-Dopo
queste stressanti ore di viaggio, se fossi in te spererei che la nuova
casa
possa piacermi- sbuffò la ragazza uscendo dall'aeroporto. Si
guardò intorno
prima di storcere il naso.
Diana
finse di non sentire le lamentele della figlia e trascinò la
valigia fino a un
taxi libero.
-Sei
veramente stressante, Andrea- commentò Lucas, arrotolando le
maniche della
maglietta blu più su.
-Credi
che mi interessi?- domandò retorica la ragazza, ricevendo
un'occhiataccia dal
fratello maggiore.
-Smettetela!
Quando saremo arrivati nella nuova casa potrete anche attaccarvi le
gomme da
masticare sui capelli a vicenda, ma ora state zitti, per l'amor del
cielo!-
disse Diana esasperata.
Andrea
la guardò con lo stupore dipinto sul viso. La madre
inarcò un sopracciglio in
attesa che dicesse qualcosa.
-Gomme
da masticare- ripeté la figlia -Ma è fantastico!
Non ci avevo mai pensato-
continuò poco dopo, fissando i capelli scuri del fratello.
-Non
ci pensare nemmeno, nanetta- la voce di Lucas arrivò
minacciosa alle orecchie
di Andrea, ma lei sapeva che in realtà non l'avrebbe mai
nemmeno sfiorata.
Diana
alzò gli occhi al cielo, per poi infilare la valigia nel
bagagliaio, aprire la
portiera e dire la destinazione, facendo annuire l'uomo che durante
tutta la
discussione era rimasto ad ascoltare con il sorriso sulle labbra.
Andrea
salì sull'auto, seguita dal fratello, prima di afferrare il
cellulare e fissare
il display.
Da
alcuni giorni non sentiva Sophie ed era abbastanza preoccupata. Era
sicura che
l'ultimo giorno di scuola le avrebbe finalmente mandato un messaggio in
cui
dicesse di essere felice, invece proprio da quel giorno non riceveva
più
notizie dalla ragazza. Sospirò, sperando che finalmente il
display si
illuminasse, ma il tempo continuò a scorrere, i secondi e i
minuti passarono e
la macchina giunse di fronte ad una villetta abbastanza graziosa,
circondata da
un giardinetto verde e divisa da un'altra fila di ville da una strada
seminata
di sassolini e vetri rotti.
Scese
dalla macchina e si guardo intorno, provando a memorizzare
più dettagli
possibili. C'erano molti alberi ricoperti di foglie verdi luccicanti,
il recinto
della villetta era bianco come lo immaginava e la cassetta della posta
rossa.
Certamente quel quartiere era molto più bello del palazzo in
cui era abituata a
vivere a San Francisco, era molto più simile a quello che
tutto il mondo vede
nei telefilm americani e... le piaceva, ma era tutto troppo tranquillo
per i
suoi gusti. Era affezionata al traffico della città, ai
ritardi la mattina e a
tutto il resto.
Si
avvicinò al cancelletto e lo apri con la chiave che sua
madre le aveva dato
pochi minuti prima in macchina. Lo spalancò lentamente
producendo un fastidioso
cigolio e percorse il suo breve sentiero di ghiaia, su cui altri piedi
stavano
camminando, ma non ebbe bisogno di girarsi per capire di chi fossero.
Aprì
anche il portone della casa ed entrò, per poi essere invasa
dalla tristezza.
Quella casa era bella, sì, ma vuota e gelida, come se fosse
stata disabitata
per decenni.
-Ti
piace?- chiese Lucas, appoggiandole le mani sulle spalle.
Andrea
non rispose, perché in fondo sapeva che era solo una di
quelle domande che si
pone per interrompere il silenzio, una delle domande a cui non rispondi
perché
in verità non c'è niente da dire.
Si
girò verso il fratello e lo abbracciò, stringendo
il suo corpo con tutto
l'affetto possibile.
-Supereremo
anche questo, Andrea, te lo prometto- sussurrò Lucas
nell'orecchio della
sorella.
La
ragazza si asciugò una lacrima -Sono stanca di tutte queste
promesse che non
vengono mai mantenute- rispose, prima di affondare il viso nell'incavo
del suo
collo.
Lucas
sospirò, stringendo maggiormente la sorella.
-Ora
sorridi, ti prego. Fallo per la mamma- mormorò, asciugandole
le guance
arrossate e umide. La ragazza annuì e sciolse l'abbraccio
proprio quando la
madre entrò nella casa.
-Allora?
Che ne pensate?- chiese speranzosa.
Andrea
forzò un sorriso -Bellissima- rispose semplicemente, prima
di sparire
velocemente dalla visuale di sua madre, intrufolandosi in una stanza a
caso.
