“E dai, Sakura! Per una
volta soltanto, ti chiedo! Una sola!”
“Ti scongiuro, fallo
contento. Se non vuoi farlo per te, allora fallo per le mie povere orecchie.
Giuro che un’altra supplica così e lo strozzo.”
“Sentito Ino?! Ti prego!”
“Guarda che non era un
complimento, Naruto.”
“Dici?!”
“Va beh, lasciamo stare. Mi
sa che vengo. Ma che sia chiaro: lo faccio solo per le povere orecchie di
Ino-pig!”
“Fronte spaziosa!”
“Scrofa.”
“Grazie Sakura!”
“Ehi
novellina. Credevo non ti piacesse venire a vedere le partite di basket.”
“Oy,
Ino!”
“Allora?”
“M-Mi
piace invece! Ho scoperto che sono belle.”
“Quindi
un certo moro beneamato dall’intera scuola nonostante il carattere impossibile
non c’entra assolutamente niente nella faccenda.”
“Assolutamente.”
“Bene.
Quindi non ti fa né caldo né freddo se sta guardando da questa parte, giusto?”
“Non…”
“Come
immaginavo.”
“Tu sei la nuova.”
“I-Io?”
“Non ci sono altre nuove, mi pare.”
“N-No.”
“Ti piace Naruto.”
“C-Come?”
“T i p i a c e N a r u t o.”
“No! No, ovvio che no!”
“S i c u r a.”
“Non c’è bisogno che parli così.”
“Spiegati.”
“Così come se io fossi un’idiota.”
“Peccato. Sarebbe stato interessante.”
“Cosa? Che io fossi stata un’idiota?”
“No. Uscire con un’idiota.”
“Oh…”
“Sei arrossita.”
“Lo so, non è necessario che me lo rinfacci!”
“Sei pazza.”
“Grazie tante! Umpf!”
“Perché.”
“Perché, cosa?”
“Sei arrossita. Perché.”
“Oh, quello. Beh, perché… Pensavo che sono un’idiota a non essere
idiota.”
“Grande ragionamento, Haruno.”
“M-Ma come fai a sapere come mi chiamo?”
“Io so tutto, Haruno. Ed io ti piaccio.”
“N-Non è vero!”
“Uhm.”
“Dico sul serio, non è vero!”
“Sei arrossita di nuovo.”
“Uh.”
“Penso che potrebbe essere interessante lo stesso.”
“Cosa?”
“Uscire con un’idiota che non è un’idiota. Adesso stai sorridendo.”
“Smettila di dire quello che faccio, Sasuke!”
“Mi hai chiamato per nome.”
“S-Scusa. Preferisci Uchiha?”
“No.”
“Ah. O-Okay Sasuke.”
Make
a wish
(Esprimi un desiderio!)
Sakura
non poteva dire di essere la ragazza di Sasuke Uchiha, ma di sicuro era quella
che più ci si avvicinava a esserlo.
Ovviamente
non poteva avere la certezza nemmeno di questo, ma dopo quasi sei mesi da che
era diventata l’unica con la quale lui si faceva vedere in giro, aveva deciso
di avere tutto il diritto di erogare per sé almeno quel ruolo nella vita del
ragazzo.
Anche
perché, a ben vedere, non c’era nessun’altra ragazza nell’intero raggio
scolastico o anche fuori in grado di poter affermare con certezza di sapere il
numero preciso delle linee della vita presenti sul palmo della sua mano.
Quattro,
per essere precisi.
Ino
Yamanaka – quella scrofa bionda che aveva deciso di eleggerla a confidente
personale già dal primo incontro senza aver ricevuto nessun cenno d’assenso per
questo – diceva sempre che quell’insana amicizia l’avrebbe portata al crollo
definitivo un giorno e che quando sarebbe arrivato quel giorno, avrebbe fatto bene a dimenticarsi del suo aiuto.
Sakura
a quel punto ringraziava con un gestaccio poco carino e assicurandole che
nemmeno in fin di vita, sarebbe andata a chiedere aiuto a un’ottusa come lei.
Era
chiaro comunque a entrambe il motivo per cui la slavata pareva divertirsi tanto
a stroncarle le gambe.
Ino
Yamanaka era gelosa. Gelosa marcia.
Ciò
nonostante Sakura si sforzava di fingere di non averlo capito e Ino a sua volta
s’illudeva che l’altra non avesse capito che lei lo sapeva.
Sasuke
diceva che era una cosa stupida che solo le donne stupide come loro potevano
pensare di fare, ma per Sasuke quasi tutto era stupido.
“Però
continui a farti vedere con una donna stupida”, gli rispondeva a quel punto
Sakura, salvo poi pentirsene appena l’istante dopo.
“Sei
pazza”, era la laconica e scontata risposta dell’Uchiha, liquidando come al
solito la questione in un batter di ciglia.
Una
volta Sakura aveva finto di offendersi all’ennesima ‘pazza’ che lui le rivolse,
ma Sasuke era diverso da tutti gli altri ragazzi e probabilmente proveniva da
un altro pianeta.
Sasuke
le aveva risposto che era una pazza ad offendersi per essere pazza. Lei non ci aveva
capito molto della sua risposta e ancora stentava a trovarne un esatto
significato, tuttavia gli aveva concesso il beneficio del dubbio e aveva optato
per accettare quella specie di spiegazione. Meglio di niente, comunque, e poi
già sospettava di aver trovato l’unica risposta che lui avrebbe mai potuto
fornirle.
Sasuke
Uchiha era strano, come ragazzo. Giocava a basket, era bravo ed aveva uno
stuolo di ammiratrici ai suoi piedi. Ciò nonostante aveva deciso che l’unica
ragazza con cui valesse la pena di passare del tempo era lei. Il tutto senza
avere l’accortezza di farglielo sapere, s’intende. Sakura si era dovuta
arrangiare da sola, alla fine, per imparare a leggere tra l’infinità di righe
non dette mai apertamente.
Beh,
chiaramente trascorrere del tempo gratuito in compagnia del più bello e più
schivo della scuola, comportava dei sacrifici. Sakura aveva dovuto rimetterci
in pratica tutta la sua vita sociale. Le ragazze la guardavano con invidia –
tra cui anche Ino, ma almeno quella scrofa aveva avuto la decenza di non
scaricarla nel cesso per tentare di mettere a tacere il proprio orgoglio ferito
– e i ragazzi facevano attenzione a tenersi ben alla larga dalla presunta
ragazza dell’Uchiha. Lei comunque aveva deciso che valeva la pena perdere
qualsiasi falsa amicizia per anche solo un minuto in compagnia con Sasuke.
Fedelmente
a quanto si potesse aspettare, stare con lui richiedeva un certo controllo di
se stessi.
Era
indisponente e refrattario, per fargli sputare una parola da bocca erano
necessarie le pinze e quando decideva di sputarla, mai che dicesse cose
semplici da capire.
A
volte Sakura aveva la tentazione di tirargli un ceffone sul collo e rimproverarlo
di parlare di più. Il più delle volte, invece, aveva voglia di abbracciarlo di
slancio e scoppiare a ridere proprio tra quelle braccia tonificate da tutti gli
allenamenti a cui si sottoponeva. Entrambe i casi, comunque, erano da
considerarsi inconciliabili quanto a fattibilità.
