*Questa fanfic contiene alcune scene di
carattere violento e alcune relative al sesso. Non
sono particolarmente eccessive e descrittive, tuttavia chi pensasse di poter
non sopportare questo genere di situazioni, è pregato di non continuare a
leggere.*
Un'ancora nel buio
Capitolo 3
Il Tribunale Magico era un continuo ciarlare.
Avvisi notificati via “aereoplanino” e segretarie in fermento,
occupavano gran parte dei corridoi dell’edificio, creando un notevole caos.
Ginny odiava quel posto. Tutto, di quel posto, per la precisione. A partire da
quelli che avevano l’ardire di farsi chiamare “avvocati della difesa”, che se
ne fregavano altamente di ciò che pensava, diceva, faceva e consigliava, fino
ad arrivare a quegli esseri, considerati supremi e intoccabili, chiamati
“giudici”.
Non sopportava l’idea che, la sua vita e quella di
un’altra persona, fossero nelle mani di gente come quella.
Il giudice che era stato assegnato alla sua causa,
era uno dei peggiori. A detta di tutti, non solo sua. Un uomo anziano,
fortemente frustrato, perennemente in conflitto con tutti coloro i quali
possedevano un paio di tette e appartenessero alla categoria “donne”. Specie
donne in carriera.
Ogni qual volta, veniva
fissato un incontro, il giudice Davidson, la fissava
da dietro i suoi occhiali tondi e piccoli, arricciando le labbra in una smorfia
disgustata e storcendo il naso infastidito.
“Signorina Weasley…” Sospirò con fare esasperato,
provocandole un moto di rabbia. “Sono dolente di annunciarle che ancora non ci
siamo.”
Ginevra cercò di reprimere una risposta, non
proprio educata, sforzandosi di sorridere. “E per
quale motivo, se posso domandare?!”
“Vede… è tutto in regola, a partire dal suo ‘modo
di vivere’, sino ad arrivare al suo ‘lavoro’, ma…” Si zittì, sospirando di nuovo.
Ne era certa. Se l’avesse rivisto un’altra volta, lo
avrebbe preso a sberle, o peggio ancora, a calci nel
fondoschiena. Non poteva permettersi di trattarla in quel modo! Erano mesi …
forse almeno quattro, che quelle ‘sedute’ venivano aggiornate, a ripetizione, costringendola a saltare
turni di lavoro, chiedere permessi e occuparsi di burocrazia inutile, stupida e
a parer suo superflua.
“Ricapitolando.” Iniziò lei, a denti stretti,
serrando i pugni sui pantaloni del tailleur scuro che aveva indossato. “Le va
bene che viva in un appartamento ad Hogsmeade, che
abbia uno stipendio adeguato come Auror, che sia un Auror, dal momento che ritiene questo un punto a mio favore…
ma… c’è ancora un ma?!”
“Signorina vede…” Continuò l’uomo, cercando di
apparire comprensivo. “Il punto focale della faccenda è che, lei è sola.”
“Non sono sola…” Sibilò inacidita, riducendo gli
occhi a due strette fessure. “Ho un sacco di amici,
parenti disposti a tutto per aiutarmi…”
“…ma non ha un compagno.”
Concluse il giudice Davidson,
malcelando quello che aveva tutta l’aria di essere un
ghigno trionfante.
Ginny sbuffò. “No, non ho un compagno. Frequento
una persona… ma questo, non basta, giusto?!”
“Se dovesse diventare una cosa seria, sì…
basterebbe.” Fece l’uomo, con gli occhi ombrati di
delusione. “Mi dice il nome di questa persona, per favore?!”
La ragazza ci pensò su. Dire che frequentava Harry Potter, quell’Harry
Potter, le avrebbe consentito di chiudere immediatamente qualsiasi tipo di
pratica. Benché stronzi e
senza un briciolo di pudore, i giudici non sarebbero stati tanto sciocchi da
negarle la vittoria della causa, se il suo compagno era proprio lui.
…ma non poteva farlo.
