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Autore: indiceindaco    07/01/2014    3 recensioni
Quando cala il sipario, ed il pubblico abbandona le poltroncine in velluto rosso, ed il brusio della gente si fa fioco, sempre più fioco, cosa succede dietro le quinte? Ad ormai quattro anni dall'uscita dell'ultimo libro, dall'ultima pagina voltata con emozione, aspettativa, malinconia, da quell'ultima frase che ha commosso tutti, nel bene e nel male. Il sipario è calato, il teatro è già stato ripulito, eppure no, non è finita qui.
Harry, Ron ed Hermione, ancora insieme si trovano ad affrontare la vita, quella vera, quella oltre le quinte di scena. E tanti cambiamenti si prospettano all'orizzonte. Scelte da prendere, scelte da rimandare, scelte in cui perdersi.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Un po' tutti | Coppie: Draco/Harry, Remus/Sirius, Ron/Hermione
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo, Più contesti
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XVI. Non si muore tutte le mattine
 
"Per gli altri semplicemente spariva.
Quando c’era, c’era del tutto,
Quando non c’era, non c’era per nessuno”

 
Vinicio Capossela
 
Hermione sbuffò nervosamente, passandosi una mano sugli occhi. Era un gesto naturale per lei, come se poggiare le dita sulle palpebre riuscisse ad estraniarla per un momento dal mondo. Quel mondo imperfetto dove lei, da buona amica, non riceveva dei grazie ma solo assurde farse e rimbrotti scontrosi. S’era fatta in quattro per organizzare quella festa, per rendere memorabile quell’Halloween. Non lo aveva certo fatto perché pretendesse dei ringraziamenti, non era quel genere di persona, certo! La sua intenzione era quella di passare una bella serata, come ai vecchi tempi. Lei, Ron ed Harry, il suo migliore amico. Lo stesso migliore amico che Hermione aveva percepito distante, distaccato, quasi assente. Il suo era forse un malpensato tentativo di riavvicinarlo, o un mal congegnato piano per vederlo sorridere. Harry le era parso infastidito mentre addobbavano casa sua, ma lo aveva deliberatamente ignorato, certa che fosse una fase passeggiera, che quella sera si sarebbe divertito come non faceva da tempo. La sua idea era di ricreare un po’, giusto un po’, quella calda atmosfera di Hogwarts, nei loro momenti più spensierati. E si ritrovava i cocci di un sonoro fallimento tra le mani. Harry non aveva fatto altro che rincantucciarsi negli angoli più silenziosi, schivo, aveva scambiato con gli ospiti sì e no mezza parola. Con lei e Ron neanche quella, ed Hermione non riusciva a capacitarsene. Era come se avesse deciso di escluderli dalla sua vita. E pensare che aveva persino temuto che il suo fidanzamento con Ron potesse averlo ferito, si era chiesta se Harry non si fosse sentito escluso, dopo quella rivelazione. Quello che più feriva Hermione era che il suo migliore amico non sembrava essere stato toccato dalla notizia. Era impenetrabile e non voleva farsi raggiungere, anche se Hermione non voleva credere fosse intenzionale. Le sue supposizioni l’avevano convinta che si trattasse della compagnia di Malfoy. Ma ogni volta che toccava l’argomento, Harry sembrava eluderlo a tutti i costi. Ciò che la spaventava era vederlo cambiare, non che il cambiamento in sé fosse un male, ma era il cambiare di Harry senza di loro a scaraventarle un macigno sullo stomaco. Hermione avrebbe tanto desiderato che, senza un motivo, Harry la abbracciasse e le dicesse che andava tutto bene, che niente tra loro tre sarebbe cambiato. Ma non era successo, e semplicemente i giorni scivolavano, ed Harry sembrava erigere mura sempre più alte e più inespugnabili.
