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Autore: Max    17/11/2004    22 recensioni
Mia piccola leonessa non mi piaceva che tu mi grafiassi per questo t’ho abbandonata ai cristiani Eppure non è che non t’amassi Vorrei che tu mi perdonassi mia piccola leonessa. - Jaques Prévert -
Genere: Commedia, Malinconico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Draco/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Che cosa intendi fare adesso? -

- Non lo so. -

Non lo so…

13, luglio Londra ore 05. 02 P.M

Il tragitto verso casa si era svolto in silenzio, avevano camminato continuando a tenersi per mano, entrambi, perduti nei propri pensieri.

Damian aveva percepito la tensione della ragazza dal modo in cui, prima di lasciare la chiesa, lei aveva stretto la mano attorno alla sua; per questo si era trattenuto dal rivolgerle altre domande, limitandosi ad alzare di tanto in tanto lo sguardo timoroso sul suo viso, pensando a quanto sarebbe stato bello se Draco fosse stato lì con loro.

Ginny non si era neppure resa conto di essere soprappensiero, non avrebbe mai allarmato Din altrimenti; non era triste o arrabbiata, al contrario, semplicemente stava riflettendo su ciò che avrebbe fatto da quel momento in avanti.

Giunti in prossimità dell’ingresso, la maga aveva riacquistato coscienza di quanto le stesse attorno realizzando, improvvisamente, di non avere avuto con sé le chiavi per aprire; tutte le sue cose erano rimaste alla cappella. Schiaffeggiandosi mentalmente per la propria sbadataggine, sebbene riluttante, avendo avuto modo di conoscere il livello d’indiscrezione e sfacciataggine dell’uomo, era stata costretta a citofonare al portiere; in pochi secondi il portone era stato aperto.

Norton Sherman si trovava dietro al bancone della reception con la testa sprofondata nel "Tribune".

Non appena Ginny e Damian avevano varcato la soglia dell’edificio, l’uomo, aveva interrotto la propria lettura e, allungando il collo oltre le pagine del giornale, aveva parlato animatamente; un po’ troppo, animatamente, avrebbe aggiunto la maga. – Signora Potter, buon pomeriggio…ciao Damian, congratulazioni per le nozze…allora, come si sente? –

Din che era sempre stato un po’ intimorito dal troppo entusiasmo e dall’enfasi utilizzata dalle persone, allarmato, era andato a nascondersi dietro la gonna della madre; la giovane gli aveva accarezzato in maniera rassicurante la testolina, rivolgendogli un sorriso complice e divertito. Sì, anche lei trovava che il Signor Sherman fosse invadente e, a dirla tutta, anche un po’ suonato. I due si erano scambiati uno sguardo d’intesa, e mentre Ginny si era apprestata a rispondere, il bimbo, ormai del tutto tranquillizzato, aveva roteato gli occhi.

- La Signora Potter non so…dato che si trova sei piedi sotto terra, io piuttosto bene, la ringrazio…potrei avere le mie chiavi? - Aveva risposto tranquillamente e, afferrando il mazzo di chiavi allungatole dall’uomo, si era incamminata con Damian verso le scale, lasciando un Norton Sherman piuttosto scioccato ad osservare il fantasma della loro presenza.

Due rampe di scale più avanti, si sarebbero sentite le risate di madre e figlio.

13, luglio Londra ore 05. 07 P.M

Erano entrati in casa ridendo ancora come matti; Ginny, riprendendo fiato, aveva posato il mazzo di chiavi sul mobiletto accanto all’ingresso. Era stato liberatorio. Sentiva che il proprio corpo, prima rigido e intirizzito, ormai si era rilassato e che, la tensione, ovunque fosse stata, non si trovava più là.

Non poteva credere di averlo fatto sul serio, né di aver mandato all’aria il matrimonio meno di un’ora prima, l’ultima volta che aveva fatto una cosa tanto pazza…

…era stato quando aveva invitato a cena Draco la prima volta…

No, non voleva pensarci adesso…era troppo su di giri e contava di rimanerci almeno per un altro po’ perciò… - Allora amore, che cosa ti va di fare adesso? – L’entusiasmo della maga si era esaurito rapidamente non appena aveva rivolto lo sguardo al figlioletto. Damian, a pochi passi di distanza, osservava il pavimento con fare abbattuto. – Din… -

La ragazza si era inginocchiata a terra prendendo il bimbo per la piccola vita e girandolo verso di sé. - …tesoro… - Sembrava improvvisamente così depresso… - …cosa c’è? –

- È che io avrei voluto mangiare la torta… -

Ginny aveva sospirato in sollievo. La torta…e lei già pensava chissà cosa…la torta…

- Mpf. - La giovane aveva roteato gli occhi ed aveva spostato leggermente qualche ciuffo ribelle dalla fronte di Damian. - E sì, questo è grosso problema… - Lo aveva detto annuendo con finta serietà.

- …che ne dici se adesso io e te andiamo in quella mega gelateria giù all’angolo e ci prendiamo la più grossa torta gelato che c’è? – Dicendolo aveva sentito un’improvvisa voglia di torta alla meringa imbevuta nel più grosso ammasso di gelato al kiwi e alla fragola. Nel giro di qualche mese sarebbe diventata una balena se avesse assecondato le richieste del bambino…

Din si era illuminato. – Siiiiiiiiii! – Aveva gridato tuffandosi nelle braccia della madre.

- E sia… - Sollevandosi dal pavimento aveva inclinato il capo. – Andiamo? – Ginny aveva offerto la mano al bimbo, Din sorridendo l’aveva afferrata con la propria.

- Ginny? -

- Cosa? -

- Vieni vestita da principessa? -

- Eh? –

Cosa?

…Aaah…il vestito da sposa…da principessa…

- ? - Il piccolo aveva sbattuto gli occhietti interrogativamente.

La maga si era portata un dito al mento come se stesse riflettendo. - Mhmm… - Aveva sollevato lo sguardo mordendosi le labbra. – Sì, perché no… -

- Evviva! – Il piccolo era saltato sollevando le braccia trascinando con sé anche la mano di Ginny.

- È o non è il giorno del mio matrimonio?…Din sai cosa si dice del giorno del proprio matrimonio? -

Damian aveva scosso rapidamente la testolina.

- Che è il giorno più felice nella vita di una ragazza. –

Il bambino aveva aggrottato la piccola fronte. – Perché Ginny? –

Già bella domanda…- Sai una cosa? – Non ci aveva mai riflettuto, sì, era chiaro, sposavi la persona della quale eri innamorato ma…

Aveva scrollato le spalle. - Non lo so, dopotutto ci sono altri giorni ancora più felici… -

- È vero. – Era stato d’accordo.

- Già. -

- Come quando si va a mangiare un’intera torta gelato? -

Ginny aveva riso. – Sì, più o meno…si va? -

La risposta del bambino era stata un sorriso radioso.

13, luglio Londra ore 10. 04 P.M

Era da tanto tempo che non trascorreva un pomeriggio così, solo lei e Damian, a ridere e scherzare come matti; senza che qualche brutto pensiero le sfiorasse la testa. Ormai non aveva più niente da nascondere…non era legata ad Harry, e presto anche la sua famiglia avrebbe saputo del bambino…

Ogni persona che avevano incontrato lungo la strada e dentro la gelateria si era voltata almeno una volta ad osservarla scuotendo il capo con biasimo. Non le importava.

Era stato bello sedersi al tavolino del negozio semplicemente mangiando, ridendo, e divertendosi; osservare dalla vetrina i passanti, scherzare sull’abbigliamento di qualcuno ricordando poi improvvisamente com’era conciata lei stessa, non pensare ad altro che al presente. Era stato bello. Per un momento aveva avuto l’impressione di essere tornata la Ginny di Hogwarts che trascorreva i propri fine settimana ad Hogsmeade, seduta ad un tavolino di Madama Piediburro o dei Tre Manici di Scopa, con Luna o qualche altra compagna di classe.

Tornati a casa, avevano visto un film alla tv e mangiato il resto della torta finché era stata l’ora di Din per andare a letto. Si trovavano sul divano quando il bimbo aveva iniziato a sbadigliare ed appoggiare la testolina sulla spalla della madre chiudendo gli occhietti. Ginny l’aveva sollevato e portato nella propria camera, rimboccandogli poi le coperte. Era normale che fosse esausto per la giornata…

Seduta accanto al piccino, la maga sorridendo gli aveva accarezzato col dito il nasino ancora bendato. Damian si era accoccolato meglio fra le lenzuola.

Il suo angioletto… - Amore? -

- Mh? – Aveva risposto nel dormiveglia.

- Sei felice? -

Il bimbo si era sforzato di aprire un poco i piccoli occhi e aveva annuito col capo.

- Din… - La voce della ragazza si era fatta incerta. - …ti piacerebbe avere un fratellino o una sorellina?-

Din aveva aperto maggiormente gli occhi e si era sollevato appena dalle coperte, il visino del piccolo si era fatto basso, appariva quasi triste; quando Damian aveva alzato i piccoli occhi aveva parlato con una vocina triste. – Ginny… –

Virginia Weasley aveva sentito spezzarsi il proprio cuore; non aveva pensato mai, neanche per un momento, che Din avrebbe potuto reagire non prendendo bene la cosa, che il suo piccolo bambino potesse essere infelice poiché un'altra creaturina sarebbe entrata in quella casa. Non avrebbe saputo cosa fare, come…

- …tu resterai sempre la mia mamma, vero? -

- Amore… - Non avrebbe dovuto neanche pensarla una cosa simile. - …ma-ma certo… - Ginny aveva stretto a se il figlioletto. - …certo…sempre, sempre amore, sempre. –

Il bimbo aveva avvolto le piccole braccia attorno alla madre aggrappandosi forte forte al suo vestito. Erano rimasi così un po’ finché, la giovane, l’aveva scostato leggermente abbassando il capo per poterlo guardare nei piccoli occhi. In quell’istante aveva capito che Damian Malfoy era suo figlio punto, e non le importava del sangue, non le importava di niente, perché avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui, e che qualcuno si fosse azzardato a dire il contrario. – Non devi mai, dico mai, dubitare di una cosa simile, intesi? -

C’era così tanto dolore nella voce della maga, così tanta paura. Aveva accarezzato una guancia del bimbo. – Sei tutta la mia vita, sei la cosa più importante del mondo, non ci sarà mai niente di più importante o che potrà tenermi separata da te…Din ascoltami, qualunque cosa accada, qualunque cosa succeda, tu sarai sempre al primo posto… - Non era sicura che Damian comprendesse appieno le sue parole. Si sarebbe messa di nuovo a piangere se non fosse stato per l’espressione buffa e poco convinta del piccino. Per Damian, non appena lei aveva detto che sarebbe stata sempre la sua mamma e l’aveva abbracciato, la questione era finita lì, perché se Ginny diceva "sempre" voleva dire sempre, sempre.

- Non sono mica convinto sai…e Draco? -

Alla ragazza era scappata una risata simile ad un singhiozzo.

- Anche lui sarà sempre al primo posto per me qua dentro…- Aveva indicato il proprio cuore. Era la verità dopotutto. -…ma è diverso… -

Ma di primo posto non ce n’era solo uno? Din non era sembrato un granché convinto del ragionamento.

- ok, diciamo al secondo…lui è grande e grosso… - Aveva sorriso. - …e se la può cavare da solo…inoltre anche per lui sei tu al primo posto, capisci? -

Il visetto di Damian era comico. Il bimbo appariva tutto crucciato. Aveva scosso il capo. – Non tanto… -

Forse lo stava confondendo e basta… - Noo eh? – Se l’era portato fra le braccia di nuovo posandogli il mento sulla testolina. – Vediamo se così ti è più chiaro…vi voglio bene allo stesso identico modo ma, sia per me che per lui, tu resti sempre la cosa più importante di tutte… -

- Ginny? -

- Sì? -

- Allora va bene, sì insomma, non dev’essere tanto male avere un fratellino o una sorellina, mi piacerebbe avere qualcuno con cui giocare… -

- Sei sicuro? -

Aveva annuito col capo.

- Ma devi prima chiedere il permesso anche a Mellis… -

- D’accordo. – Aveva sorriso divertita, poi scherzando aveva aggiunto. – Guarda che sarà parecchio dura eh? Mi servirà il tuo aiuto… -

Din con una piccola espressione adulta aveva sospirato con consapevolezza e comprensione come se fosse d’accordo. – Dovrò curarvi tutte e due. -

- Sono sicura che lo farai benissimo. -

- E dovrò spiegargli un sacco di cose… -

- Dovrai volergli bene… -

Il bimbo aveva sorriso con semplicità come se fosse la cosa più ovvia del mondo. – Ma Ginny io gliene voglio già. –

Ecco si sarebbe commossa. Stupidi ormoni…Cosa aveva fatto per meritare che un simile angelo entrasse nella sua vita? – Sii?…Va bene, dammi la manina… -

Ginny aveva preso la mano del bimbo con la propria e se l’era messa sul ventre. - …ecco qua… -

Damian l’aveva osservata confuso.

La ragazza aveva parlato dolcemente con voce bassa come se temesse di poter svegliare la minuscola creatura che portava in grembo. - Sono felice che tu l’abbia detto perché….lui o lei c’è già…è qui dentro… -

Virginia Weasley non aveva mai visto un sorriso così bello come quello che aveva appena acceso il volto del bambino.

