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Autore: Harrys_bravery    07/01/2014    12 recensioni
La famiglia di Harry aveva iniziato a trascurarlo da quando aveva fatto fortuna in borsa. Alla ricerca di emozioni, un Harry ormai apatico aveva cominciato a drogarsi. Una volta scoperto il vizio del figlio, per punizione i suoi genitori l'avevano chiuso in un seminario. Chi avrebbe mai potuto immaginare che qui Harry avrebbe incontrato Louis, che aspirava a diventare prete e che avrebbe ricucito tutte le sue ferite?
Dal testo:
“Devi darmi qualcosa, Louis” gli sussurrò con gli occhi completamente iniettati di sangue, il verde che li caratterizzava era solo un vecchio ricordo. “So che hai qualcosa. Ti prego, ti sto pregando. Ne ho bisogno”
[...]
“Di più, Lou. Dammi di più”. E Louis sorrise, perché per una volta, Harry gli stava chiedendo qualcosa che lui avrebbe veramente potuto dargli.
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Angolo Autrice
Salve! Sono tornata con un Os fresca fresca di pubblicazione. :)  Allora, devo specificare un paio di cose. In primis so che Liam non ha affatto 25 anni, ma mi serviva un prete dolce come Payne per il Plot, comprendetemi! Poi, questa distinzione è importante quindi ATTENZIONE , ci sono due tipi di seminari: uno minore (dove i ragazzi frequentano scuole pubbliche e si incontrano in comunità trascorrendo tempo in preghiera) e uno maggiore (Per coloro che ormai hanno già deciso di diventare preti. Qui si frequentano lezioni così come all'università). Il seminario descritto qui è un po' anomalo: è un seminario minore (quindi i seminaristi non devono per forza diventare preti), ma si frequentano lo stesso delle lezioni (perchè altrimenti Louis se ne sarebbe stato con le mani in mano ç_ç ). Detto ciò, devo ancora specificare che le frasi scritte in grassetto non sono mie, ma sono (poesia pura secondo me) di una canzone di Ligabue che si intitola "Atto di fede" per l' appunto, che vi invito a sentire (Dio mio è meravigliosa!). Spero di non finire all' inferno per questa Os ç_ç. Ok, adesso smammo e vi lascio alla lettura. Vi ringrazio solo per le visualizzazioni, i commenti ecc. ecc. alle mie Os precedenti. Ringrazio ancor più chi mi ha aggiunto agli autori preferiti (Siete i miei pasticcini, aw!). A causa degli esami, ci rivedremo con una nuova Os a Febbraio (nella migliore delle ipotesi) Magari la Singlefather!Louis che avevo promesso. Tengo tantissimo a questa storia, la sento proprio mia, quindi se poteste darmi un parere ve ne sarei infinitamente grata. A presto, Love you all.
P.s. Grazie a Spak mia continua fonte d'ispirazione che non leggerà mai questo a meno che io non lo inserisca nel file Word (Non male come idea).

