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Autore: Martina3    02/01/2014    5 recensioni
Becky Greene è una sedicenne di Holmes Chapel. Da un po' di tempo ha una cotta folgorante per un ragazzo della classe affianco alla sua. Harold Styles. Peccato che, però, egli non la degni di uno sguardo, perché attratto solo da una ragazza, Rachel Smith.
Passano tre anni e Harold diventa solo un ricordo, nonostante sia diventato una star. Becky ha anche un ragazzo, Jake. Ma un giorno, nonostante i suoi sforzi, la ormai diciannovenne non può sfuggire al destino e si trova a un palmo di naso nientemeno che Harry, Harry Styles.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO DICIASETTESIMO

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Dopo essermi fatta una doccia, misi in ordine le mie cose nell'armadio e in bagno. Ogni volta che mi spostavo scoprivo una stanza nuova di quell'immensa villa. «Mi spieghi a che ti serve una casa così grande? Non mi ambienterò mai.»

«Penso al futuro io.», mi guardò con aria enigmatica.

Sorrisi sotto i baffi: «Al futuro.», dissi come per convincermene.

«So che hai capito, è inutile che fai finta di niente.»

Sbuffai: «Perché te la do sempre vinta io?»

Si avvicinò a me per cingermi i fianchi: «E so anche che stai cercando di cambiare argomento.»

«Non è vero.»

«E so...», lo interruppi posandogli la mano sulle bocca: «Vuoi parlare del nostro futuro?»

Fece di sì con capo e sentii le sue labbra incurvarsi in un sorriso sotto il mio palmo. «Come vuoi.»

Harry si sedette ai piedi del letto e mi invitò a sedermi a cavalcioni sulle sue gambe. «Di cosa vuoi che parliamo?», iniziai avvolgendo le braccia sulle sue spalle.

«Della casa in cui vivremo.». Sembrava un bambino che attende la storia della mamma prima di addormentarsi. Lo accontentai: «Vivremo in una casa sulla spiaggia, piena di vetrate. Dovrà essere molto ma molto luminosa.», mentre parlavo guardavo altrove cercando di immaginarmi quel paradiso. «Non dovrà essere eccessivamente grande, giusta per la nostra famiglia.»

«La nostra famiglia...», mi fece eco posando il capo sul mio petto.

«Sì, la nostra famiglia. Ci saremo io, te e i nostri bambini.»

«Parlami di loro.», sembrava come se volesse anche lui unirsi a quella mia fantasia, cercando di vedere ciò che vedevo io nella mia mente.

Chiusi gli occhi: «Ci sarà una bambina dai capelli rossi e ricci con tante lentiggini sul viso: si chiamerà...», a dire il vero non ci avevo mai pensato prima. Pensai però ad una parola che simboleggiasse il legame che teneva uniti me e Harry. «...si chiamerà Rebirth.». Già, “rinascita”. Io incontrando lui ero diventata un'altra persona, la vecchia Becky aveva lasciato il posto ad una donna matura e responsabile, ma soprattutto capace di amare veramente.

«Rebirth...», rifletté lui, «Mi piace.»

«Poi ci sarà un'altra bimba con capelli scuri e mossi ed occhi verdi come i tuoi. Lei sarà Faith.»

«Come mai Faith?»

«Perché la fiducia fa parte di noi. Non è vero?»

Sorrise annuendo. «Tutte donne in casa.», considerò poi.

«No, ci saranno anche due maschietti. Il primo si chiamerà Andrew, dato che significa “guerriero” ed entrambi lottiamo per la nostra felicità; ti somiglierà tantissimo. Infine ci sarà Cole, che sta a significare la vittoria e noi abbiamo vinto contro tutti, giusto? Però lui sarà identico a me.»

Mi strinse a sé ridendo: «Credo di non poter scampare a questo diabolico piano.»

Gli scompigliai i capelli: «Infatti.». Mi alzai per mettere in ordine le ultime cose.

«Domani dev'essere un giorno perfetto. Dove vuoi che ti porti?»

«Che c'è domani?», chiesi distrattamente.

«Becky è il tuo compleanno.»