Così quando la Parkinson aveva fatto una velata allusione sui rapporti di Harry con Malfoy, cosa di cui Hermione era stata lasciata all’oscuro, non aveva potuto far a meno di sentirsi tradita, ferita, delusa. Normalmente non avrebbe dato adito ad una pettegola come la Parkinson, s’era detta la Hermione pragmatica, ma le era bastato osservare Zabini, che mascherava un sorrisetto, per fuorviare qualsiasi dubbio. Harry le aveva nascosto qualcosa, qualsiasi cosa fosse. E tanto bastava per annodarle lo stomaco con il risentimento e la delusione.
Ma adesso Harry era di fronte a loro, e le parlava, livido di rabbia. Hermione, nervosa, sarebbe voluta tornare indietro: non aver mai organizzato la festa, aver pensato piuttosto ad una serata fra loro tre.
-Qualcosa.- aveva ripetuto Harry, meccanicamente e troppo sconvolto per la rivelazione. –E voi, giustamente, avete immaginato che io e Malfoy fossimo amiconi, che passassimo ogni giorno insieme allegramente…magari giocando a scacchi o scambiandoci confidenze?!
Ron tossicchiò a disagio:
-Magari avessi immaginato solo quello…Non dormirò mai più sonni tranquilli.- aveva mormorato, ma fortunatamente Hermione attirò l’attenzione prima che Harry potesse sentirlo.
-Cosa avremmo dovuto immaginarci invece?! Tu non ci racconti niente, Harry! NIENTE! Ci hai buttati fuori dalla tua vita e…- era partita all’attacco la ragazza, nascondendo più che poteva tutto il risentimento di quelle parole.
-Forse perché non c’è NIENTE da raccontare? E poi…Buttati fuori?! Hermione sei impazzita? Chi diamine ha organizzato questa festa?- sbottò Harry alzando la voce.
-Oh, così il problema è la festa? Sai cosa, Harry? Potevi dirmi che non avevi nessuna intenzione di dare questa maledettissima festa, dato che te ne sei stato tutta la sera per i fatti tuoi, come se io e Ronald non esistessimo! Certo, se te ne fregasse qualcosa di noi!
Ron assisteva ammutolito alla scena. Quella storia non sarebbe finita bene, lo sapeva. Harry era uno stupido orgoglioso ed Hermione era troppo sensibile su determinati argomenti, soprattutto quelli che erano frutto delle sue mille paranoie.
Stava zittò lì, tra i due amici, sperando che la bufera passasse. Sperò ardentemente di non dover prendere le parti di nessuno, ed in definitiva che non lo interpellassero affatto.
Harry fece un passo avanti a fronteggiare Hermione con furore:
-Come può fregarmi di voi? Ormai per me esiste solo Malfoy, no?
Ad Hermione vennero gli occhi lucidi, aprì la bocca per parlare, ma fu travolta da Harry.
-Avete dato per scontato che le parole di quell’idiota fossero vere. Siete entrati lì credendo di trovare la fottuta Camera dei Segreti o di aver scovato la dannata Pietra Filosofale! Non vi è neanche venuto in mente di chiedermelo.
Hermione lottava con se stessa per non cedere a quella lacrima che pizzicava le sue ciglia per uscire. Poi alzò lo sguardo, in un attimo della sua disarmante lucidità e disse, la voce atona e senza colore:
-Avresti risposto, Harry? Se te lo avessimo chiesto, avresti risposto?
Harry indietreggiò, disorientato. Sapeva che avrebbe dovuto rispondere di sì, sapeva di doverle rispondere subito, nell’immediato, come se non ci avesse neanche pensato sopra. Leggeva quel “sì” aspettato con speranza dall’espressione di Hermione. Solo che quella sillaba sembrava essersi bloccata nella sua gola, a metà fra il coraggio e l’intenzione. Harry, razionalmente, sapeva che in realtà avrebbe evitato l’argomento. Non perché non coinvolgere i suoi amici nella sua vita, ma perché non aveva davvero nulla da dire. Non sapeva definire il suo rapporto con Malfoy, e non voleva fermarsi a rifletterci sopra per poterlo fare. Così restò bloccato lì, le braccia che prima gesticolavano frenetiche, adesso abbandonate lungo i fianchi.
Le parole di Hermione giunsero come una frusta, e bruciarono indicibilmente:
-Ecco…Infatti.
 
