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Autore: Beatrix82    25/05/2008    5 recensioni
Cinque anni dal GT. Un’edizione straordinaria del Tenkaichi. L’ennesima minaccia dallo spazio. Questa volta non c’è Goku, a salvare il mondo, e le sfere del drago se ne sono andate con lui. La libertà dei terrestri è nelle mani di coloro che restano, che dovranno inevitabilmente scendere a compromessi. Qualcosa verrà perso, ma una nuova speranza per il futuro nascerà dalle sue ceneri… Primo capitolo di un'epica saga corale post-GT.
Genere: Generale, Azione, Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bra, Goten, Pan, Trunks, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Epilogo

Epilogo

 

 

Ub sedeva nervosamente ad una spaziosa scrivania di mogano, la testa chinata sul foglio che stringeva tra le mani, rileggendo l’ultima frase uscita dalla sua penna stilografica. Sul suo viso si delineò una smorfia di dubbio, scosse la testa arrendevolmente per poi accartocciare il pezzo di carta che andò ad aggiungersi, pateticamente, al resto di fogli buttati che riempivano il cestino.

Non ci riusciva. Non riusciva a formulare una frase sensata, tanto meno poteva sperare di mettere insieme un discorso da recitare davanti a milioni di terrestri, il primo discorso come neocampione del mondo.

La porta del lussuoso studio si aprì silenziosamente, per poi rivelare il viso barbuto di Mr Satan che si affacciava discretamente nella stanza.

“Tutto bene?” chiese al ragazzo, intuendo le sue difficoltà.

Ub si volse verso la porta, sospirando tristemente e abbandonando le forti braccia in basso.

“E’ inutile” mormorò. “Non ho idea di cosa dire…”.

L’ex campione del mondo entrò completamente nella stanza, avvicinandosi alla scrivania e cingendo la spalliera della sedia con un braccio, gli occhi rivolti verso l’ennesimo foglio di carta vuoto.

Ub si sentì un perfetto idiota. Era lì da più di un’ora senza essere riuscito a tirar fuori niente, presto le telecamere e i giornalisti lo avrebbero raggiunto proprio lì, nella residenza di Mr Satan, dove avrebbe rilasciato il suo discorso ufficiale, ma cosa avrebbe detto? Come avrebbe potuto rispondere alle domande che gli venivano poste?

“So cosa stai pensando, ragazzo” iniziò l’uomo, posandogli paternamente le grandi mani sulle spalle. “Hai paura di diventare come me, di dover recitare una commedia per tutta la vita, di assumerti il merito di qualcosa che non hai fatto”.

Ub non rispose. Si limitò ad abbassare lo sguardo, incapace di alzare gli occhi e incontrare quelli azzurri e incorniciati da rughe dell’uomo al suo fianco, nei quali avrebbe potuto specchiarsi e vedere se stesso come sarebbe stato tra alcuni anni, quando ormai si sarebbe abituato a vivere nella menzogna, nel rimorso, nel rimpianto…

“Io so come sono andate le cose” continuò. “Pan mi ha raccontato tutto. E’ stato Vegeta a distruggere quel mostro, non poteva essere altrimenti dato la sua potenza, ma non ce l’avrebbe mai fatta senza di te…sai che il tuo aiuto è stato fondamentale…ti meriti questo titolo più di quanto l’ho mai meritato io”.

“Ma come posso raccontare al mondo intero un mucchio di bugie…che tutto ciò non è mai successo…che hanno assistito ad un regolarissimo torneo di arti marziali in cui io sono riuscito a battere il fortissimo finalista proclamandomi campione…come faccio, senza dire che in realtà questo era un pericoloso alieno e che un uomo si è sacrificato per salvarli tutti??”.

“Lo so, figliolo, lo so. Per molti anni io ho goduto dei meriti che mi venivano attribuiti nonostante fossi consapevole che spettavano ad altri…troppo tardi ho capito che tutto ciò non era giusto”.

Si sedette nella sedia al fianco del ragazzo, guardandolo negli occhi.

“Ma il tuo cuore è puro. So che tu non approfitteresti mai della carica che ti è stata attribuita. E che dentro di te sai perfettamente come sono andate le cose, chi ha reso possibile la salvezza della Terra attraverso il suo dono più grande”.