Il
solo pensiero di schiaffeggiare, sgridare o abbracciare Sasuke era talmente
scioccante e disarmante, da toglierle persino il respiro. Succedeva che
standogli accanto poteva esalarne il profumo selvatico del suo bagnoschiuma e
come reazione incontrollata ecco spuntare subito i soliti brividi, mentre un
sorriso sciocco si consolidava sulle labbra rubino assieme ad un delizioso ma
inequivocabile rossore.
Ovviamente
non passava giorno che Sakura non si chiedesse il motivo per cui lui sembrava
averla scelta tra mille. Ormai le accadeva sempre più spesso di sentirsi così,
quando lui le si sedeva silenzioso accanto durante la pausa pranzo, o quando la
guardava inespressivo – ma pur sempre la guardava – dall’altro lato del campo
da basket, o ancora quando fingeva disinteresse mentre la aspettava all’uscita
di scuola per riaccompagnarla puntualmente a casa con le solite intromissioni
di Naruto.
Ovviamente
Sasuke ogni volta liquidava la questione con quel solito ‘sei pazza’ e lei alla
fine era costretta a lasciar correre.
Di
una cosa però Sakura era certa.
Per
quanto complicata e sacrificata potesse essere la loro pseudo relazione, nessun
avvenimento o ammonimento – e ce n’erano stati, di quelli – che avesse mai
potuto riceve le avrebbe mai fatto cambiare idea sul conto di Sasuke Uchiha.
◊◊◊
“Oy,
bastardo, fuori allenamento oggi?” Naruto sorrise furbesco, passando di fianco
al moro con il pallone da basket a roteare sulla punta dell’indice destro.
Sasuke
sbuffò ritrovandosi davanti quella caricatura di un volto. “Fottiti, idiota.” Fu
la telegrafica risposta, un soffio di fiato a fuoriuscire minaccioso dalle sue
labbra sottili.
“Che,
hai per caso paura di perdere, Sasukoccio?”
Il
moro partì a razzo prima ancora che l’altro riuscisse a terminare la domanda,
soffiandogli il pallone con un’abilità pari a quella di un ladro che ruba un
diamante sotto al naso del suo proprietario ed insaccandolo con un colpo di
reni nel canestro alla loro destra.
Naruto
spalancò la bocca e sgranò gli occhi in un’esagerazione di un fumetto, intanto
che il suono emesso dai rimbalzi della palla sopra il parquet lucido del campo
si diffondeva armonioso lungo tutto il palasport.
“Fortuna,
figuriamoci!” Dichiarò infine il biondo con finta nonchalance, sventolando la
mano a voler scacciare una mosca particolarmente fastidiosa.
Sasuke
si voltò a guardarlo, nel volto la solita espressione incolore che gli aveva
permesso di centrare più di un cuore. “Tsk. Deficiente.”
Naruto
fece per ribattere, piccato, l’unico ad avere il coraggio di fare una cosa del
genere, ma sul punto di parlare i suoi occhi incrociarono una testa rosa e ci
ripensò. Come al solito l’espressione del suo volto si colorò di un’allegra
sfumatura dorata che faceva apparire il suo sorriso ancor più luminoso di
quanto già non fosse.
“Ehi,
ma quella è Sakura!” Si animò all’istante, saltellando sul posto entusiasta. “Sakura
sono qua! Oy, Sakura!”
L’Haruno
dagli spalti, sentendosi chiamare, si voltò all’istante e la sua espressione
stupita si sciolse in un sorriso quando scontrò i due ragazzi da bordo campo.
Naruto la salutava con veemenza e le sorrideva cordiale, ma, per quanto le
facesse piacere quell’attenzione, non era per lui che il cuore aveva preso a
battere più forte.
Sasuke
aveva girato la testa di lato e i suoi occhi neri adesso ne catturavano la
figura snella, avidi ma schivi.
Perché io, Sasuke?
E
di nuovo quella domanda, a sfibrarle le membra, a sfiancarle e lambiccarle il
cervello in tante vuote supposizioni. Ma la verità era che non c’era risposta
che teneva, nessun motivo in grado di spiegare quello sguardo, quegli occhi.
Sasuke era troppo per lei, e lei lo sapeva, tuttavia era difficile rinunciare a
lui e allora meglio godere di quelle attenzioni immeritate.
“Umpf,
fronte spaziosa, ma sei sempre qui?!”
Sakura
si voltò e nonostante il batticuore, e il rossore, non riuscì a trattenere un
sorriso di fronte all’espressione imbronciata di Ino. “Nessuno ti ha chiesto
niente, scrofa.”
“Sì,
va beh. Lasciamo perdere.” Declinò discorso la bionda, accasciandosi senza
troppa grazia sul sediolino accanto alla rosa intanto che il mister decretava
l’inizio dell’allenamento.
L’altra
si concesse una breve occhiata al campo – Sasuke aveva appena sfilato il
pallone dalle mani del pivot, o
almeno credeva si trattasse di quello – prima di voltarsi di nuovo verso la
biondina al suo fianco con cipiglio interrogativo. “Comunque che ci fai qui, tu?”
Ino
le lanciò un’occhiata torva. “Che c’è, non posso più venire agli allenamenti di
basket, adesso?!”
Sakura
la guardò pensierosa per un lungo attimo, ma alla fine decise di lasciar cadere
il discorso. Nonostante sapesse alla perfezione che il motivo per cui la
Yamanaka aveva deciso di andare al palasport era da ricondurre unicamente alla
presenza di Sasuke.
“Uscirai
con Sasuke oggi?”
Sakura
si voltò di nuovo, smarrita. “Non ti riguarda, scrofa.”
“Guarda
che non sono mica gelosa!”
“E
chi te l’ha chiesto?”
Ino
sbuffò contrariata. “Sei insopportabile, fronte spaziosa.”
“Inuzuka!
Non posso crederci: ci onori della tua presenza?”
Le
due ragazze si voltarono a seguire la scena, riconoscendo la voce allegra e
associandola a quella del mister.
Dalla
porta sul fondo, un ragazzo alto e allampanato faceva il suo svogliato ingresso
con il solito sorriso smagliante stampato sulle labbra.
“Ci
mancava quell’idiota.” Sakura si voltò verso la bionda, incuriosita dalla sua
insolita reazione e dal tono sprezzante utilizzato ma prima di riuscire ad
emettere fiato il nuovo arrivato aveva già guadagnato parola.
“Ho
avuto un contrattempo, JiJi!” Il ragazzo rise conigliesco, mentre Naruto lo
salutava con una pacca sulla spalla ed uno sguardo eloquente verso gli spalti.
“Sakura
oggi è venuta a vedere me, visto?”
Kiba
Inuzuka si voltò verso il punto indicato dal ragazzo e subito il sorriso si
allargò sul suo volto. “Mi dispiace dover smontare le tue illusioni, ma non
credo sia per te.” E poi, voltandosi di nuovo verso le ragazze, fece un cenno
di saluto con la mano. “Ehilà, bionda!”
Sakura
rise, mentre Ino si batteva una mano sulla fronte e il mister mollava un
ceffone sul capo dell’Inuzuka. “Voglio morire…”
“Smettila
di fare il pagliaccio e và a cambiarti, squinternato di un Kiba!”
"Okay,
mister JiJi!”
