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Autore: The Odd Storyteller    05/01/2014    3 recensioni
Quante volte ci lamentiamo della nostra noiosa routine giornaliera? Quante volte ci sentiamo annoiati e svogliati? Quante volte ci siamo alzati dal letto con l'unico intento di tirare un pugno in faccia a chi ci ha svegliato?
Per farvi conoscere delle persone che stanno peggio di noi e stemperare le tensioni della giornata ecco a voi un interessante documentario sulla giornata tipo del truzzo qualunque!
Genere: Demenziale, Satirico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2: Della riunione con i pari


E fu così che il nostro eroe riuscì finalmente a uscire dal proprio ghetto personale, alla ricerca di nuove ed entusiasmanti avventure; avventure che, qualunque esse siano, si trovano in molti luoghi tutti non coincidenti con la scuola.

'Ma chi me lo fa fare? Ma chi c'ha voglia?' Questo è quello che è passato nella testa del Nostro quando, questa mattina, si è svegliato – o meglio, quando ha preso pieno possesso delle sue facoltà mentali, che comunque essendo non eccelse non necessitano di un gran dispendio di energie o di tempo – e si è reso conto della giornata che lo aspettava; ma probabilmente è quanto è passato, passa e passerà nella testa di generazioni di giovani studenti alle prese con il medesimo problema ogni giorno, costretti in una routinaria prigione fatta di levatacce mattutine, viaggi troppo brevi, lezioni troppo lunghe, studi a intermittenza e occhiaie molto profonde. E chi può dar loro torto? Io no di certo; mantengo ancora freschi in memoria i ricordi del quel periodo. Ci sono tante persone invece che appartengono a quella ampia categoria di ex liceali che pensa alla Routine come al passato, dedicandovi ogni tanto uno sbiadito ricordo sul quale il tempo e l'esperienza hanno avuto il loro effetto distorcente, presentandolo come piacevole e nostalgica testimonianza di un periodo ormai svanito e mai più raggiungibile, certo condito da qualche preoccupazione ma tutto sommato piacevole.

Ma questo vuol solo dire che tante persone sbagliano. Non tanto nel considerare gli ultimi rantoli ribelli dell'adolescenza come un periodo piacevole, ma nel ritenere come di secondaria importanza tutti i problemi e i traumi incontrati in quel formidabile cimitero di menti chiamato scuola. Non è un caso se il nostro eroe rappresenta una eccezione che è sempre più norma: quanti adulti potrebbero mai accettare di rimanere per almeno cinque ore con la propria soffice estremità sempre più piatta e paralizzata su una scomoda sedia, avendo a disposizione meno spazio vitale di un carcerato, senza quasi poter muovere le gambe (ma questa è una questione di stazza), il tutto mentre una persona che se non incapace, frustrata o semplicemente ignorante ma probabilmente svogliata e sicuramente sottopagata cerca di convincerti o anche solo di illustrarti concetti che forse conosce, magari gli interessano ma difficilmente saranno utili a qualcosa di pratico? Zero. “Guardi signora suo figlio è svogliato, non è mai attento, non capisco proprio perché...” “Che sia un disturbo dell'attenzione?” “Un ADHD?” “Magari è autistico?” “Antisociale?”

No, cazzo, è annoiato!