“E’ irrilevante.” Mugugnò abbattuta, spostandosi
una ciocca rossa dietro l’orecchio. “E’ un mio collega… e no, non credo che la
storia diventerà seria. Al momento, non sono in grado di stabilirlo… comunque.”
Sul volto del giudice, si fece largo un sorriso
compiaciuto. “Bene, allora sarà così gentile… da ritornare quando avrà
stabilito, se questa relazione è più o meno seria o in alternativa,
quando deciderà di aver trovato la persona giusta. Fino ad
allora… sono spiacente, ma il piccolo Thomas non le potrà essere
affidato.”
Ginevra sbuffò avvilita. “…le visite… una volta alla settimana, però… mi restano, vero?!”
“Non possiamo certo negarle di vedere un bambino,
che si è così tanto affezionato a lei.” La rincuorò,
un po’ più comprensivo, l’uomo. “Signorina Weasley… per il suo bene e per
quello del piccolo Thomas… cerchi di-”
“Sì… ho capito.” Lo interruppe, sorridendo
amaramente. “La ringrazio.”
Si avviò fuori dall’ufficio
del giudice, percorrendo i lunghi corridoi del Tribunale Magico per i Minori.
________
Ron colpì nuovamente il sacco di destro, girando
su se stesso e assestando un colpo potente e preciso. Il sacco oscillò appena,
tenuto fermo da Harry, che sorrideva soddisfatto. C’era poco da fare. Quando ‘la tigre’, com’era stato
soprannominato il rosso in caserma, era furiosa o incazzata
per un qualsiasi motivo, tirava fuori il meglio di sé. Tutta la sua potenza e
aggressività venivano fuori sotto forma di combattimenti all’ultimo sangue, tra
lui e il sacco, o tra lui e il povero malcapitato di turno.
La voce del loro istruttore, interruppe a metà
l’ennesimo attacco al fagotto di stoffa imbottito di sabbia. “Stop! Per oggi
basta così. Andatevi a docciare, che puzzate come
caproni!”
“…sempre gentile…” Mugugnò a denti stretti Ron,
voltandosi a dare le spalle a Harry e afferrando l’asciugamano da una panca
vicina, gettandoselo sulle spalle.
“Che succede?!” Domandò
con finto fare noncurante, Harry, prendendo posto sulla panca di plastica e
buttando giù metà del contenuto della bottiglietta d’acqua, che aveva nel
borsone.
Il rosso gli scoccò un’occhiata in tralice,
scuotendo appena la testa. “…non succede niente, perché me lo domandi?!”
“Perché solitamente hai quella ‘carica’ addosso
solo in due casi: o hai litigato con Hermione e lo escluderei, dal
momento che lei all’allenamento di armi babbane era
serena, o ce l’hai col resto del mondo per qualcosa.” Spiegò serafico,
sorridendo con l’aria di chi la sa lunga.
“Grazie dell’ottimo profilo psicologico… mamma.” Lo sfotté Ron, sfoderando un ghignetto malefico e
divertito.
“Oh di nulla, ma non hai risposto…”
Il rosso, in risposta,
fece scattare la mandibola, contrariato. “Che rompicoglioni
che sei, Harry. Te l’ha mai detto nessuno?!”
L’amico gli sorrise
sornione, annuendo. “Qualcuno.”
“C’è che non mi va giù tutta questa storia di… Malfoy.” Sibilò
nervoso, stringendo convulsamente i pugni. Scosse la testa, nervoso,
sorridendo. “…è ridicolo. Come si può pensare che gente come lui collabori! E’
un mangiamorte, è figlio di Lucius… e non m’importa
se è cieco o sordo o moribondo. Resto dell’idea che sia ciò
che si merita. Punto.”
Harry rimase in silenzio, aspettando che il
respiro di Ron si regolasse. “E’ un compito ingrato, quello di Ginny. Lo so.
Però è pur vero che ho sempre avuto fiducia nelle idee e nei piani di Silente
che, almeno fino ad oggi, non c’hanno mai deluso. Non
credo che avrebbe affidato un incarico così delicato a
tua sorella, se non fosse assolutamente convinto della riuscita del suo piano.”
