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Autore: EgoBrain    31/12/2013    2 recensioni
In un universo in cui le ore durano pochi istanti e millesimi di secondo appaiono a nostri occhi come frammenti d'eternità, scoprire di poter amare in un battito di ciglia spaventa più del solito. Eppure succede. Accade, ogni tanto, che in seguito ad un fugace incontro di sguardi, ci si accorga di non di non bastare più. Succede in luoghi come altri e non ci si accorge quasi mai della magia. Capita che gli universi che ruotano attorno a due persone, per ciò che potremmo definire un momento, si confrontino e si confondano. Non è una cosa da tutti i giorni, no.
Fu per un pretesto futile che si incontrarono.
Uno era un tatuatore, niente di così esilarante, pensandoci bene.
L’altro si limitava ad andare a scuola ogni mattina; una persona come tutte.
Ma le storie non sempre partono da particolari esilaranti per trasformarsi in qualcosa di indimenticabile.
A metà tra un ragazzo incasinato che ha un aspetto che gli chiude molte strade ma che ti mozza il fiato e un secondo ragazzo incasinato che si ostina a indossare una stupida coroncina di fiori fra i capelli c’è un abisso. Ma i ponti servono per questo.
Larry
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
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«Piacere, Louis» disse sentendosi uno stupido.
«Harry» la sua voce era calda e grave, dolce e possente, ruvida e piacevole.
Harry.
Aveva un’incontenibile voglia di abbracciarlo.
«Accomodati pure».
Aveva un’incredibile capacità di nascondere le sue emozioni. 

 
***
 
 
Si sedette agitato sulla sedia che Louis aveva scostato da sotto il tavolo. Poggiò le mani sulle cosce e guardò l’altro, che nel frattempo aveva preso posto di fronte a lui con un sorriso.
«Allora, hm... Harry» disse con un colpo di tosse che voleva evidentemente mascherare la sua frustrazione. «Hai già le idee chiare?»
«No, per nulla» solitamente Harry era bravo a simulare un atteggiamento schietto ed estroverso, ma quella volta qualcosa non funzionò. Forse era dovuto al fatto che Louis fosse un bravo osservatore e  che sapesse leggere il linguaggio del corpo meglio di chiunque altro. Forse era dovuto al fatto che, invece, per qualche strano motivo, si sentiva libero di essere se stesso di fronte a lui.
«Pensavo di chiedere consiglio a qualcuno, effettivamente» sorrise.
«Beh, io sono qui anche per questo! Dunque... partiamo dal principio...» si interruppe pensieroso, guardò in alto con un’espressione confusa e tornò a perdersi negli occhi del riccio.
Calmati Louis.
Concentrati.
Cosa vuoi che sia?


Aveva di fronte a sè un angelo bellissimo che entro un’ora sarebbe uscito da quella fottuta porta dello studio e se non avesse fatto subito qualcosa probabilmente non l’avrebbe più visto. Mai più.
Cosa dici?
Pensa a Donnie.
Pensaci, dannazione!


«Sei gay?» disse infine.
Sei stupido?

Non poteva averlo chiesto davvero.
Aspettò qualche secondo per osservare la reazione di Harry.

