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Autore: MAPA_    03/01/2014    3 recensioni
Come due frecce scagliate da arcieri diversi, che si sfiorano senza mia toccarsi, Louis e Estelle, si conoscevano, si sorridevano e talvolta parlavano, ma nessuno dei due era mai andato oltre.
E come due frecce troppo lontane per toccarsi e troppo vicine per non sfiorarsi, cominciarono a provare l'uno qualcosa per l'altro, ma erano troppo lontani per dire che fosse amore, troppo vicini per dire che fosse solo amicizia.
E come d'improvviso un colpo di vento fa scontrare le due frecce in aria, per poi farle adagiare dolcemente sul terreno, una incastrata all'altra in un intreccio complicato ma armonioso, d'improvviso qualcosa accadrà nelle loro vite, unendole, intrecciandole, in quello strano ma piacevole groviglio che stringe lo stomaco, l'amore.
***
"Ecco.. Loro si fermano qui a Doncaster una settimana, e tu dovresti fingere di essere la mia ragazza finché non se ne vanno" rispose lui, guardandola negli occhi supplichevole.
(...)
"Tu e Zayn... Una figlia!?" Estelle abbassó lo sguardo, annuendo.
(...)
Delusa e ferita.
Ecco come si sentiva.
Aveva sbagliato, punto.
Ma perché voleva ripetere quell'errore, fidandosi di nuovo degli occhi di ghiaccio?
(...)
"Estelle, che tu voglia ammetterlo o meno, niente è più come prima, è tutto cambiato!"
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Josh Devine, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ti va di infrangere le regole?”








 



