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Autore: ellacowgirl in Madame_Butterfly    30/12/2013    3 recensioni
(RIVISITATA)
Non è la solita storia, non è la solita battaglia.
Non sono le principesse ad essere in pericolo e nemmeno i loro principi ed i loro regni: sono i loro nemici a tremare, sono loro a trovarsi dalla parte dei fuggitivi.
La loro vita, la loro esistenza stessa è minaccia da un’entità che si definisce “il Bene” e che, in quanto tale, ha deciso di estirpare ogni male, alla radice stessa.
Un “Bene” che non ha nulla a che vedere con i “Buoni” delle fiabe, ma una creatura del tutto nuova ed implacabile.
Come reagiranno i Cattivi dinnanzi a questa nuova minaccia?
Ed i nostri paladini, da che parte si schiereranno?
A loro non resta che una sola ed umiliante scelta: chiedere, per una volta, l’aiuto di coloro che hanno sempre tentato di ferire in ogni modo.
Genere: Avventura, Sentimentale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Correva, correva a più non posso per la strada ciottolata, i capelli ricci e scuri scompigliati, una mano a reggere il lungo abito rosso sangue per non inciampare e quindi cadere a terra.
Lanciava rapide occhiate dietro di sé, i polmoni che la pregavano di smetterla, di darle tregua, mentre l’adrenalina le scorreva in corpo come una furia.
E la paura, la paura le stringeva quel cuore di ghiaccio in una morsa, costringendola a continuare quella folle fuga.
«Aprite! Aprite, presto!» Urlava man mano che si avvicinava, il fiato le si strozzava in gola, le corde vocali stridevano per l’eccessivo sforzo richiesto.
Pochi metri la separavano dall’entrata del castello, lo raggiunge in poche falcate mentre il cielo, dietro di lei, si faceva sempre più scuro e tutt’altro che rassicurante.
Sbatté più volte i pugni contro il portone, lo sguardo terrorizzato, la paura dipinta sul volto che ormai lasciava emergere i segni dell’età.
«Aprite, maledizione! Aprite questo dannato portone!» Continuò a gridare dal basso, le due guardie di ronda si affacciarono dall’alto delle mura ed immediatamente la riconobbero, mostrando un’espressione avversa, quasi schifata nella loro impeccabile uniforme.
«Siete stata bandita da questo regno, strega. Vi è proibito tornarvi!» Le gridò uno dei due, lo sguardo tutt’altro che amichevole: ogni cittadino di quel regno del Sole ricordava perfettamente la reclusione a cui quella donna aveva costretto la principessa, e mai le avrebbero concesso anche la minima grazia.
«Idioti!» Ringhiò fra i denti, volgendo le spalle al portone e lasciando spazio di nuovo al terrore: quell’enorme nuvola bianca, quell’ammasso di incompiutezza che si faceva chiamare “il Bene”, si stava avvicinando cautamente, come volesse farla morire di una lenta agonia.
Mentre Madre Gothel tentava invano di convincere le guardie a farla entrare, in città tale voce si era diffusa immediatamente tanto che il vociare confuso e scandalizzato della gente aveva costretto uno dei paggi reali a bussare alla porta del Castello dei reali, chiedendo udienza.
All’interno del salone centrale, la Regina dai lunghi capelli nocciola parlava ormai da parecchi minuti della necessità di cambiare i tendaggi, ormai fuori moda, e gesticolava con un certo trasporto man mano che indicava ogni singola tenda in quello stanzone.
A pochi passi dietro di lei, Rapunzel non aveva occhi che per l’uomo che le aveva rubato il cuore, il quale a bassa voce sembrava raccontarle una delle sue mille avventure, che lei ascoltava molto più che piacevolmente.
«…e poi quello ha sfoderato la spada, con tutte le intenzioni di saltarmi addosso… anche se io ero disarmato!» Racconta con un certo trasporto, mentre le iridi verdi della principessa luccicano di entusiasmo.
«Davvero? E quindi come hai fatto?» Eugene sfoggiò uno dei suoi migliori sorrisi, con quell’espressione decisamente beffarda e sicura di sé. Mimò di estrarre una spada dal fodero. «Lesto come il vento, ho fregato la spada ad una delle guardie vicino a me e…» Si era fatto decisamente prendere, tanto da aver sfoderato la spada che teneva alla cinta.