«No» mentì questo. Era abituato da fin troppo tempo a mentire su quel particolare della sua vita. Da quando per la prima volta si era dichiarato ad un suo amico e questo gli aveva voltato le spalle schifato, lui non ne aveva mai più parlato con nessuno. Si era ripromesso di rimanere solo per sempre, perchè si era convinto di non poter essere accettato per ciò che era. A scuola un sacco di ragazze gli andavano dietro, ma lui con una scusa o con l’altra, senza dare troppo nell’occhio, le evitava tutte.
Questo aveva fatto sì che la sua vita fosse sinonimo di solitudine. C’era Zayn che gli era amico, è vero, a lui diceva tutto. E poi c'era anche Liam, ma era partito e non sapeva quando sarebbe tornato. Tra l’altro gli mancava tantissimo.
La sua vita inoltre da un anno a quella parte aveva preso una brutta piega.
La sua classe si trovava nello stesso padiglione di un altro ragazzo, Eric, un bullo, se si può dire così. Questo l’aveva sorpreso un giorno, fuori da scuola, con una corona di fiori rosa in testa, amava intrecciare quei fiori freschi e bellissimi e poggiarli con cautela sui capelli ricci. In ogni caso da quel momento era iniziata una sorta di maledizione. Ogni santissimo giorno della sua vita Harry doveva nascondersi da Eric e dalla sua banda. Lo perseguitavano, lo picchiavano, lo chiamavano ‘checca’ di fronte a tutti. Lui non era mai stato un ragazzo aggressivo. Probabilmente avrebbe avuto la forza di divincolarsi o di tirar loro dei cazzotti, ma aveva una paura fottuta. Aveva paura di essere picchiato a morte. Erano quattro contro uno. Aveva paura di farsi male e di rimanere solo, affogato nel dolore. Aveva paura e basta. E nessuno si metteva mai dalla sua parte a difenderlo.
Nessuno sfidava Eric.
Il giorno più brutto della sua vita però era stato un altro. Era chiaro come il sole nella sua mente. Era successo qualche mese dopo il giorno da cui era tutto era cominciato. Si stava lavando la faccia nello spogliatoio della palestra, quando si trovò davanti uno degli amici di Eric. Questo gli disse di essere dispiaciuto per quanto era successo in quei mesi, e che grazie a lui aveva scoperto di essere gay, che non voleva dirlo ad Eric, e che si era innamorato di lui. Sì, di lui, Harry. Il riccio era rimasto sorpreso di quelle parole, e si era avvicinato all’altro per confortarlo in un abbraccio. Ma dai bagni erano usciti Eric e gli altri suoi amici, ridendo di lui con disprezzo, continuando a ripetere che era una stupida checca, che meritava di morire. L’avevano preso a pugni e a calci, fino a che Harry non era svenuto. Se l’erano svignata prima che chiunque li scoprisse e lui non aveva avuto il coraggio di dirlo a nessuno. Ogni volta che ripensava al sangue che gli sgorgava dalle labbra sentiva un fremito percorrergli tutto il corpo e a stento riusciva a contenere le lacrime. Il dolore era ormai indelebile dentro di lui. Tutti i giorni mascherava con un sorriso ogni sua azione. A volte sorrideva anche sinceramente, anzi quasi sempre, ma bastava una mossa sbagliata per farlo crollare. Non meritava di esistere. Ogni tanto, troppo spesso, lo pensava.
 
«Harry? Va tutto bene?» chiese allarmato Louis. Si stava iniziando a preoccupare. L’altro era diventato pallido in volto e le sue mani tremavano violentemente. Aveva gli occhi chiusi e respirava a fatica. Stava chiamando il suo nome da diversi secondi.
Finalmente sentì una flebile risposta provenire dal riccio.
«No, no. Cioè, sì... sto... bene» l’autocontrollo che aveva racchiuso in quelle poche, semplici parole era bastato a fargli esaurire le energie.
Louis gli porse un bicchiere d’acqua, ma subito si rese conto che gli sarebbe scivolato dalle mani dato il tremolio insistente.
«Rilassati Haz.. Harry» inspirò. «Se ho fatto qualcosa di sbagliato mi spiace davvero. Non volevo assolutamente farlo. Ma ti prego, respira e bevi, mi sto preoccupando terribilmente» gli risultava assai strano aver detto simili parole a una sorta di estraneo. Gli aveva addirittura affibbiato un soprannome. Mise da parte i pensieri inutili, avvicinò il bicchiere alle labbra gonfie di Harry e lo inclinò lentamente, cercando di non versargli l’acqua addosso. Dopo parecchi secondi vide l’altro assumere un colorito più vivace. Le sue gote si arrossarono e aprì gli occhi, posandoli su di lui.
 
Imbarazzato si scostò e tornò a sedersi al suo posto.
 
