Ciao
belli!
Scusate il ritardo, colpa dei festeggiamenti che non mi hanno permesso
di
revisionare in tempo!
Questo
è l’ultimo
capitolo, ringrazio di cuore i 17 seguiti e i 2 preferiti, in
particolar modo
Bellatrix29 e Holly715 per aver recensito ogni capitolo!
Ciao,
e
buon anno!
Capitolo
5:
Draco torna in se.
“Quindi siete
stati voi!” urlò
Draco, puntando il dito accusatore contro Pansy, Theodore e Blaise.
“Tutto
quello che è successo è… è
opera vostra!”
“Esatto.”
ghignò Blaise, compiaciuto. “E, dopo quello che ci
hai
raccontato, io penso che dovremmo riceve un Encomio speciale per
ciò.”
Draco
fumava dalla rabbia.
Quella
notte non era riuscito a dormire a causa dell’ansia e, quando
finalmente i suoi compagni si erano decisi a svegliarsi (beati loro che
la
notte dormivano pacifici!), Draco si era precipitato a raccontare tutto
a Theo
e Blaise, a cui si era unita anche Pansy.
Il
Serpeverde aveva raccontato loro ogni cosa.
Aveva
narrato loro della visita del fantasma della Rowling e della sua
avventura coi tre spiriti, esattamente come accadeva nel romanzo della
scrittrice a lui apparsa.
Aveva
anche rivelato l’identità dei tre spiriti e le
emozioni collegate ad
essi: gioia nel rivedere suo nonno, senso di colpa nel conoscere la
mamma di
Potter e terrore puro sia per il fantasma che per il futuro
presentatogli dal
cugino Regulus.
Si
era aspettato che i suoi amici lo avrebbero guardato con scetticismo e
che lo avrebbero portato d’urgenza in infermeria a farsi
vedere ancora prima
della fine del suo racconto, per cui si
era preparato un paio di incantesimi da utilizzare per far ascoltare
loro la
storia fino in fondo.
Ma,
con sua grande sorpresa, non aveva dovuto usarli.
Perché
l’espressione dei compagni non era né turbata
né preoccupata, ma
eccitata e, in qualche modo, sollevata, soprattutto
nell’udire l’ultima parte
del racconto.
Draco
aveva chiesto spiegazioni e i tre Serpeverde avevano ammesso che
erano stati loro tre a contattare gli spiriti, preoccupati dal suo
comportamento.
Draco
allora era uscito fuori dai gangheri.
Come
si erano permessi?
Però
era passato oltre e aveva finalmente rivelato ai suoi amici il
perché
del suo comportamento.
E
anche li la loro reazione lo aveva sorpreso.
Non
si erano ritratti, non avevano assunto espressioni di orrore, non lo
avevano schifato.
“Draco”
disse Blaise, sotto lo sguardo sorpreso dell’amico
“Draco, fattelo
dire, sei stato davvero uno stupido. Noi siamo tuoi amici, sappiamo la
tua
situazione, che non è così diversa dalla nostra.
Ti avremmo aiutato anche
prima.”
Draco
era commosso e allibito, ma poi si ricordò del motto della
loro Casa:
“A
Serpeverde voi
troverete gli amici migliori
quei tipi astuti e affatto babbei
che qui raggiungono fini ed onori.”
Ed
eccoli li, i suoi amici Serpeverde.
Astuti
e affatto babbei, gli amici migliori.
Era
proprio vero, lui aveva i migliori amici del mondo.
Amici
discreti ma presenti, che lo capivano nel profondo, che lo
sostenevano moralmente, a volte anche restando nell’ombra,
che non lo
giudicavano.
Che
lo accettavano.
Con
le lacrime agli occhi, anche se stavolta erano di gioia, Draco Malfoy
si avvicinò a Blaise Zabini, Theodore Nott e Pansy
Parkinson, avvolgendoli in
un caldo, sincero e silenzioso abbraccio di gruppo.
I
quattro amici rimasero così per dieci minuti buoni,
assaporando quel
momento di affetto reciproco che ormai troppo raramente si manifestava.
Alla
fine avevano tutti e quattro gli occhi lucidi.
“Forza”
disse Blaise dopo un po’, asciugandosi gli occhi e prendendo
Draco
per il braccio “andiamo da Silente!”
**
Draco
aveva una fifa blu.
Il
cuore gli martellava così forte contro le costole che il
Serpeverde
temeva che presto gliene avrebbe fratturata qualcuna.
Il
suo respiro era affannoso ed era tentato di tornare indietro.
Era
troppo spaventato.