“E
smettila di chiamarmi così! Sono il tuo allenatore, un po’ di rispetto!”
“Va
bene, mister Jiraiya!”
“Bene,
vedo che impari la lezione Inuzuka e che serva anche a tutti gli altri che alla
prossima partita dobbiamo fare bella figura, intesi?”
“Mister
JiJi, guardi che so fare!”
“Naruto‼”
◊◊◊
“Andiamo.”
Sakura
annuì e, lanciando un ultimo sguardo verso Ino, si affrettò per tenere il passo
di Sasuke.
Il
cielo era azzurro. Di un azzurro intenso, sgombro di qualsiasi nuvola.
Ad
ovest, tuttavia, l’azzurro iniziava a scemare tramortito da sottili raggi
aranci che andavano dipanandosi dal disco solare in procinto di tramontare.
“Non
hai salutato la tua amica.” All’improvviso Sasuke parve risvegliarsi dal
placido silenzio che tanto amava, in un gesto talmente inconsueto da lasciarla
a bocca aperta.
“Chi?
Oh, quella scrofa di Ino, intendi. Non è la mia
amica.” Ci tenne a precisare, accigliandosi. “È solo una stupida bionda.”
“Lo
sei anche tu.”
“Bionda?
Non direi.”
“Stupida.”
“Oh.
Certo…”
Sakura
avvampò, ma non osò contraddirlo. Anche perché, prima ancora di riuscire a
metabolizzare l’informazione, Sasuke si era già voltato a fronteggiarla,
interrompendo all’improvviso il loro passo.
“Sei
davvero stupida, Haruno.” E sul suo
volto comparve un sorriso, di quelli che solo raramente mostrava, mentre con
una mano andava ad incastrarle una ciocca ribelle di capelli dietro l’orecchia.
Un
gesto piuttosto intimo, a dire il vero, che un altro ragazzo con ogni
probabilità non avrebbe fatto in modo tanto spontaneo. Ma Sasuke era diverso.
Lo era sul serio.
Lei
arrossì, tanto per cambiare, ma non distolse lo sguardo. Anche lei, infondo,
non era come le altre ragazze.
Poi
lui si voltò e così come era arrivata, la strana atmosfera scemò via eclissata
dai continui cambiamenti d’umore da parte del moro. Sakura si chiese, per un
istante, se si sarebbe mai abituata alle discostanti reazioni dell’Uchiha.
Ma
mentre lo seguiva, sotto gli sguardi invidiosi delle altre ragazze, erano altri
i pensieri che le si confusero nella mente. Lo conosceva da sei mesi, e da sei
mesi assisteva a tutti i suoi allenamenti per poi essere riaccompagnata a casa
da lui. Eppure quando gli camminava affianco e sentiva gli sguardi della gente
bruciarle addosso, le sembrava ancora tutto così irreale ed assurdo per essere
credibile.
Certe
volte si pizzicava, Sakura. Giusto per vedere se era sveglia o si trattava di
un sogno. Ma quando rialzava la testa, Sasuke era ancora di fianco a lei che
camminava con il solito cipiglio assorto e le mani ben impiantate nelle tasche
dei jeans.
Allora
sorrideva e in quei momenti, nonostante la sempiterna aria surreale ad
aleggiarle impeccabile attorno, Sakura si sentiva felice. Non le importava se
era inadatta o se la gente la guardava bieca. Non le importava nemmeno del
perché di tutto quello. Lui era con lei. Il resto, non aveva importanza.
◊◊◊
Sakura
era seduta sul cornicione del terrazzo, sul tetto della scuola.
C’era
una specie di rialzo sopra il terrazzo, lo stesso in cui era stata incavata la
porta che dava a quella zona della scuola, dove non c’erano sbarre perché
cadere da lì equivaleva a fare un balzo di pochi metri. Nulla di pericoloso,
comunque. Almeno se cadevi nel modo giusto s’intende.
Sakura
era seduta ed aspettava in silenzio che lui
arrivasse.
Non
c’erano dubbi sul fatto che sarebbe arrivato, perché quello era il suo rifugio,
non di Sakura – lo era diventato poi, in un secondo momento.
E
lui arrivò, il passo da felino che gli fece guadagnare in silenzio il posto
accanto a lei, l’aria che all’improvviso sapeva di fresco, distese di foreste incontaminate e selvagge.
Con
la coda dell’occhio, lei lo cercò e il sollievo allo stato di tensione in cui
era scivolata sopraggiunse solo quando riuscì a posare gli occhi sul nero di
quelli di lui.
Era
inevitabile, più forte di lei, preoccuparsi della sua assenza. Bastava anche
solo un minuto di ritardo che il cervello sparava a raffica ipotesi
sconcertanti e preoccupanti, che le facevano venire le palpitazioni e aumentare
in modo incontrollato i brividi. Avrebbe voluto smetterla di comportarsi a quel
modo, ma era più forte di lei perché infondo lo sapeva che col suo carattere
Sasuke attirava ben poche simpatie.
Ma
poi lui arrivava, come sempre, ostentando quell’espressione un po’ fredda ma
terribilmente adorabile e tutti i pensieri negativi di un secondo prima,
scemavano come per incanto. Avrebbe voluto che fosse tutto così facile. Per
definizione, con Sasuke niente era così
facile.
All’improvviso
lui le allungò una mano e lei, stupita, si ritrovò a fissare la cuffietta
bianca in essa custodita.
Non
si era neppure accorta che Sasuke avesse acceso il lettore musicale.
“Che
ascolti?” Domandò afferrando con un sorriso incerto l’oggetto.
Lui
continuò a tenere lo sguardo in avanti e a mantenere l’altra cuffietta
appoggiata all’orecchio sinistro, a rimirare un paesaggio che pareva ogni volta
sempre diverso dalla visione precedente. “Ascolta e basta. Senza domande.”
“O-Okay.”
Sakura annuì e, seppure ancora titubante, mise la cuffietta all’orecchio
destro.
When light goes down, I see no reason
For you to cry. We've been through this before.
In every time, in every season,
God knows I've tried
So please don't ask for more.
Quando le luci si spengono, non vedo il motivo
Per cui tu dovresti piangere. Ci siamo già passati.
Ogni volta, ogni stagione,
Dio sa quanto ci ho provato
Non chiedermi di più.
“Domani
giocheremo contro il Suna.” Dichiarò all’improvviso Sasuke, la voce bassa e
roca ad insinuarsi con prepotenza tra le note della canzone.
La
rosa si voltò a guardarlo mossa da un meccanismo incontrollato, gli occhi verdi
incapaci di trattenere per sé il velo di stupore. “Lo sapevo. Me l’ha detto
Naruto.”
Lui
digrignò con i denti, impercettibilmente, imprecando a mezza voce e così veloce
da sembrare uno scioglilingua.
“Perché?”
Si azzardò infine a chiedere lei, incuriosita.
Sasuke
scostò lo sguardo dalla propria mano chiusa a pugno ai tetti aguzzi che
s’intravedevano da lì. “Jiraiya ha detto che Orochimaru vuole farmi una
proposta.”
Sakura
non capì chi fosse Orochimaru e comunque la gola era troppo secca per tentare
di articolare ulteriori frasi.
Quello
che sapeva con certezza, però, era di stare tremando.