«Grazie... non so cosa mi sia preso. Anzi scusa» accennò ad un sorriso che risultò essere stanco e abbastanza triste.
Louis aveva capito.
L’aveva visto negli occhi verdi di Harry, l’aveva sentito nel suo respiro affannato, l’aveva notato dalle sue mani. Le vedeva contorcersi violentemente l’una nell’altra, storcersi fino a far male.
Harry era gay. E aveva paura di esserlo.
D’altro canto Louis non era più tranquillo riguardo a questo. L’unica persona a sapere come stava era Niall. E Donnie. Ma era finita con lui.
In realtà neanche Niall lo conosceva bene. Lui pensava che fosse gay, perchè l’aveva conosciuto ai tempi della sua cotta per Donnie. Era stato lui ad aiutarlo e a sostenerlo. Non aveva nessun tipo di pregiudizio, aveva una mentalità aperta, ed era bello sfogarsi con lui, perchè ti svuotava completamente. Ti sentivi infinitamente meglio, dopo.
La verità era che Louis non sapeva esattamente da che parte stare. E gli andava bene così. Lui si innamorava delle persone, non del loro sesso. Le prime esperienze le aveva avute con delle ragazze, comunque. E con Donnie non era andato oltre il bacio.
L’altro ci aveva provato, ma lui si era sentito incerto.
Ad ogni modo poteva cercare di capire come ci si sentisse a non essere accettati, perchè era di questo che si trattava no? Era di questo che aveva paura Harry?
Non gliel’avrebbe chiesto. Aveva già fatto dei danni.
 
Sospirò, ricordandosi il motivo per cui il riccio era lì.
Spostò lo sguardo su di lui.
«Non importa» gli disse con sguardo fermo, puntando i suoi occhi dritti in quelli dell’altro.
Sì che importa.
No. Non lo conosci. Non farti trascinare da emozioni che non provi neanche.


«Te la senti ancora di farti il tatuaggio?» chiese con curiosità, mista a un po’ di celata paura che tutto potesse finire con Harry che se ne andava deluso e triste. Non avrebbe potuto sopportare di vederlo triste. Sarebbe stata la cosa peggiore..
Peggiore di cosa Louis?
Dove stai rinchiudendo la tua intelligenza?
Se lo rivedrai o no non ti cambierà nulla.
Non te ne frega nulla di lui, come fai a non capirlo?

Zittì le fasulle voci della sua mente con un gesto della mano, come se scacciasse una mosca, e attese la risposta di Harry.

«Scusa, ma mi sento un po’ confuso. Non so cosa mi sia preso, mi dispiace tanto essermi fatto una figura così patetica, ma non me la sento... scusa» la sua voce roca investì Louis come una ventata di aria calda di camino in una giornata di inverno.
Sognò di poterlo abbracciare. Gli sembrava piccolo e indifeso. Un cucciolo sperduto in un mondo di lupi feroci.
Frena.
 
***

Harry sentì degli occhi azzurri posarsi su di lui, sulla sua faccia stanca, sul suo viso pallido, sui suoi capelli disordinati, sulle sue mani agitate. Si chiese perchè. Perchè si sentiva così a casa? Perchè si sentiva accudito come un cucciolo dalla madre? Forse Louis aveva secondi fini?
Non riusciva affatto a pensarla così, ma una vocina nella mente lo teneva in guardia ugualmente.
Non ti affezionare.
Le persone giocano brutti scherzi, lo sai.
Non ci si può fidare.
Non così in fretta.

Sentiva lo sfrenato desiderio di lanciarsi fra le braccia di Louis per essere scaldato, protetto, amato.
Era stanco, e non aveva più le forze per essere tatuato.
Ma non aveva il coraggio di alzarsi. Non voleva oltrepassare quella porta, con la consapevolezza di essersi lasciato dietro qualcosa di importante.
Sei impazzito?

«Sì» sussurrò piano, senza accorgersene.
Harry in Louis non vedeva Eric, anche se poteva sembrare più spaventoso.
Ci vedeva una mamma che protegge a tutti i costi la vita del cucciolo. E lui si sentiva il cucciolo stesso: spaurito, indifeso, solo. Aveva voglia di stringerlo e di nascondersi dietro di lui. Aveva voglia di scomparire in lui. Voleva essere protetto.
 