“Ma perché allora…non possiamo far partecipi tutti e proclamare eroe chi se lo merita più di ogni altro?” insistette Ub.

“Non è così semplice…ne va del bene dei saiyan. Spostare i riflettori su di loro equivarrebbe a mettere a rischio la loro identità, il loro segreto. E per la salvezza della Terra, è troppo importante che la gente sia all’oscuro della loro esistenza, che creda semplicemente alla presenza di persone come me e come te, che non possono fare molto in confronto ai saiyan, ma che possono almeno mantenerli nell’anonimato, nasconderli dalle luci della ribalta…”.

“A proposito di luci della ribalta!” esclamò Ub agitato. “Tra poco vado in onda e non so ancora cosa dire…”.

Mr Satan sorrise, cercando di tranquillizzarlo.

“Ricorda…niente riferimenti a ciò che è successo davvero”.

“Ok…” acconsentì Ub, sospirando.

“Parla di te…”.

“Di me? Cosa c’è da dire di me?”.

“Dì quello che pensi. Quello che provi. Ciò in cui credi…”.

“Non sono sicuro di potercela fare” rivelò Ub sentendosi già tremare le gambe.

“Oh, sì che ce la farai!”.

“Sarò un buon campione del mondo?”.

“Non ho dubbi, figliolo!”.

“E i saiyan…saranno orgogliosi di me? Approveranno la mia nomina?”.

“Ma certo! Soprattutto mia nipote, a cui hai risparmiato un bell’impiccio, vero??”.

Il ragazzo sorrise, più rilassato. Si alzò dalla sedia, inspirando profondamente, pronto a parlare a milioni di persone.

 

Il locale si stava lentamente svuotando, della marea di persone che lo avevano affollato quella sera, riempiendolo delle loro voci e delle loro risa, rimanevano ormai solo bicchieri vuoti sui tavolini circolari, sigarette spente nei portacenere e gusci vuoti di noccioline nei piattini da aperitivo.

Mentre Goten si accingeva a riordinare tutto ciò, l’ultima coppia di clienti se ne andò soddisfatta, quando ormai i primi bagliori dell’alba annunciavano il suo arrivo e nel locale erano rimasti solo loro, la sua famiglia e i Brief.

Goten sorrise istintivamente, togliendo i bicchieri da un tavolo ormai vuoto. L’inaugurazione del “SATAN PUB” era stato un vero successo, l’affluenza di clienti era stata oltre le aspettative e al ricavato di denaro si erano aggiunte anche cospicue mance per la gentilezza, l’ospitalità e la calda semplicità di quel posto.

Mentre si avvicinava al tavolo doppio in cui sedeva la sua famiglia, suo fratello si voltò sorridente verso di lui, guardandolo con piacere recuperare le stoviglie, lavarle e riordinarle al loro posto sotto il bancone.

“Sono davvero orgoglioso di te, Goten” gli disse con sincero affetto, trasparente dagli occhi scuri celati dalle brillanti lenti.

Goten sorrise, annuendo. Ancora una volta suo fratello gli si rivolgeva con l’affetto di un padre, così come era sempre stato per compensare l’assenza di quello vero. Ancora una volta si rendeva conto che era da Gohan che aveva imparato tutto, era lui che gli aveva insegnato il coraggio, l’impegno, il dovere…e sapeva, in cuor suo, che suo fratello era orgoglioso di lui non solo per aver messo su un pub da solo, per essersi seriamente impegnato in questo progetto che l’avrebbe reso finalmente indipendente e maturo, ma anche per come si era comportato con l’alieno quindici giorni prima…

Lui aveva avuto il coraggio di affrontarlo, di sfidarlo, senza più il timore di essere la copia di qualcuno, ma credendo esclusivamente nelle proprie capacità, nel proprio istinto…eh sì, era stato un po’ avventato…ma a lungo andare ne era stato felice. E anche suo fratello.

Ed ora, con quella nuova ritrovata sicurezza, avrebbe affrontato anche la vita con altrettanto spirito, costruendosi un futuro suo…solo suo…

 

Bulma giocherellò distrattamente con il portacenere che teneva tra le mani. Quella era la prima volta che usciva dopo ciò che era accaduto, dopo che la sua vita era completamente cambiata. Aveva preferito giungere al pub più tardi, quando la folla di persone si era in gran parte già smaltita. Non aveva voglia di vedere estranei. Non aveva voglia di ricevere altre condoglianze da perfetti sconosciuti, che la conoscevano solo per la sua fama e che non avevano idea di ciò che fosse accaduto davvero, il vero motivo per cui suo marito l’aveva lasciata per sempre.

