Theodore Nott ha sempre odiato soltanto tre cose.
La prima è il Natale.
È un odio vagamente irrazionale che lo perseguita da quando ha finalmente superato l'adolescenza, quell'insofferenza tendente a un cliché già visto che lo condiziona fin troppo. È cominciata con il suo primo anno di matrimonio, all'incirca, quando ha condotto all'altare l'unica donna che non avrebbe mai voluto sposare.
Da bambino l'avevano illuso che, per ottenere qualcosa, bastasse desiderarlo per Natale. E i genitori, forse troppo indulgenti o forse troppo poco esperti, l'avevano sempre assecondato. Quando Theodore aveva scoperto che il Natale non porta sempre tutta la felicità del mondo
(e Daphne Greengrass non era morta tutte le volte in cui l'aveva desiderato)
ne era rimasto deluso, infantilmente, come quando i sogni crollano come castelli di carta.
(Aveva sposato Daphne il ventiquattro dicembre).
La seconda sono i desideri.
Nel giardino del maniero di famiglia, c'è un pozzo. È solo l'ennesimo buco che s'affaccia nella gola profondissima della madre più antica di tutte.
Da sempre era tradizione, il venticinque dicembre, gettare uno zellino nelle due dita d'acqua torbida del pozzo per esprimere un singolo desiderio. Theodore non ha mai smesso di farlo, nonostante lo scetticismo della moglie. Perfettamente giustificato.
«Cos'hai desiderato, questa volta?».
È la domanda canonica.
«Siamo entrambi qui, insieme».
Ogni anno, lei trattiene il fiato.
«Perciò non ha funzionato».
Ogni anno le si strozza il respiro in gola.
La terza è sua moglie.
Theodore non ha mai voluto sposare Daphne Greengrass. Era stata la sua cotta adolescenziale, il suo sogno segreto, la promessa che aveva sigillato firmando uno stupido contratto quando aveva appena compiuto diciassette anni. Prima della guerra.
L'aveva lasciata come fanciulla piena di speranze. L'aveva ritrovata donna dal volto sfregiato, con la sorellina morta fra le braccia e gli occhi perfettamente asciutti.
(Ne aveva avuto paura).
Da quel momento, Daphne aveva preso a far parte del mondo dei non vivi: sembrava persa in un'altra dimensione, quando lo guardava e sembrava non vederlo.
E Theodore la odiava. Ne odiava la falsa presenza quando allungava la mano e la pelle di lei risultava fredda come ghiaccio.
Si ci era nascosto, dietro quell'odio, sbattendolo in faccia a Daphne, sperando di ferirla. Non ce l'aveva fatta.
(O, almeno, cosi' credeva).
Theodore ha smesso di odiare sua moglie durante un Natale.
Quando aveva scoperto che, forse, alcuni desideri servono solo a rimanerci incastrati in gola.
Ha trovato il corpo di Daphne sul fondo del pozzo, in una parodia d'obolo abbandonato nell'acqua da qualcuno pieno di speranze.
Ha capito di amarla ancora quando l'ha vista sorridere al nulla, di quel sorriso dolcissimo che lui non vedeva mai. E ha visto gli anni passati a odiarla che le avevano inciso il volto, deformandolo ancora di più. L'ha rivista, la giovinetta piena di speranze. Per un secondo soltanto.
Ha desiderato poter richiamare anni di parole e desideri fra le labbra, senza riuscirci.
«Cos'hai desiderato?».
«Tu non sei più qui».
«Ha funzionato, quindi?».
«No, direi di no».