! SIAMO CHIUSI QUI DENTRO! C’E’ QUALCUNO CHE MI SENTE? AIUTOOO!
Nessuna risposta.
 
  • Oh no no no non c’è più nessuno, come facciamo? Farà un freddo assurdo qui dentro stanotte.
  • Stai calma. Siamo pieni di vestiti, ci copriremo bene. Spero che tu non soffra di claustrofobia.
  • No, però patisco il freddo, come hai avuto modo di notare.
  • Come vedi abbiamo molte cose per coprirci bene. Niente panico. Intanto provo a vedere se ci fossero un paio di chiavi nel quadro, in modo da accendere il riscaldamento.
Mi lasciò lì nel retro. Io stavo già tremando non so se per il pensiero del freddo che sapevo mi aspettava o per lo shock di stare vivendo quella assurda situazione.
Dopo poco tornò.
 
  • Ovviamente le chiavi se le sono portate via ed io non sono proprio capace di fare quel giochetto con i fili dell’accensione e… ma tu stai tremando?
Non risposi.
Mi venne vicino e prese a strofinarmi le braccia per scaldarmi ed al tempo stesso per cercare di consolarmi.
 
  • Sto bene. – gli dissi ad un certo punto e mi allontanai verso una delle finestre della roulotte.
Ovviamente erano chiuse e sigillate dall’esterno,  ma riuscii a scorgere qualcosa fuori.
Evidentemente mi fissai imbambolata in quella posizione perché Tom mi raggiunse immediatamente e guardò anche lui.
C’era una vera e propria tempesta di neve.
 

N.d.A.

Salve a tutte! Questa è la primissima storia che pubblico, anche se non è la prima che scrivo. 
Fonte di ispirazione costante per me è l'unico e meraviglioso Tom.
Il capitolo non è molto lungo, gli altri che seguiranno saranno un pò più lunghetti, ma mi serviva per introdurre la protagonista e la mia personalissima interpretazione del carattere di Tom e Luke.
Andando avanti con la storia saranno presenti ed avranno un ruolo importante anche altri personaggi conosciuti.
Ora finisco con le note, se no mi dilungo troppo.
Sono veramente graditissime le recensioni, essendo una esperienza nuova per me, accetto qualsiasi cosa: critiche, insulti, minacce di morte, non fatevi alcuno scrupolo!
Grazie per chi avrà la voglia e la pazienza di arrivare fino qui e/o continuare nella lettura!

 
  
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