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Autore: Daisy Pearl    01/01/2014    6 recensioni
Finì di parlare e ansimò brevemente, come se avesse fatto una corsa infinita, lo sentii andare avanti e indietro e in qualche modo riuscii a immaginarmelo. Aveva un lungo abito bianco che si adagiava sul pavimento in pietra. La veste ondeggiava con eleganza e sembrava brillare di luce propria. Le lunghe ali erano spalancate sulle sue spalle, candide come il vestito e, a completarne la figura c’erano i classici boccoli oro che gli ricadevano sulle spalle con gentilezza. Potevo quasi vedere gli occhi azzurri come il cielo fissarmi attendendo che fossi in grado di alzarmi, in quel modo mi avrebbe potuta portare dove dovevo stare.
Mi avrebbe portata all’inferno.
- Questa è la storia di Mar e di Dave. Una storia di magia, tradimenti, colpi di scena, pazza, lucidità, amore. Bene e male si intrecciano in continuazione fondendosi in alcuni punti per poi separarsi. Il confine tra bianco e nero non è mai stato così invisibile.
Genere: Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Gioco di...'
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Vi preannuncio che questo capitolo è un po' più lungo dei precedenti, spero che però possiate trovarlo coinvolgente.
Buona lettura.
Il banner qua sotto è opera di  Berkley, che ringrazio di cuore.

Berkeley Ef






CAPITOLO 20

Mi sarei aspettata di vedere Dave disteso sul tavolo, forse addormentato o forse cosciente. Volevo rintanarmi per un istante nei suoi occhi verdi così famigliari, per credere che tutto andasse bene. Volevo auto convincermi che non stavo facendo nulla di male, che non avevo mai fatto nulla di male. Era forse poco lecito volere una vita perfetta? Io l’avevo avuta, avevo avuto tutto ciò che avevo desiderato, potere e vendetta, eppure non ero soddisfatta, non lo ero affatto.
Avevo condannato a morte delle persone innocenti consegnando Dave a Jasmine, persone che erano dotate di poteri e che per questo sarebbero morte. Avevo condannato Dave ad essere l’ombra di se stesso, un pallido fantasma della persona che era sempre stato. Avevo condannato tutti quegli uomini, quegli agenti che malamente cercavano di proteggere il resto del mondo da persone come me.
Avevo un grosso peso sulle spalle e non ero certa di poterlo sopportare.
L’unico conforto me lo potevano dare gli occhi verdi di Dave, gli unici che erano stati in grado di cambiarmi, guidarmi e farmi perdere allo stesso tempo.
Eppure lui non era su quel tavolo. Mi avvicinai ad esso, come a controllare che davvero non ci fosse tracce del suo corpo.
Fui presa dal panico. Mi guardai attorno cercandolo per tutta la stanza, ma di lui non c’era traccia. Dove poteva essere andato?
“Cerchi qualcosa?” la sua voce mi arrivò dritta alle orecchie, sembrava così rilassata, non era un sussurro come quella che avevo sentito l’ultima volta, era vigorosa, forte, come se fosse ancora la persona che avevo conosciuto mesi fa in un bar. Mi voltai trattenendo un sorriso, ma alle mie spalle non c’era nessuno.
“Dove sei?” domandai a mezza voce, iniziando a temere di essermi immaginata che mi parlasse.
“Qui!” disse, mi voltai nuovamente, ma ancora lui non c’era.
Il cuore iniziò a battermi forte. Non era normale quello stava accadendo. Dave era stato legato al tavolo per il suo e il nostro bene, non doveva essere libero. Mi costrinsi e vederlo come un essere molto pericoloso, anche se suonava strano perché Dave non era mai stato pericoloso in vita sua. Prima di allora …
“Non sei divertente!” strinsi la mascella, i muscoli erano tesi. Lanciai occhiate fugaci a destra e a sinistra cercando una sagoma, ma non vidi nessuno. Sentii un leggero spostamento d’aria provenire dalla mie sinistra, mi voltai trattenendo il respiro, non volevo fare il benchè minimo rumore.
“Sono veloce!” commentò la voce che sempre meno assomigliava a quella di Dave.
Chiusi gli occhi e immaginai  che lui rallentasse, immaginai di riuscire a vederlo, riaprii le palpebre e notai una macchia nera che saettava davanti a me.
Immaginai che inciampasse nell’aria e cadesse a terra e una frazione di secondo dopo Dave era sdraiato a pancia in giù sul pavimento, sul volto aveva dipinta una maschera di stupore. Tesi i muscoli in attesa che mi attaccasse, lui fece leva sulle braccia e si mise in piedi mentre man mano il terrore prendeva possesso dei suoi occhi.
Quando essi si posarono su di me lo vidi tranquillizzarsi per una frazione di secondo, prima che nuovamente la paura si impossessasse di lui.
“Cos’è successo?” sembrava timoroso a chiederlo. Distesi i muscoli per apparire calma e tranquilla, non mi doveva vedere in quel modo.
“Giocavi a nascondino!” risposi controllando il tono della voce. Il risultato fu freddo, ma almeno non apparivo spaventata.
Mi guardò confuso e pensai di chiarire meglio ciò che avevo detto “Sei molto veloce!”
“No!” sussurrò guardandomi come se sperasse che gli dicessi che era tutto uno scherzo.
“Sì, lo sei!”