(Non so chi abbia creato questa immagine meravigliosa, ma i crediti vanno tutti a lui/lei)

Atto di Fede


Harry era apatico. Era apatico da più tempo di quanto vorrebbe ammettere. Harry semplicemente non provava più alcun tipo di emozione. Ma non era stato sempre così, oh no! Ogni tanto se lo ricorda ancora di quando era piccolo e correva su e giù per la casa con un sorriso enorme stampato in faccia, oppure di quando piangeva nel periodo adolescenziale. Era diventato apatico da quando i suoi genitori avevano fatto fortuna in borsa. Da allora tutto era cambiato, quella che suo padre ha definito una manna dal cielo si è rivelata in realtà la fine per Harry. I suoi genitori hanno preso a spendere a più non posso, a tuffarsi nel mercato azionario come se non ci fosse stato un domani. Ne deriva, ovviamente, che Harry era lasciato a se stesso. E Harry aveva solo diciannove anni, un sacco di soldi, e una disperata voglia di provare emozioni di nuovo. Quindi cosa farebbe un qualunque diciannovenne con del denaro in mano e la voglia di tornare ad essere come un tempo, di sentirsi amato e non più trascurato dai suoi? Si droga. All’ inizio lo faceva solo per attirare l’attenzione dei suoi genitori, poi ha iniziato a farlo perché almeno in quello stato, anche solo per un attimo, riusciva a provare qualcosa. Il suo spacciatore di fiducia, un certo Malik, lo aveva anche preso in simpatia, dandogli più roba di quella per cui pagasse. I suoi genitori lo avevano sorpreso mentre inalava una ingente quantità di cocaina e non ne erano stati particolarmente felici. Suo padre, poi, aveva già chiuso un occhio quando Harry gli aveva confidato di essere omosessuale (anche se in realtà l’unico occhio chiuso fu quello gonfio e viola di Harry, dopo il gancio destro del padre), non poteva accettare anche questo. Harry era apatico anche adesso, che suo padre l’aveva caricato in macchina di peso insieme ad un borsone che conteneva alcuni dei suoi vestiti, portandolo chissà dove. Ad Harry nemmeno interessava.  Poggiò la testa al finestrino e chiuse gli occhi, non riusciva nemmeno a sentirsi dispiaciuto o arrabbiato.
 
“Louis! Posso parlarti un attimo?” il ragazzo si affrettò a riporre il piatto negli appositi supporti al lato della mensa e si rivolse all’uomo che l’ aveva chiamato. “Padre Liam, mi dica” sussurrò avvicinandosi. Louis viveva in un seminario, insieme ad altri aspiranti preti, sotto lo sguardo attento e vigile di Padre Liam, lo stesso che in questo momento attendeva Louis con le mani giunte. “Louis caro” iniziò mettendogli una mano sulla spalla e camminando verso i dormitori. “Lo sai, da quando Niall è passato al seminario maggiore, sei l’unico a godere del privilegio di una camera tutta per te”. Louis sorrise un po’, a dire il vero gli mancava il biondino irlandese con cui condivideva la stanza, tuttavia il cammino di Niall si era fatto più serio e la sua vocazione a diventare frate più insistente, quindi era andato via. “Lo so, Padre. Si sta più larghi, ma il biondino mi manca” rivelò Louis a Padre Liam, che era molto più che un mentore per lui, era un confidente, un amico. “Come ben saprai nessun privilegio dura per sempre. Oggi arriva un nuovo ospite, e dovrà condividere la stanza con te”. Louis sussultò sorpreso. Erano due settimane che aveva la stanza tutta per sé e stava iniziando a farci l’abitudine, ma sapeva che non sarebbe durata a lungo. “Un nuovo seminarista?” chiese curioso. Il volto di Liam si rabbuiò “Una specie…” . Il ragazzo lo guardò incuriosito. “Ok, Louis, questo ragazzo è… I suoi genitori l’hanno sorpreso a far uso di droghe e…” “e credono che chiuderlo qui dentro sia una punizione?” completò Louis un po’ scettico. Perché per lui non era affatto una punizione, anzi! Aveva scelto lui stesso quella via, quella strada, ed era intenzionato a percorrerla sino in fondo. “Ho tentato di spiegare che non siamo un centro di riabilitazione o di ricondotta, ma non hanno voluto sentire ragione. I suoi genitori sono molto ricchi, hanno offerto una somma di denaro con più zeri rispetto a quanti io ne sappia leggere… E tu sai bene, figliolo, di quanto quel denaro ci serva per riparare il soffitto della mensa”. Louis annuì semplicemente. La mensa era un disastro, quando pioveva le gocce finivano direttamente sui loro pasti caldi, quando c’era il sole era peggio che essere in una serra. In fondo, si trattava di un seminario minore, non potevano pretendere grandi finanziamenti, e Padre Liam aveva sempre detto che questo li avrebbe iniziati alla via della povertà. “Padre, io… Lei sa bene che accetto sempre i miei doveri ma… Non so come comportarmi…” cercò, invano, di protestare Louis. “Se ha crisi d’astinenza ricorda solo che è molto importante calmarlo e alle volte anche trattenere il respiro” gli rivelò Padre Liam  quando ormai erano arrivati davanti alla porta della stanza di Louis. Il ragazzo lo guardò spaesato e preoccupato. “Sto scherzando, se succede qualcosa chiamami. Andrà tutto bene Louis” gli sorrise rassicurante il prete.