L’aveva fatta roteare, immedesimandosi nell’avventura tanto da colpire, per sbaglio, proprio una delle tende: uno strappo enorme, tanto da averla quasi segata a metà.
Si bloccò di colpo, scambiando uno sguardo seriamente preoccupato con la principessa.
«…oh, finalmente qualcuno che mi ha ascoltata! Bravo Eugene!» La voce della Regina li costrinse a ricomporsi, assumendo un’espressione angelica e riponendo accuratamente la spada. «Vedo che hai già cominciato a liberarci di questi vecchi tendaggi, non perdi tempo!» Si congratulò la Regina con un caldo sorriso, dopo aver ovviamente frainteso ogni cosa dato che il principe non aveva ascoltato mezza parola.
«Ma certo, maestà: mai perdere tempo, specie se si tratta di tali bruttezze!» Affermò con tono solenne, impegnandosi nel ruolo che stava ricoprendo.
Rapunzel, dal canto suo, se la stava ridendo alle sue spalle, tenendo una mano davanti alle labbra nel tentativo di contenersi: amava Eugene, lo amava davvero.
Ma lo amava per il ragazzo di strada ed il fuorilegge che era sempre stato, capace di non lasciarsi ingannare, di saper risolvere ogni situazione e volgerla a proprio favore.
Per quanto adorasse l’idea di averlo sempre al proprio fianco, in veste di principe non ce lo vedeva per niente.
«Maestà!» La grande porta della sala venne aperta bruscamente dal paggio, il quale correva letteralmente sul marmo scuro, raggiungendo i tre con il fiatone.
«Cosa è successo?» Domandò subito al Regina ed immediatamente tutti e tre si fecero seri ed in ascolto.
Il paggio inspirò profondamente, riferendo quanto stesse accadendo nel modo più preciso possibile, dall’arrivo di Madre Gothel a quell’enorme nuvolone bianco che sembrava sovrastare ogni cosa, all’inseguimento della donna.
«Continua a chiedere di poter entrare, Vostra Maestà. Chiede asilo.» Concluse attendendo un verdetto. Rapunzel ebbe una fitta al cuore, mentre la madre le stringe istintivamente una mano: avevano sofferto tanto, troppo a causa di quella donna, eppure il loro cuore non riusciva ancora a serbare rancore.
«Asilo? ASILO?!» Eugene, contrariamente alle due donne, era su tutte le furie.
«Con quale coraggio quella strega si ripresenta qui? E senza nemmeno chiedere scusa, no, con delle pretese!» Aveva alzato al voce, decisamente infuriato: anche lui era stato ingannato, in un certo senso, ma soprattutto a causa di quella donna aveva rischiato di perdere la vita e la persona che più amava al mondo, l’unica che era stata capace di andare oltre le dicerie e la sua pessima fama.
«Portatemi da lei…» La voce flebile della principessa echeggiò nel salone, in perfetto contrasto col tono rabbioso del marito.
Il ragazzo le volse un’occhiata di rimprovero, mentre la Regina le stringeva ambedue le mani, dolcemente.
«Tesoro…» Bisbigliò semplicemente, consapevole che quella fosse una scelta soltanto della ragazza.
«No, Rapunzel, non ti avvicinerai a quella donna!» a rimproverò il principe, deciso a proteggerla a tutti i costi: non le avrebbe fatto rischiare la vita, non un’altra volta.
«Dobbiamo aiutarla, Eugene. E’ in pericolo.» Protestò benevolmente Rapunzel, abbandonando le mani della madre ed avvicinandosi al ragazzo.
Lui era scettico, particolarmente scettico, eppure non riusciva a distogliere lo sguardo da quelle iridi limpide e pure nemmeno per arrabbiarsi.
«Quella in pericolo sarai tu, se lei mette piede qua dentro!» Ribatté con una certa fermezza, ma il tono cominciava lentamente ad abbassarsi, a calmarsi controvoglia.
