Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: _Lakshmi_    29/12/2013    2 recensioni
Se esistesse vita al di fuori delle mura? Se esistesse una civiltà evoluta?
Questa storia è incentrata sul personaggio di una giovane comandante, privata del proprio titolo, del proprio onore, delle proprie armi, capitata a Wall Rose per un maligno gioco del destino. Una ragazza che ha conosciuto il mare, da cui ha eredito la calma, ma anche l'impetuosità.
Una ragazza che ha conosciuto fin da subito il sangue, la morte e la freddezza della vita.
Dal capitolo quarto:
"[...] Ti immagini? Enormi animali, grandi quasi quanto dei Giganti, con lunghe zanne e grandi orecchie! Quando li abbiamo visti la prima volta eravamo rimasti un po’ spiazzati"
"Avete animali bizzarri..." commentò il Caporale con voce atona, non riuscendo ad immaginare l’animale appena citato.
"E voi attrezzature infernali" rise lei "Comunque gli Elefanti non sono nostri, ma di una tribù proveniente dall’estremo oriente, al di là delle altissime montagne. Sono uomini anche più bassi di te, sai?"

Al suo fianco ci saranno altri OC, alcuni dei quali comporranno una squadra molto particolare...
[...] Perché se esistevano persone così estroverse, talmente particolari da poter causare il suicidio di qualsiasi psichiatra, nulla poteva reputarsi infattibile.
Genere: Azione, Comico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Rivaille, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Sesto Capitolo

Sesto Capitolo:

Tσουνάμι

 

La pioggia era grave, appesantiva le corazze dei soldati stremati dalla lunga e disastrosa battaglia, dove un’intera falange era stata distrutta dalla forza bruta dei barbari. I pochi superstiti di tale schieramento erano ritornati all’accampamento con sguardo truce, non volendo parlare con nessuno ed evitando lo sguardo di tutti.
Una bambina di otto anni, vestita con una leggera corazza di cuoio e armata con affilate spade di ferro, osservava con i grandi occhi azzurro ghiaccio i militi, attendendo l’arrivo di uno in particolare. Che però tardava a tornare. Aspettò a lungo, riparata da un grande e pesante scudo tondeggiante.
Quando però fu stanca di rimanere seduta sulla terra fangosa, a giocare con i lunghi lombrichi striscianti, con innocenza infantile si avvicinò ad un soldato per chiedergli informazioni.
<< Scusa... dov’è il Comandante?>> domandò, con le grandi iridi piene di speranza.
Lui la osservò a lungo, senza rispondere.
<< Di che falange sei?>> disse d’un tratto.
<< Dovevo essere con voi, ma mio padre mi ha affidata ad Agápe. È già tornato il comandante?>>
<< No>> rispose, chinando il capo.
<< Va bene, allora lo aspetterò qui>> sorrise lei, scostandosi dal viso i corti capelli castani.
L’uomo non ebbe cuore per illudere oltre le aspettative di quella bimba, che aveva riconosciuto come la figlia del comandante, essendo poche le donne che intraprendevano la carriera militare.
<< Lachesi, non aspettare oltre, è inutile>>
La giovane per un attimo sentì le interiora chiudersi in una morsa. Non era stupida, aveva compreso cosa significavano quelle fredde parole. Non volle credere che il migliore Stratega e Polemarco di tutti i tempi fosse morto. Non voleva credere. Non doveva essere vero.
Si sentì cadere, anche se era ben salda sulla pianta dei piedi. Si sentì soffocare in se stessa, in un misto di disperazione, nervoso e incredulità.
Con la collera negli occhi, si gettò in una folle corsa, uscendo dal campo.
Nel pantano, nel sangue, tra i cadaveri e armi spezzate correva, non curandosi delle grida del soldato che la intimavano a tornare indietro. Si ferì i piedi, le gambe, addirittura le braccia, cadendo più volte rovinosamente, ma ogni volta si rialzava per cercare suo padre.
L’unica persona che l’avesse mai protetta.
L’unico pilastro che le era rimasto.
A pieni polmoni urlava il suo nome, lo chiamava, lo pregava, lo scongiurava. Finché non lo vide.
Si avvicinò, con le gambe diventate improvvisamente flaccide. Osservò quel corpo martoriato, con la giugulare tagliata, con gli arti spezzati, con la colonna vertebrale in frantumi.
<< Papà>> mormorò la bambina, sconvolta.
Era veramente quella la fine di un grande comandante?
<< Papà...>> singhiozzò, cadendo in ginocchio al suo fianco << Papà... ti prego... svegliati...>>
Si rannicchiò accanto a lui, poggiando la testa sulla corazza di metallo, mentre calde lacrime le solcavano il viso, unendosi alla fredda pioggia.
<< Papà... io rimarrò qui...>> disse in seguito, avvolgendosi con il mantello lordo di sangue del genitore << Starò qui finché non aprirai gli occhi...>>