Estelle chiuse la porta alle sue spalle. Sbadigliò rumorosamente, e decise che era meglio andare a letto, aveva sonno.
 Ma prima che potesse muovere un solo passo verso le scale, una donna le comparve davanti, un sopracciglio inarcato e le mani sui fianchi.
“Estelle, devi dirmi qualcosa?”.
La ragazza deglutì, completamente spiazzata.
Ma sua madre non avrebbe dovuto essere in ufficio a quell'ora?
“Ehm... Ciao ma'?” provò, accennando un sorriso.
“Mi vuoi spiegare che ci fai a casa a quest'ora, signorina?”.
Sua madre aveva completamente ignorato il commento di Estelle, concentrata solo sulla sua domanda, che mancava ancora di una risposta da parte della figlia.
Estelle borbottò qualcosa che non stava né in cielo né in terra, se ne rese conto, avrebbe potuto inventare una scusa più credibile; poi, sempre borbottando, e senza dare troppa considerazione a sua madre, si diresse verso le scale.
La signora White sospirò, arrendendosi. A cosa serviva rimproverare la figlia? Sarebbe successo di nuovo, ancora e ancora, non aveva più nemmeno senso perdere tempo a farle la ramanzina. Ormai si era semplicemente rassegnata. Sua figlia era quella, non poteva cambiarla.
La signora White era una donna sulla quarantina, forse anche qualcosina in più, che nonostante l'età rimaneva comunque una bellissima donna. Aveva lunghi capelli biondi, che Estelle invidiava, ma che teneva sempre legati in uno chignon, e due splendidi occhi verdi che risplendevano sul viso che nonostante qualche ruga, manteneva ancora la sua bellezza giovanile; era sempre truccata e vestita in modo impeccabile in qualunque situazione. Aveva uno charme, un fascino che era solo suo, e qualunque cosa indossasse, le stava bene, ma pur essendo consapevole della sua bellezza, non era vanitosa. Era una di quelle persone sempre con il sorriso sulle labbra, dolci e gentili, ma che allo stesso tempo sapeva essere autoritaria, quando serviva dire 'no'.
Il rapporto con Estelle? Era... Strano.
Erano unite e separate allo stesso tempo, quasi un rapporto di amore e odio, a causa di ferite ancora aperte nonostante gli anni trascorsi.
Janet, questo il suo nome, amava sua figlia, e non c'era nulla che non facesse per lei; cercava sempre di non farle mancare niente, cercava di starle il più vicino possibile, cercava di essere un'amica, per recuperare il tempo che aveva perso. Si odiava per aver abbandonato sua figlia nel momento del bisogno, ma si ripeteva che era inutile piangere sul latte versato, e cercava di rimediare in ogni modo; chiusa una porta si apre un portone, era un'altro proverbio che si ripeteva per darsi coraggio, ma purtroppo riceveva solo continue porte chiuse in faccia, da sua figlia.
Estelle... Estelle in realtà la adorava, e se le disobbediva, o la escludeva in buona parte da ciò che riguardava l'ambito amiche-ragazzi-confidenze, era solo perché si era sentita trascurata da quella donna che, per un lungo periodo della sua vita, forse il più importante per lei, quando aveva avuto delle difficoltà, quello in cui più avrebbe avuto bisogno di sua madre, e invece lei non c'era stata.
Era come una specie di vendetta, ‘tu non ci sei stata quando avevo bisogno, adesso che posso fare a meno di te non ti voglio’, ma forse era più un comportamento impulsivo, una reazione forse automatica, che la portava a chiudersi in se stessa quando sua madre provava ad avere contatti con lei. Non che non le parlasse o altro, condividevano molte cose, ma tutto ciò che era al di fuori della famiglia Estelle lo teneva solo per sé.
E questo Janet lo detestava, aveva già perso così tanto della vita di sua figlia... Eppure non poteva biasimarla, e la conosceva, sapeva che quello era come un suo meccanismo di difesa, chiudersi in se stessa e non raccontare nulla.
“Non fa niente tesoro, per questa volta lascio stare, ma che non succeda più, ok?”.
Estelle annuì, ma entrambe sapevano che non avrebbe mantenuto la promessa a lungo.
“Piuttosto” sorrise la donna “con chi sei tornata a casa?”.
Estelle, per la seconda volta in pochi istanti, si trovò completamente spiazzata.
“Di chi stai parlando, mamma?” balbettò, arrossendo leggermente.
“Oh, avanti” fece un occhiolino “Estelle, vi ho visti dalla finestra. Chi è quel ragazzo?”.
Eccola che torna all'attacco, pensò Estelle.
“Un mio compagno di classe” si limitò a rispondere “abita qui nei paraggi, così si è offerto di accompagnarmi” e così stroncò la conversazione, correndo su per le scale.
Udì appena sua madre domandare “ma avrà un nome questo ragazzo, o no?”, ma non si preoccupò di rispondere.
Odiava quando sua madre cercava di intromettersi nella sua vita.
O meglio, odiava che lo facesse ora e non l'avesse fatto quando avrebbe dovuto farlo.