Cosa
avrebbe dovuto dire a Silente?
Salve
vecchiaccio, come sta? Devo
rivelarle un segreto: io sono un Mangiamorte! E la devo uccidere! Ma
sono
troppo codardo. Le dispiacerebbe accogliermi sotto le sue gonne?
A
Draco scappò inspiegabilmente da ridere.
Pansy
lo abbracciò. “Bravo, Draco, sorridi”
gli disse lei, sorridendogli a
sua volta “Andrà tutto bene. Noi ti siamo
vicini!”
Anche
Draco sorrise, col cuore improvvisamente più leggero.
Lui
non era solo.
Non
più.
I
quattro Serpeverde camminarono fino all’ufficio del Preside e
si
fermarono davanti al gargoyle di pietra.
“Parola
d’ordine?” chiese quello.
“Emh…”
Né
Draco né i suoi amici sapevano la parola d’ordine
del loro preside.
“E
ora che facciamo?” chiese Pansy con aria abbattuta.
“Proviamo
a indovinare!” esclamò Theo “So che di
solito sono nomi di
dolciumi! Pallini Acidi”
Non
successe niente, ma il Serpeverde non demorse.
“Api
Frizzole.”
Niente.
“Gelatine
Tuttigusti+1.”
Idem
come sopra.
“Gommebolle
Bollenti.”
Nada.
Alla
fine Theo si girò, spazientito, verso i suoi amici, che lo
stavano
guardando divertiti.
“Allora,
volete darmi una mano o no?” Sbottò.
“Goccia
di pera” urlò allora Pansy, entusiasta.
Nada
de nada.
“Ora
comincio ad arrabbiarmi” sibilò Blaise
“Brutto vecchiaccio… Scarafaggi
a Grappolo!”
Il
gargoyle lo guardò storto e scosse di nuovo la testa.
“Cioccorane!”
tentò, speranzoso, Draco.
Ma
non era neanche quella.
“Caramelle
Mou!”
“Piperille!”
“Filidimenta!”
“Lumache
Gelatinose!”
I
ragazzi continuarono quell’assurda Caccia Alla Parola per una
mezz’ora
buona, urlando i nomi dei dolci più strani e assurdi che
potessero esistere e
scoppiando a ridere a intervalli regolari.
Draco
si sentiva bene ora, i suoi problemi sembravano appartenere a qualcun
altro.
“Rospi
alla menta!” tentò, alla fine, Pansy e, con
sollievo di tutti, il gargoyle
fece finalmente un cenno d’assenso e si mise di lato, facendo
passare i
ragazzi, che si arrampicarono per la stretta scala a chiocciola.
Si
ritrovarono, anche troppo presto per i gusti di Draco, di fronte alla
porta dell’ufficio del preside.
Era
arrivato il momento della verità.
Il
Biondo Serpeverde mise una mano sulla maniglia.
Stava
per compiere il passo che gli avrebbe cambiato la vita per sempre.
Di
sicuro in meglio.
Forza,
Draco!
Malfoy
abbassò la maniglia della porta ed entrò.
“Professore…?”
chiese.
“Ah,
Draco, finalmente eccoti, vieni” lo accolse bonariamente
Silente, con
un cenno della mano.
Draco
esitò sull’uscio della porta.
Non riusciva a capire.
Perché
aveva detto ‘finalmente?’
“Vieni,
Draco” lo esortò di nuovo il preside
“Non stare li sulla porta,
vieni. So che devi dirmi qualcosa”
Draco
entrò nello studio, da solo, lanciando prima una sguardo
preoccupato
ai suoi amici che erano rimasti fuori.
Il
vecchio sapeva? Se si, come? E ora cosa avrebbe fatto? Lo avrebbe
espulso? Lo avrebbe fatto arrestare?
Draco
era sempre più dell’idea di dover scappare via, ma
ora sapeva di non
avere scampo.
Si
lasciò cadere sulla sedia che Silente gli indicava con aria
afflitta.
“Draco”
disse il preside, affabile “stai tranquillo. So
già che mi vuoi
dire, o almeno, spero di saperlo. So che deve essere difficile per te,
per cui
non ti chiederò di raccontarmi tutto. Sarebbe troppo gravoso
per te. Rispondi
semplicemente alle mie domande, va bene?”
Draco
annuì, capendo che sarebbe stato stupido cercare di parlare:
si
sentiva la gola secca.
Silente
continuò a sorridere, scrutandolo da dietro gli occhiali a
mezza
luna.