◊◊◊
Le
volte che Naruto riusciva ad insaccare il pallone nel canestro, urlava al punto
tale che l’arbitro doveva chiedergli di smetterla.
Quando
era Kiba a fare punto, invece, iniziava un’insolita corsa lungo il campo che si
chiudeva con un divertente siparietto in cui si chinava come a voler
scodinzolare.
Sasuke
era il più giovane playmaker della squadra dei Konoha e nove volte su dieci, i
suoi tiri erano destinati a centrare il canestro.
Quando
Sasuke faceva punto, non c’erano né grida d’esultanza né corse entusiaste e il
suo volto rimaneva la tavola piatta, incolore, di sempre. Se non fosse stata
per il giubilo dei compagni e le reazioni teatrali del mister Jiraiya oltre che
ai cori concitati delle sue numerose fan, il punto sarebbe passato inosservato
quasi andando semplicemente ad aggiungersi a tutti gli altri già accumunati.
Eppure nessuno aveva mai osato domandarsi se Sasuke era davvero felice quando
giocava a basket – sarebbe stato legittimo, sul serio, ma in apparenza così
banale come domanda da rivolgere ad uno dei più promettenti campioni dello
sport.
Anche
quel giorno Sasuke si era dimostrato impeccabile in campo. I suoi perfetti
schemi di gioco avevano saputo espugnare la difesa avversaria e assieme alla
complicità di Naruto, era riuscito a superare la barriera più difficile che
avesse mai avuto modo d’incontrare in vita sua: Sabaku no Gaara.
Per
essere stata un’amichevole, entrambe le squadre avevano messo in gioco il
proprio meglio e in quella che era stata un’avvincente sfida all’ultima goccia,
la squadra del Konoha aveva vinto sul Suna per una manciata di punti in più – tre, ultimo tiro dalla distanza di
Naruto su passaggio di Sasuke.
“Ehi,
tu.”
Sasuke
alzò il volto sprofondato nell’asciugamano bianco e per una volta non riuscì a
non far trapelare un velato stupore nel ritrovarsi di fronte il playmaker della
squadra avversaria. “Ah. Sabaku.” Borbottò di malumore.
Per
tutta risposta Gaara alzò un sopracciglio, seccato per il suo tono, e incrociò
le braccia al petto in un gesto a lui piuttosto caro. “Pensavo ne fossi
immune.” Dichiarò all’improvviso dopo averne seguito di sfuggita lo sguardo,
riguadagnandosi di nuovo quegli occhi neri su di sé.
“Non
capisco di che stai parlando.” Lo guardò in cagnesco, scrutandolo attentamente
come se lo vedesse per la prima volta davvero.
Il
rosso ghignò furbescamente intanto che si sedeva senza preavviso accanto al
moro – senza nessun invito, tra l’altro. “Alle ragazze. Pensavo fossi gay.”
Spiegò dopo un tempo che parve infinito, il tono di voce basso e le sentenze
lapidarie.
Sasuke
gli lanciò un’occhiata in tralice. “Fottiti, bastardo.”
Ma
Gaara anziché rimanerci male o arrabbiarsi – come avrebbe preferito l’altro –
scoppiò inavvertitamente a ridere. “Oddio, Uchiha s’è innamorato. Tsk. Da
pazzi.”
Il
playmaker dei Konoha sbuffò contrito e chiaramente seccato, ma il rosso non
parve preoccuparsene più di tanto. Stessa faccia tosta. Stesso carattere
impossibile.
Eppure,
ciò nonostante, Sasuke non riuscì ad evitare un ultimo sguardo verso gli
spalti. Kiba stava tampinando Ino, che gli urlava contro inviperita dal modo in
cui lui sembrava ridere della sua rabbia. Quell’altro idiota di Naruto invece
aveva deciso che far sorridere Sakura sarebbe stata la sua buona azione di quel
giorno.
Nessun
altro che non fosse stato l’Uzumaki, che in qualche modo era riuscito a
guadagnarsi la gratifica di ‘migliore amico di Sasuke Uchiha’, aveva mai ardito
importunare tanto la presunta ragazza del moro. Ma Naruto era diverso. Seppure
a modo suo, Sasuke si fidava di lui e lo lasciava fare.
Ovviamente
nemmeno essere solo amici con un tipo tanto singolare era facile e di sicuro il
carattere fin troppo estroverso del biondo incideva parecchio in quella
bizzarra amicizia – Jiraiya amava ripetere che solo due testone del genere
potevano avere un rapporto simile.
“Se
sei venuto qua per impicciarti degli affari degli altri, allora sgombra il
campo, Sabaku.” Disse all’improvviso Sasuke, discostando lo sguardo da
un’insolita capigliatura rosa per lanciare occhiate d’avvertimento al ragazzo
al suo fianco che tuttavia non si scompose di una virgola.
“Il
mister. Ti vuole.”
“Cos’è,
gli fai pure da zerbino, adesso.”
“No.
Mi andava di prenderti per il culo.” Fu la stringata risposta di Gaara, prima
di alzarsi e allontanarsi con quel suo fottuto sorriso di scherno stampato in
faccia.
Sasuke
sbuffò, lo mandò mentalmente al diavolo e si voltò per l’ennesima volta verso
gli spalti. Il suo sguardo ricadde di nuovo su Sakura e la sua mente scivolò,
in modo inavvertito, sullo strano comportamento adottato dalla ragazza quel
giorno.
Era
andata ad assistere alla partita, questo sì, ma non aveva fatto altro. Né il
tifo – seppure troppo esagitato come amava rinfacciarle lui – né un sorriso.
Sembrava assente e, nonostante che alla fine Naruto fosse riuscito nell’intento
di farla sorridere, non pareva provare un’allegria sincera.
Donne. Puah.
E
si alzò, camminando con incedere lento ma deciso verso la panchina del Suna
dove lo attendeva con un ghigno il mister Orochimaru assieme ad un divertito
Jiraiya.
◊◊◊
“JiJi
ha rotto tutta la settimana per questa partita! Per forza che voleva vincerla!”
Naruto sbuffò, fingendosi seccato.
“Non
ho mai capito. Perché JiJi?” Domandò Sakura, risvegliandosi dallo stato
catatonico in cui era sprofondata e volgendo finalmente lo sguardo verso il
ragazzo.
“Ma
te lo immagini a chiamarlo Jiraiya tutte le sante volte?! Naaa, troppo lungo. E
poi JiJi gli sta bene, non trovi?” Ghignò felice il biondo, girando per un
istante a guardare il suo allenatore. “Ma guardatelo come se la ride col suo
amico Orociok!”
Alla
battuta Sakura non riuscì a trattenere una risata, che si disperse argentina e
fresca fino ad arrivare alle orecchie contente di Naruto.
Missione compiuta, eh, eh!
Poi
però, tanto repentinamente come l’era stata la nascita, la risata sfumò e sul
volto della ragazza tornò ad affacciarsi l’espressione seria e tesa di poco
prima.
Incuriosito
dal cambiamento, l’Uzumaki ne seguì lo sguardo e non si sorprese di vedere che
puntava a Sasuke. Quel moro da strapazzo che adesso camminava scontroso – e
quando mai no? – verso i due mister.