***
 
Dapprima restò imbambolata, come se stesse ancora decidendo se era stato uno scherzo della sua fantasia o un terribile incubo.
Poi sentì il sogno infrangersi in mille pezzi e tornò dolorosamente alla realtà.
Quel ragazzo l’aveva proprio baciata e adesso Ginny, irrigidita, era ancora tra le sue braccia immobile, mentre la sala intorno a lei continuava a danzare.
Robert la guardò, smarrito. Ginny sentì le mani bruciare, strette tra quelle del ragazzo, e si allontanò bruscamente.
-C’è qualcosa che non va?- le disse Robert, ignorando quanto fosse difficile che le proprie parole potessero raggiungerla.
Ginny si mise una mano sul petto, odiando quel battito che non voleva placarsi. Odiò se stessa per aver lasciato che tutto quello accadesse. Tutto il calore che l’aveva avvolta fino a quel momento sembrò abbandonarla, come se qualcuno che non avesse mai smesso di abbracciarla adesso avesse mollato la presa.
Chissà perché ma Ginny, con disperazione, immaginò fosse l’abbraccio di Harry.
Cosa aveva fatto?
Robert poggiò una mano sulla sua spalla nuda e a quel calore lei si ritrasse, come avesse paura di scottarsi.
-Ginny? Va tutto bene? Oddio, scusami non avrei dovuto…
Ma Ginny non voleva ascoltare quella voce, una voce che sembrava accordarle il cuore, tararlo su uno spartito diverso e farlo battere seguendo una musica che non conosceva. Non voleva e indietreggiò.
Non seppe mai da dove le venne la forza di dire:
-I-io…è meglio che vada. È tutto apposto, ma devo andare.
Sorrise ma era una smorfia di disgusto, verso se stessa.
 