“Draco
Malfoy” cominciò “Sei qui per conto tuo
o per conto di qualcun
altro?” chiese.
“Per
conto mio.” Si sforzò di dire Draco.
A
Silente brillarono gli occhi.
“Draco.
Scusa, ma devo chiedertelo. Sei un Mangiamorte?” gli
domandò, a
bruciapelo.
Draco
deglutì. Il cuore gli batteva furioso nel petto.
Aprì
la bocca per rispondere, ma non emise alcun suono.
Sconfortato,
decise di passare per le vie di fatto.
Lentamente,
portò la mano destra sulla manica sinistra della divisa e
cominciò ad alzarla lentamente, fino a ripiegarla al gomito.
Eccolo
li.
Immobile
e sbiadito.
Ma
c’era.
Il
Marchio Nero spiccava sulla sua pelle chiara proprio come il sangue
rosso
scuro spiccava sulla neve candida.
Silente
fissò il Marchio per dieci secondi buoni, senza dire niente,
e poi
fece cenno a Draco di abbassare la manica.
“Voldemort
ti ha incaricato di uccidermi, vero?” chiese di nuovo, gli
occhi
penetranti che sembravano volerlo perforare da parte a parte.
Draco
sussultò nell’udire quel nome, ma si costrinse a
rispondere: “Si,
Signore” gracchiò.
E
ora? Ora cosa sarebbe successo? Sarebbe stato sicuramente sbattuto ad
Azkaban.
“E…
Draco, un’ultima domanda: tu VUOI uccidermi? Vuoi davvero
segnare così
il tuo futuro?”
Draco
scosse violentemente la testa e Silente annuì soddisfatto.
“Bene,
Draco. Sono felice che tu abbia preso queste sagge decisioni. Non lo
fare, Draco, la tua vita non è ancora rovinata del tutto. Ti
nasconderò io.”
“Ma,
signore” disse Draco, con voce roca nello sforzo di parlare
“Mia
madre… e mio padre…”
“Tua
madre la faremo arrivare con la Metropolvere qui a Hogwarts,
sarà al
sicuro. Tuo padre per ora è ad Azkaban e non dovrebbe
correre rischi. Poi sarà
trasferito anche lui ad Hogwarts.”
Draco
non sapeva cosa dire.
Aveva
appena rivelato al vecchiaccio che era diventato un Mangiamorte e che
aveva in programma di farlo fuori e lui cosa faceva? Gli offriva un
riparo? Un
posto sicuro?
Non
sapeva che dire e aveva una strana voglia di ridere.
“Grazie,
signore” disse, semplicemente, ma Silente parve apprezzare.
“Grazie
a te, Draco. Grazie per essere venuto da me a
chiedere
aiuto, anzi che cercare di uccidermi con dei tentativi che sarebbero
stati vani
e che avrebbero provocato danni a persone innocenti.”
Draco
stava per ribattere qualcosa -non sapeva neanche lui che cosa- ma
Silente lo congedò con un cenno della mano.
“Draco,
scusami, ma ora devo chiederti di andartene. Devo mobilitarmi
subito per trasferire tua madre qui. Ci sono molte cose che voglio
sapere,
molti dettagli, ma me li racconterai a tempo debito. Ora vai.”
Draco
si alzò dalla sedia.
“Si,
signore” disse, e si accinse a lasciare lo studio.
Quando
aprì la porta, i suoi amici gli capitombolarono addosso:
sicuramente
si erano appiccicati dietro alla porta, tentando di origliare.
Malfoy
soffocò una risata e si voltò a guardare di
sbieco Silente, ma
quello era girato a parlare con un ritratto.
I
suoi amici si rialzarono e insieme uscirono dalla stanza.
**
3
Gennaio 1997
Draco
mandò giù un altro boccone di bacon, agitato.
Guardava
a intervalli regolari il tavolo di Grifondoro.
Quella
mattina tutti i ragazzi erano tornati dalle vacanze di Natale, anche
se le lezioni sarebbero cominciate solo l’indomani, e ora la
Sala Grande era di
nuovo gremita di persone.
In
quei giorni la vita di Draco era cambiata drasticamente.
Sua
madre era stata trasferita ad Hogwarts il 27 Dicembre e Draco aveva
passato i due giorni successivi a raccontare a tutti per filo e per
segno il
compito affidatogli dal Signore Oscuro, cosa lo aveva spinto a
confessare e
come e perché aveva preso il Marchio Nero.
Già,
il Marchio Nero.
Draco
sorrise.
Quella
era stata una delle cose più belle che Draco aveva
riscontrato subito
dopo aver rinnegato la lealtà verso Voldemort.
