Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: deryn    29/12/2013    0 recensioni
Ero una semplice ragazza del Sud. Capelli biondo scuro, occhi nerissimi, alta e neanche tanto magra. Ero una ragazza normale, niente di speciale. Eppure lui scelse me. Lui, fra tutte, scelse una ragazza anonima, senza niente che la distinguesse: forza, coraggio, bellezza. Eppure lui dice che quando mi vide il suo cuore di fermò. Che era come se fossimo fatti l'uno per l'altra. Mi disse che mi amava. E anche io lo amavo.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

CAPITOLO 6

 

Ecco qual era il problema. Io ero una stupida, sfigata, umana. Umana! E i demoni non potevano innamorarsi degli umani. Troppo impuri. Anime macchiate, ci chiamano. Cyle mi disse che i demoni erano nati per contrastare l'uomo. Per farlo soffrire. Non doveva esistere amore fra di essi. Eppure, io sapevo benissimo che non avrei rinunciato per nulla al mondo a lui. Che Satana venisse pure a cercarmi. Bè, si fa per dire, potevo fare anche a meno di conoscerlo. Avevo chiesto a Cyle spiegazioni: cos'era quella foto nella sua collana? Perchè ci amavamo, nonostante fosse proibito? E gli chiesi anche.. perchè lui fosse un demone. Non era malvagio, me lo sentivo. Lui però mi disse che avremmo avuto tutto il tempo per parlare. Ma io sentivo che di tempo non ce n'era. Come se fossimo dentro un edificio con una bomba: presto tutto il mio mondo sarebbe saltato in aria. O forse lo aveva già fatto, nell'esatto momento in cui Cyle era comparso nella mia vita. Ora capivo perchè se ne fosse andato: voleva tenermi fuori da tutto questo. Ma non poteva, e lo sapeva perfettamente. Nell'istante in cui ci eravamo rivisti (perchè lo sapevo, noi ci dovevamo per forza essere visti prima..), i nostri cuori si erano di nuovo uniti. Ormai, anche se lui se ne fosse andato, io avrei sofferto comunque. Senza di lui, niente che c'era nella mia vita aveva senso. Provai a pensare cosa facevo prima che incontrassi lui: vuoto. Giornate vuote, spente, trascorse nel buio della mia camera, i libri come unica compagnia. Nessun amico, nessuna persona con cui dividere il mio mondo. C'era mio padre. Gli volevo molto bene, anche se dopo la morte della mamma era cambiato. Si era fatto più freddo, più distaccato. Ora lo capivo. Anche io se avessi perso Cyle non sarei riuscita a tornare come prima. Non che prima fossi tutta questa gioia, ma di sicuro sarei stata peggio. Ma nei mesi che seguirono il mio incontro di Cyle nel bosco, le cose andarono decisamente meglio. Mio padre era favorevole che frequentassi finalmente un essere vivente (ovviamente non sapeva che fosse un demone..), e qualche volta eravamo persino usciti insieme a cenare come una famiglia, come non facevamo da tempo. Sorridevo, finalmente. Ero felice. Ma sapevo che non sarebbe durata a lungo. Io e Cyle non ci eravamo più baciati, da quell'ultima volta. Sentivo ancora il dolore acuto al cervello, quando ci ripensavo. Però non avevamo più toccato argomento. Ma sapevo anche che non saremmo potuti mai crescere insieme, sposarci, mettere su famiglia. Io sarei invecchiata, e sarei morta. Cyle sarebbe sempre rimasto un eterno diciottenne. Già mi immaginavo io settantenne, con lui sotto braccio, mentre per strada i passanti ci scambiavano per nonna e nipote. Mi venivano i brividi. Ma naturalmente non ci pensavo. O meglio, non ci dovevo pensare. Per ora volevo godermi quel piccolo angolo di felicità che ero riuscita a trovarmi. E poi avremmo trovato una soluzione, per tutto. Ne ero sicura.