***
 
Draco, immobile stava seduto sulla poltrona datata del salotto di Grimmauld Place. A guardarlo ci si sarebbe chiesti se stesse respirando o fosse semplicemente una statua di marmo. Il suo sguardo era perso nel vuoto. Nemmeno un muscolo, sul suo viso, sembrava potersi muovere, pareva piuttosto non si fosse mai mosso affatto. Intorno a lui le persone, quelle vere, ridevano, scherzavano…si poteva persino dire fossero divertite. Facce di cera, intorno a lui, immerso nel suo personalissimo silenzio. Ogni tanto reprimeva un fremito, dissimulando qualsiasi parvenza di umanità.
Blaise si avvicinò, cercando di far meno rumore possibile. Si accomodò con cautela, come un bimbo che avvicina un famelico felino, scambiandolo per un micetto randagio, con il deliberato intento di accarezzarlo.
Draco non lo degnò di uno sguardo. Sapeva che Blaise non avrebbe detto nulla, che non avrebbe avuto il coraggio d’infrangere il silenzio. Era sempre così, aspettava che sbollisse, che fosse lui il primo a parlare. Come una partita a scacchi: la prima mossa spettava ai bianchi. E proprio come negli scacchi, la vittoria sarebbe stata ottenuta solo fruttando gli errori e le mosse inaccurate dell’avversario.
Sentiva la fissità dello sguardo denso di Blaise su di lui, non lo guardava ma riusciva a indovinarne la figura, compostamente seduta al suo fianco, intangibile e imperturbabile.
Passarono una manciata di minuti o forse ore, poi Draco si decise a parlare:
-Odio chi ficca il naso negli affari miei.- la sua voce di ghiaccio non venne smorzata dall’atmosfera intorno a lui, niente avrebbe potuto eliminare quella freddezza tagliente.
Blaise con un gesto calcolato lasciò scivolare un bicchiere di Whisky sul tavolino basso di fronte a loro.
-Ho letto da qualche parte che la rabbia è un cubo di ghiaccio. E a quanto pare il Whisky riesce a scioglierlo*.
Draco avrebbe riso, se non fosse stato un maledetto bastardo che adorava fare il sostenuto. Non riusciva a rimaner arrabbiato con Blaise, almeno non molto a lungo.
-Ci vorrà più di mezzo bicchiere, allora.- rispose asciutto.
Blaise sorrise, in quel suo modo discreto che lasciava tutti in dubbio: era un sorriso o la sua ombra?
-Ti avevo detto come la pensavo in proposito. Scoprire che Pansy condivide ed esterna con tanta naturalezza il mio stesso pensiero, ne converrai, mi lascia a bocca aperta…
-Quindi tu sei venuto ad accertartene di persona.- voce di aguzzo vento di tramontana investì Blaise.
-Che dire a mia discolpa? Ho una mente empirica.
Draco, chissà per quale miracolo, o maledizione, fissò i suoi occhi in quelli del suo migliore amico.
-Procedere per prove ed errori.- ribatté con disprezzo.
-Non avremmo dovuto invadere i tuoi spazi.
Era un’ammissione di colpa quella? Senz’altro. Draco detestava apertamente chiunque violasse, senza il suo permesso, quelli che Blaise aveva definito come i “suoi spazi”. Chiunque avesse tentato, in passato, di intromettersi nelle sue questioni personali, aveva guadagnato più di sguardi appuntiti e parole stizzite. Ma era pur sempre di Blaise che si stava parlando, e Draco era certo della non intenzionalità del suo comportamento. Conosceva Blaise, avrebbe fatto di tutto, pur di scoprire di aver ragione.  E immaginò i numerosi scrupoli dell’amico nell’aprire quella porta. Non era un tipo impulsivo, aveva sicuramente vagliato qualsiasi ipotesi, e non lo avrebbe esposto così davanti a tutti.
-Così sei convinto che tra me e Potter ci sia qualcosa.
Prima mossa inaccurata: l’alfiere nero sbaraglia la torre bianca.
-Penso possiate essere buoni amici.
Draco inarcò un sopracciglio, con la sua tipica espressione di disappunto. Non ci fu nemmeno bisogno di dire che sapeva che Blaise stesse indorando la pillola.
-Ti ho già detto cosa penso o sbaglio?- rincarò Blaise.
-E io ti ho già detto che Potter non è…- ma Draco non poté concludere la frase, perché Blaise, con una pacatezza sovrumana disse accondiscendente:
-Potter è Potter e basta.
La naturalezza con cui disse quella semplice frase colpì Draco dritto allo stomaco.
-Appunto!- si sforzò di ribattere, prima di mandar giù un sorso di Whisky.
Seconda mossa inaccurata: via anche il cavallo bianco dalla scacchiera.
-Convieni con me quindi, nel dire, che sarebbe un paragone inappropriato quello con Theodore.- disse Blaise, distogliendo casualmente lo sguardo, e portando il proprio bicchiere alle labbra.
-Anche il paragonare le situazioni è inappropriato, Blaise.- ribatté Draco con forza, parafrasando l’amico per dispetto.
-Sono assolutamente d’accordo. Per ora…- disse Blaise, per poi fare una pausa e svuotare il bicchiere: - Ricordi cosa ti dissi sull’accettazione, tempo fa, Draco?
Blaise si alzò con eleganza, pose una mano sulla spalla di Draco, che sembrò finalmente rilassarsi al suo tocco, e prima di allontanarsi riportò le sue stesse parole alla memoria dell’amico:
-Non si può tornare mai allo stesso punto da cui si è partiti, perché nel frattempo si cambia. Da se stessi non si può fuggire.*
 
