In tutti i giorni che aveva trascorso lì aveva finalmente terminato la sistemazione della casa, ma era particolarmente soddisfatta del suo "rifugio", dove trascorreva intere ore, soprattutto da quando era arrivata la tastiera. Le piaceva molto come l'aveva arredato.
Sulle due pareti aveva disegnato alcuni luoghi e monumenti della sua Londra: c'era il Big Ben, Tower Bridge e la statua di Peter Pan.
Da piccola passava le ore ad osservarla e a giocarci accanto, sommersa dalla folla di turisti.
Solo la parete frontale aveva lasciato libera, lì aveva dato libero sfogo alla sua passione per la street art; c'erano tutti i tipi di graffiti possibili, il lavoro aveva richiesto ben due giorni. Quando aveva finito tutto, Isabelle era fiera del suo lavoro: aveva rappresentato la sua città di provenienza, ma anche quella in cui ormai era destinata a vivere.
Una volta sistemata la casa, decise di cercarsi un lavoro, niente di speciale, qualcosa che potesse aiutarla a mantenere le spese da sola per non gravare sui suoi genitori. Voleva essere indipendente.
Uscì di casa, quel giorno, con mille buone intenzioni, decisa ad ottenere ciò che voleva. Se l'avesse vista suo padre sicuramente avrebbe detto che si era contenuta con l'abbigliamento, ed in effetti era proprio così.
I suoi capelli, ancora blu, erano legati in una coda alta ordinata, mentre indossava un paio di semplici jeans e una canotta nera da cui si intravedeva qualche tatuaggio. L'unico segno distintivo forse erano gli anfibi neri e i bracciali borchiati, ma alla fine lei era così, avrebbero dovuto accettarla.
Entrò nel primo locale che esponeva un cartello di cercasi camerieri, si trattava di un ristorante lussuoso.
Alle pareti era appesa una quantità infinita di fotografie dello stesso uomo in giacca e cravatta con un sorriso falsissimo insieme a diversi personaggi famosi.
Izzy detestava l'ipocrisia, soprattutto odiava tutti quelli che si fingevano gentili e disponibili solo quando fiutavano l'affare. Quell'uomo già le stava antipatico.
Eppure aveva bisogno di un lavoro, quindi si costrinse a proseguire all'interno. Al banco della reception trovò un uomo sulla quarantina intento a digitare freneticamente sulla tastiera del computer. Si schiarì la voce, ottenendo così l’attenzione.
«Posso esserle d’aiuto?» l’uomo si limitò a squadrarla criticamente mentre parlava.
«Ho visto il cartello fuori e volevo avere informazioni per il posto di lavoro.» Izzy non rispose a testa bassa, anzi, puntò il suo sguardo castano negli occhi del suo interlocutore, sfidandolo. Purtroppo però mettere in pratica il saggio consiglio di non giudicare un libro dalla copertina è sempre difficile. Infatti la sua richiesta fu accolta prima con un’ occhiata sconvolta, poi un ghigno divertito fece capolino sul volto dell’impiegato.
«Mi dispiace signorina, cerchiamo qualcuno più adatto. Non credo che il direttore apprezzerebbe la scelta. » e nel frattempo spostava lo sguardo inquisitore su di lei. «E ora, se non le dispiace, tornerei al mio lavoro. Arrivederci.» La madre aveva insegnato ad Izzy a mantenere la pazienza e a non rispondere scorrettamente, inoltre a casa sua era quasi degno di castigo l’uscire da un posto senza salutare. Ma questa volta era davvero troppo. Aveva lasciato Londra convinta di abbandonare i pregiudizi, invece sembrava proprio che si fossero affezionati a lei.
Si girò e andò via.
Due ore e qualche rifiuto dopo, Isabelle si
trovò davanti ad una piccola
libreria dall’aspetto molto invitante. Quando spinse la porta
per entrare, un
campanello avvertì i commessi del suo arrivo.
All’interno fu piacevolmente
investita dall’odore della carta, quasi impercettibile ma per
lei ristoratore. Se
avesse potuto, si sarebbe nutrita della sola lettura.
Non
era un posto molto grande, ma si estendeva su due piani.
All’ingresso era posto
un bancone dai colori sgargianti, che le fece nascere un sorriso.
Qualche anno
prima avrebbe dipinto così la sua stanza. Scacciò
i pensieri e si inoltrò tra
gli scaffali. C’erano alcuni clienti, non erano moltissimi,
ma sicuramente
erano numerosi. Izzy si perse nella lettura dei titoli sulle copertine
dei
libri, quindi si spaventò terribilmente quando si accorse di
una ragazza che la
fissava sorridendo.
«Ciao. Ti serve una mano? Comunque,
hai dei
tatuaggi bellissimi.» rivolse alla ragazza, che sicuramente
lavorava lì, un
sorriso. Era sempre gratificante ricevere complimenti al posto delle
critiche.
«Grazie
mille» prese coraggio e fece la fatidica domanda. Anche
lì fuori aveva trovato
un cartello, forse era la volta buona. «ho letto
l’annuncio sulla porta e…» la
ragazza battè le mani e sorrise entusiasta, ma non
lasciò finire la frase ad
Izzy. «Certo che si! Serve qualcuno che possa venire tutti i
giorni per dare
una mano a me e a Chris. Credo proprio che Will ne sarà
contento!» Tese
una mano e si presentò «Jennyfer, ma
chiamami Jenny» Izzy non se lo fece ripetere due volte «Isabelle, ma
chiamami Izzy »
Adesso
poteva decisamente dichiarare aperta la sua nuova vita.