Aveva solo voglia di passare un po’ di tempo con le persone che amava, le persone con le quali si sentiva in famiglia, perché condividevano i suoi stessi segreti, le sue stesse esperienze, le sue stesse paure. Aveva solo voglia di ritrovare un po’ di calore.

“Che bravo il mio Goten” esclamò Chichi, entusiasta. “Ha messo su proprio un bel posto”.

“Il tuo bambino è cresciuto, mamma” la prese bonariamente in giro Gohan.

“Eh sì…forse è ora che me ne renda conto!”.

Bulma sorrise. Probabilmente ne aveva disperatamente bisogno.

“Grazie a tutti…non so come farei senza di voi, amici” mormorò la donna, riabbassato per un momento lo sguardo, per poi rincontrare quello di Chichi, che nonostante gli anni e le difficoltà della vita era ancora forte e vivo come la prima volta che l’aveva vista.

“Non devi ringraziarci, cara…noi siamo un’unica famiglia…lo siamo sempre stati” le disse affettuosamente.

“Siamo mogli e madri di saiyan” continuò Videl abbracciando il marito. “Siamo sempre preparate a perdere i nostri cari…ma quando succede davvero è di gran lunga peggiore…io e Chichi sappiamo perfettamente cosa significa”.

“E’ per questo che con voi mi sento a mio agio…non devo fingere” ammise Bulma.

“Purtroppo con il resto del mondo dobbiamo apparire in un certo modo…recitare una parte, anche se a fin di bene…ma tra noi, Bulma, potrai sempre aprire il tuo cuore” affermò Gohan, con parole rincuoranti.

Bulma sentì gli occhi farsi più umidi, ma ricacciò indietro le lacrime, nonostante fossero lacrime di commozione e non di dolore, perché adesso voleva solo sorridere…era decisa non solo a sopravvivere, ma a vivere, ad utilizzare il tempo che le rimaneva davanti nel migliore dei modi, ad apprezzare la vita come poteva, sostenuta dai suoi amici, parenti, compagni d’avventura…in attesa di quel giorno…

 

Goten alzò lo sguardo dal lavabo, distraendosi per un secondo dal bicchiere che si accingeva a sciacquare. Al di là del bancone, seduta da sola ad un piccolo tavolo, se ne stava Bra Brief, con lo sguardo azzurro apparentemente distratto dalla realtà, concentrato probabilmente solo sui suoi pensieri interiori, sui suoi segretissimi tormenti.

Non si era ancora ripresa dalla morte del padre. O almeno, non era ancora completamente uscita da quel guscio protettivo che si era creata intorno per difendersi dal dolore che provava.

Decise di preparale qualcosa da bere per sollevarle il morale. Non appena impugnò il bicchiere pulito, però, si rese conto che non aveva la più pallida idea su quali fossero i gusti della ragazza. La conosceva ben poco, purtroppo, eppure sentiva il bisogno di far qualcosa per lei.

Optò infine per un cocktail alla frutta tropicale, una bibita fresca e vivace e dalla piacevole, misurata dolcezza. Aggiunse del ghiaccio, posò il bicchiere su un vassoio e si diresse al tavolo della ragazza.

 

Bra benedisse il silenzio che si era ricreato nel locale. Era stata davvero una bella festa di inaugurazione, quella, era riuscita persino a distrarsi, in certi momenti, ma tutto ciò che voleva ora era un po’ di pace, di tranquillità.

Suo padre era morto solo da due settimane. Eppure le sembrava che mancasse da un’eternità…ogni giorno che passava, la sua assenza si faceva sentire sempre di più, e di pari passo la consapevolezza che la sua famiglia avrebbe dovuto riprendere a vivere senza di lui.

Sentì qualcosa nella tasca destra del soprabito. Un piccolo oggetto liscio, rotondo.

Lo estrasse. Era il bottone che si era staccato dalla camicia di suo padre il giorno del ricevimento da Mr Satan. A questo ricordo accennò un lievissimo sorriso. Tuttavia, non fece altro che acuire maggiormente la mancanza di suo padre.