***
 
Harry odiò se stesso. Per non aver risposto ad Hermione, per non essersi sforzato di fingere essere almeno un po’ grato per quella festa, per aver inavvertitamente allontanato i suoi amici. Hermione lo aveva lasciato lì, e sull’orlo del pianto si era allontanata il più velocemente possibile, attirando sguardi interrogativi da parte delle sue ex-compagne Grifondoro, messi a tacere da Ron che alzava le spalle e a voce abbastanza alta da farsi sentire diceva:
-Oh, che idiota, come avrò fatto a non farle i complimenti! Vado a consolarla…!
Mossa che gli fece guadagnare un’occhiataccia da Lavanda e sguardi maliziosi dalle altre, mentre Harry sospirò di sollievo per quel barlume di genialità del suo migliore amico.
Prima che Ron lo lasciasse lì, per raggiungere Hermione, Harry cercò di smozzicare un “grazie” ma l’amico gli diede una pacca sulla spalla e disse con un sorriso bonario:
-Andrà tutto bene, vedrai, le passerà.
Ed eccolo di nuovo lì, da solo, defilato da una festa che si supponeva fosse stato lui ad organizzare.
-Sai, questo è stato meglio di qualsiasi intervista.
Una voce zuccherosa lo raggiunse, ed Harry pregò Godric, Merlino, Morgana e tutti i grandi maghi che gli venissero in mente. Si dimenticò di supplicare Salazar, evidentemente, perché la voce apparteneva proprio ad una delle streghe che affollavano le sue schiere.
Pansy Parkinson, in quell’assurdo vestito color malva, lo guardava di sottecchi, seduta a pochi passi da lui. Harry sospettò fosse stata lì per tutto il tempo, il ché gli dava la certezza assoluta che avesse ascoltato la sua poco piacevole conversazione.
Harry si chiese perché il cosmo avesse deciso di accanirsi contro di lui, e dire che avrebbe dovuto ricevere fortune a pacchi, e con gli interessi, ormai e soprattutto dopo quello che aveva passato.
-Non ho potuto far a meno di ascoltare, mi spiace.- disse la ragazza facendo spallucce, poi strizzò un occhio dalle lunghe ciglia scure ai suoi danni.  
-Sembra tu non ne faccia mai a meno…- rispose Harry malevolo.
-Beh, tesoro…è il mio mestiere!
Pansy si alzò con grazia e lo affiancò, porgendogli un bicchiere che fino a un momento prima giaceva intonso sul tavolo.
-Direi che ne hai proprio bisogno…- disse dolcemente.
Harry accettò il bicchiere meccanicamente, ma non bevve.
Pansy continuò a fissarlo, così Harry, per l’ennesima volta a disagio, abbassò lo sguardo e deglutì a vuoto.
-Draco sa essere una persona veramente difficile.- esordì la ragazza, con un sospiro: - Impossibile, per la verità. È permaloso, introverso, suscettibile, testardo, orgoglioso e incredibilmente irascibile. Ma è anche brillante, spiritoso, intelligente. Ti verrebbe voglia di passarci una giornata intera, ma subito dopo arriva la sera e cambia radicalmente. Fa così: è come il giorno e la notte, in mezz’ora. E ti porta a desiderare di ucciderlo, quando fa lo scorbutico… Ma come si dice? Non si muore mica tutte le mattine!*
Harry riportò d’impulso lo sguardo su di lei. In religioso silenzio l’ascoltò stranito, e non gli passò nemmeno per l’anticamera del cervello d’interromperla.
-Alle volte è così schifosamente riservato e sulle sue…ti porta a chiederti se davvero gli importa di te o se invece ti considera una delle tante comparse nella sua vita. Sì, perché è anche pieno di sé. Ma sa essere generoso, anche se si taglierebbe le appendici più utili pur di ammetterlo. È una brava persona, Potter. Lo è davvero.
Harry stava lì, immobile, ripetendo nella sua testa le parole della Parkinson, che sembrava essere riuscita ad inchiodarlo lì. Non capiva cosa si aspettasse quella ragazza, perché gli avesse detto tutte quelle cose su Malfoy.
-E tutto questo dovrebbe interessarmi…perché?- chiese Harry, intontito da tutte quelle parole.
-Perché il mio sesto senso pensa possa interessarti.- disse la Parkinson con un sorrisetto malizioso. Harry rimase senza parole ma prima che potesse ribattere, Zabini pose una mano sulla spalla della ragazza.
-Pansy, temo sia ora di andare…- disse il ragazzo e poi fece un cenno rispettoso verso Harry.
Quel ragazzo lo stupiva ogni volta. Non sapeva mai cosa aspettarsi. Era come se aleggiasse sempre un’aura di mistero intorno a lui, un enorme enigmatico punto interrogativo. Harry aveva la netta impressione che ogni parola, ogni gesto, persino ogni espressione, usata da Zabini fosse scelta e selezionata con cura, misurata in ogni occasione. Come se l’ex-Serpeverde detestasse generare il minimo rumore al di fuori della smaniosa armonia che lo attorniava.
Pansy in silenzio annuì, senza non sfoderare il suo solito broncio infantile:
-Oh, che peccato! Beh, Potter, caro…grazie per la festa allora e a presto!
Un altro occhiolino ed Harry avrebbe agognato la morte. Zabini si congedò con un altro silenzioso cenno del capo.
Harry li seguì con lo sguardo, mentre da soli, si avviavano verso l’uscita, non senza una piccola sosta vicino alla libreria, dove Zabini salutò educatamente Hermione, che col trucco sbavato continuava a trangugiare bicchieri di ponce.
Harry sentì una fitta di senso di colpa colpirlo, nel ritrovare l’amica nella stanza che si guardava bene dall’avvicinarlo, affiancata da Ron che le teneva la mano. Hermione si sfregò gli occhi e Harry da lontano immaginò stesse proponendo di accompagnare gli ospiti all’uscita. Guardò di nuovo Zabini e Pansy e si perse a pensare come fossero agli antipodi: lei rumorosa e sfavillante, non passava certo inosservata, lui era silenzioso e cauto, placido. Proprio gli opposti, eppure ad Harry scappò un sorriso, quando Zabini le prese la mano e teneramente la scortò fuori dal salotto. Si ritrovò a pensare che, sebbene agli antipodi, quei due non fossero poi così mal assortiti.
Ad Harry, chissà come, ritornarono alla mente le parole della Parkinson:
Come il giorno e la notte, in mezz’ora.
Troppo preso da quei pensieri, Harry non notò che quei due stavano lasciando la festa senza Malfoy.