- Allora dev’essere proprio piccolo… - Aveva annuito con la testolina. - …si deve stare attenti a non schiacciarlo… -

Din aveva posato il piccolo capo sull’addome della madre. – Ciao…io sono Damian… -

Ginny si era messa a ridere. – Sono sicura che adesso che ti ha conosciuto è molto più tranquillo…ora, qualcuno qui dovrebbe essere già a letto… -

- Ma Ginny… -

- Niente ma…forza… - La maga aveva alzato la trapunta leggera e il bimbo si era infilato sotto le coperte. Ginny aveva preso a sistemargli le lenzuola e gli aveva baciato la fronte. – Sogni d’oro amore. -

- Ginny? -

- Cosa? -

- Tu resti sempre qui vero? -

- Sempre. -

- Mamma? -

- Sì? -

- Sono contento che sei tornata felice… -

Allora…

…si era sempre accorto di tutto…

13, luglio Londra ore 10. 20 P.M

Ginny aveva chiuso la porta della stanza da letto alle proprie spalle; sospirando, aveva fatto qualche passo e si era lasciata cadere sul divano.

Non si era mai fermata un istante a pensare che Damian potesse aver intuito ciò che provasse, certo, sapeva che era contrario allo zio Harry, ma che si fosse reso conto di quanto anche lei non fosse esattamente entusiasta per quelle nozze…

…gli aveva fatto ancora una volta del male…

Nonostante fosse a conoscenza di quanto lui adorasse suo padre, che per lui nessuno avrebbe potuto prendere il suo posto, che aspettasse ancora si risolvessero le cose tra loro…

…gli aveva imposto la presenza di un completo estraneo sperando in neppure lei avrebbe saputo dire cosa…

Era un po’ tardi per recriminare…aveva fatto ciò che aveva ritenuto giusto, ciò che voleva, e aveva sbagliato…ora le era stato presentato il conto.

Alzando lo sguardo aveva visto la propria immagine riflettersi nel televisore spento, e si era resa conto di non sapere più chi avesse davanti. Il viso pallido, i capelli scuri dai boccoli ormai rovinati, gli occhi gonfi e perennemente lucidi, le labbra arrossate dal suo continuo tormentarle, e quel vestito da sposa sgualcito.

Che cosa n’era stato di lei eh? Chi era la persona seduta sul suo divano, nel suo appartamento, la persona che ogni giorno usava il suo corpo, abbracciava e baciava suo figlio, viveva la sua vita.

Troppo occupata a far funzionare le cose, preoccupata del giudizio della gente, del giudizio di se stessa e di quello della propria famiglia, impegnata nell’evitare di ferire le persone che amava, di essere ferita a sua volta, aveva finito per perdere di vista ciò che contava realmente…le cose importanti…Così accecata dall’idea di fare la cosa migliore, dal pensiero che esistesse un unico modo corretto nel quale dovessero andare le cose, semplicemente perché così era giusto, aveva ottenuto l’esatto opposto. Si era auto convinta che stava agendo per il meglio di tutti, per una causa più nobile, e neppure quando era stato chiaro che fosse un errore, e che era stata lei ad essersi costruita un’immagine mentale della situazione, completamente lontana dalla realtà, basata su ragionamenti validissimi in teoria, ma totalmente inutili nella pratica, poiché non tenevano assolutamente conto di ciò che provava, di quanto le sue emozioni fossero vere, incoerenti, soggette agli eventi, e impossibili da razionalizzare, neanche allora, aveva fatto marcia indietro. Aveva avuto paura di quello che sarebbe stato di lei e aveva iniziato a raccontarsi credibilissime bugie che dessero una possibile giustificazione al proprio comportamento; ma la realtà era che aveva pensato unicamente a se stessa, adesso aveva capito, che il raccontarsi di non voler ferire chi le stava accanto, era stato un modo per mascherare il fatto che volesse unicamente proteggersi da altro dolore.

Inutile piangere sul succo di zucca versato…

Sua nonna glielo diceva sempre quando era una bambina…

…già, Penelope Tyndale lo aveva sempre saputo, e sicuramente sapeva anche questo…

Era stata lei a non voler ascoltare, non voler sentire niente e nessuno, nemmeno la propria coscienza, soprattutto la propria coscienza; e così aveva finito per perdersi in quel mare di bugie e mezze verità, nella persona che aveva preteso a tutti i costi d’essere, diventando il riflesso distorto di qualcuno che ormai si trovava in una tomba, qualcuno alla quale aveva voluto bene e alla quale non era arrivata a somigliare neppure lontanamente…

…non si piaceva e non sarebbe piaciuta nemmeno a lei. A Pancy.

E la cosa più incredibile era che le poche persone ad essersene rese conto lei le avesse respinte tutte in un modo o nell’altro, costringendole al silenzio, a non vederla, a cambiare persino continente…aveva voluto credere alla menzogna che vedeva riflessa negli occhi di altri, sua madre in cima alla lista…

Mandare all’aria il matrimonio era la prima cosa sensata che avesse fatto in molto tempo, la prima che la facesse sentire bene.

Era come se finalmente si fosse tolta un peso, ed era un inizio; da molto non provava quella sensazione di pace con se stessa.

Ora che ci pensava, non aveva mai seguito il consiglio di Fleur; quello che la maga gli aveva rivolto quella sera a casa di Perdita…prendere tempo per sistemare le cose, per capire…non aveva resistito ed appena se l’era ritrovato davanti era precipitata nelle sue braccia, nelle braccia di Draco…forse era stato lì l’errore…se di errore poteva trattarsi, incominciare qualcosa senza avere risolto nulla, chiarito nulla…non erano andati abbastanza lentamente, non si conoscevano, o meglio, non conoscevano quelli che erano i loro bisogni, i loro desideri…o non li avevano espressi correttamente…

Stava vaneggiando…o forse no…dopotutto era la mancanza di chiarezza che l’aveva portata dove si trovava adesso…si era sempre vergognata di esprimere ciò che sentiva per paura di non essere accettata o capita, aveva ingoiato tutto quanto e se n’era stata zitta, anche nel suo rapporto con Harry. Certo, esprimeva le sue emozioni, piangeva, rideva, era piuttosto onesta nei suoi pensieri, ma non spiegava mai i suoi desideri, le sue paure…si vergognava di dire ai suoi che non amava Harry, non l’aveva mai amato, gli aveva voluto un gran bene, ci aveva creduto, ma era stato sempre più come un fratello, solo che non se n’era mai resa conto per via della mancanza di legami di sangue…all’inizio non si era innamorata di Harry, ma del bambino sopravvissuto, dell’eroe che la gente vedeva in lui poi…Buffo che proprio lei trovasse tanto importanti le parole, lei che non era mia stata in grado di dire a nessuno come si sentisse esattamente dentro…solo a Draco aveva concesso una piccola parte di sé, raccontandogli della sua infanzia, del carillon, ma non era mai andata oltre…

…aveva preteso che capisse, che accettasse le sue azioni, senza mai dare una spiegazione, senza un vero perché…e si era rifiutata di sentire qualunque cosa lui tentasse di dirle le poche volte che ci aveva provato, anche se sapeva lo sforzo che questo richiedesse a lui…e poi lo accusava, ma sempre nella sua mente, di non averle raccontato mai nulla di lui, di non avere aperto il suo cuore, …quando lei stessa si era solo illusa di averlo fatto, eppure lui era stato in grado di capirla ugualmente, rispettare il più delle volte le sue decisioni, o almeno, quelle che ritenesse sensate, arrivando perfino ad anticipare i suoi pensieri; non l’aveva mai forzata in niente…

…e lei non aveva nemmeno mai provato a capirlo. Si era rifiutata di ascoltarlo la prima volta, quando era praticamente scappata; si era rifiutata di ascoltarlo quando aveva provato a spiegarle cos’era accaduto con Luna, quando lo aveva baciato e si era chiusa in camera; quando lui era corso da lei all’ospedale e le aveva praticamente chiesto di sposarlo. Non lo era stata a sentire quando gli aveva fatto quell’improvvisata a casa della sua famiglia; quando gli aveva chiuso la comunicazione in faccia mentre Harry, sua madre, e le sue cognate, si trovavano lì con lei, quando dopo che non si era presentato all’appuntamento gli aveva inviato il cellulare…

…e a voler ben vedere, persino oggi aveva fatto in modo che non terminasse di parlare.

Una cosa però l’aveva capita; se le persone erano infelici, se Ginny Weasley era infelice, era soltanto perché non volevano essere felici, non facevano nulla per esserlo. Forse la vita non era come l’avevano sognata, desiderata, e neppure come l’avevano voluta o programmata, ma era quella e andava accettata, vissuta. Non si trattava di accontentarsi, lasciarsi vivere, ma di sapersi accontentare…incolpare il destino, ragionare per "se", guardare gli eventi precipitati addosso, non portava a niente…giusto, sbagliato, non avevano alcun significato…ignorare se stessi, i propri sentimenti per far felici gli altri…be spesso non rendevano felici neppure le persone le quali si erano fatti tanti sforzi, sì, certo, era giusto evitare di ferire intenzionalmente le persone, ma ferire se stessi nel tentativo di preservare gli altri dal dolore, e magari nemmeno riuscirci…

…per tutto questo tempo non si era mai chiesta che cosa volesse e, adesso, si era ritrovata a non conoscere nemmeno più la risposta.

Lei non era infelice perché la vita con lei era stata ingiusta, per colpa del destino, la verità era che non aveva mai fatto nulla per essere felice. Come poteva pretendere di riuscire a rendere felice qualcuno, facendo del male a se stessa…che razza di contorto ragionamento poteva essere? Si era sempre fatta in quattro per il suo prossimo, e questo andava bene ma… "mordersi la lingua e stare zitto"?…ma come diavolo le era venuto in mente?

Perché avrebbe dovuto vergognarsi dei propri sentimenti? Di aver provato attrazione per Malfoy, di aver cresciuto suo figlio, di essere andata all suo funerale, o alla sua tomba a portare dei fiori, quando l’aveva creduto morto? Perché avrebbe dovuto vergognarsi di soffrire quando aveva pensato di non poter avere figli, della sua passione per la danza, di essersi resa conto di non amare Harry? Del fatto di essere stata violentata…

…di questo poi…sì insomma, come se fosse dipeso da lei…

…di essere incinta e voler tenere il bambino…

…di amare ancora Draco Malfoy…

Forse ora sapeva cosa doveva fare.

Ginny si era alzata dal divano e aveva raggiunto la finestra.

Sapeva esattamente cosa doveva fare.

Hyde Park quella notte era immerso nel silenzio.

Parigi adesso non sembrava più una possibilità così lontana…avrebbe detto tutto alla sua famiglia e ricominciato da capo. Aveva bisogno di quel tempo che non si era presa allora per capire; di trascorrere in tutta tranquillità i restanti mesi di gravidanza, e per il resto…e con "il resto" intendeva Draco…

- Se deve essere… -

13, luglio Londra ore 11. 06 P.M

- Damian… -

Ginny si era seduta sul bordo del letto dove il piccolo Malfoy stava dormendo tranquillo; aveva chiamato il nome del bimbo a bassa voce.

- …amore… -

Din si era mescolato nel sonno. – Ginny… - Aveva borbottato con la vocina impastata e gli occhi a mala pena aperti. - …che cosa succede? –

Si sentiva un po’ colpevole per non aver atteso il mattino. – Niente… - Gli aveva accarezzato la piccola fronte. - …amore, ti piacerebbe vedere il paese di nonna Narcissa e zia Fleur? –

Ancora con gli occhietti semichiusi per il sonno, e facendo strani suoni, Din aveva annuito col capo. – Viene anche papà? –

Ecco adesso sì che si sentiva colpevole al duecento per cento. - N-no amore, solo tu, io e Mellis… -

- …e il fratellino… -

- …e il fratellino. –

- E lo zio George? -

La maga aveva stretto le labbra regalando al bimbo un sorriso dispiaciuto. – No…- Aveva passato una mano sul suo viso dolcemente. – …sarebbe solo per qualche tempo…e poi potremo dire di venirci a trovare anche a papà… -

- Quando? -

- Be, non appena mamma avrà sistemato certe questioni… -

Il piccolo aveva scosso il capo. – Lo dite tutte le volte… -

- Lo so amore, è che… -

- Tu continuerai a sorridere se ci andiamo? -

- Sì. -

- Allora va bene. -

- Te lo prometto Din, non so come, ma questa volta andrà meglio… -

- É per il fratellino che papà non vuole venire? -

- È colpa di mamma amore, papà farebbe qualsiasi cosa per starci vicino, davvero… -

- Ma poi ci viene da noi, vero? -

- Ma certo, e… - Anche se non sarebbe stato necessario, Ginny aveva preso a sistemare il colletto del pigiama di Damian. - …poi verranno anche i nonni, spero, …gli zii, i cuginetti… -

- E tu resti sempre con me… -

- Sicuro, ehi, ma cos’è tutta questa paura?…amore, io non vado da nessuna parte… -

Din aveva abbracciato la maga.