«Certo, capisco. Hai bisogno di qualcosa? Vuoi una tazza di cioccolata calda? Ho un fornelletto qua dietro, se vuoi la preparo. Ci vogliono solo pochi minuti» propose Louis con un sorriso incoraggiante.
Voleva stare ancora un po’ con lui.
Non sentendo subito una risposta di Harry aggiunse con una risata «So che è strano accettare cibo e bevande dagli sconosciuti, ma ti assicuro che non ti farei mai del male. Sembri così...» si interruppe.
Bisognoso di affetto. Dolce. Solo. Bello.
Cosa stava dicendo? Non gli avrebbe mai fatto del male? Perchè glielo aveva detto in un modo così confidenziale? E perchè la parola sconosciuti gli suonava tanto male per descrivere lui e Harry?
«Sembri così infreddolito» concluse infine.
 
Il riccio fu attraversato da un brivido. Rivolse uno sguardo strano a Louis. Nemmeno lui sapeva bene cosa stesse a significare, ma si sentiva già meglio, e questa era la cosa più importante.
Continuava a chiedersi perchè l’altro si comportasse così con lui.
Continuava a chiedersi perchè gli avesse chiesto se era gay.
«Mi fido di te» affermò con un sorriso.
Era vero. Neanche la vocina si sentiva di smentirlo.
Per qualche strano motivo Harry Styles aveva riposto la sua fiducia in un bellissimo, perfetto sconosciuto.
 
«Allora vado a prepararti la cioccolata».
Stava per girarsi verso il fornelletto appoggiato su un ripiano.
«Solo se la prendi anche tu» lo interruppe il riccio. «Solo se la prendi anche tu» ripeté con convinzione.
Louis sorrise dandogli le spalle e si diresse verso il frigo prendendo gli ingredienti per per preparare la bevanda. Dopo diversi minuti di silenzio, esclusi i suoni provenienti dal gas e dal liquido che cuoceva, il ragazzo si voltò verso il tavolo a cui era seduto Harry con due tazze fumanti in mano.
«Quanto zucchero vuoi?» chiese senza ottenere risposta.
Poggiò le tazze sul tavolo con poca grazia e notò che il riccio si era addormentato sul suo braccio.
Pensò che fosse la cosa più tenera del mondo e sogghignò, i piercing che gli davano un’aria feroce, decisamente inappropriata.
Corse cercando di non fare rumore verso il ripiano disordinato su cui appoggiava tutto ciò che gli poteva essere utile e afferrò la macchina fotografica con cui di solito faceva le foto ai tatuaggi appena realizzati. Scattò velocemente qualche foto e la spense, con l’ironico terrore di essere colto in fallo da Harry.
 
«Sveglia. La cioccolata si fredda».
Dal buio della sua mente percepiva una voce dolce, materna, che lo chiamava, incitandolo a svegliarsi.
Per un momento pensò che fosse sua mamma. Dio, quanto gli mancava! Era da un bel po’ di tempo che non la andava a trovare, e questa situazione gli ricordò le mattine d’inverno in cui sua madre gli preparava la cioccolata calda e lo svegliava che in casa c’era un odore dolce e caldo. Amava trascorrere il tempo parlando con sua madre davanti a una tazza di the o cioccolata calda.
«Mamma» mugugnò alzando la testa e sorridendo come un bambino di fronte a una vetrina in periodo natalizio, con la dolce consapevolezza che il gioco che tanto vuole gli sarà regalato.
Poi si accorse che la figura di fronte a lui non aveva assolutamente le sembianze di sua madre, anzi sembrava un uomo, un ragazzo... «Louis» urlò senza controllo.
«Mi dispiace averti deluso, ma non sono tua madre...» lo guardò stranito e rise di gusto, trascinando con sè anche la risata di Harry, che gli sembrò bella più che mai.
Un angelo.
 
«Scusa, stavo dormendo» sorrise imbarazzato, mentre le gote gli si arrossavano leggermente.
«Me n’ero accorto» rispose prontamente Louis con un sorriso dolce. Materno. Protettivo. «Su, beviamo questa cioccolata, si fredda davvero se no».
Harry afferrò la sua tazza e se la portò vicino alle mani, cingendola con esse. Sentiva il calore propagarsi dalle sue mani alle sue braccia, continuando ad espandersi fino a donargli una piacevolissima sensazione di tepore. Continuava ad attribuire Louis a una figura materna, e allo stesso tempo a esserne terribilmente ma sinceramente attratto.
Cosa stava provando di così potente da fargli dimenticare tutto il resto?
 