Esitai un secondo, guardando un punto fisso per poi spostare gli occhi su di lui: «Ne sei sicuro?»

Scoppiò in una fragorosa risata lasciandosi cadere sul letto: «Come fai a dimenticarmi del tuo compleanno, Becky? Tutti sono in fibrillazione per il proprio giorno!». Veramente io ero in fibrillazione per vedere lui, talmente tanto da dimenticarmi che effettivamente l'indomani avrei compiuto diciannove anni. «E' già il 16 marzo?», chiesi.

«Domani sì.», rispose reggendosi sui gomiti.

«Passa in fretta il tempo.», considerai, mentre realizzavo ancora l'idea.

«Allora? Che vuoi fare?»

«Voglio fare quello che vuoi tu.»

Sorrise: «E' il tuo compleanno, non il mio.»

«Voglio che decida tu. Quello che piace fare a te piace anche a me.», mi impuntai come una bambina capricciosa.

Si arrese: «Ti andrebbe di andare a fare un giro a Los Angeles? Ti porto sulla spiaggia, a fare un po' di shopping, a vedere il panorama. Ci sono tantissime cose da fare qui.»

Gli presi il viso tra le mani spupazzandolo: «Ma dove lo trovo io un altro ragazzo così?»

Harry si accigliò: «Perché, ne vuoi un altro?»

Risi: «No no, mi sono espressa male!»

«Questa me la segno, sai?»

Divertita, gli schioccai un bacio sulla guancia: «Non vedo l'ora che sia domani.»

 

Si era ormai fatta sera ed il cielo variopinto tingeva di rosa lo skyline di Los Angeles e le vette dei monti. Me ne stavo sullo spazioso terrazzo a braccia conserte mentre il leggero vento tiepido mi scompigliava le ciocche di capelli sul viso. Tutto questo mi sembrava un paradiso, un film d'amore, di quelli in cui ogni cosa era perfetta. Troppo perfetta. Talmente perfetta da sembrare irreale e fragile come il cristallo. Sospirai e mentre facevo per voltarmi, Harry mi precedette abbracciandomi da dietro e appoggiando il mento sulla mia spalla: «Bello, vero?»

«E' magnifico.», sorrisi.

«Vedrai domani.», mi diede un piccolo bacio sul collo.

«Non vedo l'ora.», mi strinsi nelle spalle.

«Che vuoi mangiare stasera?»

«Andiamo a mangiare una pizza. Che dici?»

Harry tacque per qualche secondo: «Becky...»

«Ho... detto qualcosa di sbagliato?»

«No no... è solo che uscire di qui non è molto semplice, lo sai. Preferirei che stessimo qui a casa. Sempre che per te non sia un problema, ovvio.»

Ci misi un po' per realizzare: «Oh... figurati, nessun problema.», sorrisi, nascondendo quel pizzico di disagio che quell'affermazione mi aveva provocato.

«Non sembra, ma so cucinare.», scherzò.

«Vediamo cosa sai fare.», lo istigai.

«Ti preparerò una pizza come non ne hai mai mangiate prima dolcezza.», sciolse l'abbraccio per poi dirigersi verso la cucina. Estrasse da un cassetto un grosso ricettario e lo sfogliò. Una volta trovata la pagina che faceva al caso suo, passò il palmo della mano sul foglio come per prepararsi psicologicamente. «Dunque...»

Aprì dispense, frigorifero, cassetti e ripose tutto l'occorrente sul ripiano. «Mi può passare cortesemente il grembiule, per favore?», indicò con aria professionale il grande grembiule nero appeso ad un gancetto sul muro.

Risi sotto i baffi cercando di prenderlo sul serio: «A lei.», gli porsi ciò che mi aveva richiesto e lui lo indossò. Prese una grande ciotola e cominciò a miscelare i vari ingredienti. Più era impegnato più mi veniva da ridere. Me ne stavo appoggiata al muro a braccia conserte guardando con attenzione ogni suo gesto. Poco dopo si mise ad impastare e ammetto che lo trovai incredibilmente sexy. Le sue grandi mani si muovevano sinuose sull'impasto e i riccioli gli coprivano un po' il volto.