- Tesoro…ma… - La ragazza aveva risposto all’abbraccio accarezzando in maniera rassicurante la piccola schiena del bimbo. - …su, su, è ora di fare la nanna… -

Ginny aveva rimboccato le coperte del piccolo ed era rimasta a tenergli la manina finché si era addormentato. Non si era resa conto di quanto il matrimonio con Harry fosse riuscito a metterlo in ansia…

14, luglio Londra ore 10. 14 A.M

Toc. Toc. Toc. Toc. Toc.

- Arrivo!!! -

Toc. Toc. Toc. Toc. Toc.

- Ho detto che sto arrivando! -

Ginny aveva percorso il corridoio con passo leggero e spedito, una volta raggiunta l’ingresso aveva fatto scorrere in tutta tranquillità un catenaccio dopo l’atro; quando la porta era stata aperta Fleur Delacour e Luna Lovegood erano rimaste un istante a fissare la ragazza sulla soglia dell’appartamento.

Non avevano avuto bisogno di dire nulla, perché entrambe avevano percepito immediatamente la luce insolita che sembrava circondare la giovane maga. Forse era stato per via del sorriso sincero, o per la luminosità assoluta del suo sguardo, per i capelli, ora rossi, che in leggere onde le circondavano il viso, o forse era stato il modo in cui quei semplici abiti le stavano addosso, quali che fossero le ragioni, Virginia Weasley non era mai apparsa così radiosa e bella come in quella mattina d’estate, vestita in pantaloni di lino bianchi e in una camicetta azzurra dalle maniche a tre quarti.

- Fleur… - L’espressione gaia della giovane, nel notare "chi" la cognata aveva portato con sé, era divenuta sorpresa. - Luna?! -

Ginny si era fatta da parte e con la mano aveva invitato le ragazze ad entrare; malgrado il sincero stupore per quella visita inaspettata, la maga, non aveva mostrato alcun segno d’irritazione o preoccupazione, era rimasta altrettanto cordiale e piuttosto di buon umore. – …non ti aspettavo così presto…in realtà, Luna non l’aspettavo proprio…entrate… -

Le due ragazze erano rimaste a dir poco spiazzate da quella reazione; telefonata "delle cinque" a parte s’intende. In effetti, quella mattina, Fleur era stata svegliata all’alba da una chiamata della giovane che le chiedeva d’incontrarla, era apparsa leggermente sovreccitata, aveva blaterato per mezz’ora parlando di viaggi, case, banche e prestiti, e tutto ciò che la maga bionda aveva compreso era che qualcuno sarebbe andato a Parigi e che avrebbe avuto bisogno d’aiuto per organizzare la partenza. Non aveva avuto il tempo di chiedere né delle nozze né di qualsiasi altra questione perché Ginny aveva già riattaccato; allora Fleur si era rivolta a Luna pensando che magari andando insieme dalla ragazza avrebbero capito qualcosa o, almeno, ottenuto una qualche spiegazione.

L’appartamento era zeppo di scatole e scatoloni, alcuni già sigillati e coperti da scritte come "abiti" o "fragile", altri ancora in fase d’imballaggio con cellofan e polistirolo ovunque. Luna e Fleur si erano scambiate uno sguardo eloquente, era fin troppo chiaro chi avesse intenzione di partire, ora la domanda era "volevano realmente sentire il perché?".

- Ginny…che-che succede? -

Ginny si era limitata a sbattere le ciglia, sorpresa, e a sporgere lievemente le labbra. – Come? –

Luna all’uscita della "compagna di spedizione", visto che non aveva mai considerato Fleur un’amica e niente più che una conoscente, con le mani in tasca aveva roteato gli occhi. Avrebbe potuto fare una domanda più ovvia? O forse era una domanda retorica?

Aveva osservato la ragazza al proprio fianco. Ovviamente no.

Evidentemente la moglie di Bill Weasley oltre ad aver acquisito finalmente una pronuncia inglese decente, liberandosi di quel suo marcato accento francese, non aveva fatto ulteriori progressi mentali: continuava a fare domande stupide. No, giusto, non stupide, "innocenti". Ora capiva perché lei e Ginny andassero tanto d’accordo, solitamente sembravano persone sveglie, solitamente. – Be, Sharlock, mi pare piuttosto ovvio, Biancaneve qui si sta dando alla fuga… -

Per la maga rossa il commento dell’amica era passato totalmente inosservato, si era abituata da tempo a quell’atteggiamento un po’ rude e cinico, e sapeva che non era per cattiveria che Luna si rivolgeva alle persone in quel modo…per certi versi le ricordava quasi Pancy e Draco…

- Oh. – Fleur era apparsa imbarazzata. Che sciocca…era ovvio che se Ginny avesse avuto intenzione di trasferirsi a Parigi avrebbe smantellato l’appartamento, tuttavia anche se aveva intuito immediatamente la situazione, la realtà è che non aveva voluto crederci. Sì, insomma, prima mandare a gambe all’aria il matrimonio, adesso questo…, inoltre, la parola fuga suonava così incredibilmente…non era un tantino prematuro fare armi e bagagli?

- Oh. – Le aveva fatto il verso Luna.

Anche Ginny era apparsa in difficoltà, sebbene fosse più per avere messo in crisi la cognata che per il fatto in sé; la verità era che non provava la minima vergogna per quello che stava per fare, come non riusciva a provava vergogna per aver mandato a monte le nozze, e dire che, forse, almeno per quello, un minimo d’imbarazzo sarebbe stato doveroso. Aveva sospirato mostrando un sorriso teso. – Beh…questa non era esattamente la reazione in cui avrei confidato ma…suppongo che sia naturale…no, seriamente, sono contenta che siate qui… -

Luna l’aveva guardata scetticamente.

- …sì, anche tu Luna, perché ho assoluto bisogno del vostro aiuto… -

- Ecco, Ginny, con tutto il dovuto rispetto, io non ti capisco davvero più…so di essere ripetitiva, ma prima mi dici che vuoi sposare Harry, poi il giorno della cerimonia fai davanti a tutti quell’annuncio, e stamattina quella telefonata assurda in cui dicevi di voler andare a Parigi e…io non sono sicura di aver afferrato bene in che modo ti aspetti il mio aiuto…e di banche non ci capisco niente… -

- Della serie manteniamo la calma…ottimo self-control Delacour… - La maga si era poi rivolta a Ginny. - Non per farmi gli affari tuoi, ma ho il vago sospetto che tutti si stiano aspettando una spiegazione un po’ meno riduttiva di " oggi non ci sarà alcun matrimonio"…non so se ho reso l’idea… -

- Vero. – Poi parlando a se stessa. – Vero… - La ragazza dai capelli rossi si era stretta nelle braccia. – Harry non ti ha detto nulla? – Poi scuotendo il capo. – Non importa, tanto avevo già intenzione di spiegare le cose comunque… - Ginny aveva alzato lo sguardo sulle due maghe. – Sono incinta. -

- Oh Signore… - Fleur non aveva potuto trattenersi, poi rendendosi conto di essere stata indelicata si era affrettata ad aggiungere sorridendo in difficoltà. - …cioè, io volevo dire…è una bella, una splendida notizia … -

Ginny si era lasciata scappare un suono a metà strada fra un sospiro ed una risata, distogliendo lo sguardo, ancora una volta per riflesso all’imbarazzo della cognata.

- Ma dai? – Era stata la reazione per nulla sorpresa di Luna.

- No sentite, o meglio, senti Fleur non c’è bisogno che ti sforzi di apparire… - Non le venivano le parole. - …come cerchi di apparire, so che questo, unito al matrimonio mandato all’aria, è una specie di follia…e che vi sto lanciando una bomba addosso, perciò non pretendo che capiate… -

- È-è di Harry? -

- Dieci ad uno che non è suo. -

Si stava rivelando più complicato del previsto…- In effetti…no… -

- A-allora è di-di Malfoy… -

Luna dallo sguardo allarmato dell’amica aveva iniziato a capire. – E no…che non è di Malfoy…se fosse di Malfoy… - Non si era neppure resa conto di stare parlando ad alta voce. Ma non era nemmeno così…c’era qualcosa nell’espressione di Ginny che…

…adesso era chiaro…- Tu non lo sai… -

Fleur era semplicemente sconcertata, aveva osservato la cognata ad occhi larghi implorandola silenziosamente di dire qualcosa che smentisse l’affermazione di Luna.

-H-ha ragione Luna… -

- Ginny! – Era rimasta per un secondo a bocca aperta, poi si era scossa. – No, è-è ok, sono sicura che c’è un’ottima spiegazione…io ti conosco, tutti noi ti conosciamo tu non… -

- Forse non la conoscete abbastanza poi. – Aveva suggerito l’altra maga. Fleur gli aveva scoccato un’occhiata di disappunto.

- No, non mi hai capito, forse non mi sono spiegata bene…intendevo semplicemente dire che ci sono alcune cose di cui tu e gli altri è probabile che non siate a conoscenza…dico bene Ginny? –

La giovane aveva annuito in risposta. – Quando vi ho detto che ero ad una conferenza a Parigi non sono stata completamente onesta… -

Gli occhi della maga bionda erano cresciuti maggiormente in larghezza.

Luna era sbottata. - Buon Merlino Ginny! Vuoi essere più chiara con lei, o penserà che hai avuto un’avventura romantica o qualcosa di simile! –

- Scusa…Luna ha ragione, non si tratta di niente di simile puoi tranquillizzarti…anche se non credo che dopo quanto sentirai…comunque…non sono stata onesta per niente, non ero a Parigi ma qui…esattamente il diciotto giugno, all’incirca un mese fa, mentre mi stavo dirigendo al S. Mungo, sono stata aggredita…di nuovo… -

- C-con aggredita intendi dire… -

- Sì. -

Fleur Delacour si sarebbe aspettata tutto ma niente di simile.

Lei non n’aveva avuto idea…

Ora il comportamento di Ginny aveva maledettamente senso, o almeno, si spiegava. Non poteva credere che la cognata si fosse tenuta dentro per tanto tempo una cosa del genere…

Solo una cosa non capiva… - Di nuovo? -

- La prima volta…ma adesso non c’entra niente… -

- Cosa…? -

Luna era intervenuta. - Hai detto che volevi spiegare le cose, forse dovresti farlo dall’inizio alla fine non credi? –

- Il furto all’appartamento non è stato un semplice furto; quella è stata la prima volta, la seconda…in quel dannato vicolo, e la terza… -

- Terza?! -

Ginny non aveva prestato ascolto. - …avrebbe potuto essere due giorni fa, se Draco non fosse intervenuto… -

Era inorridita. - Mio Dio… -

Luna aveva ascoltato in silenzio per tutto il tempo, conosceva la storia nei minimi dettagli.

- …e il bambino? -

La ragazza dai capelli rossi aveva scosso il capo, non aveva capito cosa volesse sapere l’amica.

- È di… -

- Non lo so. -

- Ma come… -

Luna Lovegood non era per il sentimentalismo ma avrebbe schiaffeggiato volentieri la bocca della maga, non lo capiva che con la sua sconsiderata curiosità e indiscrezione stava unicamente tormentando l’amica? Che fosse per ingenuità o per spensieratezza questo non poteva giustificare lo strazio al quale era sottoposta Ginny, e Merlino solo poteva sapere come sarebbero andate le cose se avesse dovuto ripetere ogni cosa ad Harry, Hermione, e ad altri sette componenti della sua famiglia…i dettagli si sarebbero sprecati…

- Per favore Fleur… - L’aveva supplicata la cognata. - …lui nemmeno lo sa… -

Chissà perché neanche questo era riuscito a sorprendere la maga dai capelli corti.

- Ma Ginny non puoi… - Aveva insistito Fleur. Ginny l’aveva interrotta. – Ascolta…è inutile che io adesso ti stia qui a spiegare il perché e il percome delle cose, perché non servirebbe a cambiare la situazione…io non posso sapere chi è il padre di questo bambino e, sì, voglio tenerlo…Draco non si ricorda neppure di quella notte passata insieme e io non voglio illuderlo, non voglio illudermi…se poi risultasse che il bambino è suo…ma io non voglio nemmeno pensarci adesso o rischierei d’impazzire, se così dovesse essere e se lui ci volesse ancora…ma se così non fosse io non voglio aver creato delle false speranze, perché ti assicuro che per la prima volta da tanto tempo mi sento bene, sul serio, ma se dovessi affrontare ora una simile questione so già come andrebbe a finire…mi deprimerei e finirei per commettere qualche altra sciocchezza…ed è un lusso che nel mio stato non mi posso permettere. Non voglio rischiare di perdere il mio bambino Fleur, nessuno dei due… -

- E io ti assicuro che questo non accadrà, ci hai chiamato per questo no? - Aveva detto Luna in tono casuale ma deciso.

- Ho bisogno del vostro aiuto. -

Fleur era stata zitta, troppo turbata e commossa per parlare.