Espirò pesantemente e si mise entrambe le mani sul volto. Scosse la testa e si poggiò al tavolo.
“Perché non mi hai ucciso?” sembrava stesse chiedendo pietà.
“Perché non proverei alcuna gioia nel vederti morto!” risposi sinceramente, mantenendo il tono di voce freddo.
Una mano si scostò dal suo viso permettendogli di vedermi con un occhio.
“Questo ti da soddisfazione?” chiese facendo un chiaro riferimento alla sua attuale situazione.
Non risposi per paura di tradirmi. Era la mia vendetta, ma io non la volevo più e allo stesso tempo non volevo che lui lo sapesse.
“Ho …” continuò lui, dato che io stavo in silenzio “…ho fatto del male a qualcuno?”
Inspirai a fondo.
“Non ancora!” espirai buttando fuori quelle terribili quanto vere parole.
“Non ricordo quello che è successo prima, vuol dire che io ero Lui!” sembrava stesse parlando con se stesso. Si prese la testa tra le mani e scivolò a terra, fino a finire seduto sul pavimento, con la schiena poggiata ad una gamba del tavolo.
“Lui?”
“L’altra parte di me, quella che la strega mi ha inserito. Lui preme per uscire, a volte lo sento e io non riesco a contrastarlo!” la voce era un lamento ed esprimeva perfettamente la sua angoscia.
“Tu puoi contrastarlo!” dissi queste parole senza nemmeno riuscire a trattenerle. Non avrei voluto pronunciarle, ma mi era venuto naturale, come respirare. Mi piegai sulle ginocchia per avere il viso all’altezza del suo.
I suoi occhi si persero nei miei e, per un breve fugace istante, ebbi la sensazione che gli ultimi giorni non fossero mai trascorsi, eravamo ancora io e lui nei nostri momenti di intimità, prima che lui decidesse di rovinare tutto dichiarandosi, prima che la situazione peggiorasse, prima che la vocina della mia coscienza mi insultasse accusandomi di debolezza.
Poi rovinò tutto facendo un sorriso amaro.
“Sono così stupido a dirti queste cose, tu starai ridendo dentro di te, starai gioendo del mio tormento!”
Le sue parole mi ferirono più di quanto avessero mai fatto delle semplici lettere messe una dietro l’altra. Ogni volta che avevo fatto qualcosa di malvagio Dave aveva sempre creduto che mi sarei in qualche modo redenta. Era convinto che in me ci fosse del buono e l’aveva pensato sempre, fino a quel preciso istante. Persino lui, alla luce di tutti gli avvenimenti, aveva smesso di sperare che in me ci fosse un po’ di compassione. Era convinto che io stessi gioendo e la cosa peggiore era che io volevo provare quella sensazione, ma non ci riuscivo. Tanto valeva arrendermi, non potevo costringermi, forse avrei dovuto capirlo prima.
“Ti sembra che io stia gioendo?”
Sembrò sorpreso dalle mie parole, mi fissò a lungo, come se volesse entrarmi nell’anima ed esplorarmela per potermi capire. Fu allora che decisi che avrei fatto la cosa giusta, che per una volta coincideva con quello che il cuore e la testa mi dicevano di fare.
 “Cyfer è di sopra, addormentato…” iniziai. L’attenzione di Dave si destò improvvisamente. “Io distrarrò Jasmine, ho del potere e so come utilizzarlo, tu dovrai correre di sopra, svegliare Cyfer e portarlo via da qui, scappate il più lontano possibile!”
Ripresi fiato e lo vidi totalmente rapito dalle mie parole, sembrava che non riuscisse a credere alle sue orecchie e, sinceramente, nemmeno io riuscivo a credere alle mie. Dopo tutto quello che mi aveva fatto stavo, io lo stavo aiutando. Dovevo essere impazzita.
Tuttavia la mia lingua continuò imperterrita, senza che io riuscissi a frenarla “Non gli farai del male, non ha del potere, il tuo istinto non agisce contro di lui. Raccontagli tutto ciò che è successo, se la sua associazione segreta è un minimo competente saprà come liberarti di Lui!’ mi riferii al potere come lo aveva fatto lui, l’aveva definita una sorta di entità indipendente che cercava di uscire e prendere il sopravvento.
Dave sbattè un paio di volte le palpebre perplesso.
“Non capisco!”
“Dave, non ci vuole un genio!” mi spazientii.
“Non mi fido di te!”
Quelle parole fecero crollare tutte le mie buone intenzioni. Lo presi per il colletto della maglietta e lo avvicinai al mio viso con fare minaccioso. Sentivo il suo respiro sulla mia pelle, gli occhi erano attraversati dalla sorpresa.
“Sei un cretino, non ti meriti nulla di ciò che volevo fare per te!” sibilai “Spero ti ricorderai quanto sei stato stupido quando, nei brevi momenti di lucidità, pregherai di morire!” la mia voce era gelida e tagliente.
Eppure lui sembrava non percepire nessuna delle mie parole, rabbrividiva al loro suono, ma continuava a fissarmi ipnotizzato.
Poi sgranò gli occhi ed emise un suono strozzato.
“Scappa!” biascicò mentre il suo corpo iniziava a venir scosso dai tremiti.
Lasciai scivolare dalle mie dita la stoffa della sua maglietta, mi sembrò di farlo al rallentatore. Serrò gli occhi  e contrasse i muscoli della faccia.