Non riusciva ad essere davvero arrabbiato con lei, per quanto si sforzasse quantomeno di discutere, quella benevolenza senza pari riusciva sempre a spuntarla.
Forse perché, oltre alla dolcezza, Rapunzel vantava di una testardaggine parecchio elevata.
«Non possiamo abbandonare chi ha bisogno… Rifiutarci di aiutarla sarebbe come metterci sul suo stesso piano.» E si incamminò, con passo deciso ma non troppo affrettato, diretta ai cancelli del Regno.
Il cuore batteva, batteva forte: l’ansia, la paura e l’angoscia di troppi anni sembravano tornare ad investirla come un uragano.
Ma lei non si fermava, continuava la sua camminata: perché lo sapeva, in cuor suo, che quel poco di bene che Madre Gothel aveva fatto per lei era ancora presente nel suo cuore…
E mai, mai l’avrebbe dimenticato, mai avrebbe ceduto alla vendetta o alla meschinità, finché quella piccola fiammella di affetto sarebbe rimasta accesa.
La Regina non disse nulla, non la fermò, ma nemmeno la seguì.
Si limitò a sospirare appena, giungendo le mani in grembo, mentre Eugene dopo una sonora imprecazione si affrettava a raggiungere la ragazza.
Arrivati sulle mura il cuore perse un battito quando lo sguardo incontrò quell’immensa nube, densa, densissima, che rilasciava una luce tanto forte e particolare da non convincere nessuno dei presenti.
«Ma che roba è?» Sbottò il principe, raggiungendo Rapunzel ormai a pochi passi dal punto di controllo dove le guardie di poco prima ancora discutevano con la strega in questione.
«Accidenti a voi! A voi e a tutto il vostro Regno del cavolo! Aprite!» Le imprecazioni della donna si udivano senza troppa difficoltà ma i due non accennavano a muovere un muscolo per lei.
E la nube avanzava, sempre più velocemente, ormai era questione di pochi minuti e avrebbe raggiunto l’esterno del portone, senza pietà e senza risentimento.
«Aprite il cancello, subito!» La voce di Rapunzel spezzò l’isteria di Madre Gothel, la quale si concesse uno sguardo di stupore, alzando immediatamente gli occhi verso le mura.
E la vide, quella ragazzina che le aveva procurato tanti problemi. La vide radiosa e solare come sempre, i capelli dorati e quel fuorilegge fin troppo apprensivo che non l’abbandonava mai.
Vederli insieme fu una botta dura, che fece male più di qualsiasi altra ferita, ma si morse un labbro e non disse nulla.
«Ma Principessa, gli ordini del Re sono che…» Ma venne bruscamente interrotto.
«Non importa!» Asserì riprendendo fiato una volta giunta in prossimità delle guardie.
«Rapunzel!» Il grido proveniva dal basso: la nube aveva ormai raggiunto il cancello e a Madre Gothel non si presentava più alcuna via d’uscita.
«Fate presto!» Si unì al coro Eugene, aiutando le guardie ad abbassare le due leve del portone.
Rapunzel si affacciò alle mura, quel cancello non si sarebbe aperto in tempo, ne era certa.
L’ansia l’assalì, ansia come se stesse per perdere qualcuno a lei caro, ansia come se una parte di lei fosse in pericolo.
«Madre!» urlò in risposta, si affrettò a sciogliere la treccia dei capelli, le mani che le tremavano mentre slacciava i fili di raso, lo sguardo sconvolto e preoccupato.
Fece per gettare i propri capelli, ancora non completamente sciolti, oltre le mura, come aveva fatto molte, moltissime altre volte, ma un urlo soffocato la fermò.
La nube aveva raggiunto il cancello, e della strega non ve n’era più traccia.
«Nooo!» Eugene l’afferrò giusto in tempo per la vita, impedendole qualsiasi altra pazzia. Il voltò si tirò, quasi dovesse abbandonarsi alle lacrime, ma le braccia del ragazzo le conferivano la giusta calma per non compiere altre stupidaggini.
Sapeva che fosse una cattiva persona, sapeva che comuqnue non l'avrebbe più rivista: ma perderla così, in quel modo brutale, l'aveva totalmente sconvolta.
