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Autore: Moony317    26/05/2008    4 recensioni
Hermione si staccò dallo schienale della sedia e si girò per guardare nella direzione che prima Ron stava fissando. Il “vuoto” cui accennava Ron apparentemente era una poltrona accanto al fuoco, che però non era per niente vuota.
“Fissavi Harry?” domandò voltandosi di nuovo a guardare Ron.
“Cosa?!” esclamò Ron, con le orecchie improvvisamente rosse.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Potter, Ron Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4

Ferire

Nel frattempo, nella sala comune di Grifondoro Harry cominciava ad accusare la sonnolenza indotta dalle pozioni. Sbadigliò vistosamente, affondando un po’ di più nel divano e reclinando la testa all’indietro.

Hermione sollevò lo sguardo dal libro che stava leggendo. “Harry, se sei stanco vai a dormire” lo incoraggiò gentilmente.

“Ron ha detto di non muovermi” rispose Harry, guardandola incerto.

Hermione si mise una mano sulla bocca, cercando di non ridere. Questo Harry senza memoria è… insolito… e buffo! pensò, non riuscendo più a trattenere le risate.

“Cosa c’è da ridere?!” chiese Harry, sorpreso e leggermente indignato.

Hermione si asciugò gli occhi, riprendendo fiato “Niente, scusa, è che… è strano, di solito non dai retta a nessuno!”

“Nemmeno a voi due?”

Hermione ci pensò un attimo “Beh, no, non molto, solo qualche volta” sorrise a Harry.

Harry la fissò disarmato, essere senza memoria era decisamente frustrante, non sapeva come comportarsi.

“Penso che andrò a letto” disse infine, si sentiva davvero troppo stanco e non aveva intenzione di dormire sul divano.

Hermione annuì, “Buonanotte” gli augurò con un sorriso.

Circa due ore dopo Ron varcò il buco del ritratto e si ritrovò in una sala comune semivuota. La maggior parte degli studenti erano andati a dormire, solo quelli che non avevano ancora completato i compiti per l’indomani erano alzati e intenti sui libri.

Ron notò subito il divano vuoto, si avvicinò e vide Hermione assopita nella poltrona dove l’aveva lasciata. Le diede dei colpetti sulla spalla con l’indice destro per svegliarla. Hermione sussultò spalancando gli occhi, il libro le sfuggì di mano e finì con un tonfo sul pavimento.

“Cosa c’è?” mugugnò ancora insonnolita.

“Dov’è Harry?” chiese Ron.

“È andato a dormire” rispose Hermione, sbadigliando, “E credo che seguirò il suo esempio ora che sei tornato…” cominciò, finché il suo sguardo non si focalizzò sul viso di Ron.

Lo fissò per qualche secondo, studiando l’espressione dell’amico, distolse lo sguardo per controllare l’ora e rendendosi conto di quanto tempo fosse passato domandò “La McGranitt ti ha tenuto tutto questo tempo?”

Ron, che non si era reso conto di essere stato via tanto a lungo, fu momentaneamente sorpreso dalla domanda. Hermione gli mostrò il polso perché lui potesse vedere l’ora.

“Ehm… no…” cominciò incerto, un lieve rossore stava rapidamente raggiungendo le sue orecchie “Io… ho camminato un po’… e non mi sono accorto del tempo che passava…” disse infine, le orecchie completamente rosse.

Hermione lo fissò con sguardo indagatore “Sei sicuro di stare bene? Hai l’aria un po’ stravolta… è per qualcosa che ti ha detto la McGranitt?”

Ron scosse la testa, negando “No, no, lei ha detto solo che Harry non può seguire le lezioni in questo stato e che l’ha già giustificato con tutti i professori. E ha detto di tenere la cosa segretissima, ma questo lo sapevamo già, no?” Spiegò a bassa voce, concludendo con un sorriso amaro.

Hermione annuì “Certo. Immaginavo che non sarebbe potuto andare a lezione. Spero che si rimetta presto, perché avrà una montagna di lavoro da recuperare!” disse, sinceramente preoccupata.

Ron non poté evitare una risatina, “Sempre la solita, eh? Lo studio prima di tutto!”

“Non proprio prima di tutto” protestò Hermione guardandolo male, Ron alzò un sopracciglio con aria scettica.