Mi alzai in piedi e mossi un paio di passi incerti indietro, senza mai staccare gli occhi dalla sua figura che si contorceva a terra e si lamentava.
Stava cercando di contrastarlo.
Iniziarono a tremarmi leggermente le mani, cercai di riconnettere il cervello al resto del mio corpo per dare l’ordine di fuggire via. Potevo sentire il pericolo come se fosse un profumo dell’aria. Dave stava per tornare ad essere il mostro che Jasmine aveva creato e io non potevo fermarlo.
I tremiti cessarono  di colpo così come erano iniziati. Dave parve voler riprendere fiato. Aveva la testa chinata in avanti e i suoi capelli mi coprivano al visuale sul suo viso. La stanza era immersa nel silenzio, potevo sentire i battiti accelerati del mio cuore rimbombarmi nelle orecchie. La testa di Dave si mosse, ma prima che potesse guardarmi in faccia le mie gambe e il mio cervello decisero di funzionare nuovamente, mi voltai e scappai di corsa dalla stanza. Le gambe mi reggevano a fatica, tremavano lievemente per lo sforzo e per l’agitazione. Le scale per raggiungere il piano superiore non mi erano mai sembrate così lontane. Sentii dei passi tranquilli dietro di me e seppi che le pupille di Dave dovevano essere rosse.
 
Corsi sulle scale, il fiato sempre più corto.
Sentivo l’irresistibile impulso di voltarmi per vedere dove si trovava il mio inseguitore, ma resistetti. Feci gli scalini a due a due, ma sembravano non finire mai. La scala era nel buio e posai le mani sulle pareti per cercare di tenere l’equilibrio e per evitare di andare a sbattere contro il muro. Continuai a salire velocemente rischiando almeno un paio di volte di inciampare nei miei stessi piedi. Sentivo un respiro tranquillo alle mie spalle, il che mi faceva agitare ancora di più. Vedevo un piccolo spiraglio di luce provenire dalla fessura sotto la porta che dava sull’atrio, ero così vicina.
Il cuore mi martellava nel petto e un sospiro freddo mi accarezzò la nuca. Terrorizzata mi voltai facendo ondeggiare i capelli lunghi nel buio. Dietro di me non c’era nessuno.
Il respiro mi si bloccò in gola mentre correvo con più foga di prima, con gli occhi sgranati e il terrore di essere in trappola.
Posai una mano sulla fredda maniglia della porta e la spalancai. Davanti a me trovai due grossi occhi verdi con le pupille rosse come il sangue. Non riuscii a trattenere l’urlo che mi venne dal profondo della gola. Dave era irriconoscibile. Era sempre lui, i capelli neri e tutto il resto, ma l’espressione del viso, solitamente dolce, era sfigurata da un ghigno sadico che gli partiva da un orecchio fino a terminare all’altro.
Per una frazione di secondo ci guardammo, la preda e il carnefice, dopo di che gli voltai le spalle e, senza pensarci, corsi nella direzione dalla quale ero arrivata. Stavo finendo in trappola. Il pulsare frenetico del cuore mi stava stordendo, il respiro corto e le gambe molli non aiutavano a scendere i gradini a due alla volta. Qualcosa di pesante urtò con forza contro la mia schiena bloccandomi il respiro, persi l’equilibrio e caddi giù dalle scale. Sentii contro il mio corpo ogni spigolo, sentii la mia carne lacerarsi in più punti. Sentii che perdevo conoscenza per brevi attimi per poi ritornare cosciente.
Cosciente che quella fosse la fine.
Una risata risuonò nel buio, l’essere che era stato Dave inalò una grande quantità di aria, come se avesse sentito il profumo di una pietanza particolarmente buona. Ero atterrata sulla schiena. Sentivo un forte dolore al braccio destro, nella penombra lo vidi piegato in una strana angolazione. Mi sentii mancare.
Il dolore più grande veniva dalla gamba che bruciava fino a farmi lacrimare gli occhi, come se fosse stata squarciata.
 Cercai di fare un respiro profondo, ma riuscii solo ad urlare per il dolore alle costole.
Mi venne da piangere ma non lo feci, ero in attesa. La vista mi si annebbiava e la testa diveniva pesante. C’era un luogo dove potevo andare, un posto dove non avrei sentito tutto quel dolore fisico ed emotivo, quel posto sembrava chiamarmi ad alta voce, mostrandomi tutti suoi pregi, ma decisi di rimanere cosciente.
Mi concentrai sul dolore e su una nuova potente sensazione. Era come se il mio corpo venisse risucchiato, ci misi un po’ a capire che in realtà quello di cui mi stavo privando era il potere. Avrei voluto fare qualcosa, una qualsiasi cosa per oppormi, ma non ne avevo la forza. Il posto tranquillo dove tutte quelle sensazioni sarebbero state annullate sembrava sempre più attraente.
Urlai con tutto il fiato che avevo in gola, le lacrime mi bagnarono la faccia e percepii che la mia stessa essenza stava per essere portata via. Faceva male, ma non potevo arrendermi. Cercai di stringerla a me, di strapparla dalle braccia maligne che me la stavano sottraendo, ma essa mi scivolava dalle dita mentre la mia mente si spostava sempre di più verso il buio più totale.
Vidi due puntini rossi scrutarmi e mi sentii rabbrividire mentre il buio mi invadeva.
Una voce risuonò nell’aria come una specie di musica lontana, cercai di aggrapparmi a lei per capire quello che diceva.