“Andrà
via, vero?” Il biondo ritornò a posare gli occhi turchesi su di lei, l’origine
di quelle parole inaspettate. “Cioè, lo sappiamo tutti cosa vuole Orochimaru da
lui. E dovrei essere felice per lui, dovrei davvero,
ma non posso. Non è quello che vuole, io lo so. Anche…anche se non lo dice.
Oddio, Naruto, pensi che io sia un’egoista?”
Lo
sguardo di foglia della rosa si posò su di lui, vacuo per le lacrime che si
sforzava di contenere, e al ragazzo fece uno strano effetto vederla in quello
stato. Avrebbe voluto dirle che era una testa dura e vuota, e che anche se
prendeva in giro lui tra loro era Sasuke quello più stupido. Ma non ci riuscì e
non era solo per la risata isterica di Ino in sottofondo, o per le insistenze
di Kiba per portarla a cena fuori – o un cinema, magari.
“Non
sei egoista, Sakura. Forse un po’ pazza, ma non egoista.”
“Ti
ci metti anche tu adesso con questa storia?” Sakura gli mollò la borsa addosso,
alzando gli occhi al cielo e nascondendo un sorriso divertito che, nonostante
gli sforzi, andò ad arricciarle le labbra lampone.
Naruto
sorrise, prima di rifarsi serio. “Sakura”
Lei
si voltò a fissarlo, sorpresa dal tono di voce da lui utilizzato.
“Non
gli permetterò di andare via, se non sarò certo che è quello che vuole. È una
promessa, questa”
Ed
erano ancora verde nell’azzurro, ad affogare disperato, prima di riemergere per
aver trovato un amico vero e non solo
per lei.
◊◊◊
“Un
canestro. Un canestro soltanto e giuro che non ti fermerò.” Naruto era serio,
come Sasuke non lo aveva mai visto in tutta la sua vita.
“Non
rompere.” Fu tuttavia la serafica risposta del moro, oltrepassandolo per
avviarsi verso l’uscita.
Erano
rimasti gli ultimi. Il palasport ormai sfollato appariva quasi inquietante così
vuoto dopo la carica di gente che aveva visto.
Sasuke
era stato l’ultimo a fare la doccia, intrappolato in una conversazione con i
due mister Jiraiya e Orochimaru. Naruto semplicemente l’aveva aspettato seduto
su una panchina, il pallone a roteare come sempre sull’indice della mano
destra.
“Hai
paura di non riuscire a centrare il canestro?” Lo sfidò ancora il biondo,
incurante della secca risposta ricevuta dall’altro.
Sasuke
si voltò e il suo sguardo assottigliato si posò sull’Uzumaki, pensieroso.
“Sappiamo entrambe perfettamente, che centrerei il canestro.”
Naruto
schioccò la lingua sotto il palato, balzando in piedi. “Modesto come sempre,
eh?”
“Và
al diavolo, Naruto.” Sasuke fece per andarsene, ma fu di nuovo la voce
dell’altro a bloccare i suoi passi.
“Uno
solo, Sasuke. Se ne sei tanto sicuro, non dovrebbe essere un problema per te.”
Il
moro parve pensarci per un istante, ancora di spalle, prima di girarsi a
lanciargli un’occhiata scocciata. “Uno soltanto. E poi non rompermi più.”
“Affare
fatto.” Naruto sorrise, soddisfatto, facendo balzare la palla a terra prima di
passargliela e mettersi quindi in posa da difesa.
Ho promesso, Sasuke. L’ho promesso a
Sakura.
◊◊◊
“Sei…sicuro…che…è…quello…che…vuoi?”
Naruto respirava affannato, ma anche così la sua vena logorroica non poteva
rimanersene in disparte.
Sasuke
lo guardò di traverso, soprapensiero. “Non rompevi. Era l’accordo.”
Erano
distesi al centro del campo da basket, l’uno di fianco all’altro, dopo essere
letteralmente crollati dalla stanchezza.
Come
presumibile, quell’unico canestro si era trasformato in una sfida vera e
propria che non aveva visto esclusione di colpi e che si era conclusa a favore
del moro.
Naruto
sbuffò, per risposta, e rimase zitto per un lungo istante che fece ben sperare
a Sasuke di aver accantonato la questione. Illusione vana, comunque.
“Non
è quello che vuoi.” Riprese difatti a dire non appena ebbe riacquistato un
respiro regolare, guadagnandosi all’istante la famosa occhiata omicida
dall’altro. “Me l’ha detto Sakura. E lo penso anch’io”
Sasuke
non seppe dire con certezza quale parola esattamente riuscì a bloccare sul
nascere l’istinto di riempirlo di pugni.
Quello
che sapeva era che quei due erano dei grandi impiccioni, tutto sommato.
“Non
vi riguarda.”
“Sì,
invece!”
“No.”
“Sì!”
“No.”
“Sì‼”
“Smettila,
Naruto!”
Il
biondo lo guardò allibito, spiazzato dall’improvvisa reazione dell’altro.
Sasuke
aveva urlato e lui, non urlava mai.
“Quindi
hai deciso di andare col Suna.” Ne dedusse infine Naruto, riportando lo sguardo
a fissare un punto imprecisato sopra le loro teste.
Sasuke
fece una smorfia, seccato. “Non ho deciso. Non t’impicciare.”
“Ma
Orochimaru t’ha proposto di andarci, no?”
“T’ho
detto che non ti riguarda.”
“Bastardo.”
“Idiota.”
“Comunque.”
Naruto si rialzò, di scatto, ponendosi dinanzi a lui e fissandolo con i suoi
grandi occhi azzurri. “Anche se sarebbe una benedizione liberarsi di te, sappi
che te lo impedirò.”
“Non
mi fai paura, demente.”
L’altro
si voltò, scrollando le spalle con noncuranza mentre si avviava verso l’uscita.
“L’ho
promesso a Sakura ed io le promesse le mantengo. Sempre.”
◊◊◊
Sakura
lo aveva atteso fuori, nonostante la pioggia scrosciante a venir giù
implacabile dal cielo plumbeo di quel pomeriggio.
Per
mera abitudine, si era fermata sotto il riparo del tendone del palasport, ma
quando Sasuke uscì e la vide, ebbe la certezza che lì o anche sotto la pioggia
per lei non faceva alcuna differenza.
“Andiamo.”
Dichiarò, com’era sua abitudine, sforzandosi di non pensare alle parole di
Naruto o allo sguardo vuoto della ragazza.
Sakura
non annuì e quando lui si buttò sotto la pioggia, non lo seguì neppure.
Semplicemente se ne rimase ferma, immobile quasi, nello stesso identico punto
dove l’aveva lasciata. Lui si voltò e non nascose per una volta un cipiglio
interrogativo per quell’insolita reazione.
“Sakura.”
La chiamò, sforzando di mantenere la calma.
Lei
continuava a tenere lo sguardo fisso su un punto indefinito delle proprie
scarpe, con gli occhi verdi incredibilmente opachi ma lui l’aveva chiamata per
nome ed era impossibile adesso mantenersi nella sicurezza di quel silenzio.
“Non…non devi andarci per forza. Se non è quello che vuoi, non…”
“Non
ho deciso. E non è detto che non sia quello che voglio.” La interruppe irritato
Sasuke, voltando lo sguardo per non doverne incrociare il viso pallido.