Chissà se un giorno, come aveva detto Pan, sarebbe riuscita finalmente a pensare a lui solo come un bel ricordo, solo provando un senso di malinconia e non un disperato bisogno di lui…

“Ciao…”.

Davanti a lei apparve l’alta figura di Goten, sorridente nel suo inusuale grembiule bianco, con il braccio destro che sollevava già con una certa professionalità il vassoio recante una bibita arancione.

“Ciao” rispose la ragazza, accennando un sorriso.

“Pensavo che avessi sete…spero ti piaccia” disse lui, posando sul suo tavolo il bicchiere colmo della bevanda, ornato da un buffo ombrellino colorato e da uno spicchio di limone. “Offre la casa, naturalmente!”.

Bra assaggiò il cocktail, sorseggiandolo lentamente dalla cannuccia, mentre Goten si accomodava stancamente al suo stesso tavolo, di fronte a lei.

“Oh, che serata” esclamò asciugandosi la fronte. “Non mi aspettavo certo tanta gente!”.

“Dovresti essere soddisfatto, come primo giorno” soggiunse la ragazza.

“Puoi dirlo forte…non ce la facevo a servire due birre che subito dall’altro lato del pub mi chiedevano quattro frullati alla fragola!” esclamò Goten. “Peccato che i saiyan non abbiano anche il potere di sdoppiarsi in certe situazioni!”.

Bra si fece sfuggire un sincera risatina.

“Forse è il caso che mi decida ad assumere del personale!” continuò il ragazzo, scuotendo la testa.

Bra si aspettò che da un momento all’altro spostasse il discorso su suo padre, sui suoi sentimenti dopo la sua morte, su un patetico tentativo di consolarla.

Ma non avvenne. Continuarono a parlare di preferenze in fatto di bibite, di locali e luoghi che amavano frequentare, della loro musica preferita. Nessun riferimento a ciò che era successo.

Bra ringraziò il cielo. Almeno per qualche attimo stava ritrovando il buonumore.

Alla fine seguì un momento di silenzio, e fu lei a sentire il bisogno di parlare.

“Mi manca terribilmente”.

Il ragazzo annuì, forse si immaginava che sarebbe stata lei la prima ad affrontare l’argomento, anche se lui non le avrebbe fatto pressioni.

“Lo so” le disse. “Ma per esperienza personale…ti garantisco che si impara a sopravvivere”.

Bra lo guardò incapace di dire niente. Non aveva pensato che quel ragazzo non solo aveva trascorso la maggior parte della propria vita senza un padre, ma era nato senza averlo accanto, e che Goku non lo aveva lasciato per una nobile causa, ma era scomparso nel nulla senza motivo, senza lasciare spiegazioni. E ciò doveva essere altrettanto doloroso, e di gran lunga più frustrante.

Si meravigliava, però, come Goten riuscisse ogni volta a ritrovare il sorriso, a mantenere la sua espressione giocosa, il suo sguardo sorprendentemente disarmante, il suo straordinario ottimismo e la costante voglia di vivere. Si ritrovò ad invidiarlo.

“Spero sinceramente di ritrovare anch’io la pace, prima o poi” mormorò la ragazza sospirando.

Goten sorrise.

“Ma certo. Sei una ragazza forte, tu. E determinata. Tuo fratello è un tuo grande adulatore, lo sapevi?”.

Bra rise divertita.

“Lo so” ammise. “Forse a volte esagera!”.

I due giovani rimasero qualche secondo in silenzio, Bra con lo sguardo immerso in ciò che rimaneva della sua bibita tropicale, Goten a giocherellare distrattamente con i lacci del grembiule stropicciato che si era tolto.

“Sai una cosa” ricominciò Bra. “Ho deciso di riprendere l’università”.

Nel volto del saiyan si delineò un sincero sorriso.

“Bene” esclamò. “Sembra una bella notizia”.

“Non so se lo è…ma ho capito che la mia strada è quella. Finalmente l’ho trovata, esattamente come tu hai capito che il tuo futuro era questo locale”.

Bevve l’ultimo sorso del cocktail tropicale, giocherellando poi con la cannuccia colorata.

“Spero solo…che ce la faccia ad affrontare tutto ciò da sola…voglio dire, il futuro, la vita, il lavoro…”.