“Fermati!”
Ma il buio eterno era molto più invitante di quella condizione, così mi lasciai andare.
 
“Non riesco a resistere! Devo averla!”
“La avrai, è per questo che le ho dato tutti quei poteri, ne hai bisogno. Devi essere forte per la conquista!”
“Non puoi controllarmi, sono più forte di te!”
“E invece sì che posso. La vedi? Lei è ancora viva, respira a mala pena, ma il suo cuore batte, il suo sangue esce copioso dalle ferite che si è fatta scappando via te!”
“Non vuol dire nulla!”
“Ti stai trattenendo perché te l’ho ordinato!”
“Tu non sei nulla!”
 
Una mano gentile si strinse attorno al mio polso, una voce lontana anni luce mormorò qualcosa di simile ad una cantilena, forse era una preghiera. Forse quella era la mia veglia funebre.
In ogni caso io non dovevo essere lì.
La mano divenne più calda e questo mi diede forza, sentivo che qualcosa dentro di me si calmava, sentivo le forze tornarmi nel corpo, sentivo il mio corpo.
Ero viva.
Ma la vita porta dolore e improvvisamente sentii numerose fitte in diverse parti del corpo. Fu come se un attimo prima tutto fosse spento e un secondo dopo qualcuno avesse acceso l’interruttore inondandomi con tutto quel dolore.
Urlai con tutto il fiato che avevo in gola, sentii la mia voce roca e non la riconobbi come mia, anche se il dolore alle corde vocali mi confermava che ero io ad urlare.
Sbarrai gli occhi e ansimai.
Delle iridi cerulee mi stavano fissando con gentilezza, ma tale sguardo era in contrasto con il ghigno malefico stampato sul volto di Jasmine, sul suo viso vi era soddisfazione.
Cercai di riprendere fiato, mugugnai per il dolore.
“Come ti senti?” mi domandò lei con tranquillità, come se mi stesse chiedendo quali fossero le previsioni per il giorno seguente.
“Ghh…” mugugnai, non riuscivo a parlare e ad ogni respiro arrivava una fitta di dolore alle costole “…Dolore!” riuscii a dire. Avevo il viso bagnato, sentivo che il fiato di Jasmine sulla mia pelle più freddo di quello che doveva essere a causa di quelle che dovevano essere lacrime. Cercai di toccarmi il volto, ma un braccio non rispondeva e mi faceva un male atroce. Tentai con l’altro, ma mi costava troppa fatica. Rinunciai.
“Ovvio che provi dolore! Stai morendo!” Jasmine si allontanò da me sempre sorridendo, fissandomi come se fossi un capolavoro ben riuscito.
Fu allora che il mio campo visivo si allargò e scorsi Dave, le braccia distese lungo i fianchi e lo sguardo demoniaco negli occhi.
Istintivamente il mio respiro accelerò, non lo riconoscevo più come il ‘mio’ Dave, ma come un altro essere, terribilmente più spaventoso, comprendevo perché Dave stesso considerava quello un essere a se stante. Il cuore mi batteva forte dandomi anch’esso fitte di dolore in corrispondenza dello sterno.
“Non ti farà del male, se non gli darò il permesso!”
“Puoi… controllarlo?” ansimai. Cercai di muovermi, ma rimasi a pancia in giù, dove mi trovavo, con un braccio sotto al corpo e l’altro disteso sul fianco in una strana angolazione.
“Certo che posso!”
“Grazie!” sussurrai realizzando che era stata lei a fermare Dave e ad impedire che mi uccidesse.
“Vedi, Mar, forse è un po’ troppo presto per  ringraziarmi, stai perdendo molto sangue!”
“Cosa?”  udivo la mia stessa voce a stento, ma Jasmine non sembrava far fatica a comprendermi.
“Stai morendo Mar, se non ti ucciderà Dave, morirai dissanguata e non posso permetterlo!”
Il cuore mi si riempì di speranza all’udire quelle parole. Una lacrima solitaria sfuggì da uno dei miei occhi.
“Grazie!” ripetei riconoscente, tentando di alzare il tono della voce per essere più udibile. Non che avessi paura di morire, quando Dave mi stava portando via l’essenza mi ero rassegnata, ma l’dea che avrei ripreso a vivere mi dava forza e voglia di farlo, con questo arrivò la paura della morte.
Jasmine si mise a ridere, la sua risata era dolce, soave, ma non mi tranquillizzò affatto, era come una risata ad un funerale, qualcosa di decisamente tetro che non faceva presagire nulla di buono.
“Non hai capito, non posso permettere che tu muoia dissanguata perché deve essere il tuo ragazzo ad ucciderti! Vedi la tua essenza è preziosissima e inoltre se tu muori, il vero Dave non avrà molte ragioni per combattere la sua nuova natura. Vorrà annullarsi perché comprenderà il peso di ciò che ha fatto. La tua morte è un passo fondamentale per accelerare il processo di autodistruzione del ragazzo, così ne rimarrà solo l’essere di cui ho bisogno!”
Rabbrividii e una consapevolezza mi giunse veloce come un fulmine illuminando tutti i miei pensieri: Jasmine aveva un piano ben preciso in testa fin dall’inizio. Io, Dave e Alan eravamo le sue pedine, avevamo fatto esattamente quello che lei voleva facessimo, ci eravamo mossi nella sua scacchiera e lei aveva giocato a scacchi con la nostra vita. Ed io ero stata così stupida da lasciarglielo fare.