 
Harry rise quando vide l’ingresso del seminario, era una risata spenta e priva di emozioni. Un seminario? Sul serio? Una volta che suo padre si accorgeva di lui, lo sbatteva in un seminario. L’uomo nemmeno si scomodò ad entrare con lui, gli tirò addosso il borsone e con sguardo schifato gli disse “Ti stanno già aspettando”. Harry mantenne quello sguardo, quasi con aria di superiorità ed in un certo senso si sentiva migliore. Era gay, drogato, ma sempre meglio di un uomo che aveva messo da parte suo figlio per dei soldi. Harry voleva sbatterglielo in faccia il suo fottuto denaro. Quando il ragazzo varcò la soglia, non fu sorpreso di trovare un uomo nella lunga tenuta nera tipica dei preti. “Ciao, Harry. Ti stavamo aspettando! Benvenuto, io sono Padre Liam” si presentò porgendogli la mano. Il ragazzo lo osservò, doveva avere sì e no venticinque anni, capelli rasati e occhi color cioccolata. Ignorò la mano che l’uomo gli porse. “Dov’è che dormo?” chiese scorbutico. “Ti accompagno, caro!” Harry storse il naso. Caro? Ma davvero? Lo conosceva sì e no da trenta secondi. “Hai un compagno di stanza… Sai abbiamo solo camere da condividere qui” stava spiegando il parroco. “Sono più che sicuro, Padre” sibilò marcando con disgusto l’ultima parola “Che i miei genitori abbiano pagato fior di quattrini per chiudermi in questa sottospecie di topaia. Il minimo è affidarmi una camera tutta per me”. Liam lo fissò, quasi provando pena per lui. “É così che funziona qui, e farai bene ad abituarti”. Si fermarono davanti ad una porta chiusa, “Questa è la tua stanza. Buonanotte Harry, ci vediamo domattina” e così dicendo Padre Liam si allontanò. Harry sbuffò, non solo avrebbe trascorso chissà quanto tempo in una topaia, ma avrebbe anche avuto un compagno di stanza, magari anche un patito che recita il rosario tre volte al giorno e dorme col crocifisso sul cuscino. Sospirò rassegnato e aprì la porta senza neanche bussare. La stanza era spoglia, pareti giallo ocra (ew giallo ,pensò), un crocifisso solo (meglio di quanto si aspettasse) sulla parete adiacente alla porta e due letti vicini, allontanati solo dalla presenza di un comodino al centro. Un grande armadio in legno nell’ angolo sinistro della stanza e un tipetto con gli occhi blu che usciva da quello che doveva necessariamente essere un minuscolo bagno. “Oh! Ciao… Non ho sentito bussare” sussurrò il ragazzo: capelli castani, occhi blu, non molto alto e dal fisico formoso, quasi femminile. “Già, forse perché non l’ ho fatto” pensò Harry, ma rimase in silenzio ad osservarlo. “Io sono…” “Non mi interessa” gli rispose acido: è determinato a rendere la vita un inferno a tutti lì dentro, così i suoi genitori saranno costretti a riportarlo a casa il prima possibile. “Louis” completò l’altro, con la voce ridotta ad un sussurro.