 

-Ehi, scricciolo! Sei pronta?-, tuonò la voce di mio padre dal piano di sotto,

-Quasi!-, risposi.

Ero in camera a pettinarmi i capelli e vestirmi. Era fine gennaio, quasi cinque mesi dopo la comparsa di Cyle nella mia vita. Non contando i due mesi (settembre e ottobre) in mezzo, in cui Cyle era sparito. Sembrava passato un secolo.

-Vado ad accendere la macchina!-, disse ancora la voce di mio padre,

-Va bene! Due minuti e scendo-, esclamai per farmi sentire,

-Fai in fretta-, disse lui.

Mi spettinai un po' i capelli e mi misi un filo di matita nera, infine presi il cappotto e scesi le scale. Speravo di essere minimamente presentabile. Erano le sette di sera, e io e il mio papà avevamo deciso di farci una cena da Rick's, il ristorante preferito di papà. Ci andavamo spesso quando io ero piccola, e dopo la morte della mamma non ci eravamo più stati. Il propietario, Rick Kendelson, era un amico di papà, avevano prestato servizio insieme per qualche tempo. Era un po' un ritorno al passato.

-Eccomi!-, esclamai, quando salii nella macchina calda che profumava di menta.

Era un profumo familiare, e decisamente nostalgico. Da troppo tempo non salivo su quella macchina. I sedili sembravano più piccoli e più duri, i vetri più opachi e la macchina troppo bassa. Ma il profumo era uguale. Mi immaginai di essere nel sedile posteriore, e di vedere la mamma e il papà che parlavano ridendo insieme, e si baciavano. Mi vennero le lacrime agli occhi.

-Finalmente! Non ci speravo più ormai-, disse mio padre.

Anche lui si era fatto bello per l'occasione: aveva il faccione sbarbato, i capelli pettinati, una bella cravatta blu notte e si era anche messo una colonia.

-Ah, ah! Molto divertente! Dai parti, se no finiremo per mangiare alle dieci di sera-, gli risposi.

Lui mi obbedì subito e il rombo della macchina (che non mi ricordavo fosse così rumoroso) invase le nostre orecchie. Dopo una decina di minuti arrivammo al ristorante, che era illuminato con luci arancioni e anche da fuori si sentivano gli schiamazzi della gente che era andata lì a mangiare. Dopo aver posteggiato la macchina entrammo e ci trovammo nello stesso identico posto che era stato appena dieci anni prima. Non era cambiato nulla, se non le moderne attrezzature (come la radio e una piccola tv nell'angolo) e i nuovi camerieri che dovevano avere pochi anni in più di me. Era davvero un ritorno nel passato. E quasi non mi sentii male. Quasi mi aspettavo di vedere la mamma, quando mi girai indietro. Ma c'era solo papà, che doveva sentire le stesse cose che sentivo anche io.

-Allora, ci sediamo a un tavolo?-, chiese lui,

-Ottima idea-, ribattei.

Ma prima che potessimo scegliere un tavolo, vidi un tizio panciuto e con i capelli tagliati a militare avvicinarsi a noi. Portava un grembiule sporco e aveva delle manone grosse quanto la mia faccia. Il suo volto sembrava invecchiato, ma era sempre lo stesso.

-Rick!-, esclamò mio padre.

-Will! Ma sei davvero tu, vecchia baldracca?-, rispose l'uomo.

Si avvicinò zoppicando (una vecchia ferita che subii durante gli anni di servizio) e tirò una panciata al mio papà, mentre cercava goffamente di abbracciarlo. Quando si staccò da lui, mi sembrò quasi che avesse le lacrime agli occhi.

-Will! Non ti fai vedere per tutto questo tempo, e poi spunti così? Il mio cuore non è più duro come una volta, lo sai-, disse,

-Vecchio zuccone che non sei altro! Dillo che ti sono mancato!-, rispose mio padre,

-Sai che non lo ammetterò mai! Non sono un tipo da smancierie-, disse l'uomo.