 

 

Fuori Wall Sina, novembre, 851

 
Lachesi rimase meravigliata dal candore che aveva avvolto il paesaggio e che silenziosamente continuava a scendere dal cielo. Tutto sembrava più calmo, come se non ci fosse stata alcuna distruzione, nessuna guerra.
Non aveva mai visto la neve, perché il luogo da cui proveniva era fin troppo caldo per permettere all’acqua di cristallizzarsi. Quindi assistere ad un simile spettacolo per la prima volta nella sua vita era qualcosa di unico, in grado di farla ritornare bambina per qualche tempo.
Raccolse un po’ di quel biancore, passandoselo velocemente da una mano all’altra. Era fredda, tanto da farle raggrinzire e arrossare le affusolate dita, ma anche stupenda e ipnotica.
Come il fuoco.
Gli altri membri della squadra non erano così entusiasti, sia per l’aria gelida, sia per l’ora mattiniera, infatti il sole era sorto da poco tempo, coperto tra l’altro da spesse nubi grigie. C’erano diverse vie di pensiero su come affrontare la frigida giornata: Eren ad esempio, seguito da Mikasa, cercava quei radi posti non ombrosi della foresta; oppure Wilde che, appoggiato alla spalla calda di Elizabeth dormiva saporitamente, continuando però a camminare. Levi invece non si curava delle rigide temperature, parlando con Erwin ed Hanji riguardo la missione come se nulla fosse.
A causa dei frequenti attacchi di un mostruoso Gigante che viveva in quella foresta, avevano dovuto rimandare la spedizione. La dottoressa si era opposta fin all’ultimo, perché secondo lei si doveva proseguire con il piano, ma il comandante Smith aveva preso la sua decisione, costretto principalmente dall’alta borghesia che si sentiva minacciata. L’abominio infatti si era stanziato poco lontano da Wall Sina e, sul giudizio dei pochi testimoni, era talmente grande e sanguinario da venir reputato una grave minaccia.
Newton era completamente contraria e dimostrava tale sentimento anche in quel momento, procedendo cupamente e sbuffando di tanto in tanto. Non aveva rivelato le cause di tale ostilità, rimanendo in rigoroso silenzio.
<< Lachesi>> disse Hanji, sorprendendo d’un tratto la soldatessa alle spalle << Dovevamo finire il nostro discorso>> il tono che Zoe aveva utilizzato era un misto tra il comando e la supplica, come se volesse scoprire con tutta sé stessa nuovi dettagli riguardo la specie di Lachesi e non volesse attendere oltre.
La capo squadra era sempre felice a parlare con Thàlassa, visto che questa era una miniera d’oro di informazioni inerenti ai Gigas. Era diventata ormai un’abitudine che ogni momento libero l’ex comandante lo dovesse passare a raccontare del proprio passato.
<< Quindi non sai trasformarti?>>
<< No, o perlomeno, non saprei. Anche ferendomi non succede nulla, non mi tramuto in Gigante. È come se ci fosse qualcosa che mi blocca, anche riguardo la rigenerazione. Ho visto che ultimamente le ferite si rimarginano con più difficoltà...>>
<< I tuoi flussi di sangue sono regolari?>>
Lachesi avvampò, non tanto per l’inopportunità della domanda, ma perché aveva imbarazzanti e freschi ricordi a riguardo. Un episodio che voleva con tutta se stessa dimenticare.
Sia per Eren che la credeva affetta di una misteriosa malattia orientale (non essendogli venuto in mente che invece si trattava di tutt’altro argomento), sia perché, mancando un gradino mentre ritornava furibonda alla propria stanza, si era incespicata con il Caporal Maggiore e gli aveva sporcato accidentalmente i vestiti.
E l’inevitabile litigio tra i due aveva attirato molti soldati, così tutti furono a conoscenza dell’inconveniente mensile della ragazza.
<< Sì, sono più che regolari>> sospirò, per poi fare un leggero sobbalzo vedendo il viso della donna a pochi centimetri di distanza dal proprio, con i suoi grandi occhi castani spalancati che la fissavano.