Sakura
alzò lo sguardo e, senza remore, lo puntò in quello di lui. “Sasuke…”
“Prima
Naruto. Adesso tu. Mi fate venire voglia di andarci veramente col Suna.” La
precedette di nuovo lui, il tono di voce ancora intaccato da una nota di
nervosismo.
Fu
un colpo al cuore per lei sentirgli dire quelle parole e non riuscire a leggere
nel suo sguardo quanto ci fosse di vero in tutto quello. Per un istante
desiderò ardentemente di non aver mai cominciato quel discorso, ma poi si
accorse di essere una vera codarda e si pentì anche di quei pensieri. Non
poteva tirarsi indietro proprio adesso, non sapendo che l’indomani…
“Lo
fai solo per tuo fratello!” Gli urlò contro all’improvviso, animata dalla
cocente delusione e da quei pensieri che insistenti continuavano a vorticarle
nella mente.
Sasuke
sgranò gli occhi e finalmente si voltò a guardarla. Lei stava piangendo e la
gonna le aderiva alle gambe esili per via della pioggia. Si era avvicinata
difatti fino a stargli di fronte incurante di bagnarsi e lui, scioccato dalle
sue parole, non c’aveva neppure fatto caso.
“Non
devi…non devi per forza farlo, Sasuke. Tu puoi decidere! Io ti vedo quando
giochi e quando fai punto, e sai cosa vedo? Niente, Sasuke, niente! Come se non te n’importasse. E
sai perché?” Sakura allungò un altro passo verso di lui, i capelli rosa ormai
del tutto aderenti alla nuca. “Perché non è questo ciò che vuoi, Sasuke. Il
basket non è il tuo sogno. Non…non lo
è mai stato. Non è il tuo, Sasuke, era quello di tuo fratello.”
Lei
scoppiò a piangere, così, repentinamente, ma lui non allungò la mano per
consolarla. La guardava, soltanto, freddo e immobile come una statua di
ghiaccio. Gli occhi neri aperti in un’espressione che era di stupore e di
orrore insieme.
Che
ne sapeva, lei? Quanto ne sapeva? Lui non gli aveva detto niente e dubitava che
qualcuno ne fosse a conoscenza – persino Naruto, che in qualche modo era il suo
migliore amico, non ne sapeva niente.
“Che
stai dicendo?”
Una
domanda. Sasuke non faceva mai domande, solo affermazioni. Sakura sgranò gli
occhi e lo fissò, scoprendo nel suo volto un’espressione furente – nemmeno quella era da lui.
“L’ho…l’ho
scoperto da sola. A casa tua hai una foto, sul comodino. Una foto capovolta ed
io l’ho vista, anche se non avrei dovuto farlo. E mi dispiace, Sasuke, sul
serio! Ma l’ho vista e non potevo lasciar perdere, dovevo capire. Ma a scuola nessuno ne sapeva niente perciò ho
provato a fare delle ricerche e ho chiesto al tuo maggiordomo, ma è stato tutto
inutile. Fino a quando… La preside, Tsunade, mi aveva chiamata nel suo studio
perché aveva saputo delle mie ricerche. Non mi ha detto niente, ma mi ha
portata sulla buona strada. Sono andata al cimitero e ho…ho chiesto degli
Uchiha. E…e c’erano davvero…tuo padre…tua madre e…e tuo fratello, Itachi
Uchiha.” Sakura ormai parlava tra i singhiozzi, ma per quanto doloroso potesse
essere il racconto sapeva che non avrebbe più potuto fermarsi, perciò continuò
ad oltranza cercando d’ignorare il magone allo stomaco. “E sulla lapide c’era
scritto che… Al miglior giocatore di
basket di tutti i tempi. Ecco, proprio così. Mi…mi dispiace, Sasuke…”
Alzò
lo sguardo, puntandolo di nuovo negli occhi neri di lui nonostante il peso
bruciante della verità. Ma Sasuke rimaneva immobile e anche se gli occhi erano
nei suoi, già non la vedeva più. Sembrava perso, irrigidito da un passato che
doveva scottare ancora parecchio e a ragione.
Sakura
avrebbe voluto abbracciarlo, stringerlo a sé e non doverlo più lasciar andare,
però non poteva. Aveva osato già troppo… Non poteva.
Infine
lui scostò lo sguardo, abbandonando le braccia lungo i fianchi e voltandosi
dalla parte opposta per darle le spalle. Stava tremando, o era solo
un’impressione?
“La
mia vita non ti riguarda, Haruno.”
Can't you see it in my eyes
This might be our last goodbye.
Non vedi nei miei occhi
Che questo potrebbe essere il nostro ultimo addio.
I
passi di lui risuonarono per il selciato silenzioso, e il cuore di Sakura era
un battito attutito dalle gocce di pioggia che continuavano insistenti a piovere
giù, ma lei non poteva permettere che lui se ne andasse così.
“Sasuke!”
Gli urlò contro, bloccandolo a metà di un nuovo passo che lo allontanava sempre
di più da lei. “Sasuke, ti prego…ti prego, non andartene. Voglio solo che tu
sia felice è…è tanto sbagliato? Lo so che…che non avrei dovuto impicciarmi ma
se l’ho fatto è perché ti amo, Sasuke. Mi hai sentita? Io ti amo!” Lo disse in
un grido disperato, con quanto più fiato aveva in gola, tremando come una
foglia sotto l’acqua gelida di fine maggio. “Non volevo deluderti, voglio solo
che tu sia felice. E domani saranno sei mesi, Sasuke, sei mesi! Domani… Non te ne andare, ti prego… Non te ne andare per
essere infelice altrove. Solo…soltanto questo. Non può essere sbagliato…
Sasuke…”
E
lui aveva ricongiunto le gambe e aveva girato il capo, interrompendo sul
nascere altre proteste. E la stava fissando adesso, con quegli occhi neri come
la pece che tanto incutevano soggezione. Ma lei aveva paura e non era per i
suoi occhi. Era per sé. Perché era un’egoista.
Giratigiratigirati.
Ma
Sasuke non si girò e anche quella minuscola attenzione che le rivolse, scivolò
nell’oblio dei suoi passi che riprendevano a far rumore sul selciato.
“Sasuke!”,
Sakura lo rincorse, perché domani era domani
e lei aveva ancora troppo bisogno di lui, ma pioveva e lei cadde a terra con
facilità disarmante senza riuscire a trovare più la forza di alzarsi mentre
l’Uchiha se ne andava, sempre più ad ogni passo lontano.
◊◊◊
Aveva
i capelli fradici ma non osava strofinarli con l’asciugamano candida poggiata
distrattamente sul bracciolo della poltrona.
Fuori
pioveva ancora e il cielo ormai era una lastra sconfinata di un grigio
perlaceo, ma Sasuke non aveva l’umore per soffermarsi a guardarlo.
Gli
occhi stretti a fessure e i gomiti sulle ginocchia, mentre tra le mani si
reggeva il volto stanco di mille pensieri.
Sarebbe
stato tutto così semplice, così facile
– lasciarsi tutto alle spalle, scappare da Tokyo e inseguire insieme un sogno,
per quanto potesse non appartenergli – se solo non avesse visto quel volto.
Sakura
aveva pianto ed era difficile accettare che aveva pianto per lui. Lui che non
meritava tutte quelle lacrime versate. Lui che non credeva nemmeno di meritare
più di tanto quella vita che a volte lo soffocava – quando calava la notte ed
era impossibile scappare dal peso dei ricordi.