- Mi hanno offerto una borsa di studio di tre anni a Parigi. -

- E qui abbiamo due esperte di Parigi giusto? -

- Pensavo di comprare una casa… -

- E così si spiegano mutuo e banche… -

Finalmente la maga bionda, dopo aver tirato su col naso, era intervenuta. – Allora? Che cosa stiamo aspettando? –

Papà, mamma,

sarei voluta arrivare al giorno in cui finalmente fossi riuscita ad aprirvi il mio cuore continuando ad essere da voi considerata come la vostra adorata bambina, ma mi rendo conto che per questo è tardi; i rapporti che vengono ad essere logorati col tempo non possono essere ricostruiti dalla sera al mattino, e come basta un soffio per perdere la fiducia di qualcuno, una vita non può bastare per ricostruire ciò che è andato distrutto.

Pensavo che quando il momento sarebbe arrivato io sarei stata lì con voi, e non a mille miglia di distanza, ma un’amica mi ha fatto capire che si sarebbe trattato di un errore; le parole che sarebbero uscite dalle mie labbra, per scrupolo o per paura, non sarebbero state quelle che ora scaturiscono dalla mia penna ma altre forse più semplici per me da pronunciare e per voi d’accettare.

C’è un’altra ragione ad avermi spinto ad affidare i miei pensieri a questa missiva; non avrei potuto sopportare lo sguardo di delusione, o ancor peggio di biasimo, nei vostri occhi.

Ho immaginato milioni e milioni di volte lo svolgersi della scena nella mia testa; frasi, gesti, espressioni. La mia sciocca e ingenua visione si sarebbe conclusa con lacrime e abbracci, in tutta onestà, adesso quell’immagine mi appare lontana. Non sono pronta a rovinare anche i ricordi, e se oggi fossi stata con voi, a confrontarmi con le domande, la rabbia, e il dolore, il mio e il vostro, temo che della nostra famiglia non sarebbe rimasto più nulla.

Andandomene vi voglio fare un dono prezioso. Il tempo. Per pensare, riflettere, magari perdonare. Io l’ho già fatto; ho perdonato me stessa per gli errori, gli sbagli, e i silenzi, e ho perdonato voi per non aver mai cercato di capire che cosa questi nascondessero, cosa celasse ogni sorriso.

Ero soltanto una bambina quando inconsciamente ho smesso di credere in quei sogni tipici dell’infanzia e ho iniziato a costruirne di miei propri; utilizzando un metro che più si adattasse a quelle che erano le mie possibilità, le vostre aspettative, le nostre disponibilità.

Mi avete sempre considerata il vostro gioiello più prezioso, l’unica figlia femmina, e io ammetto di essermi crogiolata a lungo in questo; essere considerata la piccolina di casa, quella che andava protetta, coccolata…è sciocco, ma a volte questo lato infantile di me emerge ancora adesso. Volevo rendervi orgogliosi…

Ricordo come fosse ieri l’ultima volta che sono entrata a confidarmi al sicuro della tua stanza mamma…la sera prima di andare ad Hogwarts. L’ansia, l’emozione, la paura…e poi quella sorta di serenità quando mi chiusi la tua porta alle spalle…

…non potevi sapere che solo alcuni istanti dopo, nel buio della mia cameretta, avrei aperto per la prima volta le pagine di quel diario che molti credono, a torto, abbia cambiato il corso della mia vita.

È un’altra storia, ed è vera solo in parte.

Non te l’ho mai detto…allora ti ho mentito, forse per la prima volta, non so perché; non ho mai pensato che qualcuno avesse lasciato il diario nelle pagine del mio libro e se lo fosse scordato, io credevo che fosse un tuo regalo mamma…ma allora mi sono sentita così umiliata…impaurita…quelle parole sono uscite da sole…forse il diario di Tom Riddle non mi ha cambiato la vita, ma ha cambiato il mio rapporto con voi due. Invece di raccontarvi sempre tutto, come sarebbe stato logico dopo una simile esperienza, ho fatto l’esatto opposto…dalle mie labbra è sempre uscito solo quello che credevo voleste sentire, arrivando fino a convincere me stessa che si trasse della verità.

Ero solo una bambina, mamma, quando mi prese quella cotta per il bambino sopravvissuto, per l’eroe che aveva portato alla caduta di Voldemort, sì, avete capito bene, Vodemort. Non ho paura di pronunciarlo, di scriverlo; io l’ho visto, ho visto com’era da ragazzo, ho parlato con lui, e crescendo mi sono resa conto che si era trattato unicamente di un impostore, un crudele buffone, prodotto dei sogni contorti e delle frustrazioni di un piccolo patetico bambino emarginato…

Io ho amato Harry Potter, ma non nel modo in cui avrei voluto; in cui tu, papà, e Ron, avreste voluto…l’ho amato come ciò che era rimasto di un sogno, come un fratello, come un amico…

…mai come amante.

È difficile per me parlare di queste cose con voi, con i miei genitori; voi mi avete insegnato l’affetto, il calore, e per un po’ ho creduto che questo potesse bastare.

Non basta.

Non sono impazzita, non mi sto per mettere a parlare di sesso, ambascia, lussuria; no. Penso che, mio malgrado, voi mi conosciate abbastanza da sapere che non sono così. Non inizierò a parlare di passione, desiderio, trasporto…parlo d’amare; amare talmente che la lontananza diventa un dolore fisico, che il solo guardarsi negli occhi faccia sentir morire.

Non parlo di sogni, fantasie, ciò che dico è reale. Io l’ho provato, e lo provo anche adesso; soltanto non per la persona che voi vorreste, ma forse neanche questo è vero. Ho la sensazione che non possiate capire quello che sto dicendo, perché per voi è semplicemente inconcepibile che la figlia che avete cresciuto possa sentire certe cose.

Virginia Weasley ama, è innamorata, di Draco Malfoy.

Da quando?

Da Hogwarts. Da sempre. Da quando voi inconsapevolmente gli avete aperto la vostra casa, io, invece, gli ho aperto il mio cuore; poi la vostra porta è rimasta chiusa, il mio cuore no. Ha aspettato che tornasse, perché in fondo sapeva che non era morto. Ho cresciuto suo figlio, nostro figlio.

Se io sono qui oggi, se posso scrivervi, pensarvi, è per merito suo; perché mi ha salvato in un milione di modi, del primo, del resto, n’è stata data anche voi la prova. Il giorno dei diplomi, sei anni fa’; quando Hogwarts è crollata, ed il mondo è sembrato esplodere, è stato lui a trascinarmi via, lo so. Adesso lo so.

Non so cosa ne sarà di noi, non voglio pensarci; non saprei spiegare, e voi non capireste.

Aspetto un figlio mamma. Un figlio che vorrei con tutto il cuore fosse suo, ma la verità è che non oso neppure sperarci.

No, non è di Harry.

I miei sentimenti non sono l’unica cosa su cui ho mentito, ma quando sentirete il seguito qualcosa mi fa pensare che con quanto resta del mio racconto sarete indulgenti.

Scusate, se in nome dell’onestà, mi vedo costretta a farvi del male di nuovo.

Sono stata violentata da Riley Chase. Due volte. Sarebbero potute essere molte di più. La prima, quando hanno ripulito il mio appartamento, poco dopo l’udienza al Ministero; la seconda, quando non mi sono presentata il giorno dopo a prendere Damian. Come vedete non ero a Parigi. La terza e ultima non c’è mai stata, la sera prima delle mie nozze, ironia, proprio per merito dell’uomo che voi tutti odiate.

Ora Chase è ad Azkaban e io di notte ho gli incubi.

Resta un solo interrogativo, e io ho finito le parole.

Un mese fa mi è stato offerto un impiego all’estero. Oggi l’ho accettato.

Non vi sto dicendo addio, ma arrivederci; ad un altro momento, a quando saremo pronti

Vi chiedo solo un favore, fate leggere questa lettera a Ron e agli altri.

Vi voglio bene.

Per sempre vostra (ma non solo),

Ginny

16, luglio Palazzo Malfoy ore 06. 16 P. M

"È vero?"

" Ti stai offrendo di sposarmi?"

"…"

"No, lo immaginavo…"

"Lo terrai?"

"Perché sono incinta…"

"…sono incinta…"

Trummmm…

Il giovane aveva premuto contemporaneamente tutte e dieci le dita sulla tastiera del pianoforte, la musica nella stanza si era bruscamente interrotta con quel suono grottesco. Sollevandosi di scatto dallo sgabello, in un movimento rapido aveva afferrato il bicchiere di scotch dal profilo superiore dello strumento, e si era diretto sulla terrazza; in quel processo il liquido ambrato contenuto nel vetro era ondeggiato pericolosamente.

Draco, una volta all’esterno, si era appoggiato al parapetto. Si trovava nella stanza che era appartenuta a Ginny.

"È di Chase, vero…?"

Il figlio di Riley Chase.

Il mago aveva alzato il bicchiere in aria. – Congratulazioni figlio di puttana. –

Aveva preso un sorso.

"Lo terrai?"

"…non ce la puoi fare da sola…"

"Ti stai offrendo di sposarmi?"

"…"

"No, lo immaginavo…"

Se fosse servito probabilmente lo avrebbe anche fatto, se fosse servito; ma non ce n’era stato bisogno dopotutto.

"…cerca di capire…"

"Guarda che non devi mica giustificarti."

"E sia."

"… sai che sarei disposto…"

Era stato meglio così, probabilmente l’avrebbe delusa.

"…non ce la puoi fare da sola…"

"Ti stai offrendo di sposarmi?"

"Ti stai offrendo di sposarmi?"

No.

Non poteva…

…avrebbe voluto dirle che si sbagliava, ma quando la guardava…

Non poteva…

Non era così che sarebbero dovute andare le cose, non era quello che…

…il figlio di quel verme…

Avrebbe voluto mettere da parte la rabbia, quel senso di disappunto, di essere stato preso in giro…non era colpa sua, era legittimo che volesse tenerlo, solo che lui non capiva, era più forte di lui; se lei avesse detto di sì, forse l’avrebbe anche sposata, ma non sarebbe stato lo stesso, niente avrebbe potuto più esserlo, perché se anche lo avesse fatto, non l’avrebbe inteso veramente…

…e Ginny non glielo avrebbe mai perdonato; probabilmente neanche lui stesso ci sarebbe riuscito…ma se sarebbe dovuto essere quello il prezzo da pagare per averla, nonostante fosse ingiusto, l’avrebbe fatto comunque, avrebbe anche sopportato quello per lei…

Non glielo aveva permesso. Se avesse voluto essere completamente onesto con se stesso, avrebbe ammesso che da un lato era stato un sollievo; l’aveva sollevato da ogni responsabilità, placando il suo senso di colpa, ma non dalla rabbia. Parte di lui ce l’aveva con lei, la incolpava. Era irrazionale, ma non avendo mai creduto nel destino, e con Chase fuori della scena, restava soltanto lei cui attribuire il proprio senso d’impotenza.

Toc. Toc.

- Signore? -

Garrison era entrato nella stanza e Malfoy si era voltato ad affrontarlo.

- Mi stavo domandando che cosa avrei dovuto fare con gli indumenti della Signorina Weasley. – L’uomo teneva fra le braccia la vestaglia di Ginny, strappata e coperta da alcune macchie di sangue, della biancheria scura, e la sottoveste che probabilmente la ragazza doveva avervi indossato sopra quella sera. - Se vuole posso farla lavare e recapitare direttamente alla sua abitazione, o riporla nell’armadio, se la Signorina avesse intenzione di tornare a trovarci. -

Draco aveva osservato il maggiordomo con uno sguardo strano.

- Signore? -

- No. -

- Signore? -

- Lasci tutto com’è, me n’occupo io. -

Garrison aveva fatto un cenno col capo e, posando gli indumenti sulle lenzuola, si era accomiatato. - Signore. –

Non appena l’uomo aveva lasciato la stanza, Draco aveva preso fra le mani la vestaglia di seta e, prima di inalarne il profumo, l’aveva fissata un istante. Sapeva di lei. Sapeva di fiori freschi, sangue e…sapeva anche di Chase. Stringendo dolorosamente il tessuto, in un gesto rabbioso, il giovane aveva fatto per strapparlo, invece l’aveva lanciato rudemente assieme agli altri indumenti.

La Signora Malfoy all’esterno della stanza si era imbattuta in Garrison.

- Signora. -

- Garrison. Mio figlio si trova ancora là dentro, non è vero? -

- Sì, Signora. -

- Lo immaginavo. Grazie, Garrison. -

- Signora. -

La donna, senza rivolgere un ulteriore sguardo al proprio dipendente, era entrata nella stanza e aveva raggiunto il figlio sulla terrazza. I cani stavano scorrazzando in giardino.

- Allora sei qui. -

Draco non si era aspettato l’arrivo di qualcuno alle proprie spalle, e un po’ per la tensione, un po’ per il tremore delle mani dovuto all’alcol, aveva lasciato precipitare il bicchiere. Il vetro, cadendo oltre il parapetto, si era infranto al suolo con uno schianto. I cani avevano iniziato ad abbaiare e guaire.

- Cristo Santo! -

- Una fine davvero ingloriosa. – Aveva affermato la donna con la solita cadenza indifferente.

- Voglio sperare che tu stia parlando del bicchiere. -

- Tu che ne dici? Adoravo quel cristallo. -

- Sta tranquilla te ne comprerò di nuovi. -

- No, non sarà necessario, ho sopportato delusioni peggiori nella mia vita che un vetro rotto. -

- Che cosa sei venuta a fare qui eh? -

- Sono impressionata dalla tua sfacciataggine, giacché, se la memoria non m’inganna, la metà di questa proprietà appartiene ancora a me. -

- Sai perfettamente quello che intendevo, mamma. – Aveva ribattuto gelidamente il giovane, prima di tornare ad affacciarsi nuovamente dalla balconata.