<< Posso prendere un campione di sangue?>>
<< Certo...>> disse dubbiosa Thàlassa << Perché?>>
Hanji le prese la mano e le fece un leggero taglio con una spada, tanto da far fuoriuscire qualche piccola goccia cremisi.
<< Perché è tutto qui dentro>>
La ferita si rimarginò dopo poco tempo, lasciando a Zoe solo il momento per tamponare un poco di sangue con un fazzoletto, precedentemente preso in prestito a Levi.
Lachesi non comprese le parole della compagna, ma non indagò oltre, perché la sua attenzione fu colta da un gruppo poco distante di altri soldati, appartenenti ad un’altra squadra, che osservavano un piccolo e rudimentale tempio, composto da pietre di medie dimensioni, in modo tale da formare un semicerchio, e un’accurata statua femminile, intagliata nel legno, che rappresentava la Dea Madre.
Era un tipico ornamento funebre di una religione che la ragazza aveva sentito parlare poche volte, ovvero quella druidica. Lì sicuramente c’era sepolta qualche persona cara a chi aveva eretto tale monumento.
Ma i militi non riuscirono a comprenderne il significato e, ridendo tra loro, calciarono la figura e i massi, distruggendo così l’opera primitiva. Un gesto che sarebbe passato inosservato, se l’autore della tomba non si fosse trovato appollaiato su un alto ramo, nascosto tra le fronde.
Fu un momento, un attimo di completa e assoluta calma, colmo di risate e battibecchi.
Seguito poi dalla distruzione.
Un enorme orso, di oltre quindici metri di grandezza, frantumò gli alberi come se fossero arbusti e caricò quei militari, schiacciandoli contro i tronchi delle alte piante con forza brutale. Il pelo fulvo dell’animale s’imbrattò di schizzi di sangue, mentre gli occhi dorati fissavano i cadaveri con estremo odio, digrignando le affilate fauci luccicanti.
Emise un profondo ringhio che fece vibrare le interiora di tutti i presenti, i quali erano rimasti attoniti, non aspettandosi un simile nemico.
<< Waaaah! Un Orso Gigante!>> esclamò entusiasta Hanji, rimanendo affascinata dalla creatura << Si deve assolutamente catturare!>>
<< Se quello non ha in mente di servirci per pranzo>> commentò Wilde, sistemando la propria arma da fuoco a doppia impugnatura.
<< Qualsiasi cosa succeda, stagli alla larga>> lo intimò Elizabeth, prima di spostarsi e trascinare l’albino con sé per evitare un attacco frontale.
Gli artigli dell’orso evitarono per poco Eren, il quale fu preso di peso da Levi per poi essere lasciato su un albero. I congegni per la manovra tridimensionale erano troppo lenti contro un simile nemico e per poco il ragazzo non ci lasciava la pelle, nel tentativo di raggiungere un posto più sicuro.
Quel Gigante non solo aveva una stazza considerevole, ma anche un’agilità impressionante. Un duo letale, se unito anche ad una forza mostruosa.
Mikasa raggiunse il fratello, per poi guardare cupamente il Caporal Maggiore, seppur di fatto lo avesse salvato.
<< Mi trasformo in Gigante. Con il vostro aiuto riusciremo sicuramente a sconfiggerlo>>
<< Eren, stai attento>> disse la ragazza, artigliandogli un braccio.
Il suo superiore approvò mutamente l’idea, anche perché al momento non c’erano altre soluzioni. I suoi occhi prima di riconcentrarsi sul nemico, si focalizzarono su Lachesi, la quale stava studiando con sguardo cupo la situazione, evitando rapidamente gli eventuali colpi.
E fu in quel momento che lei reagì in modo sconsiderato.
Una seconda squadra giunta in quel luogo, attirata dal fumogeno lanciato in precedenza dal Comandante Erwin, si era scagliata contro il punto debole del Gigante, ovvero la nuca, quando questo si era alzato su due zampe. Tuttavia, non essendo una creatura stupida, l’orso per difendersi aveva rizzato il pelo, tramutandolo in un affilatissimo acciaio. I soldati sarebbero indubbiamente morti infilzati, se Thàlassa non fosse intervenuta, tranciando i cavi.