Il cuore mi batteva sempre più forte mentre lo stomaco mi si chiuse e si attorcigliò. Non volevo morire, non lo meritavo, lei lo meritava. Cercai di immaginare la testa di quella donna mozzata, ci provai con tutte le mie forze, ma non avvenne nulla. Seppi, forse per istinto, che serviva più potere per rendere reale quello che stavo immaginando e sapevo che buona parte di quel potere mi era stato assorbito da Dave.
Nel mio corpo ne rimaneva davvero poco, ma potevo percepirlo, potevo sentire che stava cercando di mantenermi in vita, di guarirmi, eppure le forze mi abbandonavano lo stesso mentre il dolore mi annebbiava la mente.
“Perchè allora non sono già morta?” biascicai vedendo in quella situazione una piccola luce verde di speranza. Mi aggrappai ad essa con tutte le forze tentando di rimanere cosciente.
“Vedi Mar…” si riavvicinò con passo felino, era colma di grazia, ma questo non mi impedii di detestarla ancora di più “Io sono fondamentalmente una prestigiatrice! Amo guardare il mio pubblico mentre faccio i miei giochi di prestigio!”
La guardai perplessa non capendo dove volesse arrivare.
“Quando un prestigiatore mostra i suoi trucchi, il pubblico sa che sta assistendo ad uno spettacolo, io detesto  se il mio pubblico rimane nell’incoscienza!”
Piegò le ginocchia per essere più vicina al mio viso e studiarmi meglio. La soddisfazione non repressa tramutava il suo volto bellissimo, in qualcosa di spaventoso. Mi ritrovai improvvisamente a voler morire per non essere più costretta a fissare un’espressione del genere.
“Non capisco…” bisbigliai.
Lei mormorò qualcosa e Jasmine scomparve lentamente dal mio campo visivo, la sua immagine si offuscò pian piano, come se sbiadisse. Un istante dopo mi trovavo all’estero del mio stesso corpo e mi osservavo da fuori. Ero sdraiata a pancia in su, in una pozza di sangue. Sul mio viso non c’erano molte lacrime, esso era bagnato dal liquido vermiglio che mi faceva da letto di morte. La mia espressione era spaventata, avevo gli occhi sgranati e sembrava che da un momento all’altro dovessero uscirmi fuori dalle orbite. Rabbrividii. I miei lunghi capelli, raccolti in ciocche tenute insieme dal sangue rappreso, giacevano scompigliati sul pavimento donandomi un’aria ancora più misera. Potevo sentire il fetore del sangue rappreso e di quello ancora fresco che mi usciva dalla gamba, mi venne da vomitare e un istante dopo la visione sparì e mi ritrovai di nuovo nel mio corpo.
Ansimai spaventata dal brusco cambio di immagine e lanciai una lunga occhiata di terrore a Jasmine che mi fissava sorridendo.
“Allora? È stato bello?” mi domandò.
“Sei stata tu?” sussurrai.
“Certo! Sono sempre stata io! Ricordi quando dopo la violenza di Robert ti sei vista dall’esterno?”
Sbarrai gli occhi mentre il panico mi invadeva ad ondate forti e destabilizzanti.
“Ricordi anche che dopo il bacio tra Jamie e Dave tu eri in un parco, piangevi come la peggiore delle fallite, anche lì ti ho mostrato la tua miseria!”
“Tu!” la voce mi tremò mentre la mia mente veniva invasa dai ricordi. Mi era sembrato un mio personale modo di evadere, di vedere ciò che mi succedeva dall’esterno, invece era sempre stata lei. E io non l’avevo capito. Io mi ero fidata.
“Io!” annuì soddisfatta “Ed ecco che arriviamo alla seconda parte fondamentale per la quale sei ancora viva. Per prima cosa dovevo dirti che hai assistito al mio spettacolo, ora Mar dimmi, cosa fa un prestigiatore?” non aspettò una mia risposta “Ovviamente crea illusioni!” sembrava estasiata dalle sue stesse parole.
Una fitta particolarmente intensa mi attraversò la gamba e mi ritrovai ad urlare con tutto il fiato che avevo in gola.
“Un prestigiatore fa credere al pubblico che quella che fa è magia, ma invece c’è il trucco!”
Una nuova fitta mi attraversò lo sterno privandomi per qualche secondo del respiro. Urlai senza più fiato e mi divincolai sperando che il male cessasse, ma così non avvenne, esso peggiorò.
“Ti sembra magia questa?” sussurrò al mio orecchio mentre anche la testa iniziava a pulsarmi. La vista mi si annebbiò mentre le mie stesse urla mi stordivano.
“Ora ti svelo un segreto, il dolore che credi ti stia provocando in realtà non lo provi davvero. Tu senti male per la caduta, ma non senti la fitta alla testa!” la fitta alla testa cessò di colpo “Né quella allo sterno…” anche il peso sul petto scomparve “E anche il dolore della gamba non è così forte!”
Ansimai mentre ringraziavo non so quale entità che tutto quel dolore supplementare fosse cessato.