Hermione alzò gli occhi al cielo “Oh, d’accordo. Non ci posso fare niente! È importante!”

Ron annuì più volte, sorridendo divertito “Lo so, lo so”. Arretrò sedendosi sul divano con un sospiro.

Hermione si sporse in avanti, poggiando i gomiti sulle ginocchia e intrecciando le dita.

“Però c’è qualcosa che non va, vero?” domandò in tono gentile.

Ron spostò lo sguardo sul focolare del camino, “Non ti preoccupare”.

“Ah – ah – ah” finse di ridere Hermione “Sai meglio di me che è altamente improbabile!” disse mostrandosi scherzosa per allietare l’aria cupa dell’amico.

Ron la guardò e sorrise debolmente “Non è niente”.

Hermione sospirò, si alzò dalla poltrona e si sedette sul divano accanto a Ron, voltandosi in modo da fissarlo.

“È per Harry?” domandò decisa, ma sempre a voce bassa per farsi sentire solo da Ron.

Ron deglutì, “No”. Stavolta fu Hermione ad alzare un sopracciglio con aria scettica.

Ron sospirò “Forse… sì” rispose evitando di guardarla.

“È per la perdita di memoria?” bisbigliò lei, sporgendosi in avanti perché Ron sentisse.

Ron si voltò a guardarla, chiedendosi il motivo di quella domanda ma non del tutto sicuro di volerlo sapere. “E che altro, sennò?” ribatté, quasi convincente. Quasi.

“Dimmelo tu” rispose Hermione con un sorrisetto, una strana scintilla negli occhi.

Ron tentò di deglutire, ma improvvisamente aveva la gola secca. Che cosa sa? si chiese di nuovo.

“Hermione…”

“Mh-mh”

“Io…”

“Sì?” incoraggiò Hermione.

“Non so di che parli” disse infine.

“Ron, avanti qualunque cosa sia a me puoi dirla” rispose Hermione paziente.

Ron la guardò sorpreso. Hermione sospirò, “Coraggio, è un po’ che sei strano…”

Lo sguardo di Ron si spostò nuovamente sul fuoco nel camino “È anche più che strano, Hermione. È un guaio” disse senza muoversi, il fuoco lanciava strani riflessi sui suoi occhi blu. Hermione lo osservò per qualche secondo, aveva uno sguardo diverso, più profondo e… più triste.

“Che tipo di guaio? Avete litigato?” chiese infine.

Ron scosse la testa “No, non abbiamo litigato.”

“Di qualunque cosa si tratti dovresti parlargliene. È il tuo migliore amico, capirà.”

Ron sorrise leggermente, sempre fissando il fuoco, “Non è così semplice, potrebbe odiarmi…” disse in un soffio quasi impossibile da udire “E in questo momento non si ricorda nemmeno chi sono” concluse con voce più decisa, come per scacciare la frase precedente.

Hermione comprese che Ron non voleva approfondire il discorso, non in quel momento almeno. “Questo è vero, ma si ricorderà di te, fidati. E quando lo farà, allora parlagli” gli mise una mano sulla spalla per incoraggiarlo.

“Come fai a dire che si ricorderà di me?” le chiese rivolgendole un breve sguardo interrogativo.

Hermione sorrise, “Istintivamente lui già si ricorda di te, solo che non lo sa.”

Ron la guardò confuso, “Non capisco… già si ricorda?”

Hermione annuì, “Sì, non che abbia recuperato i ricordi, ma istintivamente lui si fida di te. Oggi vi ho guardato e mi avete ricordato la prima volta che ci siamo incontrati, ti ricordi? Harry era spaesato e ha trovato in te un amico, un aiuto e si è affidato a te, no? Oggi ha fatto la stessa cosa, Ron. È come se tra voi due fosse inevitabile fidarsi l’uno dell’altro. Non ha protestato una sola volta quando l’hai portato in infermeria o gli hai spiegato della magia, non voleva nemmeno andare a letto perché gli avevi detto di aspettarlo!” rise ricordando la frase di Harry.

Ron la guardò con gli occhi spalancati, poi ridacchiò “Davvero?”

Hermione annuì seria, “Si ricorderà” disse decisa.

Ron sorrise “Grazie, Hermione.”

Hermione scrollò le spalle sorridendogli, “Ora penso che andrò a letto” disse alzandosi dal divano “Buonanotte, Ron”.