Entrò
e si sedette con la schiena appoggiata al muro, senza nemmeno stare ad
analizzare la stanza vuota e dalle pareti grigie. Le lacrime
ricominciarono a
scorrere sul suo viso, ma non tentò di fermarle. Aveva un
incredibile bisogno
di sfogarsi con qualcuno, di sciogliere quel nodo che le stringeva lo
stomaco
togliendole il fiato, ma non l'avrebbe mai fatto con suo fratello. Era
dolce e
comprensivo, ma non sopportava di vederla piangere. Sapeva di renderlo
triste
con le sue lacrime e non voleva assolutamente farlo.
Afferrò
il cellulare e compose il numero che ormai aveva imparato a memoria.
Attese,
singhiozzando, ma dopo vari squilli scattò la segreteria
telefonica -Il numero
da lei
chiamato non è al momento raggiungibile, lasci un messaggio
dopo il segnale
acustico- Andrea sospirò a quelle parole. Si
asciugò una lacrima vicino alle
labbra e prese un respiro profondo -Sophie, sono Andrea. È
da alcuni giorni che
non ci sentiamo e sono preoccupata, ma...- un singhiozzo scosse il suo
petto
-ho anche bisogno di te, di parlarti.- deglutì -In questo
momento sono in un
paesino sperduto del Canada e...- il segnale acustico interruppe le sue
parole.
-Oh, fanculo- borbottò, per poi sdraiarsi sul pavimento e
avvicinare le gambe
al suo petto.
Chiuse
gli occhi e sospirò.
Avrebbe
superato anche quello prima o poi, era ovvio, ma sperava che quel
momento
arrivasse molto presto.
Si
alzò dal pavimento per avvicinarsi alla finestra della
stanza, che si
affacciava sulla stradina dove il taxi li aveva lasciati.
Osservò la cassetta
della posta dall'alto, per poi rivolgere lo sguardo dritto davanti a
sé. C'era
una graziosa villetta, simile alla sua.
Aprì
la finestra, lasciando che una leggera brezza le scompigliasse i
capelli e
osservò meglio.
Da
una finestra di quella casa riuscì a vedere due persone
nella stanza di fronte
alla sua, ma subito dopo le tapparelle furono abbassate, impedendole di
scrutare
ulteriormente.
Guardò
altrove, soffermando lo sguardo sul cielo azzurro e limpido.
Be',
non era poi così male il Canada, ma come sarebbe stato
passarci i prossimi
anni?
Finì
l'acqua con un ultimo sorso, per poi appoggiare il bicchiere nel
lavandino.
La
cucina era l'unica stanza della casa, insieme al salotto, che avesse un
minimo di arredo:
lavandino,
fornelli, credenza, un tavolo e quattro sedie. Quel pomeriggio, invece,
sarebbe
arrivato il camion da San Francisco, con tutti i mobili della vecchia
casa.
Si
sedette, appoggiò le braccia sul legno del tavolo e
sospirò rumorosamente.
Diana
smise di mescolare il sugo nella pentola, che aveva trovato in uno
sportello
della credenza, e rivolse lo sguardo al figlio.
-Che
succede, Lucas?- chiese, apprensiva.
-Sono
preoccupato per Andrea- confessò -ho paura che non riesca ad
ambientarsi qui in
Canada e non potrei sopportare una sua possibile sofferenza- concluse,
appoggiando la testa sulle mani.
La
madre sorrise lievemente alle parole del figlio: era felice che fossero
così
uniti e che si volessero bene.
-Qui
potete avere tutto ciò che vi serve, tesoro. Sono sicura che
cambiare aria vi
farà bene- disse rassicurante.
Sapeva
bene che in realtà il trasloco in Canada era anche un modo
per lei di
ricominciare la sua vita dopo la separazione dall'ex marito, ma
evitò di
iniziare quell’argomento.
-E
poi Andrea è una ragazza forte, nonostante abbia solo
tredici anni- sussurrò,
facendo sorridere Lucas.
-Già-
concordò lui.
Diana,
contenta di essere riuscita a tranquillizzare il figlio,
tornò a preparare il
sugo per la pasta che avrebbero mangiato a pranzo.
Lucas
prese il suo cellulare dalla tasca dei bermuda grigi e
sbloccò il display,
pronto a rispondere ai messaggi dei suoi amici di San Francisco.
Sentiva
già la loro mancanza, nonostante li avesse sentiti prima di
salire sull'aereo,
ma comunque sapeva che avrebbe fatto presto nuove amicizie anche nella
nuova
città. Infatti, non aveva mai avuto difficoltà a
socializzare con i suoi
coetanei, a differenza di Andrea.