Si abbandonarono a una risata, mentre io li guardavo sorridente. Da quanto mio padre non rideva così?

-Mi dispiace per Rose..-, disse a un tratto il vecchio soldato, dando una pacca sulla spalla a mio padre.

Lui lo guardò riconoscente. Tutti volevano bene a mia madre, era una donna davvero meravigliosa. Anche Rick, che sembrava avere un cuore di pietra, ma in verità si commuoveva in quei momenti.

-E non dirmi che questa è Amanda!-, tuonò il suo vocione, il viso di nuovo sorridente,

-Sì, sono io!-, risposi, ridendo timidamente,

-Per tutti i cavoletti di Bruxelles! Sei diventata altissima! Mi ricordo quando eri uno scricciolo così e venivi di nascosto in cucina per chiedermi un pezzetto di pane-, mi disse fiero l'uomo.

Bè, lui era grande quanto una montagna, e io gli arrivavo a malapena alla spalla. Ma mi ricordavo ancora quei momenti.

-Sì, me lo ricordo-, dissi.

-Bè, non statevene lì impalati come due baccalà! Prendete un tavolo! Offre la casa!-, esclamò il solito vecchio burbero.

Era bello rivederlo, soprattutto perchè questo aveva messo di buonumore papà. Andava fiero della sua vecchia carriera militare, anche se poi l'aveva abbandonata per stare con la mamma. Chissà come sarebbero andate le cose, se lui avesse deciso di continuare. "Probabilmente io non sarei qui", pensai.

-Non è cambiato nulla qui.. neanche il vecchio Rick-, disse papà, con un leggero sorriso,

-No! È rimasto tale e quale!-, esclamai ridendo.

La serata passò troppo veloce, ma fu una delle più belle dopo la morte della mamma. Ci portarono piatti squisiti e decisamente costosi, che noi di sicuro non ci potevamo permettere, ma Rick ci aveva detto che ce li avrebbe offerti lui. Era bello vedere papà ridere. Mi sentivo finalmente felice, e non pensai, almeno per quella sera, a Cyle e al nostro amore impossibile.

 

La sera prima ero andata a letto stanca morta e mi addormentai subito. Per questo, quando mi svegliai con i vestiti della sera prima e Cyle che mi fissava dalla piccola poltrona della mia camera, lanciai un urlo. Cyle si nascose nell'armadio e subito entrò mio padre con il suo pigiama a righe blu e nere:

-Che è successo?-, chiese preoccupatissimo.

Appena mi vide ancora vestita sopra le coperte, mi lanciò un occhiata di silenzioso divertimento.

-No, c'era una cimice e mi sono spaventata-, mi giustificai.

Per una volta, sembravo saper recitare bene una scusa, o forse la mia pessima recitazione era scambiata per confusione post-risveglio.

-Sei un disastro-, disse mio padre, uscendo dalla camera e chiudendo la porta. Dall'armadio uscii Cyle, con una mia maglietta in testa e un vestito rosa di quando ero piccola infilato nei pantaloni. Se li tolse e mi raggiunse nel letto.

-Sei fuori di testa o cosa?-, lo rimproverai,

-Sono decisamente fuori di testa. O non te ne eri ancora accorta?-, mi rispose, con quello sguardo che lui sapeva a cui io non riuscivo a resistere,

-Primo: togliti dal mio letto perchè se entra mio padre e ti vede chissà cosa pensa. Secondo: perchè quando mi sono svegliata ti ho ritrovato a fissarmi come una vecchietta psicopatica?-, sbraitai.

Ecco il mio lato anti-sociale che veniva fuori.

-Ma come siamo suscettibili la mattina! Ecco, allora.. sono venuto da te ieri sera, non potevo sopportare di non riuscirti a vedere fino al giorno dopo..-, mi sussurrò,

-Ma fammi il piacere! Dillo che mi vuoi far venire un infarto!-, risposi, sempre con un tono antipatico,

-Ma come l'hai scoperto?-, domandò lui,

-Te lo dico se ti alzi dal letto-, dissi infine, ma lui non si alzò, così lo feci io.