Continuava
a ripetersi che avrebbe capito, lei,
e che se anche non l’avesse fatto, a lui non sarebbe importato.
Era
solo una ragazzina sciocca, infondo, che aveva attirato la sua attenzione per
il semplice fatto di avere dei capelli bizzarri. Nulla più. Non poteva esserci
nulla di più, davvero.
Insomma,
lui nemmeno sapeva provarle certe cose.
Sakura
non poteva pretendere che lui ne fosse capace. Non poteva illudersi che lui era
diverso, che sapeva amare. Anche
quella parola, infondo, gli era estranea. Aveva mai saputo farlo? Non lo
ricordava. Sul serio, gli sembrava di avere un vuoto dentro di sé, un vuoto
desertico e pungente. Ma era per quello che piaceva tanto, no?
Le
ragazze non s’innamoravano di Sasuke Uchiha per quello che era.
Le
ragazze s’innamoravano di Sasuke Uchiha perché era bello ed era in gamba – il
migliore a scuola, il migliore nello sport, il migliore in qualsiasi attività
avesse deciso di cimentarsi.
Perché
allora sarebbe dovuto essere diverso, per Sakura?
Perché
non poteva sforzarsi di capire che lui non sapeva amare?
Perché
– dannazione! – non poteva lasciarlo libero?
Avrebbe
dovuto odiarlo.
Lui
la umiliava e la derideva. Le persone normali lo avrebbero odiato per quello.
Sakura avrebbe dovuto odiarlo,
seriamente.
Carrie, Carrie, things they change my
friend.
Carrie, Carrie, maybe we'll meet again.
Carrie, Carrie, le cose cambiano, le cose cambiano, amica
mia.
Carrie, Carrie, forse ci ritroveremo.
La
pioggia all’esterno era scrosciante, ma Sasuke si chiese se per caso non fosse
il suo cuore a piangere di più quel giorno.
Era
semplicemente impossibile non pensare che lei aveva scoperto tutto, che sapeva
tutto. Di suo padre. Di sua madre. Di Itachi…
“Lo
fai solo per tuo fratello!”
“Il
basket non è il tuo sogno. Non…non lo è mai stato. Non è il tuo, Sasuke,
era quello di tuo fratello.”
Basta, basta, basta!
Scosse
la testa e si strinse le ciocche di capelli corvini con forza nelle mani, in
una presa artigliata. Come si faceva a dimenticare? Come si faceva a respirare?
Perché
– si chiese intrecciando le mani dietro la nuca – perché non poteva essere
morto anche lui, quel giorno?
Invece
di indossare quella maschera fatta a pennello e sforzarsi di andare avanti,
senza mai sapere quanto giusta o sbagliata fosse la strada intrapresa.
“E
domani saranno sei mesi, Sasuke, sei mesi!”
“Non
te ne andare, ti prego…”
“Dannazione!”
Imprecò a mezza voce, nascondendo il volto nelle mani, di nuovo.
Avrebbe
voluto piangere, sarebbe stato molto più facile. Ma nemmeno quello ricordava
più come si faceva. Cosa ne era rimasto, di Sasuke?
Come puoi amare un deserto come me,
Haruno? Sei pazza.
E
sorrise, per la prima volta sul serio dopo secoli che non lo faceva. All’inizio
gli fecero male le guance e le labbra impiegarono un po’ prima di trovare il
giusto meccanismo che avrebbe evitato di far sembrare il sorriso, un ghigno. Ma
poi ci riuscì e all’improvviso, così senza senso, la nebbia si diramò.
◊◊◊
“Ho
accettato. Non ne potevo più di sentirlo e così alla fine gli ho dato per buona
l’uscita al cinema. Che dici, ho sbagliato? Va beh, ma tanto che ne capisci
tu?! Sempre presa nei tuoi film mentali!” Ino alzò gli occhi al cielo, melodrammatica,
e Sakura accanto a lei a stento riuscì a mostrare un sorriso.
Sarebbe
bastato articolare qualche ‘mh’ e qualche ‘sì’ per farla contenta, ma
evidentemente nemmeno più quello era in grado di fare. Forse perché, per quanto
si sforzasse, le risultava di gran lunga difficile concentrarsi sul soliloquio
della bionda. Era tecnicamente impossibile d’altra parte smettere di pensare
che quel giorno, era quel giorno.
“Oy,
Sakura, ma mi ascolti?” Ino non poté più di parlare al vento e, ficcandosi le
mani nei fianchi, la guardò in cagnesco. Odiava essere ignorata.
“A
dire il vero, no.” Ammise senza nemmeno fingersi dispiaciuta la rosa, gli occhi
verdi che vagavano inquieti lungo il cortile della scuola dalla finestra della
sua aula.
“Grazie
tante, me n’ero accorta!” Sbuffò scocciata la Yamanaka, prima di spiluccare di
nuovo la sua ciotola di cibo.
Sakura
se ne accorse e, sinceramente desolata stavolta, decise di porre la prima
pietra per la riappacificazione. “Mi stavi parlando di Kiba, no?”
Gli
occhi azzurri dell’altra scintillarono per un istante, prima di annuire. “Sì,
di quell’idiota. Stasera mi porta al cinema. Più che altro ce lo porto io,
visto che la macchina ce la metto io.
Quel pezzente, tsk! Nemmeno la decenza di procacciarsi un’auto e…”
Le
parole le morirono in gola e Sakura, non potendo resistere, decise bene di
seguire la traiettoria del suo sguardo.
Sasuke
se ne stava sulla porta, le mani nelle tasche e lo sguardo fisso su di loro. Il
cuore le si fermò, come per magia, e forse ne sarebbe morta ma non riuscì ad
articolare nulla – né frase né pensiero né gesto – che già lui era scivolato
via. Ed era un segno lo stesso, in quel suo cifrato modo di non-parlare.
“Scusami,
Ino.” Si alzò di scatto e nonostante gli sbuffi della bionda, si precipitò
fuori dall’aula.
Sasuke
già non c’era più alla sua vista ma lei non aveva bisogno di vederlo per sapere
dove era diretto.
Lo
ritrovò lì, nel suo prezioso nascondiglio, e scorticandosi il ginocchio lo
raggiunse fino a sedersi di fianco. Era alto ma con lui al suo fianco, non
aveva paura. L’altezza diventava un niente in confronto alle vertigini
provocate dalla sua pelle calda a contatto con la propria.
“Tu
sei pazza, Haruno.”
La
voce di lui era bassa e profonda come sempre, l’unica capace di stimolare nuovi
brividi al proprio passaggio.
Sakura
si mordicchiò un labbro, valutando che come inizio era decisamente pessimo.
“Potresti
avere chiunque. Naruto, ad esempio. Lui saprebbe farti felice.” Sasuke non era
stato mai molto prolisso e Sakura pensò per la prima volta che forse era meglio
così, visto quanto riuscivano a ferirla le sue parole.
“Non
voglio Naruto.” Dichiarò, tormentandosi le mani in gesti ripetitivi e senza
riuscire ad incontrarne lo sguardo.
Sasuke
sospirò pesantemente, ma s’impose di continuare. “Non so fare i complimenti e
non mi piace festeggiare niente.”