A
quel pensiero strinse la mano in un pugno. Non poteva sopportare che la
sua
sorellina avesse avuto solo amicizie false in tutti quegli anni. Da un
certo
punto di vista, era felice che si fossero trasferiti: almeno Andrea
avrebbe
avuto la possibilità di conoscere nuove persone.
-Sono
sicura che anche tu ti ambienterai presto- commentò Diana
con un tono
malizioso, distogliendo Lucas dai suoi pensieri.
Lui
inarcò un sopracciglio alla voce della madre -Come mai?-
chiese, senza riuscire
a capire cosa intendesse davvero la donna con le sue parole.
-Sai,
si dice che in Canada ci siano bellissime ragazze- disse vagamente,
facendo
arrossire il figlio.
Lucas
non aveva mai avuto una ragazza, escludendo la fidanzatina delle
elementari, ma
non perché lui non piacesse all'altro sesso. Anzi, era un
bel ragazzo dal
carattere dolce ed era corteggiato da molte ragazze a San Francisco.
-Hai
compiuto da alcuni mesi sedici anni, ma ancora non mi hai mai
presentato una
ragazza- commentò Diana, girandosi verso il figlio e
tendendo le labbra in un
lieve sorriso.
Lucas
ricambiò incerto, ma anche un po' impaurito.
Non
aveva ancora detto niente alla sua famiglia e di certo non aveva ancora
intenzione di farlo. Non sapeva come avrebbero reagito a una notizia
del
genere.
-Non
ti fidi di tua madre?- chiese pochi minuti dopo la donna, con un tono
sconsolato.
Il
ragazzo alzò entrambe le sopracciglia, dispiaciuto dal fatto
che sua mamma
potesse pensare una cosa simile. -Oh no, mamma, assolutamente no!-
esclamò
velocemente -È solo che...- disse, prima di interrompersi.
Non era ancora pronto.
-Che...?-
lo incoraggiò a continuare.
Le
mani iniziarono a sudargli e la maglietta blu iniziava a procurargli
una
fastidiosa sensazione di soffocamento. Che cosa avrebbe detto? Non ne
aveva
idea.
Dei
passi veloci giunsero da fuori la porta della cucina e, pochi secondi
dopo,
spuntò la faccia di Andrea.
-Che
buon profumo...- commentò, annusando la stanza -Che stai
preparando?- chiese
alla madre, che sorrise nel vederla così serena.
Forse
non era proprio gioiosa di essersi trasferita dalla città in
cui aveva passato
l'infanzia, ma era già fantastico che non stesse piangendo.
Il
ragazzo sospirò di sollievo e socchiuse gli occhi, per poi
appoggiare una mano
sul suo petto. Il cuore batteva all'impazzata e temeva che persino sua
madre e
sua sorella potessero sentirlo.
-Ti
devo un favore, Andrea- sussurrò con voce tremante.
La
ragazza si girò di scatto verso di lui con sguardo
interrogativo, ma Lucas
sorrise e scosse la testa.
Si
alzò dalla sedia e si avvicinò a madre e figlia,
intente a cucinare il pranzo.
-È
pronto?- chiese, affamato.
-Non
ancora- ridacchiò Andrea quando lo stomaco del fratello si
fece sentire.
-Comunque-
iniziò, attirando l'attenzione della sua famiglia -qui non
è poi così male-
commentò, facendo sorridere la madre.
-Come
hai detto che si chiama questo paesino?- chiese poi, rendendosi conto
di non
ricordare il nome.
Diana
assaggiò il sugo e sorrise soddisfatta del sapore, per poi
rispondere
-Stratford- concluse.
Sono
completamente pessima, e lo so bene, davvero.
È
stato un periodo terribile, lo è ancora, ma ho visto
tutte le vostre recensioni, i messaggi… come avrei potuto
far finta di niente? Era
impensabile, sul serio.
Passando
ad altro, spero stiate passando delle belle feste,
io no, ma sono solo dettagli :c
Finalmente
abbiamo un capitolo dal punto di vista di
Andrea e Lucas, spero davvero che vi piaccia.
Allora,
ci sarebbero tante cose da dire, ma preferisco
che siate voi a commentare, sempre se riusciate a perdonare il mio
pazzesco
ritardo. Sappiate comunque che nel prossimo capitolo si passa di nuovo
da
Sophie, Justin e Pattie.
Okay,
ho detto abbastanza, adesso rispondo alle recensioni
che mi avete lasciato e che mi hanno fatto parecchio piacere, vi voglio
davvero
bene e siete fantastiche con la vostra preoccupazione per Sophie, per
che fine
avessi fatto hahahah e per la storia :’)
Grazie
a tutte,
un
abbraccio coccoloso,
Morena