- Malgrado quello che hai sempre pensato, Draco, i problemi che affliggono la tua vita non mi concernono, perciò gradirei almeno un minimo di quel doveroso rispetto che salvi almeno le apparenze.-

- Ci siamo solo noi qua fuori. -

- Quanto basta. -

- Sei incredibile… -

- Sai, non credo di comprendere il tuo punto di vista, da quanto mi pare di apprendere Virginia non si è sposata. Non era questo ciò che volevi? -

- Sembra che da quando mio padre è morto, il tuo passatempo preferito sia quello di tormentarmi. -

- Affatto, benché tu non lo creda preferisco dilettarmi differentemente durante la giornata; gradirei che cancellassi dalla tua mente l’idea che la tua vita abbia tutta quest’influenza sulla mia. Non hai più cinque anni Draco, anche se non impeccabilmente il mio dovere nei tuoi confronti l’ho già assolto, è un’illusione quella che i genitori siano responsabili dei figli per tutto il tempo che è dato loro di trascorrere su questo mondo. -

- Sì, tu sei corsa a lavartene le mani non appena ho compiuto diciassette anni, vergogna, non hai neppure atteso che tuo figlio raggiungesse la maggiore età. -

- Ho atteso ben sette anni che tu me lo rinfacciassi. -

- Ebbene, sentiamo, cos’hai da dire in proposito? -

- Caro, se tu ti aspetti realmente che io giustifichi il mio comportamento con te devo aver realmente sbagliato qualcosa nel modo in cui ti ho educato. -

- Ma certo…figuriamoci… -

- Non è a me che è rivolto il tuo rancore, frattanto ti suggerirei di tenere gli occhi sulla pluffa, inoltre, tieni presente che la mia morte avrebbe dato ben poca utilità alla tua vita. –

- Davvero un nobile pensiero mamma… -

- Io questo non l’ho detto. -

- Vuoi sapere davvero cosa c’è? E va bene, è incinta. - Il giovane glielo aveva spiattellato in faccia.

- Questo indubbiamente spiega molte cose. -

- Sii? Bene, sono felice che adesso il quadro ti sia finalmente chiaro. – Il tono sarcastico della voce non aveva avuto alcun impatto sulla Signora Malfoy, come del resto non lo aveva avuto quella rivelazione.

- Davvero ammirevole, personalmente mi è incomprensibile, ma senza dubbio ammirevole. -

- E cosa esattamente ti è incomprensibile? -

- È molto semplice, avrebbe potuto avere uno qualsiasi di voi due come padre per il suo bambino, tutto quello che avrebbe dovuto fare sarebbe stato restare in silenzio, invece, ha scelto la soluzione per lei più sconveniente: ha detto la verità. Personalmente io avrei optato per il silenzio. -

- Ed è esattamente per questo, cara mamma, che ho scelto lei e non una come te. -

- Ah, davvero? Strano…perché ho come avuto l’impressione che tu ti fossi affrettato a comportarti esattamente come avrei fatto io, come un Malfoy. Tu ora sei qui, lei dov’è? -

- Vedi, è qui che ti sbagli…io le ho offerto il mio aiuto, è stata lei a non averlo accettato. -

- Sì, vedo che per questo ti stai struggendo dal dolore… -

- Che cosa vorresti insinuare, che è colpa mia? -

- No, affatto, non c’è n’è alcun bisogno, perché ho come l’impressione che tu ti senta già sufficientemente colpevole. Io non ti sto giudicando, ti stai giudicando da solo. Personalmente non sposerei mai una donna che aspetta un figlio da un altro uomo, ma nemmeno crescerei il figlio partorito da un’altra donna, e soprattutto, non avrei la sfacciataggine e la presunzione di affermare che "ho offerto il mio aiuto", quando è disgustosamente palese la riluttanza con cui ti sei accinto a farlo…ma ti prego continua…com’è che le hai esattamente offerto il tuo aiuto? Ti sei premurato di mandarle un assegno? -

- Ehi! Io ci ho provato, va bene? Le ho detto che ero disposto a farlo, che se per averla avessi dovuto accettare il figlio di… -

- Una gentile concessione senza ombra di dubbio. Se non mi sono ingannata, l’entusiasmo con cui ti sei prestato a farti avanti deve averla certamente colpita. Una dichiarazione che ogni donna anela sentire dalle labbra dell’uomo di cui è innamorata… -

- Ah, certo, avrei dovuto dimostrare meglio il mio entusiasmo per il fatto che la donna per la quale sono passato attraverso ad un inferno aspetta un bastardo, figlio dell’uomo che l’ha stuprata! -

- E ancora ti stupisci che abbia declinato la tua offerta? Temo che sia stata fin comprensiva, perché se avesse intuito anche e solo lontanamente quali che sono i tuoi pensieri, ho idea che alla sola ipotesi che tu un giorno potessi avvicinarti a suo figlio ti avrebbe riso in faccia. Ho come la sgradevole l’impressione che il vero problema qui sia un altro, se non altro abbi la decenza di non insultare oltre la mia intelligenza e quella della Signorina Weasley… -

- Ma di che parli… -

- Perché non ammetti semplicemente che la vera questione qui è che le cose non sono andate nel modo in cui tu volevi, e sì, davvero una spiacevole complicazione che lei aspetti un figlio da un altro uomo…Draco la cosa t’infastidisce vero? Questo rovina i tuoi piani, ma non ti sei soffermato nemmeno un istante a pensare che forse questo abbia rovinato anche i suoi…lei adesso è completamente sola, tu sei arrabbiato, irritato, ce l’hai col mondo e con lei, non capisci perché si sia decisa a tenere il bambino ed è come un tarlo che ti corrode la testa…ma in fin dei conti per te la cosa si conclude qui. Lei deve crescerlo quel bambino, e malgrado tu non mi giudichi un’esperta, posso affermare con certezza che lei voglia farlo con amore…deve amare la creatura di un uomo che le ha fatto del male...Draco Malfoy, quella donna a cresciuto tuo figlio, il figlio che hai avuto con un’altra, perciò, visto che non sono un’illusa e nelle favole non ho mai creduto, sei liberissimo di lavartene le mani e avrai ancora la mia benedizione, ma per favore non agire come se fossi tu la vittima inconsapevole del destino crudele, perché è un po’ démodé e non si addice a questa famiglia, della quale per tua sfortuna fai ancora parte. -

- Hai finito? -

Il giovane si era allontanato sbattendo la porta.

16, luglio Palazzo Malfoy ore 06. 45 P. M

Draco si era chiuso nella propria stanza.

Quella donna non sapeva assolutamente niente…

Aveva tutto il diritto di essere arrabbiato.

Certo, come no…

Idiota. Idiota. Idiota. Grandissimo pezzo d’idiota.

" Va bene, se per averti devo accettare il figlio di Riley Chase…"

Avrebbe potuto dirlo in un altro milione di modi, avrebbe dovuto usare un altro tra quei milioni di modi…

…era indispettito, irritato, e non aveva cercato di nascondere minimamente il proprio scarso entusiasmo. Voleva lei, ed era stato chiaro, ma non si era sforzato troppo di non mostrare quanto disprezzasse l’idea di quel bambino.

Si era sempre ripetuto che l’avrebbe voluta comunque, sfigurata, zoppa, con una gamba di legno, persino se fosse stata con mille uomini diversi…

Bella prova Malfoy.

Lei aveva cresciuto suo figlio come se fosse stato il loro, e quella era stata tutta la comprensione che era stato in grado di riservarle. Era vero, odiava Riley Chase, niente avrebbe cambiato le cose, impazziva all’idea che quello che lei aspettasse non fosse un figlio loro, ma questo non aveva niente a che vedere con quello che provava per lei; col fatto che lui volesse stare con lei. Ed era vero, se per averla avesse dovuto crescere quel bambino, lo avrebbe fatto, perché era lei, perché lo voleva lei.

Era un bambino, solo un bambino, non era responsabile per gli errori dei suoi genitori, come Damian non era stato responsabile per i suoi errori. Lui stesso era figlio di Lucius Malfoy, un Malfoy, ma aveva sempre disprezzato il proprio padre…

Ovviamente sarebbe stato difficile, ma se per una cosa simile avesse mandato tutto in malora…

…lui aveva fatto il diavolo a quattro per averla, le aveva incasinato vita, l’aveva rivoltata contro la sua famiglia e, quando finalmente era stato ad un passo dalla meta, le aveva voltato le spalle. Non l’aveva più voluta.

Toc. Toc.

- Avanti. -

- Signore? -

Draco si era strofinato il viso con una mano. – Cosa c’è? –

- Nulla d’importante… -

Il giovane aveva sollevato le sopracciglia. Ma davvero…allora perché accidenti lo disturbava?

- …volevo solo riferirle che questa mattina, quando le cameriere hanno pulito la stanza, hanno rinvenuto un oggetto dietro al letto. –

- Ah, sì? - Come se al momento gli importasse davvero qualcosa… - Di che si tratta? -

Il maggiordomo aveva estratto dalla tasca una catenina dorata, il fermaglio era rotto. - Immagino che non sia sua, Signore. –

- No, infatti. -

- Allora posso suggerire che magari appartenga alla Signorina Weasley? – Vi era stata una strana implicazione nelle parole dell’uomo.

Draco aveva sorriso come a voler dire "ma davvero…tu pensi questo…" - A Ginny? – Il mago aveva allungato una mano. – Può suggerire quello che vuole, dal momento che mi pare l’abbia già fatto. – Aveva osservato l’oggetto. – Non credo, non aveva indosso nulla di simile l’altra sera… -

Garrison si era schiarito la voce. – Signore, sono quasi sicuro che l’avesse indosso per quasi tutto il tempo durante il suo soggiorno qui. –

- Va bene…allora è probabile che sia sua… - Aveva aggiunto spazientito.

- Posso andare, Signore? -

- Sì. -

Quando l’uomo era uscito, Malfoy aveva osservato meglio l’oggetto. Era vero, apparteneva a Ginny, l’aveva avuto indosso quel giorno alla Tana…ed anche in seguito…

Il fermaglio era rotto.

Strano che si trovasse lì, erano state veramente poche le volte in cui lei era entrata nella sua stanza.

Be l’avrebbe restituita non appena fosse andato a parlarle…

Davvero curioso che le cameriere l’avessero trovata adesso, questo a dimostrazione di quanto spesso pulissero dietro al letto…però non spiegava come fosse finita lì. Dubitava seriamente che durante la sua permanenza nell’abitazione, la ragazza, si fosse intrufolata nella stanza.

Mah…

Magari aveva preso un abbaglio e non era neppure sua…ma, no, impossibile, l’avrebbe riconosciuta ovunque, quel tipo di chiusura non veniva nemmeno più fabbricata, era troppo cedevole…

Il ragazzo aveva spalancato gli occhi in realizzazione.

Nooo…

…non era possibile…

…la sua mente iniziava a giocargli brutti scherzi…

E se invece…

…no, era semplicemente assurdo, doveva essere proprio malato se andava a pensare una cosa simile…

Un conto era l’immaginazione, un conto…

…con una ferita del genere poi…Ginny non avrebbe mai…

Ginny forse no, ma lui…

Era patetico che fosse arrivato a credere una cosa simile…eppure la collana era lì.

Aveva la febbre, stava delirando, e quelle allucinazioni erano apparse così reali ma…

…la collana era lì.

Ricordava perfettamente di aver sentito il suo profumo addosso, il mattino seguente, d’altronde aveva passato la notte vicino a lui, però, in effetti, così tanto era stato strano…allora non vi aveva fatto caso…

Sì, poteva aver chiesto che restasse, anzi, sicuramente lo aveva fatto considerato lo stato confusionale in cui si trovava; Merlino gliel’avrebbe chiesto anche se fosse stato nel pieno delle proprie forze, se l’avesse avuta così vicina…

Avevano fatto l’amore, quella notte avevano fatto l’amore e lui aveva creduto si fosse trattato di un sogno…

Questo voleva dire che forse…

Quand’era stato? Tre giorni prima dell’aggressione…

Poteva essere suo. Il bambino poteva essere suo…no, correzione, era suo. Era suo e basta, punto. Non voleva saperlo, lo sapeva, qualunque cosa sarebbe stata in seguito non gli importava.

Il mago aveva spalancato gli occhi.

Cristo santo, che cosa stava facendo ancora lì?!

16, luglio Londra ore 07. 55 P. M

Draco si era precipitato fuori della propria stanza come un pazzo, era sceso dalle scale saltando i gradini a due, ignorando completamente i domestici, sua madre, e chiunque si fosse trovato in mezzo alla sua strada. Non poteva aspettare un secondo di più doveva vederla, parlarle.