Salvò la vita del gruppo, ma attirò su se stessa le ire del mostro, il quale iniziò ad inseguirla, tentando di ucciderla in ogni modo. E invece di rimanere nella foresta, luogo assai vantaggioso per la manovra tridimensionale, mirava ad uscire, con l’alito del nemico che le soffiava sulla schiena.
<< Che cazzo sta facendo? Non avremmo nessuna possibilità in pianura!>> esclamò un milite.
<< Branco di capre! Lei è una stratega, sicuramente saprà cosa fare! Invece di piangervi addosso, reagite in qualche modo>> disse Elizabeth, prima di guardarsi attorno preoccupata, poiché non riusciva più a scorgere Wilde << Eren che cazzo aspetti a trasformarti?>> sbraitò poi, con un’espressione assai innervosita.
Lachesi si fermò non appena furono non molto lontani dalla boscaglia, affaticata per l’estenuante corsa.
Qui si voltò repentinamente, schivando gli attacchi dell’animale con estrema agilità, spiccando poi un elevato salto. Trotterellò in aria con le lame sfoderate per non essere colpita dagli artigli e, grazie ai cavi, fu in grado di raggiungere il naso del nemico. Per non cadere, conficcò una spada nella carne e si tenne ad essa prima di balzare in cima al capo, utilizzando la manovra tridimensionale ed evitando così una mortale zampata.
La pelliccia si tramutò in affilati aculei, ma non riuscirono a ferirla, poiché anche il corpo della giovane per difendersi era divenuto resistente come l’acciaio. Iniziò a scendere con cautela per ferire il mostro nel suo punto debole, ma l’intervento di un altro Gigante quasi non la fece cadere.
Eren infatti era riuscito a colpire l’orso, ma la caduta di quest’ultimo aveva fatto scivolare la ragazza, la quale ora stava quasi per piombare al suolo, tenendosi a stento al manto affilato del nemico. Rimase in quella posizione finché l’orso non ritornò su quattro zampe e dovette lottare per non precipitare a causa dei continui sballottamenti a destra e a sinistra.
La nuca era ormai lontana, ma la ragazza non si demoralizzò.
Con cautela procedette a carponi, stringendo saldamente la pelliccia metallica. Tuttavia l’animale si rizzò in piedi per sferrare un potente attacco e lei si ritrovò nuovamente sospesa nel vuoto, aggrappata a lamine in metallo.
Fece un profondo respiro, continuando la sua lenta e faticosa scalata.
Ma, quando ormai riusciva a vedere la vicinanza con il proprio obbiettivo, la pelliccia metallica divenne incandescente a causa di una serie di proiettili sparati da Oscar. Il calore conduttore le infiammò i muscoli e le fece lasciare involontariamente l’appiglio, cadendo così rovinosamente al suolo e rischiando in più occasioni di rimanere schiacciata dal plantigrade, il quale aveva emesso un lungo ringhio per il dolore.
L’orso atterrò il Gigante a lui ostile, per poi ferire gravemente Wilde, scagliandolo malamente con un’unghiata contro gli alberi. Il ragazzo non fu abbastanza lesto a muoversi, venendo così travolto dalla furia.
<< Wilde!>> esclamò Lachesi, portandosi poi una mano sulla bocca.
Perché mai aveva abbandonato la foresta, sparando a terra, indifeso? Solo uno stupido avrebbe compiuto una simile azione, per nulla eroica. Delle lacrime di rabbia solcarono le guance della fanciulla, la quale si concentrò sull’avversario con estrema ira.
Aveva pianificato tutto affinché non ci fossero ulteriori morti. Ma seppur avesse progettato tutto nella sua mente, era ugualmente deceduto qualcuno. Inutilmente. Stupidamente.