Jennifer spostò una ciocca di capelli rossi dietro l'orecchio.
“E quindi voleva sapere di Louis?” ridacchiò, prendendo in giro l'amica.
Estelle, dall'altro lato del telefono, sbuffò.
“Esatto! Perché non lo capisce che deve smetterla di intromettersi sempre?”.
La rossa stava tornando a casa, e la sua migliore amica l'aveva chiamata per raccontarle quello che si era persa mentre era ancora a scuola.
“Estelle, sei troppo dura nei suoi confronti” borbottò, mentre infilava il cellulare tra l'orecchio e la spalla, le mani impegnate a sistemare i libri nella borsa.
Il silenzio dall'altra parte del telefono non era un buon segno, tuttavia anche la rossa preferì non parlare, e aspettare che lo facesse l'amica, sicura che Estelle avrebbe di certo ribattuto.
Jennifer stava camminando lungo il marciapiede, ma non si accorse di una mattonella un po' rialzata: vi inciampò, ma fortunatamente riuscì a recuperare l'equilibrio appena in tempo per non cadere. Avendo però le mani impegnate, non riuscì a salvare il cellulare che le scivolò dalla spalla e cadde a terra, di schermo. Jennifer spalancò la bocca, incapace di realizzare che il suo nuovissimo iPhone fosse appena andato distrutto. Buttò in malo modo la borsa a lato del marciapiede, e raccolse il cellulare, o almeno quello che ne restava. Lo osservò, analizzando la situazione disastrosa con il labbro tremante. Lo schermo era completamente distrutto, persino il tasto Home si era rotto.
La rossa lanciò un'imprecazione contro quella maledetta mattonella, raccolse la sua borsa e si rimise in piedi, dirigendosi verso il parco.
Il suo cellulare era la sua vita. Foto, promemoria, musica, aveva davvero tutto in quel piccolo apparecchio.
E poi, chi lo diceva adesso a suo padre che tutti i soldi che aveva speso erano finiti nel cesso?
Cercò una panchina libera, e quando la trovò, vi si lasciò cadere sconsolata. Stava pensando di mettersi a piangere, continuando a maledire quel marciapiede, quando qualcuno le si piazzò davanti e le fece ombra con la sua figura.
Jennifer alzò confusa lo sguardo, perdendo un battito quando incontrò due meravigliosi occhi color oceano.
“Ehi Jen” la salutò lui, sorridendo.
“Ciao” ricambiò lei timidamente.
Il ragazzo le si sedette di fianco, con un'espressione divertita.
“Che ci fai qui, sola soletta e con quell'aria afflitta?” ridacchiò, però curioso di sapere cosa fosse successo alla bella rossa. Jen sospirò, porgendogli l'iPhone distrutto.
Niall si lasciò scappare un “oh mio Dio” di puro stupore.
“Come hai fatto a ridurlo così?”
“Mi è caduto cinque minuti fa” borbottò Jennifer, riprendendo il cellulare e rimettendolo nella borsa “sono inciampata, e per un pelo anche io finivo spiaccicata a terra” abbassò il tono all'ultima frase, con un po' di imbarazzo.
Niall rise, e la sua risata, pensò Jen, era qualcosa di assolutamente indescrivibile.
“Sei carina quando arrossisci” le disse, sorridendole.
Lei abbassò la testa, in modo che i capelli rossi le coprissero le guance ormai del medesimo colore.
Niall la trovò semplicemente adorabile.
Jennifer gli dava tanto l'impressione di una bambina piccola, bellissima, dolce, un po' buffa e impacciata, sempre sorridente con due occhi grandi e luminosi, così chiari che sembrava potessi leggere la sua anima attraverso quelle due meravigliosi iridi.
Gli veniva voglia di sommergerla di baci e tenerla tra le sue braccia per sempre. Stringerla, proteggerla, amarla, come soltanto lui avrebbe saputo fare.
E sopratutto sapere che era solo sua; questo, Niall, lo desiderava più di ogni altra cosa.
Il biondo si alzò, porgendo una mano a Jen perché facesse lo stesso.
“Hai impegni?”.
La ragazza scosse la testa, mentre accettava l'aiuto del ragazzo per alzarsi.
“Ti andrebbe di fare un giro? Magari mangiamo qualcosa, visto che è ora di pranzo...” propose Niall, ridendo quando la ragazza in risposta annuì vigorosamente.
“Jen, hai perso la parola?”
Jennifer rise, facendo una smorfia.
“No, scusa, è che...”
..che non riesco a parlarti se mi stai così vicino, stupido Horan.
Scosse la testa rossa, no, decisamente non poteva dirglielo.
“Che.. Ehm...”
“A parole tue, Jen” rise il biondo, prendendola in giro. Intrecciò la sua mano a quella della ragazza, e una scarica di brividi pervase entrambi, mentre cominciavano a dirigersi fuori dal parco.
“Lascia stare” mormorò allora Jennifer, imbarazzata. Com'è che improvvisamente faceva così caldo stando vicino a quel ragazzo?
“Uhm, ok... Andiamo: conosco un ristorante niente male!” rispose allora lui, sempre sorridendo.
Lei inclinò la testa.
“Un ristorante?”
“Beh, è ora di pranzo... Prendila come una specie di appuntamento, se vuoi” Niall scrollò le spalle.
“Quindi, ehm, l'altro, per venerdì, è, uhm, annullato?” balbettò imbarazzata Jennifer, fissando il profilo del ragazzo al suo fianco, in attesa di una risposta.
Niall si girò verso di lei, incatenando i loro sguardi.
“No, certo che no” le sorrise.
Perché Niall voleva soltanto passare più tempo possibile con quella ragazza dai capelli rossi.