Oh dannazione...sto divagando! Preso dalla foga mi sono lanciato in un'invettiva che poco ha a che fare con ciò in cui ero occupato prima, un atto imperdonabile: chiedo umilmente scusa. Tornando in tutta fretta al nostro eroe, lo scorgiamo mentre prosegue nella sua andatura ondeggiante verso luoghi a noi ignoti; sembra che fortunatamente durante il nostro excursus non abbia compiuto dei grandi progressi, a parte camminare diritto senza deviazioni per la sua strada, disinteressato alla carrellata di cancelli di case e negozi che sembrano sfilare a fianco a lui come modelle in passerella. D'un tratto si ferma: tiene lo sguardo fisso per terra ma perso nel vuoto, come se fosse terribilmente concentrato, mentre allunga la mano sinistra verso lo zaino appeso alla spalla destra, apre la zip e si mette a frugare come un forsennato alla ricerca di qualcosa che evidentemente è di vitale importanza, come un anziano miope alla ricerca delle lenti perdute, come un cliente in fila alla cassa del supermercato che cerca disperatamente spiccioli mentre i clienti dietro sbuffano impazienti e la cassiera mastica svogliatamente la gomma; e come questo estrae trionfante un nichelino dal portafoglio e lo porge vittorioso alla commessa, così il nostro toglie il suo cellulare, novello Artù che tiene in mano per la prima volta la sua Excalibur; senza perdere ulteriore tempo comincia a battere sulla tastiera veloce come una sventagliata di mitragliatrice, anche se il suo obiettivo non è uccidere il vietcong nascosto tra le fronde ma avvisare un suo amico del proprio piano per la giornata, invitandolo a condividere scorrerie e gozzoviglie. Ripone il cellulare nella tasca destra e riprende il proprio viaggio, attendendo una risposta che arriva tre passi dopo, provocandogli una vibrazione nei pantaloni che il nostro accoglie con un sorriso veramente molto equivocabile; si ferma di nuovo, riabbranca il cellulare e chiude a fessura gli occhi, con una espressione involontariamente molto buffa, nel tentativo di decifrare il minuscolo carattere del suo cellulare onde essere informato della risposta dell'amico; dopo esservi infine riuscito, le sue sopracciglia prima aggrottate si rilassano in un sorriso, esclamando a mezza voce

"Ahah bella zio!"

chiaramente rivolgendosi non a un suo parente ma al suo sopracitato amico e guadagnandosi la momentanea attenzione di un passante, che decide subito che il disturbo della quiete non è foriero di alcuna informazione utile o anche solo interessante; opinione che noi abbiamo di lui, dato che noi stiamo seguendo il nostro eroe Jonathan il quale, avendo riposto il cellulare in tasca, si avvia verso la sua meta con un'andatura più spedita rispetto a prima, essendo ora a conoscenza del luogo verso cui si sta dirigendo. Lo seguiamo mentre cammina sotto un plumbeo cielo tipico del marzo ancora troppo giovane e aggrappato al gelo invernale, mentre per la prima volta prende una svolta, girando a sinistra in una via indistinguibile dalla precedente, piena di spazzatura sui marciapiedi, macchine in sosta vietata, persone che camminano frettolosamente e grigi caseggiati, con una colonna sonora composta dagli altrettanto grigi suoni e rumori della città; ma lui non si preoccupa, immerso nei suoi pensieri ed elucubrazioni proiettati in luoghi e momenti diversi da quelli, e prosegue diritto, verso un attraversamento pedonale. Alza lo sguardo, vede che il semaforo è ancora rosso per i pedoni, quindi eccolo mentre si fer...e invece no! Prosegue ignorando il divieto e...

SKKREEEEEEECHH!

Una macchina ha inchiodato proprio davanti al nostro eroe, evitando per un pelo un incidente probabilmente fatale! L'automobilista urla con la testa fuori dal finestrino

"Coglione!! Ma che cazzo fai?!"

Gli risponde il nostro, con gli occhi spalancati da tanta foga

"Ooooh sciallo zio! Sta' calmo..."

L'altro, visibilmente scosso e arrabbiato, grida

"Ti stavo per investire cazzo!"

Il Nostro neanche risponde, proseguendo per la sua strada con la stessa calma andatura ondeggiante di prima, e non nota nemmeno che l'automobilista riparte sgommando e imprecando contro di lui e contro altre entità un po' più potenti e oserei dire anche pericolose. Tranquillo e sereno, permane nel suo stato di moto, come un asteroide che viaggia solitario nello spazio sidereo; la monotonia della camminata è rotta soltanto dai pensieri del nostro eroe, o meglio dalle loro manifestazioni sul suo viso in forma di ghigni e di altre grottesche espressioni.