Fu allora che si accorse che, mentre si muoveva per evitare lo scontro titanico tra i due Giganti, dove era stato colpito l’orso, il metallo del suo pelo si era ammorbidito, anche se in brevissimo tempo sarebbe tornato come prima.
I cavi allora riuscirono ad impiantarsi sulla schiena dell’animale, quando questo si era rizzato in piedi per parare un pugno di Eren, e trascinarono il corpo della giovane. Tuttavia l’acciaio si solidificò, così l’attrezzatura rimase bloccata al dorso dell’abominio.
Inutilmente lei si dimenò e imprecò, venendo continuamente scossa a causa dei movimenti lesti del plantigrade, nulla riusciva a liberare il congegno per la manovra tridimensionale.
Allora la giovane stava per slacciarsi la cinta che reggeva tutto il meccanismo, ma l’intervento di un terzo Gigante la fece desistere dal suo intento.
Un calcio di fuoco aveva colpito in pieno lo stomaco dell’animale e l’estremo calore aveva fuso quasi completamente le difese del nemico. Un Gigante alto almeno una ventina di metri, simile al Colossale per la struttura corporea, tranne che per la capigliatura, visto che aveva una spettinata e lunga chioma bianca, con una frangia che gli copriva gli occhi.
<< Un Gigante Piromane!>> urlò Hanji, ormai prossima all’orgasmo.
<< Eren!>> esclamò preoccupata Mikasa, ma venne frenata da Levi << Lasciami! Eren è in pericolo!>>
<< Che nessuno intervenga>> ordinò repentino Erwin, frenando l’intento di alcuni soldati.
Thàlassa avanzò con estrema fatica, visto che le fiamme le ustionavano la pelle, priva di ogni difesa se non i vestiti. Fu costretta pure a sganciare la propria attrezzatura, inutile visto che si era completamente fusa.
Il fuoco era stato da sempre il suo punto debole, in più occasioni, in diverse battaglie.
Ma non era mai stato così ostico.
Si arrampicava sul bollente dorso dell’Orso, riuscendo infine a raggiungere, ormai stremata, la nuca.
Più volte rischiò di cadere, poiché l’animale non era più in grado di parare i colpi e spesso finiva per ruzzolare al suolo o compiere movimenti bruschi per schivare gli attacchi. Ma lei non demordeva.
Lachesi raccolse le ultime energie che aveva in corpo e, aumentando ella stessa la propria temperatura corporea, fu in grado di bruciare la pelle del nemico, causando così un profondo strappo, grazie al quale fu in grado di estirpare quello che comandava il corpo titanico.
Non fu abbastanza lesta ad afferrare un appoggio e quando il Gigante crollò senza vita, lei precipitò al suolo, lorda di sangue, di sudore e con il corpo ricoperto di gravi ustioni. L’unico suo sollievo fu quello di trovare la fresca e un tempo candida neve, ora sporca di cremisi.
Tentò di rialzarsi, ma le gambe non riuscivano più a reggere la fatica e la abbandonarono, facendola cascare a terra. Ma lei imperterrita ritentò, cadendo nuovamente.
Una mano le venne d’un tratto in soccorso, afferrandole il polso e aiutandola ad rizzarsi in piedi.
<< Ohi>> disse Levi << Che cazzo ti è passato per la testa?>>
<< Nulla...>> mormorò lei, reggendosi all’uomo << Sono stanca>>
<< Puzzi da fare schifo>>
<< E tu profumi di pulito>> sussurrò, prima di crollare esausta.
Aveva la fronte bollente e il respiro accelerato.
Il Caporale Maggiore sbuffò, togliendosi la giacca e avvolgendo la ragazza con essa, prima di sollevarla di peso e portarla dove si trovavano gli altri, i quali, dopo aver estratto Eren e Oscar dai Giganti, si erano concentrati intorno al nemico. Anche perché era l’unico del quartetto che riusciva a parlare non essendo spossato.
Ma questo non proferì parola, solo lunghi sguardi dorati rivolti alla dottoressa, la quale era intenta a rimproverare sonoramente Wilde, arrivando persino a imbottirlo di ceffoni, che lascarono duraturi segni rossi sulle guance dell’albino.
Il ragazzo però non disse nulla, anche perché non ne aveva la forza.