Goten avvicinò la mano a quella della ragazza. Per un momento esitò, temendo che il suo tocco potesse mandare in frantumi quelle dita candide e affusolate, come se fossero quelle di una bambola debole e inerme. Poi posò la mano sulla sua, accarezzandola delicatamente.

“Tu non sei sola, Bra” le disse con uno sguardo carico di sincerità. “Ma dico…ti sei guardata intorno? Hai idea di quante persone accorrerebbero in tuo aiuto per ogni tuo problema, dubbio o incertezza?”.

La ragazza rise ancora, ormai più leggera.

“Per ogni persona che perdiamo…” continuò il saiyan. “Ce ne sono molte di più pronte a starti vicino. A riempire il vuoto. E’ così che io ho potuto continuare a vivere normalmente. Grazie al calore e all’affetto delle persone che mi volevano bene. E non solo ti rendi conto di quanto sei amato, ma trovi anche qualcun altro che non ti saresti aspettato”.

Bra osservò il giovane rapita dal potere del suo sguardo, dalla semplicità e dal significato delle sue parole, dalla radiosità del suo sorriso, che scacciava via ogni traccia di rabbia, di dolore, di gelo.

Si sentiva…a casa.

Per un momento, il suo cuore le disse che quel giovane dalla strana pettinatura e dagli occhi più scuri dell’ebano avrebbe svolto un ruolo fondamentale nella sua vita, che sarebbe stato il primo passo verso la via che l’avrebbe ricondotta, un giorno, alla felicità.

Sorrise, abbassando lo sguardo verso il bicchiere vuoto che faceva roteare distrattamente sul tavolo.

“Grazie” mormorò.

“Oh, di niente…in realtà non sapevo neanche il tuo gusto preferito, sono andato ad intuito!”.

Bra scosse la testa, incapace di trattenere un’altra sincera risata.

“Non solo per il cocktail, Goten! Grazie…per tutto il resto”.

Il ragazzo aveva già capito. Le strinse di più la curatissima mano, facendo scivolare le dita in mezzo alle sue.

 

Trunks scostò leggermente le tendine della finestra, che lasciarono libera la visuale di un cielo blu sfumato di tinte sempre più chiare man mano che il suo sguardo procedeva verso est, annuncianti l’imminente arrivo di un nuovo giorno.

Percepì il rumore di piccoli passi alle sue spalle. Sapeva che era lei. Forse aveva sperato che lo raggiungesse.

“Come mai tutto solo in questo angolo del pub?” gli chiese la ragazza nel tentativo di attirare la sua attenzione, distratta dalle profondità del cielo.

Trunks si girò lentamente, trovandosi davanti il familiare viso di Pan, che lo fissava con la sua classica espressione di aspettativa.

“Beh…avevo voglia di starmene un po’ da solo…che succede di là?”.

“Hanno intenzione di farsi una spaghettata…ero venuta appunto ad avvertirti!”.

“Una spaghettata alle cinque di mattina??” rise Trunks.

“Sai, la nonna ormai ha imparato che cinque saiyan non si sfamano di certo solo con birre e drink!”.

Trunks scosse la testa, divertito. Poi si appoggiò stancamente con la schiena contro le solide pareti di legno, le braccia incrociate sul petto e lo sguardo basso, pensieroso.

Pan inclinò leggermente la testa di lato, fissando il saiyan con aria apertamente divertita.

“Cosa c’è?” chiese Trunks riportando lo sguardo sulla ragazza, sollevando un sopracciglio con aria inquisitrice.

Pan rise tra se, scuotendo la testa.

“Eh che…” iniziò, con una punta di malinconia. “Sembri…”.

“Mio padre, vero?” la anticipò il ragazzo.

Pan annuì, sospirando, pentendosi di aver ricordato all’amico il lutto ancora fresco del padre perduto.

“E’ vero” sorrise Trunks, sospirando poi con lo sguardo rivolto al soffitto. “Mio padre era solito estraniarsi da tutti, rimanere nel suo angolino senza partecipare ai festeggiamenti o alle conversazioni di gruppo”.

“Era il suo carattere” ammise Pan, scrollando le spalle.

“Appunto” confermò lui. “Lo faceva solo perché era nella sua indole”.

“Ma non è lo stesso per te” indovinò la ragazza.