“E’ un’illusione, un abile gioco di prestigio. Il giorno del nostro primo incontro ti ho fatto credere di essere una maga potente, ti ho fatto provare del dolore, ma in realtà tutto ciò che ho fatto è stato manipolare la tua mente affinchè tu credessi di provarlo. Ho fatto la stessa cosa con Dave e Alan, avrai notato che il tuo caro Dave soffriva senza un’evidente ragione quando lo tenevo rinchiuso nella stanza al piano superiore! Sono anche sicura che tu abbia notato il suo sguardo di terrore quando ti ho poggiato un dito sul collo. Tu lo percepivi per quello che era, mentre lui lo vedeva come un coltello. Pensava ti stessi per tagliare la gola e ha deciso di collaborare!” sembrva asi stesse prendendo gioco di lui.
“Bastarda!” digrignai i denti cercando di mettere in quell’unica parola tutto il disgusto che provavo per quella donna.
Lei ridacchiò “E pensare che in passato non ero un’abile strega, per questo ho sviluppato questa tecnica. Mi ha dato la possibilità di avere più sicurezza in me, dopo di che ho imparato a lanciare maledizioni e a fare riti complicati come quello di oggi!” era soddisfatta di se stessa.
“Tu sei una ragazza intelligente Mar! Come ci si sente ad essere messi in ginocchio da illusioni? Da banali giochi di prestigio? Persino Dave è riuscito a contrastarlo, non ti sei chiesta come facesse a non provare dolore, quello stesso dolore che tu non riuscivi ad ignorare?”
Deglutii a fatica reprimendo le miriadi di insulti che volevo lanciarle contro. Non potevo sprecare il fiato, dovevo pensare, dovevo uscire viva da lì a qualunque costo. Rammentai però che Dave era riuscito a distinguere, seppur inconsciamente, le illusioni dalla realtà, quindi potevo farcela anche io.
“Ma non è ancora finita! Io ho manipolato la tua mente come mai avevo fatto prima di ora, l’ho plasmata. In qualche modo sei il mio tentativo meglio riuscito!” mi guardò con orgoglio misto a compiacimento.
Hai perso.
Sei stata una sciocca.
Ti sei fatta influenzare da miseri trucchi da mago.
Trattenni il respiro riconoscendo quella che credevo fosse la voce della mia coscienza, quella che mi aveva detto che ero debole, quella che aveva contribuito a farmi crollare.
“Eri tu!” sibilai con più forza di quanta ne avessi. La rabbia stava prendendo velocemente  il posto della paura. Mi inondava facendomi dimenticare il dolore e il sangue che mi circondava. Mi dava forza.
“Ebbene sì!” gli occhi freddi le brillarono per un breve istante “Era la mia voce quella che sentivi in testa, ma ho fatto di meglio Mar, molto di meglio!”
Attese guardandomi speranzosa, come se desiderasse che io le chiedessi tutta eccitata cos’altro mi aveva fatto. Rimasi immobile a guardarla dritto negli occhi, immaginando di farle del male in tutti i modi possibili, riversando la mia rabbia in quei pensieri che non potevano prendere vita.
“Ho modificato la tua stessa percezione della vita. Ad esempio sono piuttosto convinta di averti fatto dire delle parole alquanto sdolcinate su Dave ad una barista, parole che non sono mai uscite dalle tue labbra! E ti ho anche fatto credere che lei stesse sorridendo in modo meschino!” si passò la lingua sul labbro inferiore mentre a me tornava in mente quella notte.
Era successo dopo quel maledetto appuntamento con Dave, ero andata in una bar e avevo raccontato ad una sconosciuta cose che nemmeno credevo di pensare.
‘Il ragazzo con cui ho una storia mi ha appena detto che mi ama, ma io non voglio una cosa seria. Voglio divertirmi, ho paura di avere legami perché so che questo mi farà soffrire e temo di non essere abbastanza forte da sopportarlo!’
Rammentavo chiaramente quelle parole, così come ricordavo di aver poi incontrato un ragazzo, quella stessa sera, anche lui mi aveva sorriso meschinamente. In quei ricordi rividi il sorriso di Jasmine così simile al loro. Per quanto tempo la mia mente era stata alla sua mercè?
“E poi ci sono le mie due opere d’arte Mar, la realizzazione più completa del mio perfetto gioco di prestigio. Una mattina sei tornata a casa e hai incontrato la tua coinquilina sul pianerottolo, aveva dimenticato le chiavi di casa e ti stava aspettando, ma io ho fatto in modo che tu non vedessi lei. Non è stato difficile. E’ bastato schiarirle i capelli e accorciarglieli, cambiarle il colore degli occhi. Sai, sono diventati azzurro cielo, con un grazioso contorno giallo. Tu sei rimasta sconvolta credendo di avere dinnanzi il tuo vecchio amico Rob!”
Il mio cuore perse un battito, non volevo più sentire cosa aveva da dire, ma il dolore mi impediva di muovermi o di protestare.
Jasmine sorrise “Povera Emily, immagina come si deve essere sentita vedendo che parlavi con lei, credendo di parlare con Robert. Immagina il suo terrore quando terrorizzata ti sei messa ad urlare!”
Rabbrividii ricordando ogni singolo secondo di quelle scene. Il corpo di Rob contro il mio, il suo tentativo di violentarmi.
“Dio!” mormorai mentre un’orrenda consapevolezza prendeva pieno possesso di me “Lo hai torturato!”
Rammentai lo sguardo vacuo di Rob quando ero andata a fargli visita e gli avevo inferto dolore. Lui mi aveva implorato di smetterla dicendomi che mi aveva detto tutto ciò che sapeva. Pensava che io fossi lei! E io che avevo creduto che fossero stati i colleghi di Cyfer a torturarli!