Il
Marchio Nero era sparito.
Draco
all’inizio non se ne era raccapezzato, perché
anche Piton aveva
rinnegato Voldemort, ma lui aveva ancora il Marchio visibile.
Silente
allora aveva dedotto che, molto probabilmente, quello di Draco era
sparito perché lui era ancora puro, non aveva,
cioè, mai ucciso, a differenza
di Severus.
E
quello aveva comportato la piacevole conseguenza che, anche se era
inizio
Gennaio, Draco andava in giro in maniche di camicia, guadagnandosi
parecchi
sguardi scettici, per il puro piacere di poter
mostrare le braccia
senza alcuna vergogna.
Ora
però aveva un’ultima sfida da affrontare, prima di
essere completamente
in pace con se stesso.
E
quella sfida consisteva in un ragazzo dai capelli scuri e gli occhi
verdi.
Draco,
quella mattina, lo stava tenendo d’occhio per poterlo
bloccare alla
prima occasione.
“Draco,
smettila di guardarti intorno con tutta
quell’ansia” lo
ammonì Pansy, dopo che il compagno si era
girato per l’ennesima
volta “Sembri uno Schiopodo Sparacoda!”
Quell’affermazione
fece ridere Theo e Blaise, ma Draco non la sentì: Harry
Potter si era appena alzato da tavola, assieme ai suoi amici.
“Io
vado.” disse Draco, risoluto, ai suoi amici, e si
alzò prima che gli
altri potessero replicare qualcosa, rincorrendo il Grifondoro.
“Harry
Potter!” gridò, attraverso il corridoio.
L’interpellato
si girò con un sorriso, che però di spense quando
vide chi
lo aveva chiamato.
Draco
gli si avvicinò.
“Malfoy.”
rispose, gelido, quando il Draco gli fu vicino.
Draco
aprì la bocca per parlare, ma Ron lo interruppe “Che
vuoi
Malfoy?” ringhiò, puntandogli la bacchetta contro.
Il
Serpeverde lo guardò con aria di superiorità, ma
non si mosse e questo
fece infuriare ancora di più Ron, che lo fissò in
cagnesco.
“Cosa
c’è, Malfoy? Hai perso la lingua? Hai paura? O
forse…” aggiunse, accennando
alle maniche corte del ragazzo “Forse ti sei congelato?! Ti
sembra
l’abbigliamento adatto in questa stagione?”
Malfoy
ringhiò. Già non ne poteva più di
Weasley. Lui doveva parlare con Potter!
“Non
mi sembra di averti interpellato.” rispose Draco, con calma
glaciale
“Io ho chiamato Potter, non te, per cui vedi di non ficcare
il naso negli
affari altrui. E, riguardo l’abbigliamento, stai tranquillo,
sono sempre più
elegante di te.”
Terminata
la rispostaccia, non diede il tempo a Weasley di ribattere e
afferrò Potter per un braccio, trascinandolo per il
corridoio alla ricerca di
un’aula vuota.
“Malfoy
che ti prende? Sei forse impazzito?” protestò
Harry, scioccato da
quel contatto fisico con Draco. Harry non ricordava di averlo mai
toccato,
iniziando dalla stretta di mano rifiutata.
“Zitto
e seguimi.” Ordinò Malfoy, senza mollare la presa.
Ora che aveva in
pugno Potter, non voleva lasciarlo andare. Aveva paura che scappasse,
aveva
paura che lo rifiutasse di nuovo. Se fosse successo ancora, Draco non
lo
avrebbe retto.
Finalmente
raggiunsero l’aula di Incantesimi e Draco vi ci si
fiondò
dentro, sigillando la porta, poi si voltò verso
l’altro.
“Potter.”
Cominciò, una volta che furono soli. Non era facile
esprimere ciò
che voleva dire.
“Malfoy.”
replicò Harry, in attesa.
“Io…
ho delle cose da dirti.” Sibilò, lo sguardo fisso
altrove. Doveva
farcela!
“A
me?!” chiede Harry, allibito “Perché
proprio a me? Mi sono perso
qualcosa…?”
Draco
ghignò. “Oh, si” rispose “Un
bel po’ di cose.” e gli raccontò tutto
ciò che gli era capitato, dal compito di uccidere Silente e
alla visita dei tre
spiriti.
Harry
era sempre più scettico a ogni parola.
“Per
cui hai visto mia madre?” lo interruppe Draco, a
metà racconto, col
fiato corto.
Draco
sorrise.