“Esatto…io lo faccio solo perché continuo a rimuginare…a pensare alla sua morte…a pensare che a quest’ora sarebbe potuto essere ancora qui…non ce la faccio ancora a fare finta di niente, Pan”.

“Ma sai cosa penserebbe tuo padre se ti vedesse così, a farti del male da solo?” gli chiese la Son.

“Che sono un moccioso frignante” indovinò Trunks. “Che non sono degno dell’eredità di sangue che mi ha lasciato”.

“Non solo” aggiunse Pan. “Ti prenderebbe a sculacciate finchè non ti fossi rimesso in riga, come un vero principe!”.

I due saiyan scoppiarono in una sincera risata. Trunks assaporò tutto il calore liberato da quel piccolo gesto, tutta la musicalità della voce della ragazza che gli penetrava dentro come un caldo, rilassante soffio. Ne aveva disperatamente bisogno.

“E tu” ricominciò il giovane. “Mi hanno detto che ce l’hai fatta, alla fine”.

“Già” ammise Pan, portando lo sguardo verso le mattonelle del pavimento, contro le quali strusciava distrattamente la punta di un piede, nel tentativo di nascondere il rossore.

Parlare di quell’evento, del suo essere riuscita a diventare super saiyan per la prima volta, la imbarazzava non poco, perché ciò significava liberare apertamente i propri sentimenti nei confronti dell’uomo, che erano stati il vero motore grazie al quale era riuscita nell’intento.

“Allora non stavo sognando…la ragazza coperta d’oro che combatteva come una vera guerriera eri davvero tu” le sorrise Trunks.

Lui l’aveva vista…l’aveva vista illuminarsi di rabbia e dolore per ciò che avevano fatto a lui…l’aveva vista combattere, per lui…

“Beh, non mi resta che farti i miei complimenti, piccola” le disse stringendole la mano. “Benvenuta nel mondo dei super saiyan”.

Pan sorrise. Nonostante tutto, Trunks non accennava minimamente al vero motivo per cui aveva raggiunto il livello. Nessun riferimento all’origine di tutta quella scarica di sentimenti. Eppure doveva saperlo. Era sicura che lo sapeva.

“A questo punto, Pan” continuò. “Sei riuscita a diventare super saiyan…sei scampata dalla carica di campione del mondo…puoi volere altro dalla vita?” le chiese, guardandola con quei suoi grandi occhi chiari e limpidi come l’oceano, le labbra piegate in un caloroso sorriso.

Vorrei che mi dessi una possibilità…vorrei riuscire a farti capire che io tengo a te, ma non solo che tengo a te nel senso che ti voglio bene, quello lo sai, te ne ho sempre voluto, ma che tengo a te nel modo in cui una donna può tenere ad un uomo, perché è quello che sono ora, Trunks, una donna…

Avrebbe tanto voluto dire tutto ciò, ma si limitò ad avvicinarsi a lui, prendergli le mani e guardarlo negli occhi con il solito, sincero affetto di sempre.

“Voglio che tu sappia…che io ci sono sempre…per ogni cosa, capito?”.

Trunks le rivolse uno dei suoi più bei sorrisi, così intenso, così pregno di significato, così espressamente caldo…

“Certo che lo so, Pan” le confermò, abbracciandola dolcemente.

Fu un contatto lungo, delicato, la testa di Pan appoggiata piacevolmente sul forte petto del saiyan, le mani circondanti dolcemente la sua vita, mentre lui, con il mento appoggiato sulla fronte della ragazza, le accarezzava delicatamente i capelli, la nuca, il collo. Soffici, dolci carezze piene di affetto. E forse, qualcosa di più.

So che hai paura, Trunks. Hai paura ad aprire gli occhi perché temi di trovarti davanti una luce troppo intensa ed accecante, a cui non sei ancora abituato…ma un giorno lo so, troverai il coraggio di farlo, e io sarò lì ad aspettarti, a prenderti per mano per affrontare insieme quel nuovo mondo di luce.

Io ci sarò sempre.

Dall’altra parte del pub giunse il richiamo di sua nonna, che invitava frettolosamente tutti i presenti nei pressi nel televisore del pub.

“Venite, presto! In TV c’è il discorso di Ub ai terrestri!”.

 

Il turno di notte era stato più lungo e noioso del solito, e Marron premette dal distributore automatico il tasto d’erogazione dell’ennesimo caffè.