“Buonanotte”

Dopo qualche minuto, Ron decise che era davvero ora di andare a letto e si alzò dal divano. Salì le scale del dormitorio ed entrò nella stanza buia. La poca luce che filtrava dalla finestra permise a Ron di raggiungere il suo letto senza inciampare. Harry aveva lasciato le tende del baldacchino aperte e Ron si fermò un attimo tra i loro due letti ad osservarlo. Harry era steso sulla schiena, le coperte tirate fin sotto il mento si alzavano e si abbassavano al ritmo lento e rilassato del suo respiro, i neri capelli scompigliati coprivano solo imparte la cicatrice sulla fronte. Ron si voltò e si avvicinò al suo baule per svestirsi e indossare il pigiama. Dean, Seamus e Neville dormivano della grossa e Ron riuscì a cambiarsi senza svegliare nessuno. Si arrampicò sul letto e si distese a pancia in su.

Nel momento in cui la sua testa si posò sul cuscino tutta la stanchezza di quella lunga giornata gli crollò addosso e Ron realizzò quanta tensione aveva accumulato nelle spalle. Si stiracchiò, rilassandosi e lentamente scivolò in un sonno pesante.


I primi giorni della settimana passarono senza alcun evidente miglioramento da parte di Harry, mentre era sempre più difficile impedire al resto della scuola di parlare con lui. Anche se Harry non si presentava a lezione e tutti i professori erano stati avvisati di giustificarlo finché non si fosse rimesso del tutto, c’erano un sacco di occasioni in cui Harry veniva a contatto con gli altri studenti, rischiando di far scoprire il suo stato.

Ancora più difficoltoso era non rispondere alle innumerevoli domande di Harry, soprattutto quelle riguardanti la magia.

Harry non ricordava di essere un mago, come non ricordava nient’altro di sé, il suo stupore ai piccoli incantesimi che vedeva eseguiti nella sala comune era immenso e Ron e Hermione faticavano a tenerlo a bada e a non farlo notare agli altri. Le scuse più assurde erano state addotte da Hermione, mentre Ron cercava di convincere Harry che non appena avesse recuperato la memoria tutto gli sarebbe stato chiaro. Ovviamente la tattica di Ron non sortiva alcun effetto, dato che Harry perdendo la memoria non aveva però guadagnato la pazienza che non aveva mai avuto, e, soprattutto, la sua innata curiosità non era diminuita di un’oncia.

Il venerdì mattina, mentre scendevano nella sala grande per la colazione Ron stava tentando di tutto per convincere Harry a starsene nella sala comune durante le lezioni, mentre Harry protestava di essersi stufato di stare da solo nella torre in loro attesa e minacciava di andare a passeggio nel parco da solo. Ron era chiaramente terrorizzato all’idea e stava seriamente valutando di bloccare Harry nel dormitorio con un incantesimo, quando lo colse un’improvvisa illuminazione.

Disse a Harry che quel giorno non aveva lezione dopo il pranzo e che se fosse stato in sala comune ad aspettarlo, dopo l’avrebbe accompagnato lui stesso un po’ in giro all’aperto. Harry lo guardò ribelle, non capiva perché avrebbe dovuto posticipare. Ron borbottò qualcosa riguardo una sorpresa e altro sul genere “non si molla così il proprio migliore amico, io a lezione, tu in giro a divertirti”, sperando di incuriosire Harry e fare leva sul suo senso di colpa, in fondo ancora non si era ricordato che Ron fosse il suo migliore amico, ma già quello bastava a farlo sentire in colpa data la sua sensibilità.

Harry sbuffò sconfitto e acconsentì a passare un’altra mattinata nel dormitorio. Quando finalmente raggiunsero Hermione al tavolo di Grifondoro Ron aveva un’espressione vittoriosa, sebbene fosse stremato dalla battaglia verbale con Harry, il percorso dal dormitorio alla Sala Grande non gli era mai parso così lungo.