Ron parve soppesare le sue parole. Continuò ad
osservare un punto fisso, di fronte a sé, nel vuoto. “Mi fido di Silente, ma
credo che per la prima volta, stia commettendo un grosso errore.”
“…io dico di no.” Concluse deciso, Harry, continuando a sorridere serafico. “Dai più fiducia a lui e a tua sorella… in fondo come dicono
loro… Draco è innocuo.”
Il rosso ricambiò il sorriso, poco convinto. Si
alzò dalla panca e afferrò con forza un bastone di legno, abbandonato ai piedi
di un’asse da allenamento. “Che ne dici?”
“Bastoni?!” Domandò un po’ scocciato Harry. “Non è
meglio… spada?!” Conosceva fin troppo bene Ron. Quando
stava male teneva il broncio, come i bambini, e il suo carattere scontroso e chiuso,
lo portava a litigare con chi aveva accanto. Che fossero lui
o Hermione, non faceva differenza. Solo con Ginny, ogni volta, le
discussioni sfociavano in veri e propri litigi, ma era pur normale! Entrambi avevano sangue Weasley, nelle vene.
Ron si grattò il mento, con fare pensoso. “Katana o sciabola?!”
“Sciabola!” Esclamò il moro, con un guizzo
divertito.
L’altro gli allungò l’arma, sorridendo tronfio e
mettendosi in posizione di attacco. “Preparati… Potter!”
________
“Ginny!”
Un piccolo tornado dai folti capelli neri, le
corse incontro con le piccole braccia spalancate.
Ginevra, commossa dalla dimostrazione di affetto del
bambino, si chinò sulle ginocchia, allargando le braccia per accoglierlo in una
stretta materna. Gli occhi verdognoli del bimbo, si illuminarono.
“Che bello! Sei tornata a
trovarmi!” Esclamò festoso, stringendosi alla giacca
del tailleur che indossava la ragazza. “Mi avevano detto che non saresti più
venuta…” Mormorò improvvisamente più triste, mostrando un broncio crucciato,
assolutamente adorabile.
Ginevra gli scompigliò la chioma, sorridendo
dolcemente. “Ma scherzi?! Come farei senza il mio
ometto?!”
Il bambino la guardò soddisfatto. Le afferrò una
mano tra le sue, piccole e paffute e la trascinò nello stanzone, adibito a
dormitorio. Alle pareti, azzurre, erano appesi numerosi disegni fatti in gran
parte dai bambini dell’orfanotrofio. “Guarda cosa ci hanno fatto fare oggi… Ginny!”
Uno dei lavori, finito di recente a giudicare
dalla freschezza della tinta, era appeso vicino all’ultimo dei letti, disposti
in due file da quattro, posto accanto alla finestra a scorrimento, che
affacciava sul parco dell’edificio. Raffigurava un paesaggio, probabilmente il
parco stesso, a giudicare dai colori che il ‘piccolo artista’ aveva scelto. Gran bel lavoro per un bambino di
cinque anni, si ritrovò a pensare Ginevra, sorridendo.
“L’hai fatto tu, Thomas?!” Domandò intenerita la
rossa, sedendosi sul lettino, preparato con una morbida copertina celeste.
Thomas annuì, con un’arietta compiaciuta, arrampicandosi agilmente sul letto e
prendendo posto accanto a lei. “Sei bravissimo… io alla tua età non ero così portata, sai?!”
Il bambino la guardò comprensivo. “C’è sempre
tempo per imparare… eh…” Fece, con tono saputo, facendola scoppiare in una
risata allegra.
“Hai ragione.” Lo assecondò, spostandogli la
frangetta dagli occhi, con le dita. Il sorriso, però, le svanì dal volto,
quando si ricordò cosa le aveva accennato la volontaria, di turno quel giorno.