“Oh sì!” confermò Jasmine con gli occhi persi nei ricordi “E’ stato necessario, dovevo conoscere il vostro rapporto per poter creare nella tua mente un’illusione che fosse verosimile!”
Non mi aveva mai violentata, per tutto il tempo Rob era rimasto chiuso in una cella, era stato torturato perché era accidentalmente capitato sulla strada di Jasmine ed ora era morto perché io l’avevo ucciso per una cosa che non aveva commesso.
Il peso di quella colpa mi gravò addosso come un macigno. Quando gli avevo ordinato di suicidarsi lo avevo fatto senza pietà, divorata dall’odio e dai ricordi di lui che prendeva possesso di me senza il mio consenso. Lo avevo ucciso.
Avevo ucciso una persona e lo avevo fatto per nessuna ragione valida.
Le lacrime calde sgorgarono dai miei occhi mentre rammentavo le iridi di Rob, mentre ricordavo con chiarezza l’illusione che mi era sembrata tanto reale.
Lui era morto.
Singhiozzai mentre Jasmine mi guardava godendosi ogni mia espressione, come se volesse stamparsele a fuoco nella mente, per lei quello era il momento degli applausi del pubblico e se li stava godendo pienamente.
“Così quella sciocca ragazza è corsa a cercare aiuto, con la magia ti ho privata dei vestiti e dei sensi! E’ stato così facile! Ma ora arriva il bello. Dovevo indurti a crollare e mi sembrava giusto far leva sull’amore, o su qualunque cosa provassi per Dave e così ho fatto entrare in gioco Jamie!”
Socchiusi gli occhi e le lacrime uscirono ancora più copiose, avevo capito dove voleva arrivare, voleva dimostrarmi che tutto ciò che avevo fatto, tutto ciò che ero diventata, la mia debolezza e tutto il resto erano solo un suo volere. Io non ero mai stata debole, Dave non mi aveva mai fatta crollare, la mia decadenza era iniziata in primo luogo da me stessa e dalle mie manie di grandezza, in secondo luogo con Jasmine Becketly. Lei voleva dimostrarmi che mi ero rovinata con le mie stesse mani senza una valida ragione, ma solo a causa di stupide illusioni.
“Jamie in realtà è l’amico con gli occhiali di Dave, credo si chiami James. Anche in questo caso ho modificato un po’ i connotati!” questo spiegava perché la prima volta che avevo visto quella ragazza lei era arrossita e aveva abbassato lo sguardo, James aveva sempre fatto così perché aveva una cotta per me.
“Pensa!” esclamò con un sorriso soddisfatto che mi dava il voltastomaco “Quando li hai visti in discoteca, mentre credevi si baciassero, in realtà Dave stava parlando di te!”
Si lasciò andare ad una fragorosa risata che mi fece accapponare la pelle. Ormai il dolore appariva lontano, ero riuscita a confinarlo in una parte della mia mente,  a prevalere erano la rabbia e la disperazione.
“Ora guardalo!” continuò lei alzandosi in piedi e lanciando una lunga occhiata a quello che era stato Dave Sullivan, il ragazzo che aveva sempre cercato di salvarmi da me stessa. Seguii il suo sguardo quasi automaticamente e incontrai le iridi rosse come il sangue. I muscoli del suo viso erano contratti, stava soffrendo perché voleva portarmi via l’unica cosa che ancora mi teneva in vita: la mia essenza.
“Tu lo hai rovinato perché pensavi che lui aveva rovinato te!”
“Sei stata tu!” sussurrai.
“Come?” sembrava divertita.
“Non è colpa mia!”
“Tu me lo hai consegnato!”
“Se non lo avessi fatto te lo saresti preso comunque!” ribattei con la voce carica di disperazione. Non avrei potuto fare niente per evitare tutto ciò.
“Senza di te lui non avrebbe mai preso possesso dei poteri nella scatola, senza di te lui non sarebbe mai venuto qua, non avrebbe riscritto il libro, non l’avrebbe corretto perché la tua vita era in pericolo e non starebbe per diventare così forte per il semplice fatto che ucciderà te! Tu fra tutti sei la chiave delle buona riuscita del mio piano.”
“Quindi tutto ciò che ti serve è che Dave inghiottisca la mia essenza?” domandai a fatica cercando di far lavorare il mio cervello per cercare una soluzione.
Lei sorrise soddisfatta che avessi capito.
“Sai a cosa mi serve un essere come lui?” non attese una risposta “Mi serve potere, una quantità gigantesca di potere, ma le essenze incrementano il potere in una maniera impressionante. Dave sarà il mio serbatoio e, quando sarà pieno a sufficienza, ne estrarrò il potere, immagino tu abbia capito come!”
Avevo capito, ma speravo che non fosse vero.
“Ci sono tre modi per trasferire il potere da un individuo all’altro. Il primo è attraverso la cessione spontanea, il secondo è tramite oggetti e il terzo avviene in punto di morte. Alla vittima può essere rubato il potere prima che muoia del tutto, se muore il potere viene perso totalmente, ma nei secondi precedenti  la morte si può sia cedere che assorbire potere. Di solito lo si cede se si vuole salvare la persona in questione altrimenti lo si preleva!”
“Non puoi ucciderlo!” dissi con forza “Lui è più forte di te!”
Lei sorrise “Vero! Ma su di lui grava una maledizione che lo porterà alla morte quando il suo primo figlio verrà al mondo!”