Almeno, nonostante fossero passati solo pochi giorni da quando aveva accettato il fatto di essersi innamorato del suo migliore amico, gli riusciva più facile ora mantenere un po’ di autocontrollo. Anche se ogni tanto doveva richiamarsi alla realtà con qualche ceffone mentale, ma solo per non darlo troppo a vedere. Certo si sentiva ancora ferito dal fatto che Harry non si ricordava di lui, e ogni sera aveva sperato andando a dormire che il mattino dopo Harry l’avrebbe finalmente riconosciuto. Fin dove poi si spingesse nell’immaginare l’entusiasmo di Harry nel comunicargli tale notizia era un segreto ben celato nella sua mente e nel suo cuore, ma sicuramente un balsamo per addormentarsi felice, col sorriso sulle labbra.

Purtroppo però ogni mattina il suo sorriso era tramontato nello sguardo spaesato di Harry. Certo, Harry si era abituato a Ron e dimostrava un’istintiva fiducia verso di lui, forse anche un lieve trasporto osava pensare a volte Ron, prima di scacciare il pensiero come poco realistico e frutto più dei suoi desideri che delle reali azioni di Harry.

Quella mattina, quando le sue speranze erano state nuovamente deluse, si era detto che era ora di passare a metodi più drastici e si era arrovellato il cervello tutto il tempo, mentre si preparava per scendere e si avviava a far colazione con Harry. L’idea era arrivata mentre cercava di far ragionare Harry.

Dopo essersi assicurato che Harry rientrasse nel dormitorio, raggiunse di volata Hermione a lezione. Ma non ebbe tempo di spiegarle il suo piano che la professoressa McGranitt richiamò l’attenzione della classe sulla trasfigurazione che avrebbero cercato di ottenere quel giorno. Per Ron si rivelò più difficile del solito, dato che continuava a pianificare mentalmente quello che avrebbe dovuto fare di lì a poche ore. Purtroppo molto sarebbe stato fuori del suo controllo, ma se avesse funzionato… I suoi pensieri furono infine interrotti dalla McGranitt che annunciava il termine della lezione, assegnando a Ron compiti extra per non essere riuscito a padroneggiare correttamente l’incantesimo trattato.

Appena fuori dall’aula Hermione stava per rimproverare Ron per la sua mancanza di concentrazione quando lui la interruppe.

“Hermione ho avuto un’idea che potrebbe far ricordare qualcosa a Harry! Lui non sa niente, non gli ho spiegato nulla, devi tenerlo occupato una mezz’ora dopo pranzo e poi raggiungermi con lui da Hagrid, così avrò il tempo di prepararlo, d’accordo?” disse tutto d’un fiato mentre si affrettavano verso l’aula di incantesimi.

Hermione, dimentica della sua intenzione a fargli una predica, si disse subito d’accordo e si complimentò con Ron per l’idea, qualunque fosse esattamente, mentre si sedevano vicini, in attesa delle istruzioni del professor Vitious.

Ron riuscì a prestare un po’ più d’attenzione stavolta, evitando in questo modo altri compiti extra. Appena finita la lezione prese Hermione per un braccio e la trascinò nella Sala Grande, dove Harry li stava già aspettando impaziente.

Ron ingollò il pranzo più in fretta che poté, senza neanche gustarlo, anzi era così distratto che non avrebbe neanche saputo dire cosa esattamente aveva mangiato. Ignorò i tentativi di Harry di scoprire in cosa consisteva la cosiddetta sorpresa, ma soprattutto se ce n’era davvero una o era stato solo un trucco per trattenerlo nella torre. Schizzò via dal tavolo dopo neanche dieci minuti che si era seduto e li salutò con un “Ci vediamo dopo!” sparendo oltre le porte della Sala.

Harry tentò allora di forzare delle informazioni da Hermione, la quale però si rivelò incredibilmente lenta a mangiare e cocciutamente concentrata sulla stessa pagina del libro di Antiche Rune per tutta la durata del pranzo. Harry finì di mangiare prima di lei e cercò di sgattaiolare via, ma Hermione sentì un improvviso bisogno di riprendere la conversazione e lo trattenne altri dieci minuti mentre lei cincischiava con la sua fetta di torta.

Finito il pranzo Harry scalpitava impaziente, ma Hermione lo costrinse con fare autoritario ad accompagnarla in biblioteca, dicendo che doveva solo prendere un libro, e impiegando mezz’ora per sceglierlo.

Sicura del fatto che Ron aveva avuto ben più di mezz’ora di tempo per architettare qualunque cosa avesse in mente, condusse infine Harry fuori nel parco e verso la capanna di Hagrid.

