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Autore: zainsmoon    29/12/2013    1 recensioni
"Non chiamarmi bambola." Ringhiai.
“Aggressiva la ragazza.” Disse sollevandomi il mento con due dita.
Assottigliai gli occhi, per poi allontanarmi da lui infastidita. Girai i tacchi e mi avviai verso Abbie, che mi guardava confusa. Prima di entrare nell’aula di filosofia però, sentii chiaramente Liam urlare.
“Bel culo Hemmings!”
Prima o poi gli avrei spaccato la faccia, poco ma sicuro.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Liam Payne
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Riaprii gli occhi e mi guardai intorno confusa. Ci eravamo addormentati piangendo. Mi girai a guardarlo, era girato lateralmente e abbracciava un cuscino, stringendolo con le dita. Le ciglia lunghe che sfioravano le guance, la bocca semiaperta e il petto che si alzava ed abbassava regolarmente. Sorrisi, sembrava un peluche. Gli sistemai una ciocca di capelli che gli era scivolata su un occhio, sospirando. Mi alzai, rifilandomi gli stivali di pelle e mi avvicinai alla finestra della sua stanza, scostando le tendine leggere di lato.
Avevamo parlato, dopo quel bacio. Avevamo parlato tanto. Ci eravamo confessati un sacco di cose. Quando erano morti i suoi genitori, i suoi nonni si erano presi cura di lui, fino a quando non è diventato maggiorenne. Di fatti lui è di due anni più grande di me, ma è stato bocciato due volte di seguito, una volta in prima superiore e la seconda volta in terza. Così si ritrovò a fare i miei stessi corsi. Ora viveva da solo, in una bella villa lussuosa nel centro di Wolverhampton. Aveva assunto una donna di colore di nome Amy che lo aiutava nelle pulizie di casa. Era molto dolce con lui, assumeva il ruolo di zia con lui.
I suoi genitori erano benestanti, perciò avevano lasciato ai loro figli un testamento nel quale ogni bene era stato spartito per i tre ragazzi. Dato che però l’unico sopravvissuto alla tragedia era Liam, tutti i beni erano rimasti a lui. Ma non gli importava la ricchezza. Lui rivoleva la sua famiglia, i suoi cari, più di qualsiasi altra cosa al mondo. Era molto legato a loro. Dopo la morte dei suoi cari, mi confessò che provò varie volte a farla finita, ma non aveva mai trovato il coraggio. Perciò era andato in terapia da una psicologa molto famosa che lo aveva aiutato a superare quei momenti di crisi e di angoscia.
Ma lui non si sentiva completo, aveva voglia di urlare al mondo la sua rabbia, il suo senso di vendetta, aveva voglia di spaccare tutto. Perciò alle superiori prese di mira i suoi coetanei o i novellini, e insieme al suo gruppo di amici li portavano nel vicolo del cortile della scuola e li pestavano. Così, senza motivo. Lui lo faceva per sfogarsi, i suoi amici per hobby. Una volta mi disse che mandarono all’ospedale un ragazzo. Naso e due costole rotte. Da allora decise di smettere, ma la sua indole violenta ogni tanto si mostra nella sua mente, vuole uscire, vuole sfogarsi. Lui non glielo permette però. Per questo ora frequenta boxe, almeno è sicuro che qui può tirare pugni a tutti senza paura di far loro male. O di mandarli all’ospedale.
Io per la maggior parte del tempo ascoltai, senza interromperlo, lasciandolo sfogare, lasciando che la sua tristezza pian piano scemasse. Raccontai della mia vita, delle cose che amavo, delle mie amicizie. Raccontai che non ero mai stata con un ragazzo, forse troppo strana o poco popolare, mentre lui aveva molta esperienza in quel campo.

“Non mi sorprendo.” Mi scappò, arrossendo subito dopo. Mi presi mentalmente a schiaffi, quand’è che avrei imparato a tenere la bocca chiusa? 1 a 0 per Liam.

“Mh, e come mai?” Mi sorrise malandrino, accarezzandomi il ginocchio.

Per tutta risposta mi scostai, facendolo ridere, sinceramente divertito. Almeno lo avevo fatto sorridere.
Avevamo parecchie cose in comune, come ad esempio adoravamo la pizza alla diavola, non sopportavamo i musical e i cabaret o quegli stupidi e insulsi polpettoni rosa che davano ogni domenica sera in prima visione. Condividevamo gli stessi gusti musicali. Green Day, Kiss, Ramones, Guns ‘n’ Roses.

“Non ti facevo così rock.” Mi punzecchiò, con il suo solito tono sensuale.

“Ci sono così tante cose che non sai di me.” Avevo avuto il coraggio di rispondere, lasciandolo di stucco. 1 a 1 per me. Sorrisi compiaciuta, guardandolo con superiorità. Ridacchiò divertito.
 
 Dopo di che, eravamo entrambi scivolati in un sonno profondo.
Guardai l’orologio a parete appeso sopra alla scrivania. Le 16:30. Non avevamo neanche pranzato. Mi avvicinai al suo viso, inginocchiandomi al bordo del letto. Sfiorai le sue labbra.