Finirono di bere la cioccolata calda senza parlare, ogni tanto dedicandosi uno sguardo furtivo, ma tornando poi ad abbassarlo.
Entrambi avevano provato emozioni insolite e fortissime. Scariche elettriche vere e proprie.
Nessuno dei due sarebbe stato in grado di identificarle descrivendole a parole.
Sarebbe stato come sminuirle e renderle piccole e tristi, spente, in confronto alla luce e al colore che emanavano.
 
Harry si voltò a guardare l’orologio che aveva osservato appena entrato nella stanza.
Era passata una sola ora da quando aveva visto Louis per la prima volta. Era assurdo pensare che si fosse affezionato così tanto a una persona conosciuta da una sola, misera ora.
«Quanto ci metti di solito a fare un tatuaggio piccolo, tipo una scritta?»
«Un’oretta se è solo ad inchiostro nero».
«Allora, mi sa che devo andare» affermò il riccio titubante, e per qualche istante pensò di aver visto passare sul viso dell’altro un’ombra di tristezza.
«Cosa dici al tuo amico?» chiese allora lui, incuriosito ma triste.
«Nulla. Non gli faccio vedere il tatuaggio che non ho dicendogli che non mi va...?» rispose incerto.
La scusa non reggeva molto in piedi. Non ci avrebbe mai creduto.
«Nah, chi vuoi che ci caschi?» rise intenerito. «Qui ci vuole qualcosa di più credibile...»
Si comportava fingendosi tanto sicuro di sè, ma non aveva nessuna idea.
Si grattò la mascella con la mano piccola e bianca, spremendosi le meningi.
«Ci sono!» esclamò infine convinto. «Dirai al tuo amico che non ho finito di tatuarti perchè ti stavo facendo molto male e che non glielo farai vedere fino a che non sarà terminato...» sorrise, e il argentato scintillò colpito dalla luce del sole che ancora splendeva a quell’ora del giorno.
«Grandioso!» urlò compiaciuto Harry e saltellò diverse volte sul posto, con un sorriso che avrebbe fatto concorrenza a qualsiasi altro sulla faccia della terra. Si sentiva felice. Felice come non lo era mai stato fino ad allora. Felice dentro e fuori. In pace con se stesso e con gli altri.
 
«Vieni un attimo Haz» si stupì nuovamente della confidenza con cui gli parlava, ma si accorse del sorriso sincero e spontaneo che nell’istante in cui aveva parlato si era schiuso sulle labbra rosse, carnose ed estremamente invitanti di Harry. Avrebbero dovuto essere illegali, tra l’altro, delle labbra così sexy. Scacciò il pensiero senza bisogno che intervenisse la vocina irritante e abbassò lo sguardo dietro di lui, afferrando con la mano un paio di guanti, che subito si infilò, e poi lo strumento elettrico con cui faceva i tatuaggi.
«Anche Zayn, il mio amico, mi chiama così» ammise Harry con un altro sorriso.
 
Sentì un rumore metallico e ripetitivo e lo attribuì a qualche fenomeno esterno, magari proveniente da un’altra stanza. Si sentì afferrare per il braccio e si voltò di scatto, agitato. Vide la frangia di Louis, i suoi occhi azzurri, il suo sorriso perfetto, i suoi canini appuntiti, le sue braccia tatuate.
Voleva indiscutibilmente stringerlo a sè e non lasciarlo mai più.
 