Non siate più in ansia, Principessa dal cuore puro. Nessuno vi farà più del male.
Quella voce roca e solenne echeggiò in tutto il Regno, zittendo anche la più chiassosa delle creature.
Rapunzel si strinse istintivamente a Eugene, spaventata quanto incuriosita, mentre lo sguardo di tutti era posato su quell’ammasso informe: non avanzava, non superava le mura di cinta della cittadina.
Il suo compito l’aveva assolto.
«Chi sei?» Domandò il ragazzo, scettico come non mai, lo sguardo diffidente e la mente già pronta a pensare ad un modo per difendersi da quella… cosa mai vista.
Sono il bene, nobile Principe. Sono venuto per completare il lavoro che voi non siete stati capaci di portare a termine: estirpare il male da questo mondo.
Inarcò un sopracciglio, senza capire completamente quel discorso: tutto ciò che per il momento era una certezza era che quelle norme nube, qualsiasi cosa fosse, doveva possedere un potere immenso per mettere in fuga una donna senza scrupoli come Madre Gothel.
«Che ne è stato di lei?» L’ingenua benevolenza di Rapunzel si manifestò anche in quel momento: stretta fra le braccia dell’amato, il cuore non aveva smesso di battere all’impazzata.
Non avrete più motivo di preoccuparvi di loro. Una volta che saranno miei prigionieri, uno ad uno, verranno eliminati. E con loro il Male intero.
Emise la sentenza, una sentenza di morte.
Ed il cuore di tutti perse un battito.
Riporterò la pace in queste terre, estirperò l’odio, la violenza e la crudeltà che tali esseri hanno causato. Il Bene regnerà sovrano e con esso la pace eterna.
Nessuno osò più fiatare, la nube si allontanò con una velocità impressionante: e di Madre Gothel rimase soltanto il mantello scuro accasciato a terra.
«Una pace… con la morte?» e quella semplice quanto pura domanda fece vacillare ogni animo.
 
 
****
 
Camminava avanti e indietro per quei tre metri di entrata ormai da diverso tempo, leggermente in rialzo rispetto al resto del giardino per via dei cinque gradini che invitavano al portone.
E no, non si accorgeva delle goccioline di sudore che le delineavano il volto, tanto era angosciata da quell’attesa.
Lì ad Agrabah il clima era decisamente più caldo rispetto al freddo che avvolgeva Arendelle, e Kristoff continuava a chiedersi –mezzo morto all’ombra di un albero- perché mai quella riunione avessero deciso di farla proprio in mezzo al deserto.
«Non siate così in pena, principessa Anna. E’ una decisione difficile, è normale che impieghino molto tempo…» Le parole dolci di Biancaneve giunsero come un balsamo alle orecchie di Anna, la quale si volse solo un attimo in direzione della ragazza dalla pelle bianca come la neve e le labbra rosse come una rosa.
Sì, era meravigliosamente bella, proprio come dicevano, mentre coccolava alcuni uccellini all’interno della voliera.
«E come darle torto, sono lì dentro da ore!» Si lamentò Merida, intenta ad arrampicarsi sull’albero di frutti più vicino, nella speranza di ammazzare il tempo.
«Principessa Merida, forse sarebbe meglio che scendesse da lì…» Azzardò Cenerentola, visibilmente preoccupata. Volse uno sguardo al principe, il quale accennò ad avvicinarsi all’albero sul quale la rossa cercava di arrampicarsi, senza troppo successo considerando che fosse di un legno molto diverso da quelli a cui era abituata.
«No no, non vi preoccupate, sono abitua-» Ma non fece in tempo a terminare la frase che scivolò, cadendo dritta dritta nelle braccia di Eric, il quale era tranquillamente appoggiato all’albero.
Si lanciarono uno sguardo perplesso, tutti e due, dopodiché Merida si affrettò a prendere le distanze: no, decisamente non era nel suo stile, cadere fra le braccia di qualcuno, specie di un principe.
«Resta il fatto che ci stiano impiegando un po’ troppo tempo, per i miei gusti. Devono solo dire sì o no alla richiesta dei cattivi!» Sentenziò Jasmine, decisamente spazientita.