 
Prigioni sotterranee, novembre, 851

 
Elizabeth scese velocemente le scale, scortata da un paio di guardie alte e nerborute. Era pensierosa, procedeva con testa china per non mostrare la propria preoccupazione, alquanto insolita sul suo volto.
Raramente infatti si angosciava per qualcuno, poiché poche erano le persone a cui si era affezionata e la spietata donna gliele aveva strappate quasi tutte, lasciandola spesso sola.
Il rumore dei suoi vertiginosi tacchi rimbombava nel silenzio della sua mente. Non esisteva nessun altro suono, nemmeno il pesante passo dei soltati al suo fianco, il quale per lei era come una muta folata di vento, tanto era concentrata nei suoi pensieri.
Camminava, immersa nei suoi ricordi più lugubri, stringendo più volte i pugni per il nervoso, ma che poi rilassava, facendo un sospiro di liberazione.
Quella taciturna meditazione interiore si quietò non appena raggiunse una prigione, nella quale riposava un uomo incappucciato, di cui si vedeva soltanto la selvaggia chioma ramata e la lunga e scompigliata barba del medesimo colore. Indossava una larga tunica corvina con una semplice e logora corda legata in vita a mo’ di cintura. Era scalzo, l’unico ornamento oltre la cinta era un ampio mantello decorato con penne avente il cappuccio.
Lui era l’Orso-Gigante, ma per gli occhi della dottoressa non era un mostro, bensì tutt’altro.
<< Sei arrivata>> disse con voce cupa, come lei se fosse l’ultima persona che avrebbe voluto vedere.
Elizabeth congedò le guardie, le quali si allontanarono fino a tornare all’ingresso.
<< Gwydion, mi dispiace>> mormorò lei, afferrando debolmente una sbarra con la mano sinistra.
<< Ora ti dispiace?>> ringhiò lui, incurvando poi le labbra screpolate in un sorriso tutt’altro che allegro, colmo di astio << Ora ti dispiace? Tu e quei bastardi dei tuoi colleghi mi avete tramutato in un mostro... per cosa? Per creare delle nuove razze? Per distruggere l’umanità?>>
Lei non rispose, limitandosi a guardare il pavimento.
<< Sono ben felice di venire giustiziato, almeno non dovrò vedere più facce di merda simili>>
<< Mi sono opposta fino all’ultimo, non volevo...>>
<< Ma per favore. In tutti questi anni non mi sei mai venuta a cercare ed ora fai la farsa della madre affranta? Nei tuoi piani non hai nemmeno risparmiato il tuo allievo, quel ragazzino albino>>
<< Gwydion, ho chiuso con loro da tempo e Oscar è un Gigante, ma non per causa mia>> esclamò la dottoressa, alzando lo sguardo aureo << Io ti ho sempre cercato e ti ho sempre protetto. Forse non sarò stata una madre modello, ma non puoi negare tutto ciò che ho fatto. Tu sei sempre stato vicino a me, in tutti i sensi>>
<< Se parli di quella volta nella foresta, ero lì perché
Bodbh voleva vedere>> l’uomo fece un lungo sospiro rassegnato << Perché non riesci ad odiarmi?>>
<< Perché sei mio figlio>> rispose la donna, abbozzando un triste sorriso << Perché tu per me sei rimasto sempre quel bambino troppo curioso che voleva scoprire tutti i segreti di questo mondo. Anche se mi reputi indegna, io continuerò a proteggerti>>
<< Così rendi soltanto le cose più difficili>> ringhiò lui, facendo oscillare leggermente le catene che gli cingevano i polsi.
<< Tu non morirai >>
Seguì un muto silenzio.
La dottoressa lasciò lentamente la sbarra, allontanandosi fino a scomparire dalla vista di Gwydion. Questo guardò le catene, poi il suo sguardo virò su un corvo nero, il quale era appollaiato vicino alla finestra.
Ci fu uno scambio reciproco di occhiate, poi il volatile volò via, lontano, confondendosi nel buio della notte senza luna.