Nonostante spesso si senta il desiderio di entrare nella mente di una persona, e nonostante ancora più spesso si sentano altre persone giurare di voler dare qualsiasi cosa pur di entrare nella mente di un'altra persona, io sono abbastanza sicuro di non voler fare nulla di simile con il nostro eroe. Sicuramente perché ciò consisterebbe in una violazione della privacy decisamente grave, poiché non c'è nulla di più privato dei propri pensieri; poi, perché dubito di trovare un qualsiasi elemento che sia anche di pur minimo interesse, anzi sono abbastanza convinto che cercare qualcosa di rilevante nella mente del Nostro sia paragonabile alla fanciullesca illusione di trovare i resti di Atlantide nella propria vasca da bagno o nella ciotola del cane; infine, dettaglio non trascurabile, io sono l'autore e come tale so esattamente cosa succede e succederà.

Ma non importa! Tralasciando queste considerazioni, possiamo notare ancora Jonathan mentre segue la strada, la quale tende parzialmente a sinistra, per poi lanciarsi in un ampio sorriso appena scorge sull'altro lato della strada due persone che, già da questa distanza, notiamo essere abbigliate in un modo riconducibile al suo e avere singolari capigliature con un aperto disprezzo per la legge di gravitazione universale; ergo probabilmente appartengono a quella che volgarmente potremmo definire la sua “compagnia”. Chiaramente in questa storia non c'è nessun anello da distruggere rischiando la propria vita contro feroci orchi, crudeli nazgûl e vari supercattivi coi controcoglioni: “compagnia” è un termine usato per indicare un gruppo di persone, aventi età, ideali ed estrazione sociale simili, che trascorrono insieme la maggior parte del loro tempo, sia libero che non. In questo caso specifico è tuttavia azzardato parlare di “ideali”, poiché si finirebbe con l'attribuire ai membri della Compagnia – termine che d'ora in poi utilizzerò per indicare quella del nostro eroe – delle risorse intellettive probabilmente eccessive, e ci si manterrebbe forse più aderenti alla realtà parlando invece di “generale e condivisa mancanza di una visione volontaria e specifica della realtà”, ossia di una tendenza dei membri a non porsi domande esistenziali particolarmente degne di nota, ma piuttosto a rimanere legati a una concezione di “qui e ora” ben lontana dal campo di ragionamento logico tipico degli esseri umani, che sono in grado di riflettere, porsi delle domande e fissarsi degli scopi in una dimensione che consideri passato, presente e futuro su ciò che sono, chi sta accanto a loro e ciò che li circonda.

Ma il nostro Jonathan non può sentirci, e comunque se anche avesse potuto farlo si sarebbe probabilmente fermato con lo sguardo fisso negli occhi del suo interlocutore, perso nel vuoto cosmico celato dietro le nere pupille e immerso in un limbo di inconsapevolezza, quindi si avvicina sempre di più ai suoi due amici, che lo hanno oramai avvistato e lo rendono consapevole di ciò con un lieve cenno verso l'alto del capo in segno di saluto, e con un abbozzo di sorriso con sopracciglia inarcate con atteggiamento da duro, cercando di ottenere uno sguardo scevro da qualsiasi contaminazione di femminea debolezza, ma ottenendo piuttosto una sottilmente ironica parodia dello stesso; attraversa la strada totalmente disinteressato ai pericoli derivanti da tale gesto, esattamente come poco prima all'attraversamento pedonale, anche se per sua fortuna questa volta non c'è nessuna automobile pronta a stirarlo come una pizza, e raggiunge i due compari, atteggiando le sue labbra in un sorriso simile al loro, mentre si stringono/battono/? la mano in un complicato rito misterico accessibile solamente agli iniziati della loro elitaria setta, che non è un semplice saluto bensì un simbolo che rafforza il legame reciproco, un atto simbolico paragonabile all'investitura ai tempi di Carlo Magno  e del Sacro Romano Impero, privo però della componente di sudditanza in favore di una dichiarazione di rapporto paritario e squisitamente cameratesco.