 
 
Note:
  • Il titolo del capitolo: è il titolo del libro da cui ho tratto la citazione numero 16, ed è di quel genio di Vinicio, amore a frotte per lui.
  • La prima frase di Blaise: è tratta da un’intervista fatta ad Alessandro Mannarino sul suo album “Bar della Rabbia”.
  • La seconda frase di Blaise: è di Andrej Tarkovskij, non ricordo il titolo del libro però, non me ne vogliate.
 
Buonsalve, viandanti!
Ho una notizia buona ed una cattiva. Quella buona e che sono molto molto molto contento di come procedano le cose: la storia è seguita e dagli esigui commenti deduco che è anche apprezzata! Ringrazio tutti coloro che fin ora mi hanno fatto sapere cosa ne pensano e hanno evidenziato eventuali incongruità o errori. Sono sembre ben accetti i vostri preziosissimi pareri, senza i quali mi perderei, ogni tanto :)
Andiamo alla notizia cattiva…da domani inizia la sessione d’esame e sarò un po’ più assente. Purtroppo non penso di riuscire a mantenere il ritmo di un capitolo al giorno…Ma non credo neppure di sparire dalla circolazione –ehm, di nuovo-. Gli aggiornamenti ci saranno, promesso, ma un po’ a rilento. Vogliate scusarmi.
Detto ciò vi lascio e scappo a studiare :’(
Spero che il capitolo non vi abbia deluso, e che mi facciate sapere cosa ne pensate!
A presto,
Indice. 
  
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