 
Fine sesto capitolo!

 

Nome capitolo: Tsunami

 

Angolo dell’autrice:

 
Capitolo piuttosto difficile. Ho fatto veramente fatica a trattenere le lacrime all’inizio ed io sono quella che ha partorito un simile aborto. Ecco perché dovrei smetterla di far partire canzoni deprimenti. Beh, almeno la mia depressione è svanita con la seconda parte, dove ho ascoltato diverse canzoni che mi hanno dato la carica (una per tutte, Hero degli Skillet che, anche dopo millanta anni che l'ascolto, non mi stanco mai di sentirla. E questo fatto è molto insolito, visto che io vado molto a periodi XD ). Sì, mi faccio influenzare troppo dalla musica, lo so. Però certe volte è l'unico appoggio sicuro che ho... e poi non riesco a scrivere nel silenzio.
Comunque, parlando di cose più allegre, oggi volevo scrivere per voi il background del momento al bar! Quindi, che dire? Buona lettura!

 
Wall Sina, novembre, 851

 
Elizabeth guardò con sguardo malizioso Levi, prima di sedersi affianco a lui, accavallando le gambe così da mostrare gran parte delle lisce cosce. Lui la osservò con un’occhiata cupa visto che il suo rapporto con quella donna non era dei migliori.

<< Che cazzo vuoi?>> domandò d’un tratto.
<< Invita Lachesi a ballare>>
<< No>> ripose lui, bevendo d’un sorso metà pinta di birra per poi poggiarla davanti a sé.

La dottoressa allargò il ghigno, sottraendo la bevanda alcolica all’uomo prima che questo potesse di nuovo prenderla.
<< Tipica reazione di Homo senza palle. Ma d’altronde è normale, di questi tempi sono sempre più le donne a portare i pantaloni. Ed è giusto così, perché non siamo più nella preistoria dove...>>
<< Dove vuoi arrivare?>>
<< Cosa? Stai dicendo che ho doppi fini? Io? Ma... no! Io volevo solo tirare su di morale Lachesi, perché non si è ancora ripresa dagli insulti dei nobili. È un’eccellente soldatessa, ma non riesce a distaccarsi dal suo passato terribile e questo le causa dolore. Il tuo gesto avrebbe senza dubbio tirato su il morale, ma pazienza, vorrà dire che chiederò a Jean se è disposto...>>
<< Jean? Ma che cazzo ti sei fumata, donna?>>
<< Certo! Per voi uomini le donne devono essere tutte drogate! Ma che grandi testa di cazzo che siete! Da un recente studio è sorto che sono più gli uomini a drogarsi delle donne!>> vedendo che il suo piano non stava funzionando, lei allora giocò un argomento che sicuramente l’avrebbe portata alla vittoria << Riguardo alle droghe, ho preparato un discorso di all’incirca due ore che devo portare alla prossima conferenza. Visto che non hai niente da fare...>>
Levi si alzò seccato e si diresse al tavolo di Lachesi.
<< Quanto è dolce il sapore dei soldi>> sogghignò lei, finendo di bere l’ultimo sorso di birra << La scommessa l’ho praticamente vinta>> aggiunse poi tra sé e sé.
Erwin la raggiunse con una bottiglia di vino e si sedette in modo composto.
<< Sei un impeccabile stratega>> disse, versando il vino in un bicchiere.
<< Ci sono in ballo i miei soldi. Quei due non andranno mai in sintonia, quindi intascherò la mia parte. Tutto calcolato>>
<< Come facevi a sapere che il capo della Polizia Militare...>>
<< Conosco gli uomini morti di figa. Ad esempio so che lei mi ha guardato le cosce almeno cinque volte da quando si è seduto>> Elizabeth fissò il boccale vuoto, poi sospirò << Maledetto nano ubriacone, poteva lasciarne un goccio in più>>
<< Se vuoi, ti prendo qualcosa>>
<< Non voglio essere la prima donna a cui si interessa, Comandante. Però se vuole, prendo volentieri un po’ di vodka, birra e anche un po’ di vino rosso, ma anche una bottiglia
di quello bianco>>

  
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