"Bella Sturbo!"

"Bella Johnny"

"Bella Chicco!"

Tali i nomi in codice dei tre, nomignoli che derivano spesso dalla semplice abbreviazione del nome o del cognome, ma che talvolta possono affondare la loro origine in eventi che vedono il loro portatore coinvolto in qualsiasi maniera o grado e che spesso però contemporaneamente sono avvolti nella fitta nebbia dell'oblio, in modo che l'appellativo sembri affibbiato in modo arbitrario, risultando quindi anche alquanto bizzarro o perlomeno curioso.

Sturbo parla per primo:

S. "Oh cazzo Gionni c'hai avuto un'idea..."

Gionni: "Eh lo so..."

Chicco: "Eh sì è vero"

J. "...Eh zio cioè stamattina zero sbatta poi mia ma' ha iniziato...

S. "Uuuuhh la mamma di Gionni!!"

C: "Ahahah!"

Sembra che la gentile genitrice del Nostro riscuota un certo successo tra i suoi amici.

J: "...che cazzo vuoi? Mia ma' ha iniziato a rompere le balle e già c'era poca sbatta poi cazzo se mi rompi le balle col cazzo che vado pure a scuola..."

S. "La maiala di tua madre..."

C. "Ahahah!!"

Sembra che la gentile genitrice del Nostro sia oggetto di singolari attenzioni da parte dei suoi amici.

J. "...oooh ma cazzo vuoi eh?"

S. "Voglio farmela vabbene?"

J. "Eh fattela allora zio ma sta' attento che è lei che ti si incula..."

S. "Hahaa! Cioè ma davvero zio? Davvero potrei..."

J. "E che cazzo mi frega? Cioè...

S. "Zio va' che tua madre è lercia! Cioè da sturbo...!"

J. "Ma piantala..."

S. "Sì cioè due pere così!"

C. "Haaahahah..."

Attenzioni morbose, sembra.

J. "Piantala!"

S. "Ma m'hai detto che potevo farmela!"

J. "E sì ma ora basta però eh?"

S. "Ooh calmo!"

J. "Va bene"

S. "Che si fa allora?"

J. "Ma non so voi dove volete andare?"

C. "È uguale"

S. "Boh non so"

J. "Vabbè zio ci facciamo un giro"

S. "Ok"

C. "Sì"

J. "Ma prima dove passiamo?"

S. "Ma non so..."

J. "Ma zio dimmi una cosa tanto è uguale"

S. "Al bar"

C. "Al bar!"

J. "Va bene, andiamo".

I tre si incamminano verso la loro nuova destinazione, la quale si trova dalla parte opposta rispetto a quella da cui siamo arrivati seguendo John, senza tuttavia interrompere l'avvincente dibattito.

"Ué però..." cominciò Sturbo.

"'sa c'è?" rispose Jon.

S. "...eh tua madre è prop..."

J. "Ma la vuoi finire? Hai rotto"

S. "Ooh calmo eh! Solo dammi il suo numero"

J. “Il suo numero?"

S. "Eh"

J. "Ma sei pirla?"

S. "Ooh che cazzo vuoi zio voglio solo il numero"

J. "E che cazzo te ne fai?"

S. "Boh la chiamo"

J. "E che gli dici?"

S. "Che me la faccio"

J. "Seeee non c'hai le palle"

S. "Vuoi vedere?"

J. "No"

S. "Guarda che lo faccio"

J. "Non hai ancora il numero"

S. "Dammelo che lo faccio"

J. "No"

S. "Perché no?"

J. "Perché no! Cioè mia madre? Ma dai!"

S. "Si! Magari ci sta"

J. "Ma vaffanculo"

S. "Cos'è sei geloso?"

J. "Eh?"

S. "Sei geloso?"

J. "Ma che cazzo dici?"

S. "Sei geloso che potrei essere il tuo paparino?"

Devo ammettere che questa era crudele.