Erano giorni che Thomas non parlava più molto, con
il resto del gruppo di orfani. Passava gran parte del
tempo a disegnare, sui tavoli della sala ricreazione, da solo e avvolto in un
silenzio fin troppo inquietante, per un bambino della sua età. Certo, Thomas
non era un bambino come gli altri, non dopo ciò che
aveva dovuto subire, alla tenera età di quattro anni. Però era pur vero che
isolarsi, non avrebbe giovato alla sua già grande
solitudine.
“Ginny che hai?!” Le chiese
preoccupato il piccolo, agitandole una manina rosa di fronte agli occhi.
La ragazza tornò coi
piedi per terra, sorridendogli rassicurante e scotendo la testa. “E’ tutto apposto… Tom, sta’
tranquillo! Tu piuttosto… che mi racconti di nuovo? E’
un po’ che non ci vediamo.”
Il bambino imbronciò le
labbra, fissando il pavimento e dondolando le gambine
all’esterno del letto. “Mi annoio…”
“…anche con gli altri?!”
“Gli altri sono stupidi.” Sbuffò scocciato,
incrociando le braccine al petto. “Fanno
sempre le stesse cose, passano un sacco di tempo alla tv… è palloso! Io
mi rompo a guardare i cartoni animati o a giocare a Sparaschiocco.”
Ginevra allargò gli occhi. L’immagine di un Draco
Malfoy undicenne, le comparve di fronte. A parte colore delle iridi e dei
capelli, per un attimo quell’espressione imbronciata,
scocciata… le ricordò improvvisamente il suo ‘incarico’. Scosse vigorosamente la testa, dandosi
mentalmente della sciocca per aver anche solo potuto paragonare quel tenero
angioletto, ad una viscida serpe come Draco.
“Lo so, tesoro mio… ti capisco.”
Mormorò affettuosa, passandogli le dita nei morbidi ciuffetti color notte. “…però non ti annoi ancora di più, stando da solo?!”
Thomas fece segno di no, con la testa. “Almeno
quando sono da solo disegno e non devo ascoltare i discorsi scemi che fanno le
femmine!”
Una risatina le sfuggì dalle labbra, provocando
una smorfia risentita del bambino. “Certo… le femmine fanno dei discorsi… da
femmine. E’ normale che non ti piacciano.”
“Tu non fai discorsi scemi, Ginny.” Disse deciso,
col tono di chi vuol fare un complimento. “…però sei una femmina!”
Ginevra gli scoccò un’occhiata che poteva vantare
una parvenza di serietà. “Beh, credimi, non tutte le femmine
fanno discorsi scemi, Tom. Lo imparerai col tempo.”
Gli spiegò, comportandosi come se si stesse confrontando con un adulto o comunque con un ragazzo della sua età.
Tom annuì, molto concentrato. “Ma
certo…”
La ragazza lo prese tra
le braccia, scompigliandogli appena la chioma e posandogli un bacio sulla fronte,
con fare materno. Le dava una serenità immensa poterlo stringere a sé. Si era
affezionata così tanto a quello scricciolo. La sola idea che, anche quella
volta, avrebbe dovuto lasciarlo là, all’orfanotrofio, le provocava una
fastidiosa fitta al cuore. Avrebbe tanto, tanto desiderato portarlo a casa con
sé.
“Ginny?!”
Si staccò dall’abbraccio, guardandolo negli occhi.
Un’espressione corrucciata, incupiva il visino pallido del piccolo. “…mhm? Che hai Tom?!”
“…neanche oggi posso venire via con te, vero?!”
Ginevra si morse il labbro inferiore, passandogli
due dita sotto al mento e costringendolo a ricambiare
lo sguardo. “Tesoro mio… tu sai quanto vorrei prendere tutte le tue cose e
portarti a casa, no?!” Il bambino annuì, evidentemente dispiaciuto. “Sto
facendo tutto ciò che è in mio potere, per farti venir via con me, te lo giuro. Ma serve… tempo.”
“Lo so…” Cercò di apparire comprensivo, per quanto
la sua età lo concedesse e anche quella buona dose di
capriccio che ogni bimbo possiede.
Si sentì impotente.