Ad un certo punto mi guardò: «Dì che me la cavo male.»

«Confesso di averti sottovalutato.»

Mi fece l'occhiolino e continuò con le sue faccende.

 

Quando fu tutto pronto infornò la pizza e si pulì le mani sul grembiule: «Ecco fatto.»

Mi chinai per dare un occhio in forno: «Ha un bell'aspetto.»

«E devi ancora assaggiarla.»

«Però, modesto il ragazzo.», risi.

Lo aiutai a mettere a posto la cucina e a preparare la tavola. L'ambiente venne invaso da un profumo inebriante ed invitante: «Continuo a pensare che ho sbagliato a credere che tu fossi negato.»

«Pensavi davvero questo?!», corrugò la fronte.

«Beh no...»

Per punirmi mi venne incontro per farmi il solletico. Risi a crepapelle: «Basta Harry, finiscila!»

«Se no?», mi provocò.

«Ho detto di smetterla!»

Ad un certo punto si avvicinò al mio viso e fece per baciarmi. Gemetti per il leggero dolore che mi provocò, allora si scostò imbarazzato: «Oh Dio scusami tesoro... io non mi sono ricordato...».

«Tranquillo, non mi hai fatto nulla.», mi sfiorai il labbro ferito e gli sorrisi.

Il bip del forno ruppe quel lieve disagio che si era creato. Harry borbottò qualcosa che non compresi e si infilò il guantone. Aprì i forno e ne estrasse la teglia nella quale sfrigolava la pizza bollente.

«Mmm», mi avvicinai per scrutare la delizia.

Appoggiò la teglia sul ripiano di marmo e, dopo essersi sfilato il guantone, mi condusse al tavolo facendomi accomodare: «Signorina...»

«Addirittura...», sorrisi prendendo posto a tavola.

Harry prese dal cassetto la rotellina apposita e tagliò due grandi tranci, per poi riporli su due piatti di ceramica, che portò a tavola. Si sedette di fronte a me: «A lei l'onore di giudicare.»

Con un certo languorino, impugnai coltello e forchetta e soffiai sul boccone prima di assaggiare. La pasta era morbida e la mozzarella filante. Assomigliava molto ad una pizza che avevo mangiato pochi anni prima durante un viaggio a Pisa, in Italia.

«Allora? Com'è?»

«Mi brucia dirlo ma... è fantastica. Davvero, è il giusto equilibrio, ha un sapore intenso...»

«Sono contento che ti piaccia.», mi sorrise con il mento appoggiato sulle mani intrecciate.

«Mi sa che dovrò cambiare qualcosa nel piano per la nostra vita... ho paura che il casalingo sarai tu.». Ridemmo entrambi e consumammo quella cena improvvisata tra brindisi, racconti e sorrisi. Mi sentivo completa con lui, sentivo che se c'era lui... non potevo chiedere altro. Mi raccontò del tour, di quello che lo aspettava nei mesi seguenti e mi chiese cosa avessi fatto io durante la sua assenza. La sua vita era certamente molto più interessante della mia. Feste, meeting, cene importanti ed eventi contro le mie mattine passate a scrivere, ai pomeriggi tra i libri di scuola guida e alle sere nel ristorante vicino a casa per guadagnare qualche soldo.

A fine serata ci ritrovammo stanchi morti sotto il piumone. Quella camera era un sogno, c'era un grande caminetto antistante il letto e una grande finestra dalle tende bianche.

«Amore...», chiese Harry con lo sguardo rivolto verso il soffitto

«Si?», lo guardai.

«Mi dispiace.»

«Per cosa?»

«Per oggi. Per l'incidente e per non averti potuto portare fuori.»

Mi avvicinai a lui avvolgendogli il braccio con le mani: «Sai che mi basta essere con te.»

Tacque. Gli diedi un bacio sulla guancia, poi uno al lato della bocca e un altro sulle labbra: «Buonanotte, amore mio.»

 


Spazio autore: scusatemi ancora per il ritardo ma ero via queste vacanze di natale... ad ogni modo, grazie di nuovo per chi legge e recensisce questa ff xx

 

 

  
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