 
Louis fissava il nuovo arrivato. Era bello. Era altissimo, più alto di lui ma questo non è poi così difficile, con i capelli ricci scompigliati sulla testa e degli occhi verdi che ormai non brillano più, che stanno lì opachi e guardano senza vedere per davvero. Era bello tanto quanto maleducato. Il ragazzo, di cui ancora ignorava il nome, entrò nella stanza chiudendo la porta, sbatté a terra il suo borsone e si gettò sul primo letto che gli capitò a tiro. “Ehm… Quello è il mio letto” gli fece presente Louis, un po’ intimidito dalla nuova presenza, con ancora lo spazzolino in mano. “Credi che mi importi, Louis?” sputò il ragazzo sempre più acido. Ok, Louis aveva deciso di servire il Signore, Louis aveva promesso di mantenere la pace nel suo spirito, ma Louis non era un prete. Louis era ancora un ragazzo, lì per imparare, e nonostante Harry lo intimorisse con la sua stazza, la sua voce roca e il suo vizio, non si tirò indietro. “Senti, riccio, mia la stanza, mie le regole. Muovi il culo e ridammi il mio letto” sbottò. Harry ridacchiò sommessamente. “Voi preti non potete dire le parolacce” lo richiamò con un tono quasi infantile. “Non sono un prete, e non ho detto una parolaccia” replicò Louis. “Per quanto mi importi, un materasso vale l’altro, mi sorprende che non utilizziate ancora giacigli di paglia” lo canzonò il ragazzo dagli occhi verdi con quella sua odiosa aria di superiorità. Louis già non lo sopportava. “Il fatto che stare qui dentro sia una punizione per il figlio di papà che ha tutto ciò che vuole senza neanche dire ‹Per favore›, non significa che lo sia anche per gli altri” sibilò Louis. “Tu non sai niente di me, o di mio padre” gli rispose il riccio. “Oh io invece i tipi come te li conosco. Volete sempre di più, finché un bel giorno decidete di provare qualcosa di nuovo e Puff! Vi ritrovate in un centro di riabilitazione, in coma o a cercare di smaltire la sbornia”. Le parole di Louis colpirono Harry profondamente. Si credeva un SoTuttoio ? Si credeva migliore di lui? Credeva di conoscerlo? Si alzò di scatto dal letto afferrando il ragazzo per il colletto del pigiama. “Non sai un cazzo di me, nano” gli sibilò quando, dopo averlo sollevato, si trovarono ad una manciata di centimetri l’uno dal volto dell’ altro. Harry rimase sorpreso della sua stessa reazione. Prima che Louis potesse aprire bocca lo mise giù, passandosi una mano tra i capelli. Cos’ era quella cosa che sentiva ribollirgli nelle viscere? Rabbia? Ma la rabbia è un’ emozione e lui non può più provare niente se non con la droga… Guardò il ragazzo che gli stava di fronte, evidentemente intimorito. Quel ragazzo era riuscito a tirargli fuori qualcosa , come nessuno era mai riuscito a fare prima, se non una buona dose della più pregiata delle droghe. “Sono Harry… E questo è il tuo letto, quindi prenderò l’altro” disse più a se stesso che a Louis. Non sa nemmeno perché lo fa, ma lui è riuscito a fargli provare una sensazione, quindi vuole… Ringraziarlo? Magari continuerà a farlo… Magari potrà tornare a scoprire cosa significa essere normali , anche senza l’ausilio di stupefacenti. Harry scuote il capo… È impossibile. Si getta sull’ altro letto e sbarra gli occhi, ancora tutto vestito, per paura che Louis intraprenda una conversazione che non riuscirebbe a reggere.