Estelle pestò un piede per terra, visibilmente scocciata. Aveva mandato qualcosa tipo venti messaggi, e chiamato almeno altre venti volte la sua migliore amica. Senza contare poi i dodici messaggi in segreteria telefonica. Ma niente. La sua amica sembrava letteralmente scomparsa.
Sbuffò, e gettandosi sul letto si accorse di un post su Facebook in cui Harry Styles ricordava a tutti della sua festa di sabato. Si batté una mano sulla fronte, e corse in cucina, ricordandosi di non aver ancora detto nulla alla madre.
Certo, non le avrebbe detto con chi andava, o non le avrebbe chiesto un consiglio su cosa mettersi, cose troppo sue perché lei ne venisse a conoscenza, ma almeno dirle della festa e chiederle il permesso, quello si che lo avrebbe fatto, naturalmente.
“Ehm, mamma?” esordì entrando in cucina. La donna, che stava sistemando sul tavolo i piatti, alzò lo sguardo.
“Che c'è tesoro?”.
La ragazza fissò la tavola, apparecchiata, per tre.
“Mamma, siamo in due noi...” borbottò accigliata.
“Uh, ho dimenticato di dirti che oggi torna tuo padre” rispose allora la donna “in realtà, volevo farti una sorpresa, ma visto che sei tornata a casa prima...” lasciò in sospeso la frase, lanciandole una frecciatina che Estelle, però ignorò.
Suo padre.
Da quanto tempo non vedeva suo padre?
Era un avvocato, ma viaggiava spesso, richiesto in tutta l'Inghilterra e anche all'estero da una vasta clientela, disposta a pagare molto bene l'abilità dell'uomo nel trovare sempre una soluzione per uscire vincitore dal tribunale.
Ed Estelle era almeno due settimane che non lo vedeva.
Da un lato era contenta, perché adorava suo padre; dall'altro un po' meno, visto che organizzava sempre delle noiosissime cene d'affari con vecchi amici, avvocati come lui, in cui lei faceva praticamente sempre da tappezzeria, non calcolata per tutta la sera se non nella fase iniziale, quella dei saluti. E anche quella era odiata da Estelle, che si ritrovava a sorridere come una marionetta a tutti quei noiosi uomini, accompagnati da quelle donne così snob che Estelle non le sopportava, oltre a sorbirsi tutte le domande del tipo 'come va la scuola?', 'hai un ragazzo?', 'cosa pensi di fare dopo il liceo?' (e lei vorrebbe tanto rispondere che è già tanto se finisce il liceo, e che se abbia un ragazzo o meno sono cazzi suoi e di certo non lo andrebbe a dire a loro), o tutti quegli inutili complimenti solo di circostanza, ad esempio 'ma come sei cresciuta', oppure 'stai diventando davvero una bella donna', eccetera eccetera.
“Comunque, tesoro, cosa volevi dirmi?” sua madre riprese il discorso, interrompendo i suoi pensieri.
“Oh, ehm... Sabato, ci sarebbe una festa..” borbottò.
Janet la guardò.
“Dove?”
“A casa di Styles”
“E dove abita questo Styles?”
“Dalle parti del Doncaster Royal Infirmary”.
Più imprecisa era, meglio era.
“Con chi ci vai?”
Estelle ebbe un tentennamento, ma subito si riprese e non si fece trovare impreparata.
“Con Jen”.
La signora White sospirò.
“Per me andrebbe anche bene, ma dobbiamo vedere tuo padre... Ha detto che aveva dei piani per il fine settimana”.
Il cervello di Estelle ci mise giusto un paio di secondi per elaborare che 'dei piani per il fine settimana' era uguale a 'le solite noiose cene'. Sbuffò, ma non osò contraddire, questa volta. Un po' perché sperava ancora che magari suo padre non avesse organizzato un'altra delle sue cene, un po' perché le andava bene così.