Ron riuscì a malapena a calmare Hagrid durante il tempo concessogli da Hermione e ringraziò l’intuito della ragazza che non apparve dopo mezz’ora ma dopo un’ora, come se avesse presagito i contrattempi a cui Ron sarebbe andato incontro. Non appena aveva confessato al mezzo gigante che Harry aveva perso la memoria, Hagrid era scoppiato in lacrime, inondando il tavolo e soffiandosi rumorosamente il naso nel suo fazzoletto grande come una tovaglia. Solo con enormi sforzi Ron era riuscito a far recuperare ad Hagrid il suo contegno.

Hagrid non aveva mai visto Ron così serio, lo sguardo con cui l’aveva fissato dicendogli che era necessario si controllasse e agisse come suo solito per il bene di Harry l’aveva molto impressionato. Si ricompose e guardò il ragazzo. Era davvero cresciuto, non era più il bambino che Harry aveva portato con sé al primo tè che avevano preso insieme in quella stessa capanna, o il ragazzetto che vomitava lumache in un secchio.

“D’accordo, sono tranquillo, se dici che è una cosa temporanea ci credo. Harry è forte, ne verrà fuori” disse deciso “Cosa devo fare esattamente?”

Ron sorrise “Harry sarà qui tra poco con Hermione. So che tu sei stato il primo a spiegargli che era un mago. Vorrei che lo facessi di nuovo. Se possibile usando quasi le stesse parole. La Chips dice che questo genere di cose potrebbero fargli tornare la memoria. Se funziona, sarà un punto di partenza.”

Hagrid annuì convinto “Ottima idea! Bravo Ron!” gli diede una pacca sulla schiena che gli fece sbattere il mento contro il tavolo, per fortuna era seduto o sarebbe finito per terra.

Quello era un compito facile per Hagrid, non avrebbe mai potuto dimenticare il giorno in cui aveva portato a Harry la sua lettera per Hogwarts. Quei dolci occhi increduli, il suo sollievo nello scoprire quella verità, sapere che c’era altro per lui, che una vite triste con i Dursley.

Quando Harry e Hermione entrarono nella capanna Harry fu vagamente sorpreso dalla stazza di Hagrid, proprio come durante il loro primo incontro lo guardò per un istante a bocca aperta. Fissò quei profondi occhi neri e vi scorse solo bontà. Non era poi così minaccioso come poteva apparire al primo sguardo.

“Eccoti Harry!” lo salutò Hagrid, gli occhi neri scintillanti rispecchiavano il sorriso nascosto dalla folta barba cespugliosa “Ora non ti ricordi di me, ma noi ci conosciamo da molto tempo. Sono Rubeus Hagrid Custode delle Chiavi e dei Luoghi qui a Hogwarts.” Disse rammentandosi come si era presentato sei anni prima.

Harry porse la mano in risposta al gesto del guardiacaccia, che gli strinse tutto il braccio con la sua mano enorme. Harry si sentiva come se avesse avuto qualcosa sulla punta della lingua, un pensiero lì appena dietro, che non voleva mostrarsi per quanto lui cercasse di afferrarlo.

“Hermione mi ha detto che tu puoi spiegarmi che tipo di scuola è questa…” disse incerto Harry.

“Ma certo, Harry.” Rispose Hagrid “Questa è Hogwarts, la scuola di Magia e Stregoneria migliore del mondo!”

“Magia e Stregoneria?” Harry lo fissò ad occhi spalancati.

Hagrid sorrise, Harry era stupito come la prima volta. “Harry… tu sei un mago” disse, proprio come sei anni prima.

“Che cosa sono io?” Harry era senza fiato.

“Un mago, Harry” spiegò Hagrid “Anzi un mago coi fiocchi direi, una volta che avrai studiato un pochettino. Con dei genitori come i tuoi…”

Ma Hagrid non poté finire la frase, interrotto da Harry che aveva improvvisamente trattenuto il respiro.

Improvvisamente delle immagini fluttuarono velocemente nella mente di Harry. Harry ricordò forti rumori, una porta che cadeva a terra e quegli stessi occhi che lo guardavano dall’uscio. Poi un’altra immagine, un ciccione con un fucile. Chi era quel tizio?

“Zio Vernon…” bisbigliò Harry, fissando il tavolo al quale era seduto. Ron si irrigidì per l’emozione, stava funzionando davvero?