Per la prima volta, in tutta la sua carriera di Auror, sentì che non c’era veramente nulla che potesse
fare, per cambiare le cose. Si era sempre impegnata al massimo, lottando con le
unghie e con i denti, per ottenere ciò che voleva, per far sì che tutto si
aggiustasse. Ma evidentemente, quella volta, la fortuna non era dalla sua o comunque lei non si era data sufficientemente da fare.
Scosse la testa.
No che sciocchezze! Erano mesi che passava
giornate intere nel Tribunale per i Minori. Aveva passato verifiche, esami e quant’altro servisse a convincere
i giudici che sarebbe stata una buona madre. Aveva avuto una gran maestra… in
fondo. E non le importava neppure degli assurdi
discorsi dei suoi fratelli, di Harry, di Hermione… e sì, di sua madre stessa.
Thomas era ciò che aveva atteso per anni, ciò che in pochi mesi di conoscenza,
le aveva riempito la vita, rendendola meravigliosa.
Colorata. Sì, ecco… la vita con quello scricciolo aveva assunto finalmente una
tonalità diversa dal solito grigio o rosso sangue. I soli colori
che gli era concesso vedere…
…ma non aveva considerato
un aspetto fondamentale. Fondamentale per i giudici, perlomeno.
Si deve essere in due per crescere a dovere un
bambino. E lei, ora come ora e probabilmente ancora
per molto, era sola. Certo, aveva un sacco di persone intorno, amici, parenti,
colleghi… ma nessun compagno fisso e francamente, quelle poche ore di incontri ravvicinati con Harry, non le davano neppure la
parvenza di un ‘rapporto stabile’. Nessuno
dei due, in tutta onestà, se la sentiva di tirar su qualcosa di serio.
Però… era pur vero che se voleva con tutte le sue
forze avere Thomas con sé, avrebbe dovuto incominciare ad aprire gli occhi. Se non su Harry, quanto meno su qualcun altro, che le garantisse di
instaurare una relazione.
…cosa importava se poi
lei, non era per nulla certa di sentirsi pronta?
Thomas era più importante di tutto… in quel
momento.
“Andrà tutto bene… tesoro mio, andrà tutto bene…” Mormorò,
baciandogli una tempia e abbracciandolo, prendendo a dondolare sul letto.
________
Era esausta.
Quando ebbe messo piede a Grimmauld Place, si accorse
che la sua unica aspirazione era vedere un letto. Peccato che
un Ron, alquanto livido, la attendesse a braccia conserte all’imboccatura delle
scale, che conducevano al piano superiore.
Si stropicciò gli occhi, riponendo la giacchetta
sull’attaccapanni e guardando a fatica il fratello. “Che
succede?!”
“C’è il caffè, pronto in cucina.” Iniziò Ron, con
la voce molto simile al ringhio di un animale feroce. “Bevilo
e sali al piano di sopra.”
Ginny inarcò un sopracciglio, eseguendo parte di
quello che aveva tutta l’aria di essere un ordine perentorio. “Mi vuoi dire che
ti piglia?!” Domandò, appoggiandosi alla tavolata di legno della cucina dell’ex Palazzo Black e sorseggiando un po’ del caffè nella
tazzina, schifosamente amaro, per giunta.
“Mi piglia che sono le undici di sera, sono stanco
e Mister-non-dormo-e-rompo-i-coglioni-al-prossimo,
ancora non si è deciso a toccare cibo, né a collaborare in qualsiasi tentativo di aiuto nei suoi confronti. Dice che… non si fida. E fa bene! Se Harry o io lo rivediamo
un’altra volta sola, lo uccidiamo…” Sibilò sempre più innervosito. La vena
sulla giugulare pulsava in maniera inquietante.
Brutto segno, si ritrovò a pensare la sorella.
“Adesso ci penso io…” Lo rassicurò, mal celando un
sospiro esasperato. “Che gli avete dato da mangiare?!”
“…ma cosa vuoi che me ne
importi! Ho aspettato che l’elfo portasse su il vassoio e ho
aspettato che mangiasse… ma non ha toccato cibo!”