J. "Ma ammazzati"

S. "Ma ammazzati tu!"

J. "Tua madre"

S. "Stavamo parlando della tua"

J. "Era un insulto"

S. "Ma crepa!"

J. "Tua madre"

S. "Mabbafangulo!"

J. "E ora basta"

Comincio a non capire...

S. "Ma prima dicevi che potevo farmela"

J. "E ora ti dico vaffanculo"

S. "Vabbè prima o poi me la faccio"

J. "Cazzi tuoi..."

S. "Almeno io mi do da fare? Tu invece con la tua tipa?"

J. "Mmmhh..."

S. “Eh?”

J. “Lascia perdere...”

S. "Aaaah ho capito! Non te l'ha ancora data!"

J. "Fatti i cazzi tuoi"

S. "Non te l'ha ancora data!"

J. "è che..." esitò.

S. "Ti ha fatto una sega?"

Oddio, scusatemi...scusate davvero per questi termini così volgari...

J. "Sì"

S. "Beh è il minimo...e quando te la dà?"

J. "Macchennesò..."

Però se chiamate il MOIGE giuro che vi perseguiterò!

S. "Che stronza"

J. "Sì è vero"

S. "Ma perché?"

J. "Eh boh zio dice che non gli va...cioè quando siamo lì e stiamo quasi per farlo si ferma e dice “basta così” ma non dice mai perché capito? Cioè non so perché non lo vuole dire..."

S. "Che stronza"

J. "Si è una rottura di coglioni...davvero zio dopo un po' ti scazza, cioè voglio dire se non vuoi farlo almeno dimmi perché, cazzo"

S. "E zio chiedigli perché non vuole"

J. "Ho provato ma boh...cioè boh dice cose così, tipo scuse...boh"

S. "Che stronza..."

A questo punto i tre smettono di parlare; o meglio, i due dei tre che stavano parlando, dato che il terzo componente del gruppo fino ad ora ha camminato silenziosamente alle spalle dei due interlocutori, limitandosi a girare la testa verso chi parlava come uno spettatore a una partita di tennis; non è molto chiaro perché non abbia aperto bocca nei minuti scorsi, anche se dal comportamento sembra trattarsi del classico sottoposto del branco che pende dalle labbra del leader, ascoltandone le sagge parole in religiosa soggezione; certo potrebbe anche darsi, in alternativa, che sia rimasto in silenzio perché disinteressato alla vexata quaestio della madre del Nostro e immerso in una profonda riflessione personale – come spesso capita, la persona che parla di meno è anche quella che dice le cose più intelligenti e interessanti – ma ciò è improbabile. La prima interpretazione è inoltre corroborata dal comportamento del “leader”, che è palesemente atteggiato a dominatore con il suo sottoposto, come si evince da diversi particolari: il camminare davanti a lui, il quasi completo disinteresse unito alla malcelata soddisfazione per la muta adorazione; sembra quasi di vedere l'abnorme quantità di serotonina prodotta dal suo cervello, come in quello di ogni scimmia capobranco che si rispetti.

Ma ecco che ci ritroviamo insieme ai tre innanzi all'ingresso di quello che sembra essere il loro punto di ritrovo abituale, a giudicare dalla rapidità con cui ci sono arrivati e dall'assenza di esitazioni lungo il tragitto; ingresso che viene varcato dopo che Sturbo ha energicamente aperto la porta.








A.A.: Salve a tutti! Ecco il secondo capitolo della saga del nostro amico Johnny. Saga che si fa sempre più avvincente e, ahimé, volgare - ma d'altronde non ci si può aspettare molto altro da dei sedicenni. Truzzi, tra l'altro.

Sono stato abbastanza veloce con questo secondo capitolo: ma non aspettatevi granché, ci metterò un po' a completare gli altri. Non so quando riuscirò ad aggiornare! Magari una settimana, magari un mese, magari nella mia prossima vita...no beh mi auguro prima di allora.

Ne approfitto per ringraziare tutti i miei lettori, quelli che mi fanno sapere cosa pensano e quelli che non lo fanno! Mi raccomando, recensite numerosi!

Odd

  
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