“Si,
è una donna davvero molto dolce, e bella.” Disse
“E ha i tuoi stessi
occhi.”
Quella
volta fu il turno di Harry di sorridere “Si, me
l’hanno detto. E
come sta? Come ti è sembrata?”
“Sta
bene” rispose Draco “Ma è triste, ed
è preoccupata per te. Ha paura
per questa guerra. Ha paura di ciò che potrebbe accadere a
ognuno di noi se
Tu-Sai-Chi dovesse vincere.”
“Ma
perché è apparsa a te, allora? È mia
madre, perché non è venuta da me?”
chiese Harry, con una punta di dolore.
Bella
domanda. Draco non ne aveva la minima idea.
“Forse…
forse è perché il nostro futuro è
legato?” tentò di dire Malfoy, e
Harry si fece ancora più confuso.
“…legato?”
chiese Harry, con un fil di voce “In che senso
legato?”
“Beh,
ecco…” balbettò Draco. “Lo
Spirito del Natale Futuro mi ha mostrato
una delle tante vie future possibili e beh… io ero ad
Azkaban e tu…” Draco si
fermò, col viso basso. Perché Potter lo avrebbe
aiutato così? Sarebbero
diventati amici? O forse sarebbe stato in debito coi Malfoy per una
qualsiasi
cosa?
“…E
io?” lo incalzò Harry, pieno di
curiosità.
“E
tu aiutami mia madre a farmi uscire di li. Facevi continue pressioni al
Wizengamot per trovare delle attenuanti.” Concluse Draco, con
voce seria.
Harry
era sbalordito.
“Davvero?
Cioè, scusa se sono incredulo adesso, ma, a essere sinceri,
ora
come ora non credo che lo farei.” Disse Harry, alla leggera,
sbirciando per
poter vedere la reazione di Draco.
Stranamente,
Malfoy ghignava.
“Lo
so.” Disse “In questi anni ti ho lanciato tanta
merda addosso e ho
anche preso il Marchio Nero, ma…”
“Ma, io non vedo
alcun Marchio
Nero!” Lo interruppe Harry, indicando il braccio scoperto di
Malfoy.
“Lo
so, Potter. Questo è segno che sono veramente
pentito.” Rispose Draco,
con fare convincente.
“Ma…”
cercò di continuare Potter, ma Malfoy lo sbloccò
con un cenno della
mano, tendendogliela.
“Potter,
smettila di blaterare e ascoltami. Stavolta non accetto un
no.”
Disse, minaccioso, con la mano protesa verso Harry.
“Prendi
la mia mano, Harry Potter, e diventa mio amico. Non ho desiderato
altro per sei lunghi anni, anche se ti prendevo sempre in giro, era per
attirare
la tua attenzione” confessò “Ma ora mi
sono stufato. Voglio essere tuo amico,
Harry Potter. Ho anche girato il culo al Signore Oscuro, con rischio di
morire
e di far uccidere la mia famiglia.”
Draco
fede una pausa.
“Accetta
la mia amicizia, Harry.”
Harry.
Lo
aveva chiamato Harry.
Non
Potter, non Potty o Sfregiato.
Harry.
Fu
forse questo più di qualunque altra cosa a spingere la mano
del
Grifondoro verso quella del Serpeverde e di stringerla forte,
sorridendo.
Dopotutto,
Malfoy aveva sempre fatto parte della sua vita, no? Sin da prima
iniziare Hogwarts. Fu il primo bambino non Babbano con cui ebbe parlato
e,
anche se al primo impatto non gli era stato tanto simpatico, Malfoy poi
lo
avrebbe accompagnano per tutti i sei anni avvenire.
Era
stato grazie a Malfoy che Harry aveva montato la sua scopa con tanta
facilità, Malfoy lo aveva smosso a cercare di scoprire chi
fosse l’erede di
Serpeverde, Malfoy lo aveva ‘aiutato’ a produrre un
Patronus, vestendosi egli
stesso da Dissennatore solo per arrecargli fastidio.
Malfoy
era stato letteralmente una spina nel fianco per Harry quindi,
forse, era giunto
il momento di provare
ad averlo accanto come amico, anzi che come nemico.
“Va
bene, Malfoy. Accetto.” Disse, e il volto di Malfoy si
illuminò
“
E ti chiedo scusa anche io
per
esser stato così stupido, sei anni fa. A sapere che poi mi
avresti tormentato
così, forse avrei dovuto prenderla subito, questa dannata
mano.”
Anche
Draco sorrise, certo che quello era solo l’inizio di una
splendida e
duratura amicizia.
The
End.