Ginevra allargò gli occhi, sollevando entrambe le
sopracciglia. “Ma dico… sei scemo!?”
“Ah pure!” Esclamò sarcastico, nonché
infastidito dal commentino della ragazza.
“Ron…” Sbuffò scocciata Ginny, chiudendo gli
occhi. “…ma come ragioni? E’ cieco…! Te lo sei dimenticato?! Devi aiutarlo se vuoi che mangi
qualcosa…”
Il rosso si lasciò sfuggire una
smorfia ironica. “Io aiutare Malfoy?!... neanche morto!”
“Ronald Weasley… lascia che te lo dica, sei un
vero idiota!” Soffiò scandalizzata, mollando il fratello nella cucina
dell’abitazione e salendo con passo pesante le scale.
Stupido
di un fratello!
Una volta di fronte alla porta della camera
occupata da Draco, però, indugiò un po’ con la mano sulla maniglia. Prese un
forte respiro ed entrò, trovandosi immersa nella penombra.
La figura del ragazzo, ancora disteso a letto, era
appena distinguibile, grazie alla luce della luna che penetrava dalla finestra.
“Malfoy?!”
“Weasley…” Rispose pacato,
con una lieve nota di acidità nella voce, dopo un attimo di silenzio.
“Come ti senti?!” Cercò di apparire il più calma e comprensiva possibile. “…ti va di mangiare
qualcosa?!”
Il giovane ridacchiò, aspro. “Ti hanno mandato
Potter e Lenticchia, vero?!”
“No…” Mugugnò poco convinta, passandosi una mano
nei capelli e portandone alcune ciocche dietro le orecchie. Se l’avesse vista un quel momento… sembrava una bambina in
punizione, sull’orlo di una crisi di… no, nervi forse era eccessivo. “…allora,
vuoi mangiare?!”
Draco ghignò nel suo classico modo. “Dipende
cosa…”
“Mhm…” Indugiò un po’,
in cerca del vassoio del cibo. Un piatto contenente pane, carne e un po’ di
verdura, giaceva abbandonato su una sedia, accostata al letto. “Direi bistecca,
pane e verdure bollite… che ne pensi?!”
“…tsk…”
“Puoi sempre digiunare se vuoi…” Provò pungente,
sorridendo dell’improvviso irrigidimento del ragazzo. “Ok,
ho capito… ti vanno bene.”
Malfoy fece scattare la testa nella sua direzione…
“Weasley-”
“…questa te la pago, sì,
lo so Malfoy… lo so.”
Continua…
________
Chiedo scusa per l’abnorme ritardo. Purtroppo, quando
l’ispirazione non c’è… è inutile cercarla e io son stata
troppo dietro alle altre storie e a ispirazioni momentanee per le
oneshot, proprio sperando che le idee per UANB tornassero. Difatti…
eccomi qui.
Come vedete… ecco svelato il MISTERO DEL TRIBUNALE. Ginevra vuole
adottare un bambino. Chi è Thomas? Cosa ha subito un anno
prima? No, beh… adesso volete troppo ^^’’ non ve lo
dirò… dovrete attendere un po’. Vi potrei dire che c’entra anche Draco…
sì, dai… sono buona. Inoltre rassicuro chi non vuole
vedere Harry con Ginny… tranquilli… non c’è una storia ‘seria’
come avrete potuto constatare. ^^
Ringrazio immensamente tutti coloro i quali hanno recensito questa
storia ^^
Poyel - Vega - Aura - Marian86 - Ary
- _Kristel_
- Meiko - Malfoy (ehm… lo so, ma… lo stanno
curando ^^’) - Katty
- Dark Crystal
– Marcycas -
The Lady of Darkness - Lynn Wolf - *Stefy* - Enika - Angele87
- Ryta Holmes e Kagura!
Spero di non aver dimenticato nessuno *-* Vi voglio un mondo di bene… e grazie
anche a tutti quelli che leggono la storia e non recensiscono ^^
Luna Malfoy
Fatemi sapere
che ne pensate ç___ç vi prego!
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