«Non muoverti» disse questo, distraendolo dall’aura di perfezione che emanava.
Si chiese il perchè di quell’atteggiamento misterioso, ma sentiva di potersi fidare di lui, così si fermò, immobile, guardingo.
Pochi istanti dopo un bruciore inizialmente devastante gli percorse l’avambraccio destro. Voleva urlare, voleva dimenarsi, ma aveva deciso di fidarsi di Louis e l’avrebbe fatto. Così chiuse gli occhi e strinse i denti, mentre delle lacrime tese e impaurite gli scendevano dagli occhi arricciati per lo sforzo di non scappare via.
L’altro con una sicurezza mai dimostrata prima faceva scorrere l’aggeggio sulla pelle di Harry, e di tanto in tanto passava un fazzoletto sopra le linee sottili e nere che stava tracciando, per pulirle e rischiararle. Dopo pochi minuti in cui aveva sentito il braccio dell’altro contratto, come anche il suo viso, staccò lo stilo dalla sua pelle e lo sentì sospirare di sollievo.
Sperò con tutte le sue forze di non averlo fatto soffrire troppo, perché non se lo sarebbe mai potuto perdonare. Interruppe il suono metallico e sospirò, incrociando mentalmente le dita e sfilandosi i guanti dopo aver passato per un’ultima volta il fazzolettino sporco di sangue sulla pelle dell’altro.
 
Harry aveva un’espressione strana sul volto, ma non sembrava triste.
Louis si sentiva in colpa, ma pensò che aveva fatto bene.
 
«Guarda» sussurrò al riccio avvicinandosi a lui.
Questo abbassò lentamente lo sguardo sul suo avambraccio e arricciò il naso quando scorse una zona della sua pelle terribilmente arrossata.
Si trattenne dall’urlare disgustato e si obbligò a guardare il frutto di quel forte dolore.
 
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Il suo cuore scoppiò, ma l’esplosione fu piacevole, tremendamente piacevole, quasi idilliaca.
 
«Non posso permettermi che tu stia male di nuovo» gli sussurrò piano, quasi silenziosamente, all’orecchio. «Chiamami. Chiamami se avrai bisogno, chiamami se non avrai bisogno, chiamami  oggi, o domani, chiamami per sempre. Se avrai bisogno di me io ci sarò. Se vorrai essere felice sorriderò. Se sarai solo sarò con te. Se vorrai sfogarti soccomberò. Urla il mio nome. Ti sentirò».
 
Accarezzò la guancia di Harry con una delicatezza e una forza che unite in un mix perfetto lo fecero rabbrividire.
La felicità profumava d’inchiostro e sangue.

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Nicchia dell'autrice sperduta nei feels:
OMG gente! Non vedevo l'ora di scrivere questo capitolo! Ho preso la penna (si fa per dire), va bene, ho inforcato la tastiera e ho preso a scrivere ascoltando la musica. Ho riletto un mucchio di volte e ho scritto di getto, senza premeditare la storia. Penso che farò sempre così, quindi non aspettatevi che sappia come proseguirà la storia muahaahah! Detto questo sono felicissima perchè fino ad ora ho ricevuto 111 visite in tre giorni! Non penso che sia chissà che risultato, ma sono felice! Che bello!
Volevo dedicare uno spazio ai ringraziamenti. Duuunque:
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Ringrazio le 111 persone che hanno visualizzato la storia, innanzitutto.

HarryLover_23 che ha recensito.

Flowers__Insecure_and_lost e Larry_Love4ever che l'hanno aggiunta fra le preferite.
Anklebitersil phard di biancaneveIlly1DKlaine_is_on_BitchesMSHTPthingsicant e __Thesky__ che l'hanno aggiunta fra le seguite.
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Ringrazio chiunque recensirà o aggiungerà alle varie cartelle e chiunque stia leggendo queste righe.
Inoltre se vi piace il genere mi farebbe piacere che leggeste la mia traduzione di Cheshire Chatroom.
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Mi piacerebbe ora aggiungere una piccola parte interattiva alla storia..
Per ogni capitolo che pubblicherò mi piacerebbe leggere dei consigli su qualcosa da inserire nel capitolo successivo. 
Mi farebbe piacere che ognuna di voi scrivesse qualcosa, e ogni volta deciderò la/le risposta/e migliore/i e le aggiungerò nel capitolo!
Potrebbe essere un oggetto, una parola, un pensiero, una citazione, una scena. Naturalmente valuterò anche quelle che si addicono di più al proseguimento della storia!

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Grazie ancora e alla prrossima cc:

P.S. Sì, lo so, nella storia ci sono un bel po' di punti leggermente in-credibili e surreali, forse. Non fustigatemi, vi prego, per questo!


  

Buon 2014!
 
 
 
 

 
  
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