“Hagrid! Zio Vernon ti ha minacciato con un fucile e tu…” esitò spremendo le meningi “Tu l’hai annodato!” concluse senza poter trattenere una risata a quell’immagine.

Hagrid annuì deciso “Sì, Harry esatto! Che faccia che aveva…” ricordò ridendo.

Ron e Hermione ascoltavano in silenzio. Hermione era troppo emozionata per parlare, teneva le mani sulla bocca, trattenendo a fatica le lacrime. Ron non voleva interrompere quel momento, non voleva fare nulla che interrompesse il flusso di ricordi di Harry.

Hagrid si alzò, ricordando un particolare di quell’incontro, prese un piatto coperto dalla credenza e lo posò sul tavolo. Quando si fu nuovamente seduto scoprì il piatto davanti a Harry senza proferire una parola. L’odore di cioccolato della torta che gli stava davanti invase le narici di Harry, arrivando dritto al cervello e innescando di nuovo il flusso di ricordi.

“La torta! La torta che mi avevi preparato! Era il mio compleanno!” esclamò Harry completamente preso da quelle immagini “Ci avevi anche scritto sopra “Buon compleanno Harry”” concluse guardando il soffitto, come se i ricordi cadessero dall’alto nella sua testa e lui sperasse di catturarne altri fissandolo intensamente.

Gli occhi umidi di Hagrid si socchiusero all’allargarsi del suo sorriso.

Guardare il soffitto sembrò funzionare, perché Harry ricordò di essersi sentito felice come mai era stato quel giorno. Ma perché? si chiese. Ripensò alla faccia paonazza dello Zio Vernon e improvvisamente ricordò la sua triste infanzia. Ricordò il disprezzo sul volto degli zii, le angherie del cugino Dudley e della sua banda, ricordò la solitudine ovunque andasse, ricordò lo sgabuzzino sotto le scale in cui aveva dormito per tanti anni. Sopraffatto dal dolore di quei ricordi posò i gomiti sul tavolo e si prese la testa fra le mani, coprendosi gli occhi, cercando di fermare le lacrime.

Ron non aveva mai smesso di guardarlo e a quel gesto seppe esattamente cos’altro Harry si era ricordato. La sua infanzia. Harry non ne aveva mai parlato volentieri, ma Ron si era fatto un’idea da quello che Harry aveva confidato buttandolo nel discorso casualmente, come se non fosse importante.

“Ma… perché?” la voce di Harry era rotta “I miei genitori?” chiese, senza riuscire a formulare meglio la domanda. Ron si alzò dal suo posto, aggirò il tavolo e scostò la sedia accanto a Harry per sedergli vicino. Harry aveva parlato senza essersi tolto le mani dalla faccia. Ron gli mise una mano sulla schiena, strofinando su e giù, come per alleviare il dolore. Harry si asciugò le lacrime, ma continuò a tenere la faccia fra le mani, fissando il tavolo, sperando di ricordare la risposta e paventando al tempo stesso il momento in cui avrebbe ricordato. Dubitava che sarebbe stato piacevole.

Ron inspirò, raccogliendo tutto il suo coraggio e poi disse, per la prima volta nella sua vita “Voldemort”.

Hagrid trasalì sgomento. Hermione, che si era abituata a sentire e pronunciare quel nome, sussultò per la sorpresa di udirlo dalla bocca di Ron e lo fissò, un misto di stupore e ammirazione negli occhi.

Harry si girò lentamente a guardare Ron, elaborando quel nome, stava per chiedere chi fosse quando un lampo di luce verde balenò nella sua mente, ricordò le grida di una donna, poi ricordò un viso che spuntava da una nuca e quello che sembrava lo spettro di un giovane ragazzo dai capelli neri, ricordò un cimitero e un giovane steso a terra, morto, ricordò tanta sofferenza e un volto dai lineamenti innaturali che lo fissava con occhi rossi.

La rabbia lo invase mista al dolore, ma stavolta non pianse, continuò a guardare Ron.

Prima che potesse raccontare cos’altro aveva ricordato, Thor sbucò da sotto l’enorme letto di Hagrid e si avvicinò a Harry annusandolo e scodinzolando festosamente, quando Thor tentò di leccare l’orecchio di Harry, lui saltò via dalla sedia, rompendo il contatto con Ron.