“Papà” l'uomo alzò lo sguardo dal piatto.
Estelle sospirò.
Quando era tornato a casa, lei gli era corso incontro e l'aveva abbracciato. Dopo aver salutato anche la moglie, il signor White si era accomodato al tavolo, e ora stavano mangiando tutti e tre insieme, gustandosi i piatti della donna e guardando distrattamente la televisione accesa.
“Papà, lo so che sei appena tornato e che mamma mi ha detto che avresti dei piani per il weekend, ma vedi, sabato... Ci sarebbe una festa” disse, sfoderando uno dei suoi migliori sorrisi.
“Sabato?”
“Sabato” confermò Estelle.
“Mi dispiace, tesoro” disse l'uomo “ma sabato abbiamo una cena con i Payne”.
“Ma papà...”
“Niente ‘ma’ cara, è una cena davvero importante. E poi, i signori Payne hanno un figlio, Liam, dovrebbe avere la tua età, al massimo un anno in più” lui le sorrise.
Estelle sbuffò.
“E questo dovrebbe consolarmi?” piagnucolò.
“Si”.
L'espressione sul viso di suo padre non ammetteva repliche.
Ma Estelle doveva andare a quella festa, doveva.
“Papà, per piacere! È la festa dell'anno!”
“Addirittura?” suo padre ridacchiò.
“Mamma, dì qualcosa..” si lagnò la ragazza, assumendo un'espressione mortificata.
“Estelle, lo sai che su queste cose decide tuo padre” biascicò la donna, che non aveva voglia di intraprendere un'altra discussione con la figlia.
“Sapete cosa vi dico? Che mi sono rotta di queste serate assurde! Io sabato sera non ci vengo a quella cazzo di cena! Vado alla festa con Jen!” sbottò Estelle, battendo una mano sul tavolo.
Suo padre spostò velocemente lo sguardo dal piatto a Estelle, accigliandosi.
“No signorina, tu non ci vai alla festa sabato sera!” ordinò autoritario “e non usare né quelle parole, né quel tono con me!”.
Estelle gli lanciò un’occhiataccia, si alzò da tavola e corse in camera sua, senza badare ai suoi genitori che la richiamavano.
Si buttò a peso morto sul letto, guardando il soffitto.
Si alzò sconsolata, e si diresse in bagno a farsi una doccia.
Mentre era sotto il getto dell'acqua calda, cosa che peraltro la rilassava moltissimo, rifletté, cercando di trovare una soluzione a quella che a lei sembrava un grande casino.
E mentre si insaponava, quella soluzione le piombò davanti al naso. Si sciacquò in fretta, uscendo dalla doccia e correndo in camera, ancora con l'accappatoio addosso, cercando disperatamente il suo cellulare. Ma anche quando lo trovò la sua ricerca non era finita: a quel punto doveva cercare nella rubrica un nome ben preciso.
Uno squillo.
Due squilli.
Tre squilli.

“Pronto?”.
Estelle sorrise quando la voce rispose.
“Ehm, sono Estelle. Avrei bisogno di un favore”
“Ehi Lee. Dimmi tutto”
“Ti va di infrangere le regole?”.

 


Piccolo spoiler ;)

***
"Estelle, questa è una grandissima cavolata"
"Lo so. Altrimenti perché la faccio secondo te?"
***






MAPA_ 's timeeee

Ehi girlss
Alloraaaa, I'm back ;)
Che ve ne pare di questo capitolo?
Fatemi sapere che ne pensate, è importante per me!
Mi scuso per come è scritto il capitolo, ma come ben potete vedere, ho avuto problemi con l' html D:
Non so perchè, ma mi ha pubblicato il capitolo così, l'ho cancellato tre volte e provato a ripubblicare ma rimane sempre così D:
inoltre mi scuso per gli errori, se ce ne sono, magari me n'è scappato qualcuno ricontrollando, non si sa mai :)
Bene, detto questo, direi di salutarvi...
Buon Anno a tutte! ♥♥♥
Grazie per i preferiti/ricordate/seguiti e poi, ovviamente per le recensione, vi amo tutte! :') ♥

Ah, ultima cosa: per chi seguisse l'altra ff, Devo sposare Zayn Jawaad Malik (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2277850)
prometto che aggiornerò presto, se ci riesco anche domani :)

Un bacio a tutti ∞♥
MAPA_


 

  
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