Suo figlio…

Era stato coi capelli scompigliati, il respiro affannato, e gli abiti sgualciti, che era arrivato davanti alla sua porta. Cristo, puzzava ancora persino d’alcol…

La scena che si era trovato davanti non era stata però quella che si era aspettato. Fleur stava uscendo dall’appartamento, teneva fra le mani il sacchetto dell’immondizia; la maga lo aveva osservato sorpresa, ed era stata con una strana calma che aveva chiuso la porta alle proprie spalle. – È partita. –

- Cosa?! -

- Se n’è andata questa mattina. -

- Andata dove?! -

- Mi spiace Malfoy, le ho dato la mia parola. -

No..

Non era possibile…

Non di nuovo…

– Dannazione! – Il giovane, imprecando, aveva fatto un gesto con la mano; poi si era portato la medesima alla fronte.

Fleur, scossa da quella reazione, era rimasta immobile.

Il giovane, con violenza, aveva iniziato a prendere a calci il cestino di metallo adagiato contro alla parete.

La maga era impallidita, le caratteristiche del volto del ragazzo si erano deformate per la rabbia, n’aveva avuto quasi paura.

Draco aveva afferrato la giovane per le spalle. – Ascolta Delcour… -

- Malfoy lasciami andare immediatamente o chiamo qualcuno. -

Il ragazzo aveva levato le mani di dosso alla maga, tenendole sollevate in aria come se non avesse avuto realmente intenzione di toccarla. – Scusami…senti, ho bisogno di parlare con lei… -

Fleur aveva risposto duramente. - Perché? -

- Come? -

- Perché? Non credi di avere già fatto abbastanza? -

Era incredulo. –Prego? –

- Hai capito perfettamente. -

- È vero, ma non credo che questi siano affari che ti riguardano. -

- Be, è vero, ma riguardano Ginny… -

- Per l’appunto, tu non sei Ginny. -

La ragazza aveva fatto per andarsene. – Mi dispiace, non posso esserti d’aiuto. –

- Aspetta. - Malfoy l’aveva bloccata per un polso ma l’aveva rilasciata subito.

Fleur aveva scosso il capo. – Se le tue intenzioni sono buone dalle del tempo. –

- Che cosa?! Perché dovrei fare una cosa simile? -

- Perché n’avete bisogno entrambi, perché finalmente lei sta bene, perché sai che è la cosa giusta, e perché non l’hai fatto la prima volta. -

- Aspetta…ora ho capito, sei stata tu a darle quel fantastico consiglio allora, fammi indovinare Delacour anche questa è opera tua… -

- No, ha deciso da sola, perché per quanto ti sembra impossibile ha una testa che funziona autonomamente. -

- Questo lo so…si può sapere a cosa è dovuta tutta quest’ostilità? -

- Perché ho visto com’era, ho visto com’è diventata, e ho visto com’è adesso. Ora scusami… -

Draco aveva fatto segno con le mani di lasciar stare e se n’era andato, non avrebbe potuto sapere che, non appena avesse girato l’angolo, la porta dell’appartamento si sarebbe aperta di nuovo.

Ginny era uscita in corridoio. - Fleur che cosa sta succedendo qua fuori? -

La maga aveva sorriso. – Niente, adesso va a finire di prepararti. –

- Va bene… -

Dicembre, 2011 Parigi, 33, rue Saint-Louis en l'Ile

- Gabrielle sono tornata! -

Ginny aveva posato al pavimento le buste colorate dei vari acquisti e richiuso l’uscio alle proprie spalle, la ragazza si era poi sfilata il soprabito di camoscio verde, scrollandosi così la neve di dosso, e lo aveva appeso all’attaccapanni; aveva tolto i guanti aiutandosi con i denti, e li aveva posati assieme alle chiavi sul mobiletto accanto all’ingresso. L’anello di Draco era scintillato all’anulare della mano sinistra.

Non appena aveva infilato la punta del naso dentro casa, aveva provato quella piacevolissima sensazione data dall’entrare in un ambiente riscaldato dopo che si è trascorso lungo tempo a zonzo per le strade ghiacciate; era stata avvolta da un leggero tepore che si era propagato al suo viso, arrossato per il freddo, accentuandone la colorazione, e in tutto il corpo.

Aveva sempre adorato il natale.

La maga si era sfilata la sciarpa azzurra lasciando che congiungesse il proprio cappotto e aveva ravvivato con una mano i capelli. Erano una confusione d’onde appiattite e appiccicate fra loro dalla neve; quel clima era un vero disastro per qualsiasi tipo d’acconciatura, e adesso che avevano iniziato a ricrescerle, era anche peggio.

La ragazza si era diretta tranquillamente in soggiorno, Gabrielle stava scendendo proprio in quel momento dalle scale; già dai primi giorni trascorsi nella nuova città aveva scoperto di possedere una strana placida calma rispetto al futuro e agli eventi che si era trovata ad affrontare durante le sue giornate, non era minimamente spaventata da quello che sarebbe stato l’avvenire o dai problemi che avrebbe potuto incontrare. La gravidanza le aveva regalato una strana forza e determinazione, nonché una certa esuberanza, come se fosse stata in grado di fare qualunque cosa, in effetti, non era proprio così, e a causa di questo aveva finito con mettere in agitazione un po’ tutti quanti, colleghi, vicini di casa, amici, conoscenti, perfino la cassiera del supermercato…

Non poteva farci nulla; era rilassata e distesa a livello fisico e spirituale, eppure, si sentiva su di giri e piena d’energie, elettrizzata ed eccitata a livello mentale.

- Ginny… -

Gabrielle Delacour si era fermata a metà delle scale con le mani posate sui fianchi, ed aveva osservato la cognata di sua sorella come una bambina con la quale non si sa più cosa si deve fare. Sembrava una mamma che si apprestava a sgridare il proprio figlioletto, anzi no, sembrava se stessa quando si sforzava di apparire seria e rimproverare Damian.

Ginny aveva sorriso alla Malfoy. – Ciao. –

Era incredibile, la sorellina di Fleur aveva soltanto diciotto anni, eppure spesso si comportava come se fra loro due l’adulta fosse lei. Gabrielle Delacour era una ragazza ben messa, il cui viso, a differenza della costituzione, era molto somigliante a quello della sorella; portava i capelli biondi e mossi tagliati appena sotto le spalle, e un leggero filo di trucco sugli occhi e sulle labbra. Non era molto alta, Ginny che non era proprio una top model la superava di parecchi centimetri.

Gabrielle era un piccolo genio. Si era diplomata a Beauxbatons a soli sedici anni e adesso stava per laurearsi in scienze Babbane applicate alla magia, voleva diventare alchimista; aveva iniziato a lavorare da lei come baby-sitter a tempo perso e si era immediatamente affezionata a Damian, in pratica era diventata una specie di domestica, governate, dama di compagnia, e amica, tutto in uno. Diceva che occuparsi di Din e d’alcuni lavoretti manuali serviva a distrarle la mente, in realtà, la maga dai capelli rossi aveva sempre avuto il sospetto che la ragazza mal sopportasse il suo status di "persona dotata" e che desiderasse essere come tutte le altre sue coetanee.

- Ha telefonato il Medimago Sauver, voleva sapere se ti stavi riposando… -

- E tu cosa gli hai risposto? -

- Che al momento non eri nelle condizioni di rispondere al telefono…questo le prime sei volte, poi sono stata costretta a dirgli che non avevo la più pallida idea di dove tu ti trovassi, e che era molto improbabile fossi impegnata in qualcosa che non richiedesse lo sforzo di almeno quatto persone… -

- Be, potevi dirgli che avrebbe fatto meglio ad impiegare i soldi dell’ospedale tenendomi nella sua équipe invece che costretta a casa in questa specie di vacanza forzata… -

- Ma davvero…considerando che hai la bellezza di undici mesi davanti prima di poter rimettere il naso in ospedale e questo è il tuo primo giorno di riposo avresti potuto almeno fingere di seguire le prescrizioni mediche almeno per una settimana invece di fiondarti fuori a… -

- Fare compere. -

- Già. -

- È natale… -

- Mancano ventiquattro giorni. -

- Ho fatto solo due passi… -

- E portato più pacchi di quanti un facchino in un anno! -

- Auch. -

Ginny si era portata le mani al ventre, aveva ricevuto un bel colpetto; quel giorno indossava dei pantaloni rossi piuttosto larghi e con molte tasche, ed un maglione bianco a collo alto, in alto a sinistra, dei brillantini formavano un fiocco di neve.

- Ginny che succede stai male? È il bambino? - La giovane maga era apparsa preoccupata, invece la futura mamma aveva riso leggermente.

- Sì, è il suo modo di ribellarsi, è stufo delle tue lamentele e dei tuoi rimproveri… -

- Ah, ah…veramente quelli sono rivolti a te… -

- Be, forse vuole prendere le mie difese, anche a lui non piace stare sempre fermo nello stesso posto, siamo stanchi di rimanere chiusi qua dentro… -

- Ma se da stamattina avrai trascorso in casa si e no trenta minuti… -

Ginny continuando a sorridere all’amica si era accarezzata il grembo.

Erano trascorsi quattro mesi e mezzo da quando lei e Damian avevano lasciato Londra, ma solamente adesso il ventre della ragazza aveva iniziato a diventare evidente; inizialmente n’era stata allarmata, sapeva che in alcuni casi era possibile che la pancia non fosse visibile fino ad oltre il quarto mese ma lei era già alla ventiseiesima settimana e, generalmente, le donne della sua famiglia avevano la tendenza ad esibire già dal secondo mese una leggera rotondità, tuttavia il Medimago l’aveva rassicurata: tutto era nella norma, solo che il suo piccino, o la sua piccina, dato che non aveva voluto conoscere il sesso, era davvero minuscolo. Onestamente a quella rivelazione si era sentita mancare, fin dall’inizio, e soprattutto durante i primi tempi, aveva avuto dei seri problemi, e il fatto che il bimbo fosse molto piccolo non era certo confortante, invece, contrariamente ad ogni previsione, si era rivelato essere molto forte e caparbio.

No, non erano state tutte rose e fiori, c’erano stati anche per lei dei momenti difficili, momenti nei quali era stata tentata di tornare a "casa".

L’abitazione nella quale si trovava adesso era appartenuta alla zia di Fleur, se n’era innamorata a prima vista, la donna viveva solo col marito, l’ultimo dei suoi tre figli quattro anni prima si era sposato; dall’ora aveva sempre sentito un gran vuoto dentro quella casa, già da tempo stava cercando un possibile acquirente.

Si trattava di una di quelle vecchie villette che solitamente si vedono nei film alla tv: due piani, una soffitta, una cantina, tre stanze da letto, due bagni, cucina vivibile, e soggiorno. Era un sogno.

Al di là dei problemi col prestito in banca, le formalità si erano rivelate davvero poche, visto che tutto sarebbe restato in famiglia. Ottenere il mutuo dalla Gringott, e convertire una simile somma in euro, era stato la cosa più difficile; tutto sommato, negli anni era riuscita a mettere da parte qualcosa, ed anche se la cifra si era rivelata ugualmente spaventosa l’aveva fatto lo stesso. Aveva comprato casa; era indebitata fino al collo, ma n’era valsa la pena. Il fatto di essere la sorella di una stella del Quidditch, e che Luna avesse un qualche genere di conto in sospeso con il proprietario della banca, anche se ancora adesso non aveva assolutamente il coraggio di chiedersi di cosa si trattasse, avevano avuto il loro peso.

Gabrielle era sempre stata con loro tutto il tempo, fin dall’inizio, ed avere con se un volto amico in una città straniera aveva significato veramente tanto; specie se si trattava di iniziare tutto quanto da capo.

Aveva sfruttato le settimane della sua luna di miele per sistemare l’arredamento, ridipingere le pareti, far rivivere gli unicorni nella stanza di Damian e le farfalle nella nuova camera "rosa"; era stato più complicato rispetto a quando si era trasferita la prima volta, ma era stato anche più divertente. Ogni pomeriggio lei e Damian lo trascorrevano esplorando la città, cercando di conoscere i quartieri, i suoi abitanti, ed era stato speciale, soprattutto con l’arrivo del freddo. Pargi era magica.

Aveva imparato a fare lunghe passeggiate solitarie per il quartiere, attraversando l’île de la Cité raggiungendo Notre Dame, lungo il Pont Neuf, oppure costeggiando la Senna.

L’île Saint-Louis era localizzato nel quarto arrondissement; una specie d’isoletta fra le due sponde del fiume che, come altre piccole zone sparse per la capitale, si trattava di un mondo a parte. Nessun grande monumento, fatta eccezione per la chiesa di Saint Louis en I'lle, e soltanto un’unica strada principale; sembrava regnasse un’atmosfera fuori dal tempo.

A volte, le capitava di apprendere dai giornali o dalla tv qualche notizia sui Malfoy alla quale seguiva un breve momento di sconforto; ma poi guardava Damian ridere o sentiva muovere dentro di sé il bambino e tutto passava.

Vedere Din alle prese con la nuova lingua era stato divino, per lei si era rivelato più semplice; a quindici anni era stata costretta a prendere lezioni di Francese da Bill, il ragazzo allora non voleva ammettere che stesse frequentando Fleur e trovava ogni scusa per portarla a casa.

Fleur e Luna erano state a trovarla qualche volta, e sua nonna Penelope in ottobre aveva trascorso con lei e Damian un’intera settimana.