«Ecco una che parla la mia lingua!» Commentò in risposta Anna, fermando momentaneamente il proprio andirivieni sui gradini.
«Bisogna avere pazienza, non temete.» Sentenziò cautamente una voce fin troppo dolce.
«E’ facile per voi, principessa Aurora. La pazienza ve la siete fatta venire per forza!» Commentò Naveen con superficialità, disteso all’ombra a suonare il proprio mandolino.
«Naveen!» Lo rimproverarono Filippo e Tiana, la quale stava aiutando Biancaneve a riordinare la voliera con i piccoli passerotti blu e bianchi.
«Avrebbero potuto almeno farci entrare, in fondo è una cosa che riguarda anche noi.»
«Giusto, la bambolina rossa ha ragione.» Intervenne Megara, portando un braccio attorno al collo della sirenetta con fare amichevole. « I cattivi hanno sempre aggredito noi, no? Direi che abbiamo voce in capitolo.» Terminò con espressione piuttosto sicura di sé, incontrando tuttavia qualche opposizione.
«Sbagliate a dubitare della vostra stessa gente. Hanno a cuore solo il bene dei Regni.» Pocahontas era pacata, nelle sue parole.
Un tono cauto e democratico, di chi è abituato ad arrivare al cuore delle persone, con quel pizzico di autorità.
Megara sbuffò sonoramente, Jasmine si limitò ad inarcare un sopracciglio.
«Io non dubito di mia sorella, metterei la mia stessa vita nelle sue mani! Solo… penso che non avrebbero dovuto decidere soltanto i Re e le Regine. Non hanno vissuto tutto quello che abbiamo passato noi, con loro.» Una ferita ancora aperta, una ferita che in fondo doleva a tutti loro.
Nessuno disse più nulla, qualcuno sbuffava, qualcun altro si limitava a fare altro, distraendosi.
Dovettero attendere pochi attimi, prima che il portone venisse aperto ed i regnanti di ogni fiaba avanzassero, mostrandosi più o meno tutti.
Assieme a loro, ovviamente, c’era anche Grimilde, la quale aveva dato tutte e informazioni in suo possesso affinché la decisione presa fosse la migliore.
«Ebbene, noi Re e Regine abbiamo preso la decisione finale e ci aspettiamo che voi tutti la rispettiate come tale.» Sentenziò il Sultano, che faceva le veci degli altri presenti proprio perché era il padrone di casa.
«E ci teniamo a specificare che la conclusione è stata discussa ampiamente e molto sofferta, quindi speriamo che ognuno di voi sappia cogliere il meglio da queste parole.» intervenne il re degli dei con foce forte ed imponente, tanto che il Sultano dovette scuotere appena il capo per riprendersi.
Tritone, seduto sul tappeto volante perché contrario all’idea di accettare un paio di gambe, si limitò a sbuffare.
«I cosiddetti “buoni” delle favole decidono…» Attese qualche attimo, tenendoli sulle spine.
Si volse poi a Grimilde accanto a lui, un’occhiata intensa, particolarmente profonda, ancora velata di diffidenza. «…di accettare la richiesta dei cattivi e di aiutarli nella battaglia contro questo “Bene”.».
Calò di nuovo il silenzio, seguito da qualche chiacchierio comune.
Alcuni tirarono un sospiro di sollievo, altri non reagirono, altri ancora accennarono ad una smorfia.
«Io non ci sto.» Prese posizione Megara, l’unica forse che aveva una mezza idea di cosa significasse davvero essere dalla parte del male.
«Meg…» tentò Hercules, visibilmente perplesso. La donna si limitò ad evitare il suo sguardo, facendo un paio di passi in avanti.
«La loro richiesta è dettata solo dall’egoismo, a noi non viene in tasca nulla. E di certo eliminare questo “Bene” conviene solo a loro, non a noi.» Sentenziò decisa, incrociando le braccia sotto il seno, lo sguardo puntato dritto dritto nelle iridi verdi di Grimilde.