Harry era sconvolto, aveva ricordato Sirius. Aveva ricordato la morte di Sirius. Aveva ricordato il tradimento dei suoi genitori, come Sirius era stato accusato. Sentiva le emozioni frullargli nella testa e nello stomaco e aveva la sensazione che presto sarebbe scoppiato. Hagrid scacciò Thor fuori della capanna nel vedere la reazione di Harry.

“Harry è solo Thor, siete sempre andati d’accordo!”

“Non è solo Thor! È…” gli mancò il fiato, si portò una mano alla fronte, il volto rosso.

“È Sirius” disse Hermione, mordendosi il labbro inferiore.

Harry esplose “PERCHÉ DEVO RICORDARE TUTTO QUESTO? PERCHÉ DEVO SOFFRIRE IN QUESTO MODO? A CHE SCOPO RECUPERARE LA MEMORIA SE È QUESTO SCHIFO CHE MI ASPETTA? STAVO MEGLIO QUANDO NON RICORDAVO NULLA!!” corse alla porta e ne uscì sbattendola.

Ron era rimasto paralizzato dov’era sulla sedia. Harry si era ricordato tutto questo, tutte quelle sofferenze, possibile che non si fosse ricordato anche di loro? Possibile che neanche ricordarsi di loro bastasse a sostenerlo nell’affrontare tutti quei ricordi dolorosi?

“Oh cielo, Ron, ti rendi conto?” chiese Hermione di nuovo sull’orlo delle lacrime.

“Di cosa?” chiese Ron, voltandosi a guardarla.

Hermione si sforzò di non piangere “Ha ragione, voglio dire, Harry ha ragione. Senza tutti quei ricordi lui era finalmente normale, non aveva tutto quel dolore che ha accumulato per anni, non aveva l’incubo di Voldemort a perseguitarlo…”

“Sei pazza?!” la interruppe Ron bruscamente “Quello non era un Harry normale, era Harry che non sapeva più chi fosse, non era l’Harry che è nostro amico Hermione! L’Harry mio amico è la persona che è proprio per tutto quello che ha passato! Sia le cose belle che le cose brutte! Per quanto possa soffrire credi che Harry se potesse scegliere consapevolmente sceglierebbe di cancellare tutto? LO CREDI DAVVERO?” la voce sempre più alta man mano che parlava.

Hermione lo fissò sconvolta per qualche secondo “Ron, perdonami. Hai ragione.”

“Non c’è niente da perdonare davvero. Scusa se ho urlato” rispose lui, più calmo, gli occhi di nuovo rivolti al tavolo.

“No, Ron, non è solo per la sciocchezza che ho detto. Perdonami perché a volte…” si morse il labbro nervosa “… ti sottovaluto” concluse ansiosa.

Ron voltò bruscamente lo sguardo su di lei. Stava per offendersi ma nel vedere la faccia imbarazzata di Hermione ridacchiò debolmente e disse “Ti riprendi sempre in tempo però” le rivolse un sorriso che scomparve quando si voltò a guardare la porta. “Vado a cercarlo” disse a Hermione, lei annuì capendo senza bisogno di altre spiegazioni che Ron preferiva andare solo.

Ron trovò Harry seduto in riva al lago, intento a lanciare sassolini nell’acqua. “Finirai per svegliare la piovra gigante” gli disse sedendosi accanto a lui, ma non troppo vicino per lasciare a Harry il suo spazio. Harry lanciò un’occhiata sbieca a Ron, non sapendo se fosse uno scherzo o meno dati i molti pezzi mancanti nel puzzle della sua memoria.

“Harry…” iniziò Ron, senza sapere bene come procedere, “mi dispiace” disse con un sospiro sconfitto.

“Non è colpa tua” rispose Harry con lo sguardo fisso sul lago.

“Come lo sai?” domandò Ron, nella speranza che Harry si fosse ricordato di lui.

“Se lo fosse, non saremmo amici” disse semplicemente Harry.

Un barlume di speranza si accese in Ron, “Allora ti ricordi?” domandò, fissando il volto di Harry.

“Di te?” chiese Harry voltandosi finalmente a guardarlo, Ron annuì. “No” disse Harry rivolgendo di nuovo lo sguardo alla distesa d’acqua.

  
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