Guardò l’orologio, sollevata. Presto sarebbe tornata a casa, a farsi una bella dormita nel suo accogliente bilocale di Satan City, in attesa di ricominciare un’altra, normalissima giornata.

Sembravano passati mesi da quel giorno in cui la Terra era stata gravemente in pericolo. Ma nessuno, eccetto chi era presente alle minacce di egemonia di quel mostro, era a conoscenza dell’accaduto. La vita scorreva tranquilla come sempre, a Satan City come dalla parte opposta del globo.

Fece per sorseggiare il suo caffè bollente, quando un infermiere passò dal corridoio frettolosamente, rischiando quasi di farle versare il liquido marrone sul camicie chiaro.

“Che sta succedendo, Phil?” chiese sorpresa al giovane collega. “Un’altra emergenza?”.

“Beh, se vogliamo chiamarla così…” rispose il ragazzo fermandosi momentaneamente di fronte a lei. “Il nuovo campione del mondo sta facendo il suo saluto ufficiale ai terrestri!”.

Marron seguì il collega nella stanza di ristoro del personale del reparto, dove il piccolo televisore era stato sintonizzato sul satellite.

Sul soppalco di una sala adibita all’evento, si ergeva un leggio egregiamente e lussuosamente decorato, dietro al quale, con qualche difficoltà, un ragazzo dalla pelle bruna si accingeva a sistemare la posizione del microfono. Indossava la divisa da combattimento che aveva spesso visto a Mr Satan, fermata a livello della vita da una cintura di stoffa annodata.

La ragazza sorrise. Quasi non riusciva a credere che Ub fosse il nuovo campione del mondo. Aveva pensato molto a quel giorno, al loro comune nascondiglio nell’infermeria, al coraggio con cui il giovane era infine uscito alla scoperto e aiutato Vegeta a distruggere l’alieno. Ma mai aveva pensato seriamente a lui in quelle vesti, a ciò che da quel giorno sarebbe diventato. Lei lo vedeva ancora come Ub, un ragazzo semplice e riservato ma dotato di un grande cuore. Non come campione del mondo.

Il personale riunito nella stanza cessò di chiacchierare, nell’intento di sentire cosa avesse da dire il loro nuovo campione.

“Salve a tutti” iniziò il ragazzo.

Marron lo ascoltò con piacere parlare delle sue origini, del luogo dove era nato, della costante devozione con cui aveva sempre protetto e mantenuto la sua numerosa famiglia, di come il suo interesse per le arti marziali fosse stato prima di tutto un modo per difendere le persone che amava.

Lo vide esitare nel momento in cui, forse, avrebbe voluto dire di più, ma si ricompose egregiamente spostando il discorso da un’altra ottica.

“Se adesso sono giunto fin qui, sono diventato campione del mondo, devo ringraziare prima di tutto due persone, che adesso non sono più tra noi ma di cui preferisco non fare i nomi. La prima mi ha fatto da maestro, mi ha insegnato cosa significa avere una dote e usarla solo al fine di difendersi, e non di attaccare. La seconda mi ha fatto capire l’importanza delle scelte, l’importanza delle cose in cui crediamo, quanto ciò che ci circonda sia prezioso e valga la pena di difendere, fino in fondo, senza esitazioni. E’ su tutto questo che voglio fondare la mia carica come campione del mondo”.

Gli spettatori nella stanza si guardarono soddisfatti. Marron sapeva che Ub li aveva già conquistati, e probabilmente anche tutti gli altri terrestri.

“E infine” concluse. “Devo ringraziare un’altra persona. Una persona che mi è stata accanto e mi ha dato la forza per non mollare. Il mio angelo”.

Marron trasalì. Non se l’aspettava. Cielo, non se l’aspettava proprio…

“Grazie mille, mio angelo custode” disse il ragazzo guardando il centro della telecamera, incapace di celare un punta di imbarazzo. “Dovunque tu sia…spero di rivederti presto”.

Nella stanza medici e infermieri si lasciarono scappare fischi di stupore, di piacevole sorpresa per aver scoperto che il nuovo campione era anche un inguaribile romantico, chiedendosi chi fosse mai la fortunata.

Marron, le guance che si erano infiammate per l’imbarazzo, sgusciò indifferentemente fuori dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle e appoggiandosi ad essa con la schiena.