I primi di novembre aveva ricevuto una lettera di sua madre, diceva che stavano tutti bene, Hermione aveva partorito con due mesi d’anticipo un bel maschietto, lei e Ron avevano deciso di chiamarlo Harry.

Non l’aveva invitata a tornare a casa, si era limitata a mandare un abbraccio a Damian e a chiedere sue notizie; aveva inoltre aggiunto che sperava lei e il bambino stessero bene.

Le aveva risposto raccontandole di Parigi, del lavoro e dei progressi di Din con il francese; sul proprio stato di salute aveva detto la verità, stava bene, e il bambino, di cui non aveva voluto conoscere il sesso, seppur piccolo era in salute.

Da allora non l’aveva più sentita.

Damian non aveva più chiesto di Draco da quando il giovane aveva iniziato ad inviargli delle lettere. Ginny non aveva mai saputo cosa ci fosse scritto, era sempre Gabrielle a leggerle per lui e a scrivere la risposta. Era stata la maga a domandarle di farlo, l’unica raccomandazione era stata di non inserire nulla che potesse rivelare il posto esatto dove si trovassero.

In autunno, la giovane, aveva iniziato ad insegnare a Damian scrivere; in un primo momento non aveva capito il perché di quella richiesta da parte del bambino. Un pomeriggio, alcune settimane prima, era tornata a casa e lo aveva trovato intento a leggere un libro, aveva creduto stesse giocando, invece, seppur a fatica e sbagliano molte parole, lo aveva fatto sul serio: voleva poter scrivere a suo padre di persona e leggerne le lettere.

L’impiego al Rocher si era rivelato essere quello che aveva sempre sognato; l’ambiente era estremamente professionale, eppure accogliente. Tutti si erano subito fatti in quattro per aiutarla ad ambientarsi, nutriva il sospetto che molti credessero fosse vedova…

Era stato il Medimago Sauver a sentenziare che una volta entrata nel sesto mese avrebbe dovuto seguire riposo assoluto, era riuscita a tirare le cose fino al settimo dopodiché, Isée Sauver, aveva sentenziato che se avesse voluto continuare a lavorare per il Rocher anche in futuro sarebbe dovuta stare in casa ad assolvere i suoi doveri di chioccia. Aveva utilizzato proprio quelle parole.

Gabrielle aveva puntato il dito contro la ragazza in avvertimento. – Siediti. –

- Va bene… - Ginny aveva alzato le mani in segno di resa e sorridendo si era lasciata cadere sul divano. – È tadi, non dovresti tornare a casa tua… - L’aveva provocata la giovane.

- Sì, infatti, ma prima vado riscaldare la cena e tu non ti muoverai da questo divano. -

Gabrielle era tempestata in cucina. - Merlino quanta pazienza… -

La maga si era portata un cuscino in grembo ridendo.

- Dov’è Din? -

- Sta facendo il bagno a Mellis. -

- Nooo… - La giovane aveva esclamato divertita.

Trrrrrrrrrrrrrrrrrrrr.

Era il campanello.

- Vado io… - Ginny aveva anticipato l’affermazione della ragazza e si era affrettata ad alzarsi ridacchiando, estremamente consapevole che Gabrielle, nell’altra stanza, avrebbe roteato gli occhi.

Sbuffando la giovane dai capelli biondi si era sfilata il grembiule. - Ginny, io vado a salutare Damian, la cena è nel microonde… -

- Va bene… - Aveva risposto la maga portandosi i capelli dietro le orecchie e procedendo verso la porta.

Gabrielle era scomparsa oltre le scale.

Ginny aveva ruotato la maniglia in tutta calma; appena aperta, la porta aveva lasciato entrare un soffio d’aria gelida. Fuori nevicava ancora. La maga non aveva nemmeno concluso il proprio movimento, era stata investita pienamente dalla corrente fredda ed era rabbrividita; istintivamente aveva portato le braccia al corpo per proteggersi. Era stato il successivo colpo di vento ad aprire completamente la porta e a farla muovere in ritorno, se le mani del visitatore non l’avessero arrestata per tempo con ogni probabilità si sarebbe chiusa nuovamente; Ginny d’altronde non aveva mosso un muscolo per impedirlo. Lo scoppio di vento aveva permesso alla giovane di prendere in visone le caratteristiche dell’individuo fermo sulla soglia: le scarpe firmate che spiccavano sopra lo zerbino coperto di neve, i pantaloni scuri dal taglio impeccabile, i guanti di pelle pregiata, il lupetto di chasmire messo in evidenza dal soprabito a doppio petto aperto, il finale tocco di classe fornito dalla sciarpa chiara appoggiata appena alle spalle; e in tutto questo lo stagliarsi di sottili capelli biondi nell’oscurità della sera.

Si era gelata.

Era rimasta immobile come un pezzo di marmo, con le membra che avevano iniziato ad intorpidirsi per il freddo.

Aveva fatto tabula rasa di tutto per ricominciare, e adesso lui era qui.

- Weasley… - Draco Malfoy aveva trascorso le ultime due ore sotto la neve, camminando avanti e indietro lungo il Pont Neuf, tentando di decidersi ad andare da lei. Erano trascorsi più di quattro mesi, non sarebbe stato facile; se l’era ripetuto di continuo tra una sigaretta e l’altra, e più volte nel corso delle settimane successive alla partenza di Ginny. Era stato allora che aveva cominciato a fumare, un quarto d’ora dopo aver parlato con Fleur era entrato in una tabaccheria e aveva comparto un pacchetto di sigarette. Voleva vederla, aveva sognato quel momento praticamente da sempre, eppure, eppure non era come dirlo. Il tempo aveva la capacità di cambiare le persone, e per la prima volta Draco Malfoy aveva avuto paura di chi si sarebbe trovato davanti.

Adesso, due ore più tardi, dopo essersi passato il naso fra il pollice e l’indice inconsapevolmente e aver gettato l’ultima sigaretta nella Senna, l’aveva finalmente avuta di fronte in tutta la sua gloria e non aveva saputo da che parte iniziare.

- … -

Era bella, no bellissima; aveva un aspetto meraviglioso. I capelli nuovamente rossi e sciolti in onde scarmigliate, il colorito sano, la figura semplicemente perfetta nonostante il ventre arrotondato, quella luce negli occhi, e il sorriso così vitale che non appena lo aveva avuto di fronte era scomparso dal suo viso; non era una bella sensazione il sapere che era a causa sua se ora quel sorriso adesso se n’era andato.

- … -

- … -

Gli sguardi dei due giovani si erano incontrati a metà strada. C’era stato silenzio.

- Come… -

- Luna. -

Ginny non si era spostata per farlo entrare e lui non aveva rimosso le mani dalla porta. Dovevano ancora stabilire se fosse il benvenuto.

- … -

- … -

Proprio lì. Davanti a lei. - Sei reale… - Era sembrata distante, come se nemmeno lei stessa fosse stata sicura di trovarsi lì.

Draco aveva annuito impercettibilmente col capo.

Ginny era rimasta a fissarlo stranita sbattendo un paio di volte le ciglia.

Il mago aveva lasciato andare la porta; incerto sul da farsi aveva allungato una mano, era stato allora che lei aveva parlato. Malfoy si era già arrestato a mezz’aria.

- Sto bene. -

Aveva chiuso il pugno e ritratto il braccio. – Lo so. – Non vi era stata freddezza e neppure rassegnazione nella voce, ma nemmeno aveva sorriso o si era preso gioco di lei. Aveva detto semplicemente la verità. Era un dato di fatto, lo aveva visto coi suoi occhi ed era felice per lei.

- No, non lo sai… - Ginny aveva preso un passo in avanti e si era appoggiata al battente come se avesse voluto chiudere il giovane al di fuori.

Draco aveva posato una mano sulla porta, appena sopra quelle della ragazza. Non sarebbe stato necessario. Forse inconsciamente la maga avrebbe voluto allontanarlo, in quel momento però aveva ricercato semplicemente qualcosa cui aggrapparsi per darsi sostegno.

Era vero, stava bene, per la prima volta dopo tanto tempo stava finalmente bene.

La ragazza aveva poggiato la testa contro al battente e aveva sorriso sinceramente, sebbene con una punta di malinconia. Non voleva ricominciare tutto quanto da capo, ormai aveva voltato pagina. - …dico sul serio. Adesso sto bene. –

Malfoy aveva inclinato il viso abbassandolo in prossimità di quello della giovane.

- Ginny lo so. – Era stato incoraggiante regalandole uno dei suoi rari sorrisi storti.

Ginny aveva roteato gli occhi. – No che non lo sai. -

- Ti dico di sì. – Aveva insistito ora divertito. – Ho capito. Ci credo. -

La ragazza aveva fatto per replicare ma il giovane le aveva preso il viso con una mano spremendole le guance in modo che le labbra sporgessero in fuori rendendole estremamente allettanti. Non l’aveva baciata tuttavia. – Wealey. – Aveva ripreso il tono provocatorio di sempre. - In questo modo possiamo anche andare avanti all’infinito, non potresti semplicemente lasciarmi entrare in casa, sto congelando qua fuori. –

La maga aveva annuito col capo e Draco aveva rilasciato la presa. – Bene. –

Ginny aveva sospirato esasperata e si era fatta da parte per lasciarlo passare. – Entra… -

La ragazza aveva richiuso la porta alle proprie spalle godendo il cambiamento di temperatura. Effettivamente stava iniziando a congelarsi; quando si era voltata Malfoy la stava osservando.

Giusto. Per una frazione di secondo si era scordata che c’era anche lui.

Ginny aveva raggiunto le scale sotto lo sguardo del ragazzo e si era protesa leggermente verso il pianerottolo. - Gabrielle ti dispiace rimanere ancora un po’? -

- C’e qualche problema Ginny? – Aveva urlato in risposta la giovane.

- No, no, c’è solo… - Si era voltata verso Draco e la voce le era morta in gola. - …una questione che devo risolvere… -

Gabrielle aveva fatto capolino. - Come? Ginny non ho sentito… - Notando che l’amica non era sola e facendo due più due… - Salve! – Aveva allargato gli occhi in colpo e parlato con voce forse un po’ troppo squillante. Si era notato immediatamente che era in difficoltà. – Io…io…torno magari più tardi… -

La più piccola Delacour si era affettata a scomparire di nuovo.

Malfoy aveva sollevato un sopracciglio. - Una questione? È questo che sono diventato? –

Aveva sospirato. - Pressoché. – La giovane aveva scosso il capo. – Senti… -

Il ragazzo aveva incrociato le braccia casualmente. – Sentiamo. –

Ginny aveva aperto la bocca per palare e aveva scoperto di non aver niente da dire. - … -

- Hai finito? Bene…adesso ascoltami… -

- … -

- … -

No, non era possibile…perfetto. Di tutte le cose che avrebbe voluto dirle adesso…

Era stata la giovane stavolta ad incrociare le braccia. - Hai finito? –

- Non è divertente. -

- Oooh, invece lo è. – Aveva risposto acida.

I due si erano fissati per un momento entrambi irritati dall’atteggiamento dell’altro; curioso che avessero in testa il medesimo pensiero. "No, non era così che si supponesse andassero le cose."

Avrebbero voluto spiegare come si sentivano, ma improvvisamente le parole erano diventate sopravvalutate; avrebbero voluto spiegare le proprie ragioni in modo da non lasciare spazio a dubbi, a fraintendimenti, invece, improvvisamente avevano scoperto di non avere nulla da dirsi. Era ovvio perché lui si trovasse lì, o perlomeno così lei credeva, ed era chiaro che lei volesse in tutti modi dimostrargli che era riuscita ad andare avanti, che ce l’avrebbe fatta anche da sola.

Lei non voleva la sua pietà, lui non sopportava che lei credesse che la propria si trattasse di pietà.

Lei avrebbe voluto spiegargli che non era previsto che si rivedessero così presto, che, sì, adesso stava bene, ma non ce la faceva ancora ad affrontare l’argomento "loro due", sempre che ancora esistesse un "loro due" e che lui fosse lì per questo e non soltanto per Damian.

Lui avrebbe voluto farle capire che se si trovava lì adesso non era per Damian o per il bambino ma per lei, e che per una volta si era deciso a fare la cosa giusta, a darle tempo, ma che questo non significava che avesse avuto dei dubbi su di loro, e che sapeva che il figlio che portava dentro era suo, ma che se anche non fosse stato così non gli sarebbe importato, non avrebbe fatto differenza.

La maga si era rilassata, erano ridicoli, comportandosi come due bambini non avrebbero risolto nulla. Tanto valeva mettere le carte in tavola.

Aveva sorriso. - Draco io sto bene, sul serio, non c’è bisogno che tu… -

- Weasley voglio. -

- Il bambino… -

- È mio. – Lo aveva detto con semplicità.

- Cosa?! No, non è… -

- È mio. -

La fronte della giovane si era contatta per il nervoso. - Non è tuo…. – Aveva fatto per replicare ma si era arresta. - …aspetta…tu allora ti ricordi?… - Aveva scosso il capo. – Ma non è questo il punto…non è detto che sia tuo e io non posso garantire che… -

- È mio. -

- Non puoi saperlo. – La maga aveva iniziato ad agitarsi.