-Vuoi almeno uscire per farmi cambiare in santa pace o me ne devo andare io?-, chiesi.

Lui alzò un soppraciglio e fece un sorrisetto furbo, io sospirai e mi lamentai:

-Perfetto-.

Presi una maglietta larga e un paio di leggins, le mie pantofole e mi andai a lavare in bagno. Quando tornai in camera, avevo un asciugamano in testa per tenere i capelli bagnati ed ero pulita e profumata.

-Mmm.. hai un profumo delizioso-, mi disse lui,

-Smettila di fare il piccioncino e vieni di sotto, devo fare colazione-, sbraitai di nuovo, ma stavolta sorridevo.

Mio padre era tornato a dormire, e io feci colazione senza il terrore di dover dare una scusa a mio padre sulla presenza di Cyle. Certo lui sapeva che stavamo insieme, però se ci avesse trovati nel mio letto.. sarebbe stato molto imbarazzante. Se fosse entrato in quel momento, avrei potuto dirgli che era appena arrivato ed era passato per salutarmi.

-Allora, come è andata ieri sera?-, mi chiese,

-Bene! È stato davvero bello.. vedere papà così. Era da tanto che non sorrideva in quel modo-, risposi,

-Anche tu. Sembri più.. serena. Di solito hai quel tormento negli occhi, ma oggi no. Oggi sono solo pieni di..-, disse,

-Di cosa?-, lo incoraggiai.

Ma lui non lo disse. Entrò mio padre (che grazie al cielo non aveva quell'orribile pigiama) e salutò Cyle, ma non chiese spiegazioni. Si prese del succo e si preparò le uova, e poi si sedette accanto a me, che immergevo la brioche nel latte caldo.

-Vedo che ti sei cambiata-, disse mio padre, ironico,

-Anche tu-, risposi scherzando,

-Guarda che quel pigiama costava un sacco di soldi-,

-Bè, non ne valeva la pena-,

-Me la regalato tua nonna, non potevo rifiutarlo!-,

-Ahhahahaha, già me la immagino, che faccia avrebbe fatto-,

-Appunto. E poi, tua madre ci teneva-, disse.

Ecco spiegato tutto. Anche lui odiava quel pigiama, ma lo teneva per un motivo. Mi chiedevo come si sentisse solo, nell'enorme letto che c'era nella sua camera da letto. Ci fu un silenzio di tomba, poi Cyle esclamò:

-Volevo chiederle,signore, se è possibile rubarle sua figlia, per oggi-.

Io lo guardai interrogativa, e lui mi fece l'occhiolino. Razza di..

-Credo che vada bene. Ma.. siate responsabili. Mi fido di te, Cyle. Non tradire la mia fiducia-, disse severo mio padre,

-Oh, e fidati che ti dico che non è bello averlo in giro quando è arrabbiato-, aggiunsi,

-Nessun problema. Sarà qui per le sei, glielo prometto-, disse sorridente.

Appena ebbi finito la colazione, mi asciugai i capelli e mi vestii, e scesi al piano di sotto, dove lui mi stava aspettando guardando non so cosa in tv.

-Andiamo?-, gli chiesi,

-Aspettavo giusto te-, rispose, dandomi un leggerissimo bacio sulla guancia.

 

Angolo autore:

Fin'ora non ho mai scritto niente, a proposito della storia. Bè, inanzittutto è creata da me, anche se mi sono ispirata a qualcosa, ma la storia è originale, l'assicuro. Ringrazio tanto chi la legge e la segue, chi la mette tra i preferiti, i seguiti o i ricordati. Mi piacerebbe molto leggere qualche recensione, per capire se vi piace o dove sbaglio. Grazie mille! :)

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: deryn