Tirò fuori un lungo sospiro, ancora confusa, fissando distrattamente la corsia vuota di fronte a lei, mentre dall’ampia vetrata laterale giungevano indecisi i primi bagliori del mattino.

L’unico rumore che udiva era il martellare del suo cuore che batteva all’impazzata. Quello non sarebbe stato un giorno come gli altri. Lo sapeva. Lo sentiva. Sarebbe stato il giorno in cui, rivedendolo di persona, avrebbe capito molte cose. C’era tanto di cui parlare, tanto da raccontarsi…

 

Goten spense la TV, una volta terminato il discorso ufficiale trasmesso in diretta in tutto il mondo.

“Wow” commentò. “Niente male…se l’è cavata a meraviglia il nostro amico Ub”.

“E’ stato un discorso eccellente” affermò Gohan, soddisfatto.

“Senza contare la dichiarazione in diretta ad una ragazza bionda di nostra conoscenza…” esclamò Videl, con aria sognante.

“Speriamo che Marron l’abbia sentita!” aggiunse Bra, guardando dubbiosa l’ora.

“Oh, lo spero davvero…altrimenti non sono sicura che Ub troverebbe il coraggio di ripetergliela una seconda volta!” concluse Pan, generando una risata generale.

“Beh, se non altro il nostro ragazzo è coraggioso in battaglia!” soggiunse Chichi.

“Già” confermò Bulma. “Sono contenta abbia fatto quei riferimenti a Goku e al mio Vegeta. Nonostante fossero incomprensibili al resto del pianeta, quelle parole per noi hanno avuto un profondo significato, e gli sono grata per averli ricordati.

Chichi annuì, della stessa opinione dell’amica.

“Abbiamo davvero un buon campione del mondo” riconobbe Trunks, cingendo le spalle della madre. “Se lo merita davvero, quel ragazzo”.

“Già…lo dicevo io che spettava a lui, il titolo!” esclamò Pan, godendo del sapore della libertà, esonerata da qualsiasi impegno, da qualsiasi incarico ufficiale, da qualsiasi ruolo.

Nel locale, rallegrato dal buonumore generale che si era creato e rischiarato dalle luce mattutina che piano piano soppiantava quella artificiale, risuonò il trillo del cellulare della ragazza, che tirò fuori faticosamente dalla tasca del soprabito, abbandonato su una sedia.

“Nonno, sei tu?”.

Dall’altro lato della linea risuonò forte e soddisfatta la voce di Mr Satan.

“Ciao, tesoro”.

“Hai visto che bravo Ub? E’ il tuo perfetto sostituto, nonnino!”.

“Oh, senza dubbio!” confermò l’uomo. “Ma non credere, Pan, che per te sia finita qui, piccola birichina!”.

Il sorriso sul volto di Pan sfumò in un’espressione timorosa. I presenti si avvicinarono di più a lei, incuriositi e divertiti da quel cambio d’umore. La videro poi sospirare, allentando la tensione, salutare il nonno e interrompere la telefonata.

“Allora?” le chiese suo padre, parlando a nome di tutti gli altri.

Pan scoppiò a ridere, scuotendo la testa divertita.

“Beh, in un certo senso sono stata incastrata di nuovo…” spiegò. “Il nonno mi lascia la sua palestra di Satan City. Vuole che me ne occupi io, d’ora in poi!”.

Goten tirò fuori da sotto il bancone una bottiglia di champagne nuova di zecca, conservata per le occasioni speciali, la stappò e ne versò un po’ nei lunghi bicchieri distribuiti da sua madre ad ognuno dei presenti.

I bicchieri si innalzarono tutti insieme, creando quel piacevole tintinnio generato dal cristallo che si incontra, mentre otto voci si riunivano in una sola frase:

“A Vegeta” esclamarono tutti insieme, brindando.

 

   Fine

 

Nota dell'autrice:

"Il signore della Terra" è solo il primo "volume" della saga Dragonball NG, scritta alternativamente da me e da Likol. Il secondo volume si chiama "Moonlight", è scritto da Likol ed è ambientato temporalmente qualche mese dopo alla conclusione di "Il signore della Terra". L'autrice comincerà presto a postare "Moonlight" tra le sue opere su EFP, vi invito quindi a seguirla per continuare il viaggio attraverso Dragonball NG!

Buon proseguimento di lettura...

Beatrix

  
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