“Liam.” Lo chiamai, a bassa voce. Non si mosse di un millimetro.

Ehi, Liam. Svegliati.” Scossi piano le sue spalle solide e forti, guardandolo.

Per tutta risposta grugnì, girandosi dall’altra parte. Sbuffai, infastidita. Mi alzai di scatto, se non si voleva svegliare con le buone, lo faceva con le cattive.
Scesi in cucina e aprii il frigo, prendendo una bottiglia d’acqua da un litro. Tornai al piano di sopra, svitando il tappino e ridendo sommessamente. Mi pregustai la scena, prima di capovolgere il contenitore di plastica e lasciando scivolare il liquido freddo su di lui.
Si alzò di scatto, togliendosi le coperte di dosso. Spruzzai l’acqua sulla sua faccia, ridendo a crepapelle.

“Ma che cazzo fai?!” Sbottò guardandomi, irato.

“Non ti svegliavi.” Riuscii ad articolare, tenendomi la pancia per le troppe risate. Avevo le lacrime agli occhi. La sua espressione inferocita e scioccata allo stesso tempo me la sarei ricordata per il resto dei miei giorni.

Si alzò di scatto dal letto, guardandomi truce. I capelli castani lucidi e morbidi alzati in un ciuffo, le goccioline luccicanti a risplendere sul petto tonico. Deglutii. Se possibile, era ancora più bello. Capii le sue intenzioni quando con un unico passo fluido si avvicinò a me. Mossi i piedi più velocemente, uscendo dalla sua stanza.

“Prova a prendermi.” Ridacchiai guardandolo. Scesi le scale correndo, andando in cucina.

Me lo trovai davanti, il tavolo che ci divideva. Ci guardammo un attimo negli occhi. I miei erano divertiti e maliziosi, i suoi improvvisamente più liquidi e scuri. Erano pieni di desiderio. Feci finta di andare a sinistra, mentre mi mossi a destra, percorrendo il corridoio ridendo nuovamente. Aprii una porta a caso, ritrovandomi in una stanzetta angusta e piena di cianfrusaglie. Un ripostiglio. Non feci in tempo a chiudere la porta che mi ritrovai schiacciata tra un materasso e lo scopettone per pulire i pavimenti, il petto duro e bagnato di Liam a scontrarsi con il mio. Respirammo entrambi vigorosamente, cercando di riprenderci.

“Strada chiusa.” Pronunciò incurvando le labbra in un sorriso sensuale. Lo aveva detto di nuovo.

Tremai sotto di lui, mordendomi il labbro. Lo vidi sgranare gli occhi. Mi fermò entrambi i polsi con una mano, portandoli sopra alla mia testa.

“Non farlo Liz. Ti prego.” Gemette frustrato. Lo guardai confusa, inumidendomi le labbra con le lingua.

“Che cosa?” chiesi curiosa, guardandolo dritto negli occhi.

“Quello che fai sempre. Ti mordi le labbra, e io non resisto.” Mi confessò, serrando la mascella.

Mi irrigidii, arrossendo vistosamente.

“Ma, cosa che amo di più, amo quando arrossisci. Non puoi capire cosa ti farei.” Abbassò la voce, rendendola a un sussurro roco e maledettamente eccitante.
Mi staccai da lui con non so quale forza, il respiro accelerato e il cuore a mille.

“Ho fame.” Mi uscii. Mi guardò stralunato, per poi scoppiare a ridere fragorosamente.
 
 “Cuciniamo qualcosa allora.” Mi disse sorridendo dolcemente.

Tirai un sospiro di sollievo. Aveva capito il mio disagio, il mio imbarazzo. Ero forse ancora troppo intimidita per fare qualcosa.
Mi prese la mano, riportandomi in cucina.

“Io opto per una pizza, sei d’accordo?”

“Okay.” Acconsentii entusiasta.

Prese la farina e le uova dalla credenza e si tolse la maglia, lasciandomi senza fiato.

“Cosa…stai facendo?” Gli chiesi boccheggiando. Capì al volo il mio imbarazzo, così prese la palla al balzo per pavoneggiarsi un po’.

Si girò completamente verso di me, indurendo i muscoli di proposito, mettendo in risalto la pelle abbronzata e vibrante di vita. Si asciugò il petto e i capelli umidi con un panno, non smettendo neanche per un secondo di interrompere il contatto visivo. Mi mancava la gocciolina di bava al lato della bocca e avrei completato il mio quadretto esilarante. Ridacchiò sommessamente.

“Vado a prendere una maglia nuova altrimenti mi ammalo.” Annunciò su di giri.

Annuii, prendendo poi a lavorare la pasta per la pizza, aggiungendo uova e acqua alla farina. Tornò dopo pochi minuti, e cominciò anche lui a lavorare la pasta.
Ad un tratto sentii un materiale freddo e bianco arrivarmi in faccia. Farina. Mi girai di scatto, guardandolo male.