Quella era la conferma che la maledizione sulla famiglia di Dave non era in alcun modo legata al libro, era qualcosa che aveva nel sangue, qualcosa che era iniziato in quella lontana notte di mille anni fa, con Myria.
“Ma non avrà un figlio!” sorrisi debolmente, felice di quella piccola consolazione. Dave era una specie di mostro, non avrebbe mai avuto una famiglia.
Un sorriso furbo le attraversò il volto mentre muoveva un paio di passi verso Dave che immobile non staccava gli occhi da me. Gli passò il dorso della mano sulla guancia magra e definita, partì dagli zigomi alti fino a giungere sul mento. Dopo di che si portò la mano al naso, inspirò l’odore di Dave che doveva essere rimasto leggermente impresso su di essa.
“Starò con lui ogni notte da quando riterrò opportuno. Da lì inizierà il count down, da quel momento avrò nove mesi per raccogliere tutto il potere di cui ho bisogno, poi nascerà nostro figlio!” sorrise come se stesse pregustando una sorta di dolce. Contrassi i muscoli. Avrei voluto saltarle addosso, graffiarla, morderla, strapparle la pelle, farla soffrire. La detestavo con tutta l’anima.
“E Dave Sullivan morirà!” lo disse con semplicità come se fosse una cosa scontata e di poca importanza, si allontanò da lui incamminandosi verso di me.
“Non condannerai tuo figlio ad una vita destinata a finire a causa di una maledizione come la sua!” sussurrai con un pizzico di speranza nella voce. Non volevo che Dave morisse, non lo meritava, non era colpa sua se era diventato un mostro. Era colpa mia.
Tutta colpa mia.
Forse odiavo più me stessa che Jasmine.
“La maledizione è stata forgiata dal mio sangue e solo il mio sangue può romperla. Mio figlio avrà il mio sangue e quindi la maledizione sarà spezzata automaticamente, ma purtroppo il tuo Dave morirà!” non era affatto dispiaciuta.
Strinsi la mascella mentre le lacrime non mi davano tregua, il dolore tornava a farsi sentire, il senso di colpa mi opprimeva.
Avevo ucciso un ragazzo innocente e stavo per causare la morte di un altro. Stavo per condannare chissà quante persone alla perdita della vita e della propria essenza.
E improvvisamente tutto mi fu chiaro e lampante. Dovevo sistemare le cose, solo io potevo farlo, lei mi aveva detto che ero io la chiave della buona riuscita del suo piano, Dave doveva uccidermi.
Ero io l’unica a dover morire, ma dovevo farlo senza che il mio sangue cadesse sulle mani pure di Dave.
Forse quella sarebbe stata la cosa più stupida e insieme più coraggiosa che io potessi mai fare. Ero morente, bastava poco.
Con tutta la forza che avevo in corpo feci leva sul braccio sano. La mano scivolò nel mio stesso sangue, ma strinsi i denti e cercai di rendere l’appoggio più stabile. Mi diedi la spinta con la gamba non ferita e mi alzai da terra. Barcollai, la gamba mi pulsava e la testa mi girava. Non riuscii a reprimere un conato di vomito, piegai la testa in avanti e rigurgitai bile mista a sangue. Dopo di che alzai lo sguardo e vidi che Jasmine aveva smesso di sorridere, mi fissava con sguardo serio, era stata presa alla sprovvista.
Ansimai per lo sforzo e ignorai il cuore che mi batteva forte, la morsa allo stomaco e la paura. Non guardai verso Dave, ma mi focalizzai solo su Jasmine.
Sorrisi.
I suoi occhi si dilatarono. Aveva capito.
Con il sorriso sulle labbra mi lasciai andare, sapevo che una caduta probabilmente mi sarebbe stata fatale così mi diedi una leggera spinta all’indietro. Lei aprì la bocca mentre, con una leggera punta di soddisfazione attendevo di toccare il suolo.
“Dave ORA!” urlò lei.
Sentii il poco potere che mi era rimasto fluire via da me, non  feci in tempo a spegnere il sorriso, ma seppi di aver fallito, la mia essenza stava per essere risucchiata, il mio tentativo era stato inutile. Eppure per la prima volta provai una stana sensazione di essere in pace con il mondo, era come se in quel modo stessi espiando tutte le mie numerose e atroci colpe con quell’unico coraggioso tentativo.
Il buio mi avvolse come una dolce coperta fredda, morbida ed eterna.
Così il pubblico si alzò in piedi e scoppiò in un fragoroso applauso mentre il sipario calava. Il gioco di prestigio era concluso.



Potrei dire che la prima parte di 'Gioco di prestigio' si è conclusa così. Si cala il sipario e ha inizio il secondo atto.
Come avrete notato il capitolo è importantissimo! Spero che sia tutto chiaro, nel caso non lo sia fatemelo notare e provvederò a chiarire eventuali dubbi e a rendere pi comprensibile il testo.
La pubblicazione subirà ritardi perchè, contrariamente ai miei buoni propositi, non sono riusicta a scrivere nulla in queste vacanze, quindi avrò bisgogno di più tempo!
Ringrazio di cuore BloomsburyCleare97ILoveItBabyladyselena15 che hanno così gentilmente lasciato un loro parere :)
Grazie a tutti coloro che sono arrivati pazientemente fino a qui, spero di non deludervi.
Daisy


 
   
 
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