«Sembra che tu sappia bene cosa significhi stare dalla parte oscura, ragazzina. Sicura di trovarti nel lato giusto, ora?» La provocò senza scrupoli, dopotutto la conosceva, quando era un’anima prigioniera di Ade avevano avuto modo di incontrarsi,  negli Inferi.
Megara palesò una smorfia, con tutte le intenzioni di ribattere.
«E tu sei sicura di avere il diritto di chiederci aiuto, strega?» La voce di Adam tuonò letteralmente nel cortile del palazzo reale e soltanto il contatto con Belle garantì una certa calma nel suo animo.
Grimilde si morse un labbro, decisamente frustrata da quella situazione: aveva calpestato il proprio orgoglio, per cercare di salvare la propria vita e quella degli altri cattivi, ma non avrebbe tollerato un insulto di più.
«Smettetela, tutti quanti.» Prese posizione Aurora, alzandosi dalla panchina sulla quale era seduta. Non era una figura imponente, non aveva nemmeno una voce forte o un carattere autoritario, non tanto da imporsi sugli altri almeno: ma sapeva cosa fosse giusto, cosa fosse buono, e avrebbe sempre lottato per proteggerlo.
«Vi siete ascoltati? Avete sentito le vostre parole?» domandò metaforicamente, beccandosi uno sguardo di Adam, Megara e Naveen in contemporanea.
«Sono cariche di rancore.» Sentenziò allargando appena le braccia, il volto era serio nonostante la benevolenza nel tono.
«Se ci lasciamo sopraffare dal rancore, non saremo capaci di essere davvero felici. Dobbiamo abbandonare questi pensieri.» continuò, ma tale discorso non poté che spazientire alcuni dei presenti.
«Stiamo facendo il loro gioco, così, sonnambula. Lo capisci?» L’aggredì Megara ancora una volta, ma anche altri presero posizione.
«Allora perché dichiararsi tra i buoni, Megara?» le domandò Belle, con un tono appena più deciso del solito. «Se non sappiamo guardare oltre queste cose, con quale coraggio ci definiremo mai dalla parte del giusto?»
«Belle ha ragione. Non abbiamo forse combattuto sempre il male proprio perché capace di portare solo odio e dolore? Abbiamo scelto un’altra via, e lo abbiamo fatto tutti.» Sottolineò Biancaneve, enfatizzando le proprie parole portandosi le mani al petto.
Sottolineò quel “tutti” con lo sguardo a Megara, così come ad Adam, Naveen e tutti coloro che avevano sollevato dubbi e perplessità.
Si volsero tutti a lei, alla prima fra le principesse, a colei che aveva iniziato quella lunga discendenza di cuori puri e sinceri, che mai avrebbero voluto il male per coloro che gli stava accanto.
Per chiunque.
Calò il silenzio, nessun altro osò intervenire.
Megara sospirò pesantemente, volse loro le spalle e con passo deciso mostrò l’intenzione di andarsene, ma Hercules la fermò dolcemente, stringendola fra le proprie braccia.
«Bene. Mi sembra che a questo punto siamo tutti d’accordo.» Concluse il Sultano leggendo lo sguardo più o meno convinto di tutti i presenti.
«A questo punto è necessario organizzarsi in vari gruppi, per vedere come affrontare questo “Bene” su più fronti. E lo faremo tutti quanti.» Il suo sguardo si fece ancora più serio, se possibile, decisamente autoritario, e non mancò di volgersi anche alla Strega Cattiva.
«Tutti coloro che sanno combattere con le armi seguiranno Re Fergus, con il quale si addestreranno. Chi ha abilità strategiche si unirà all’Imperatore della China e al capo tribù Powhatan. Coloro che hanno, invece, particolari abilità magiche faranno riferimento alla Regina Elsa.» Si volse nuovamente verso Grimilde, quasi a volersi assicurare la sua collaborazione. «Questa suddivisione vale anche per i vostri, Regina Grimilde. E ci aspettiamo che collaboriate apertamente.» Lo sguardo di tutti fu puntato su di lei, su quella donna che si era letteralmente umiliata ma che, nonostante tutto e tutti, possedeva ancora quell’insana eleganza.
«Certamente.» E quel malsano sorriso perennemente rivolto a Biancaneve.

 
  
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