“Cosa diavolo…” Non finii la frase che mi rovesciò un uovo in testa. L’albume colò sui miei capelli, sporcandomeli completamente.

Aprii la bocca per protestare, ma un altro uovo mi sporcò la maglia, al centro del petto.

“Vendetta!” Urlò lui, aprendo il frigo ed estraendo una bomboletta di panna e spruzzandomela in faccia e sui capelli.

“Cazzo Liam!” Urlai istericamente. Sentii una risata profonda risuonare nella stanza, prima che altra panna mi sporcò i jeans immacolati.

Decisi di agire, gli strappai la bomboletta dalle mani, sporcandogli il petto e la faccia, poi presi un uovo e glielo spaccai suoi capelli, che divennero appiccicosi e unti in meno di venti secondi.
Mi bloccò nuovamente, sporcandomi di farina le braccia. Ridemmo entrambi, poi ci guardammo negli occhi.
Smettemmo entrambi di colpo. Mi sollevò dai fianchi con le mani e mi posò sul bancone di marmo, circonda domi i fianchi con le dita. Allacciai le mani dietro al suo collo, poggiando immediatamente le labbra sulle sue.
Le nostre lingue iniziarono a toccarsi, circondate da saliva e sospiri. Gli accarezzai le spalle, chiudendo poi le gambe intorno ai suoi fianchi. Si staccò un attimo da me, giusto il tempo di leccare un grumo di panna dall’orecchio.

“Dovremo lavarci, non credi?” Mi chiese, la voce incredibilmente roca, gli occhi liquidi e scuri.
  
“Credo di sì.” Sussurrai a mia volta, mordendogli il labbro inferiore.

Grugnì esasperato, staccandosi da me e correndo mano nella mano al piano di sopra, trascinandomi per le scale.
Si tolse le scarpe e mi sfilò gli stivali e le calze. Cosa dicevo prima? Che forse non ero pronta? Al diavolo tutto. Il modo in cui mi baciava e si dedicava a me era irresistibile, avevo esaurito la pazienza.
Mi sfilai il maglione, rimanendo in reggiseno davanti a lui. I suoi occhi bruciarono come brace, lo sguardo ipnotico che mi inchiodava lì dov’ero, facendomi tremare per l’emozione.
Si avvicinò nuovamente a me, le sue mani feroci e curiose che mi accarezzavano il ventre e faceva cadere le spalline del reggiseno ai lati delle spalle.
Sembrava tutto perfetto, quando sentii il suo cellulare in camera suonare.

“Vaffanculo.” Imprecò ad alta voce, facendomi scoppiare a ridere. Si allontanò da me, ritornando nella sua stanza.

Andai in bagno e mi guardai allo specchio, ero ancora rossa in viso, i capelli sconvolti. Decisi di farmela da sola la doccia.

“Liam, ora mi lavo.” Urlai informandolo, prima di chiudere la porta.

Mi sfilai i jeans, le mutande e il reggiseno, e chiusi la tendina davanti a me, iniziando a lavarmi. Subito dopo mi risciacquai e mi rimisi l’intimo, realizzando solo dopo che non avevo alcun vestito pulito da indossare. Mi asciugai i capelli disordinati con un panno di cotone, legandoli successivamente con un elastico.
Aprii timidamente la porta della sua camera, trovandolo seduto sul letto a fare zapping dalla sua televisione tra un canale e l’altro, sbuffando annoiato.
Si girò verso di me, squadrandomi dal basso verso l’alto. Arrossii.

“Non ho…umh…niente da mettere.” Farfugliai imbarazzata.

Si alzò e aprì un cassetto del suo comò, porgendomi poi un maglione che sicuramente mi sarebbe arrivato sopra alle ginocchia per quanto sembrava grande. Lo indossai, la stoffa mi cadde morbidamente sul corpo, fasciandomi fin sotto alle cosce, come avevo pensato. Profumava di lui. Era bellissimo.

“Ti stanno bene i miei maglioni.” Mi accarezzò un fianco, baciandomi.

Lo abbracciai, saltando su di lui stile koala, chiudendo le ginocchia attorno al suo bacino.
Lo sentii ridacchiare. Mi portò sul letto, e poi si stacco, accarezzandomi i capelli ormai asciutti.

“Vado a darmi una pulita e poi ordino una pizza. Guarda un po’ di tv se vuoi.” Mi raccomandò, sfiorando il naso col mio teneramente. Annuii, nascondendomi sotto le coperte.

Previdi che questa serata sarebbe stata bellissima, con lui al mio fianco.


Sera gentaglia! Uhuh
Okay questo capitolo fa schifo, lo so, ma non ho avuto molta ispirazione, spero che mi possiate perdonare.
Le vacanze comunque sono iniziate lalala e io ho un sacco di compiti :-(
In ogni caso, spero comunque che questo capitolo vi piaccia, e come al solito, se volete, recensite.
Non mi dilungo molto, vado ad ascoltarmi un pò di musica ewwww.
Un bacio, Valentina. x
  
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