“Lo
so. Non te l’ho mai chiesto.” Ribatté soltanto lei, senza alzare lo sguardo.
“Penso
che sarei dovuto morire anch’io, quel giorno, quando la mia famiglia ha perso
la vita in un incidente stradale.”
Stavolta
fu più duro per lei rimanere calma e impedirsi di guardarlo in volto. Ma
qualcosa dentro di lei l’aiutò a farcela. Forse, soltanto un bisogno sconfinato
di lui.
“Non
so piangere, né amare.”
Sakura
annuì, ingoiando amaro il cumulo di lacrime pronto ad uscire, pronta ad
ascoltare la cosa che di sicuro sarebbe stata anche la più dolorosa.
“E
per la maggior parte delle volte, desidero solo morire.”
Sasuke
l’aveva detto con noncuranza, quasi con semplicità, fissando il cielo con
sguardo vacuo e quasi disinteressato. Come se non stesse confessando di aver
perso la voglia di vivere. Quasi che non le stesse spezzando il cuore, a dirle
che la persona di cui era innamorata – meglio, che amava – era incapace di restituirle quei sentimenti.
Ma
Sakura era forte. Nonostante la scorsa esile. Era forte.
Lentamente
e quasi tentennando, gli prese una mano fredda riscaldandola tra le sue calde e
minute. “Lo so. Io…lo so, Sasuke.” E finalmente alzò lo sguardo senza reputarlo
offensivo o impietosito, e quello che gli mostrò fu un sorriso sincero, come
solo lei sapeva regalare.
Poi
fu questione di un attimo.
Lui
che si chinava, lei che ignara continuava a sorridere e le loro labbra che
s’incontravano, quasi per caso, in quell’assolata giornata di fine maggio.
E
ancora il cuore che batteva più forte, il rischio d’iperventilazione, le guance
rosse… Quante sensazioni, quante emozioni poteva portare un solo bacio. Era
strabiliante, ma poi si accorgeva che il tocco un po’ freddo era ancora di
Sasuke e forse poteva non essere romantico come nei suoi mille sogni, ma era il
suo. A volte la realtà è migliore delle fantasie. Anche se non sarebbe dovuta,
affatto, esserlo.
Quando
si separò, Sasuke non la guardò come lei aveva visto fare parecchie volte ad
altre coppie ma infondo andava bene così.
Sasuke
era Sasuke proprio per quello.
I read your mind, with no intentions
Of being unkind, I wish I could explain
It all takes time, a whole lot of patience
If it's a crime, how come I feel no pain.
Io leggo il tuo pensiero senza volere
Essere scortese, vorrei spiegarti
Che ci vuole tempo e davvero tanta pazienza
Se è un reato, come mai non sento dolore.
“Mi
hai messo Naruto alle calcagna.” Esordì all’improvviso lui, mentre gli occhi
riprendevano a scrutare il cielo e la mano, senza avvertimento, rimaneva
incastrata nella presa calda di lei.
Sakura
rise, incapace di controllarsi. “Sì, l’ho fatto.”
“Adesso
devi liberarmene.” Puntualizzò Sasuke, accennando con lo sguardo ad una testa
bionda che spuntava dai cespugli dell’albero più alto del cortile con tanto di
cannocchiale.
L’Haruno
ridacchiò ancora, incapace di controllarsi.
“La
prossima volta che vuoi farmi un regalo, che non sia Naruto.”
Lei
sgranò gli occhi a quell’ultima affermazione mentre il sorriso moriva sulle sua
labbra lampone. Regalo? Poi capì e il
petto fu come travolto da un uragano di gioia.
Sasuke
non capì cosa stesse succedendo quando lei gli buttò con veemenza le braccia al
collo, riprendendo a ridere come una pazza, ma stranamente sentirla così felice
gli faceva rimembrare qualcosa che credeva di aver cancellato per sempre.
“Per
i prossimi sei mesi, ti regalerò qualcosa di meglio, promesso!” Dichiarò
allegra Sakura, incontenibile nel suo sprazzo di felicità. “Magari Naruto e
Kiba insieme, che ne dici?”
Lui
fece una smorfia a quella prospettiva e lei rise ancora più forte, eppure il
suono acuto della sua voce all’orecchio non gli diede fastidio nonostante si
affrettò a negare appena poco dopo.
“Mi
stai assordando. Gracchi.”
“Io
non gracchio!” Si offese lei sciogliendo la stretta ma senza rinunciare alla
sua mano, e sarebbe stata ancora più credibile se solo avesse smesso di ridere.
“Sì,
invece.”
Sakura
mise su il broncio, che tuttavia non riuscì a tenere per più di due secondi.
E
Sasuke pensò seriamente che fosse pazza, quella ragazza dagli assurdi capelli
rosa.
Chi
mai, sano di mente, avrebbe potuto tenere tanto ad una cosa banale quale
conoscere una persona da esattamente sei mesi?!
Solo
lei, appunto.
Lei
che aveva insistito tanto che lui non la lasciasse sola quel giorno, perché erano sei mesi che si conoscevano ed era una
data importante, la metà di un anno.
Tutta
roba da femmine, insomma.
Eppure
dentro di sé qualcosa gli diceva che se la sarebbe ricordata per parecchio,
quella data.
27
maggio.
Sei
mesi esatti da che era cominciata la sua pseudo storia con l’Haruno.
Dedicata a Sae che oggi compie gli anni ed era una data troppo
importante, per passare inosservata.
Tanti auguri, tesoro!
Ti lovvo! *-*
Note.
Dunque,
come si sarà intuito, dedico questa fanfiction interamente alla mia best Sae.
Il motivo? A parte perché oggi è il suo compleanno? Beh, perché se l’è
meritata, perché le voglio bene e perché mi è sempre vicina, nonostante gli
scherzi dei telefoni e il credito zero! XD
No,
sul serio, l’unico motivo fondamentale è che le voglio bene e che questa è solo
una piccola cosa (una cretinata, sul serio) per farle capire che ci sono e che
non me le dimentico certe date importanti, anche se la mia memoria fa
continuamente acqua da tutte le parti.
Ah,
non è che l’ho fatto apposta ad inserire tutti quei topos, sia chiaro! XDXD
Cioè, mica era studiato l’uso di tutti quei sei, e di quei riferimenti, e del
cinema…nooo! Ti pare possibile?!
Va
beh, bando alle ciance (Brian per la vita! *-*) che ormai sto del tutto
flashata (teeex! ^-^), faccio solo un paio di appunti prima di concludere qui
questo spazio da Neuro.
La
coppia SasuSaku era di dovere perché come tutti sapranno è la preferita della
mia Sae. Per quanto riguarda l’accenno al KibaIno, diciamo che è stato un mio
sfizio personale e che volevo provarci ad inserire pure loro (beccatevi il
risultato! XP). La canzone invece è “Carrie” degli Europe (Sae sa perché), ergo
non mi appartiene, ergo non ne ricavo un ragno dal buco ad utilizzarla così
come non ci guadagno un tubo ad utilizzare i personaggi del Kishimoto. U.U
Okay,
adesso è proprio il caso di andare prima che impazzisca del tutto (e l’ho
finita miracolosamente il giorno prima della “scadenza”! Da annoverare su tutti
i giornali, proprio!).
Alla
prossima!
Memi
J