- È mio. – Draco l’aveva fermata. – Ginny… - Le aveva preso le mani. – Ginny. -

- Ginny ascoltami. – Lei aveva sollevato lo sguardo. – È mio. -

- Ma… -

- Ti ho detto che è mio. -

- E se non fosse tuo? E poi perché? Perché adesso, sono passati più di quattro mesi. -

- Perché l’hai detto tu, adesso stai bene…perché avevo bisogno che tu ti abituassi all’idea, perché una volta nella mia spregevole e inutile vita ho deciso di fare la cosa giusta e darti quel tempo che non ti ho negato all’inizio… - Poi aveva aggiunto divertito. - Ah, e poi perché quando sono arrivato al tuo appartamento te n’eri già andata… -

- Mi stai prendendo in giro? -

- No. -

- Non puoi parlare sul serio, il bambino potrebbe anche essere di Chase, non posso chiederti di crescere il figlio di un altro… -

- Weasley… -

- …io non posso saperlo… -

- Ginny ascolta… - L’aveva presa per le spalle e dato loro una leggera scossa. - …potrebbe essere anche di Voldemort in persona che per me non farebbe alcuna differenza… -

- Non sto scherzando Draco, potrebbe non essere tuo, non posso chiederti… -

- Non m’importa, io sono qui per te, e comunque è mio. -

- Dico sul serio. -

- Sono serio. -

- E se non fosse tuo? -

- Senti… -

- No, potrebbe, e cosa accadrebbe allora eh? -

- Niente, non accadrebbe niente. -

Ginny lo aveva guardato come se volesse dire "oh, per favore, andiamo, non crederai veramente che mi beva una cosa simile."

- Ascolta, non sto dicendo che sarei felice… -

La maga aveva voltato il capo dall’altra parte. Ecco, lo sapeva, lo sapeva che…perché ancora insistevano a parlarne?

- Ginny vuoi starmi a sentire? – Draco aveva cercato i suoi occhi. – È vero, non mi fa piacere ma non cambia niente. È solo un bambino, che male può fare un bambino? -

La ragazza non era voluta starlo a sentire e aveva fatto per andarsene. – No. – Malfoy non lo aveva permesso. - Ho fatto come hai voluto, adesso è il tuo turno di fare a modo mio. Mi hai chiesto del tempo e io te l’ho dato, adesso sono io a chiederti qualcosa. –

- Cosa? -

- Fidati di me. -

- … -

- È vero, sono un cane, un vigliacco, un essere riprovevole e aberrante che nella sua vita ha fatto solo cazzate, e se potessi ucciderei Chase con le mie mani per quello che ti ha fatto, ma è anche vero che ti amo… -

L’espressione di Ginny era stata memorabile.

- Sì, hai capito bene ti amo, e non me n’andrò di qui a meno che tu e Damian veniate via con me. -

- Mi ami? -

- Ti amo. -

- Sul serio? -

Draco si era spazientito. - No, per finta…ma certo Weasley! -

- Va bene. -

- Cosa? -

- Ho detto ok, facciamolo. Mi fido di te. -

- Sicura? -

La maga si era stretta nelle spalle. - Ti amo. – Era tutto quello che aveva bisogno di sapere in fondo.

Malfoy era rimasto spiazzato dalla semplicità disarmante con la quale aveva detto quelle parole; dalla facilità in cui Ginny aveva reso le cose. Ora aveva capito cosa aveva voluto dire allora con "io amo" "io sposo".

La ragazza aveva sorriso. – Ma devi essere tu a dire a Gabrielle che deve aggiungere un posto a tavola, lei detesta cucinare. –

Cara Pancy,

non avrei mai pensato che l’ultima occasione che avrei avuto di parlarti sarebbe stata quella di prendere in mano di nuovo carta e penna. Ho scritto veramente poche lettere nella mia vita, e sempre quando si è trattato di chiudere una fase mai di aprirne una nuova; ma immagino che ci sia una prima volta per tutto.

Ha volte ho l’impressione di vivere la tua vita, di averti rubato qualcosa, so che è sciocco ma non per questo meno vero; volevo solo dirti grazie. Grazie perché quando ho creduto di non aver più nulla per cui valesse la pena di lottare ancora, tu mi hai insegnato che mi sbagliavo.

Mi sono imposta nella tua vita e non mi hai sbattuta fuori, tu e Damian siete diventati la mia famiglia quando ho sentito di non fare più parte di quella in cui sono crescouta; sono stata egoista e ho preteso di cambiare il tuo mondo per renderlo più simile al mio, e tu l’hai fatto. Hai portato a termine la gravidanza anche se sapevi quali sarebbero state le conseguenze.

Mi hai regalato una seconda opportunità per vivere la mia vita, parte di me era morta il giorno dell’incidente, non so quante altre persone avrebbero fatto questo per qualcuno che conoscevano appena.

Mi manchi Pancy.

Mi mancano i nostri stupidi litigi, il chiacchierare di niente, i tuoi insopportabili consigli. Mi manca la tua voce, la tua risata, le tue continue lamentele.

Se qualcuno ai tempi di Hogwarts mi avesse detto che saremmo finite a vivere insieme gli avrei riso in faccia, d’altronde non avrei neppure pensato che avrei cresciuto il figlio di Draco Malfoy o che avrei amato qualcun altro che non fosse Harry.

A volte mi domando se tu non sapessi che sarebbe finita così, chiedendomi di occuparmi di Din; poi mi rendo conto che è semplicemente assurdo.

Amiamo entrambe le stesse identiche persone. Saresti dovuta essere tu qui Pance, così è ingiusto. Mi sembra di sentirti nella mia testa "e chi ha mai detto che la vita sia giusta".

Non conosco ancora Draco, almeno non abbastanza, ma credo che a modo suo ti amasse; penso che allora fosse l’unica maniera che conoscesse. Si può dire che in un certo senso ho rinunciato a farlo, non fraintendermi, voglio, ma aspetto che sia lui a sentirne il bisogno. Non m’importa se non mi ha raccontato della sua infanzia, del suo rapporto con il padre, di quello che ha fatto per più di cinque anni quando non era qui, ha accettato di crescere il nostro bambino senza neppure avere la certezza che fosse proprio, penso di dovergli almeno un po’ di fiducia.

Briana Patricia Hope Malfoy è nata il sette di marzo, ha gli occhi di Draco e i capelli rossi dei Weasley. È la nostra principessa, Damian se n’è innamorato a prima vista; come era prevedibile Draco Malfoy non ha voluto fare il test di paternità, e figurarsi…ha detto che è sua e basta. Lo sapevo ma non ho resistito, l’ho fatto io per lui; se lui lo scoprisse probabilmente s’infurierebbe. È sua figlia, al cento per cento.

Ci siamo spostati due volte, la prima in municipio. È stato tre giorni dopo che lui mi ha raggiunto a Parigi; eravamo seduti al Deux-Magots, un café in Saint-Germain-des-Prés, e l’ha buttata lì. Credevo che scherzasse e gli ho detto "va bene, perché no, dammi il tempo di finire il caffè", due ore dopo ero la Signora Malfoy. Abbiamo fatto le cose per bene dopo che è nata Briana, ci siamo sposati il dieci di maggio in una piccola chiesetta in île Saint-Louis, col vestito comparto quel famoso giorno al negozio di abiti da sposa. Chi ha detto che porta sfortuna vedere la sposa prima delle nozze?

Non c’era davvero molta gente; soltanto mia nonna Penelope e il nonno John, Narcissa Malfoy, Maggie e Dimitri, Fleur e Bill, Gabrielle, e Luna.

La mia vera famiglia.

Harry e Luna sono tornati insieme; quando Luna ha lasciato il mio appartamento quel mattino con Fleur mi ha ringraziata, io le ho chiesto per cosa e lei mi ha detto che subito dopo aver lasciato la chiesa Harry è andato da lei e le ha chiesto di ricominciare da capo. Mi ha raccontato che si è dato dell’idiota per tutto il tempo ed è questo che stranamente l’ha convinta a dargli un’altra opportunità, o così dice lei, io in realtà credo che sia il semplice fatto che lei lo ama. Luna ancora oggi sostiene che non stanno insieme, che è solo in prova e che per quanto la riguarda ci resterà a lungo. Bisogna capirla, ci scherza su ma io sono convinta che sia rimasta ferita sul serio da tutta questa storia.

Neanche a crederci il testimone di Draco è stata proprio Luna, non gliel’ha chiesto e lei non ha accettato, ancora adesso per me è un mistero come sia successo. La nonna mi prende in giro, dice che è il modo di Luna per farmi pagare quello che le ho fatto passare con Harry, ovviamente scherza, anche se devo ammettere che ogni tanto la cosa m’irrita.

Sai io invece cosa penso? Che in qualche oscuro e contorto modo, incomprensibile agli occhi di noi comuni mortali, quei due, siano diventati dei veri amici.

Adesso noi quattro viviamo a Parigi, nella grande casa che finalmente ho finito di pagare. Ok, confesso, l’ha pagata lui; ma gli ho detto che gli avrei restituito ogni centesimo, ovviamente si è messo a ridere.

I rapporti con i miei genitori sono quelli che sono, non mi faccio grandi illusioni; ad eccezione di Ron, i miei fratelli si sono già offerti di venirmi a trovare. A volte ho l’impressione che vogliano solo scroccare una vacanza, non parlo di Charlie e Bill ma di Fred e George.

Harry ed io non ci parliamo più, è trascorso ormai quasi un anno; ma sai una cosa? Ho scoperto che non m’importa. Rimpiango di lui il fratello, questo sì, ma credo che ormai sia impossibile aggiustare le cose.

Sono felice Pancy, sono felice e mi sento in colpa.

Non sai cosa darei per poterti parlare ancora una volta…credo che alla fine questo sia il mio unico rimpianto, avere perso un’amica quando finalmente mi sono resa conto d’averla trovata.

È troppo tardi per noi due? Ci sono momenti in cui mi sembra di averti proprio qui vicino a me e Din.

Ti ho invidiata Pancy Patricia Parkinson; ti ho odiata e ti ho amata e mi sono odiata per questo. Avrei voluto essere te, suppongo che io debba essere già abbastanza grata di stare vivendo la tua vita.

Forse un giorno, dopotutto, rifarò a Draco quella domanda. Non volermene a male, ho bisogno di saperlo…

Non ti dimenticherò mai Pance, campassi cent’anni.

Ginny

I never thought I'd ever make it, I can't believe the hell I've been through

Couldn't see the light at the end of the tunnel, I didn't know what to do

I've been through the rain, I've been through the fire

There was something that I never knew

Chorus

I had an angel on my shoulder, with a plan for me divine

Must be an angel on my shoulder, who was right there all the time

(Angel, must be an angel) This world can be so cold and so heartless

Its hard to find your way alone, I used to run so fast, no one could catch me

I couldn't find the way back home, but I've laughed, I've cried

I almost died, but my broken heart just never knew

Chorus

I had an angel on my shoulder, with a plan for me divine

Got to be an angel on my shoulder, who was right there

Right there all the time, everybody needs someone to cling to

With an unchanging love, I finally found a hand to hold on to

A shelter to run to, now I see He's watching over me

Chorus

(Angel on my shoulder, angel) I've got an (angel on my shoulder)

Angel on my shoulder, with a plan for me divine

Got to be an (angel on my shoulder), angel on my shoulder

Who was right there, right there, right there all the time

Got to be an angel, an angel, an angel, right there all the time

Angel On My Shoulder - Natalie Cole

 

FINE

Harry Potter e i personaggi creati da J. K. Rowling non mi appartengono.

 

Le poesie, le canzoni, e i riferimenti a libri, utilizzati ai fini del racconto, non mi appartengono.

Grazie a tutti per avermi seguito fin qui.

Grazie a:

_Kristel_

angelface

Anjulie

Austacchia

Ay

cloe

Daisy

Edvige

eleonor87

Enika

Erda

Eyo^chan

Fatamorgana

Federica

Florinda

Gajra

Ginevra

Heavy

HermioneKNO

IceCamille

Jessy

Jessygirl

Kiara

Kiara-chan

KIRA83,

Klaretta

Laura

Lax

Lazyl

Lelly

Luna Malfoy

Mary1986

MaryAngel

Misskiller

Mitika_viola

MoonLilith

Neris

Nyla

Oryenh

Osyen

Pallina

Pecker

phi phi

RachelDickinson

Romina

Ryta Holmes

Sele-chan

Sendy Malfoy

Serena

sissichi

tink

Tsunami

vale

Vega

Virginia

Whitelady

whitelady86

Spero di non aver fatto pasticci coi nomi e non aver scordato nessuno.

Un grazie particolare anche alla mia Amica, anche se la vigliacca non ha più recensito. ^_^ Tranqui, lo so che lavori e hai poco tempo.

Un grazie a tutti quelli che hanno letto.

Fatemi sapere cosa ne pensate e se per voi andrebbe cambiato qualcosa, altrimenti sigh sob, suppongo che questa sia davvero la fine. Temo che mi mancheranno Damian, Draco e Ginny, mi ero così abituata a loro…immagino che adesso mi ritoccherà prendere in mano Heartbreaking o inventarmi addirittura qualcos’altro.

Sono così commossa…giuro, mi fa uno strano effetto. Davvero grazie a tuttissimi.

Alla prossima.

Max.

   
 
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