 
Louis non chiuse occhio. In realtà non dormiva per diverse ragioni: perché Harry (pensa che quel nome gli si addica proprio, ad essere onesti) non faceva che agitarsi nel letto affianco al suo, perché era spaventato dalla reazione del riccio e perché temeva che potesse avere un qualche tipo di crisi. Eppure quando era vicinissimo al viso di Harry, aveva notato nei suoi occhi una scintilla che non c’era quando è entrato. Era arrabbiato. No, peggio: era arrabbiato con lui. Bella presentazione, per poco non veniva picchiato. Si rigirò nel letto per l’ennesima volta finché un lamento lasciò le labbra di Harry. Si spaventò e preoccupato,  accese l’ abat-jour che si trovava sul comodino. “Harry?” sussurrò sporgendosi verso il letto del ragazzo, “tutto bene?”. No, chiaramente non andava tutto bene. Harry aveva gli occhi spalancati ed iniettati di sangue, e respirava in modo irregolare, accelerato. “Harry…” sussurrò Louis alzandosi dal letto. “Vattene. Lasciami da solo. Non voglio la tua pietà” biascicava il riccio in modo sconnesso. Non faceva che agitarsi, muoveva le braccia e aveva preso a sudare: goccioline trasparenti imperlavano la sua fronte, bagnando e schiacciando i ricci. “Non provo pietà per te…” si ritrovò a rispondere Louis, chissà perché poi, ma in quel momento sentiva che era la cosa giusta da dire. Harry gli afferrò il polso tirandolo, costringendo Louis a sedersi sul suo letto. “Devi darmi qualcosa, Louis” gli sussurrò con gli occhi completamente iniettati di sangue, il verde che li caratterizzava era solo un vecchio ricordo. “So che hai qualcosa. Ti prego, ti sto pregando. Ne ho bisogno” insisté stringendo  sempre più il polso di Louis. Era una chiara crisi d’ astinenza e Louis non sapeva come comportarsi. Ricordava vagamente che Padre Liam gli avesse detto qualcosa al riguardo, ma era nel panico. “Io… Io non ho niente, Harry” gli sussurrò. Fece per alzarsi e andare a chiamare aiuto, ma Harry non mollò la presa. “Resta con me…” lo pregò. Louis si sedette di nuovo, aveva paura anche a contraddirlo. “Ok, Harry… Va tutto bene, davvero. Ora rilassati, ok? Ci sono qua io” gli sussurrò direttamente nell’ orecchio e poi, senza sapere bene il perché, prese ad accarezzare i ricci del più giovane. Forse perché sua madre lo faceva sempre quando da piccolo aveva paura dei temporali o dei mostri nell’ armadio, forse perché sperava che bastasse per calmarlo. “Ti va di fare due chiacchiere, Harry?” gli sussurrò ancora, quasi fosse un segreto, come se nessun altro potesse sentire all’infuori di loro due. “Per esempio, quanti anni hai? Io ne ho ventidue”. Harry si dimenò un po’ sotto di lui, rafforzò la presa sul polso strappando a Louis un mugolio di disappunto e poi articolò una risposta. “Diciannove”. Louis continuò ad accarezzarlo “E da dove vieni?”. “Ti prego, Louis. Ne ho bisogno” gli disse invece Harry. “No, non è vero. Ci sono io qui, andrà tutto bene. Te lo prometto”. Harry era quasi incosciente, si dimenava e aveva la mente annebbiata, ma poté nettamente sentire una nuova emozione impossessarsi di lui: Sicurezza. Louis gli stava infondendo sicurezza, lo stava accarezzando, era lì con lui, un estraneo che l’aveva maltrattato e quasi picchiato, cercava di proteggerlo.  “Dal Cheshire” biascicò allora Harry. Louis sorrise, “Sei bravissimo, Harry”. Il riccio tentò di sorridere, ma gli venne fuori una strana smorfia. In realtà si stava calmando, il suo respiro stava tornado regolare. “Louis” respiro accelerato, “Sono felice”, un singhiozzo “di non farti pietà” riuscì a concludere incespicando un po’ nelle parole. “Neanche un po’!” gli garantì il maggiore. “Harry, che ne dici di lasciarmi il polso? Prometto che non vado da nessuna parte” , la presa era ferrea e gli stava facendo anche un po’ male. Harry lasciò andare Louis, pregandolo però con gli occhi di rimanere. “Ora posso accarezzarti con due mani, non è meglio, mh?” domandò Louis sorridendogli, e accarezzando il petto di Harry con l’altra mano, una ancora immersa nei suoi ricci. “Mi piace il tuo tocco” gli rivelò il più piccolo. “Sì? Perché posso andare avanti per tutta la notte se necessario”. Harry sorrise debolmente, ormai quasi calmo. “Possiamo fare due chiacchiere, Louis?” gli chiese il più piccolo con occhi imploranti. Louis sorrise e fece cenno di sì col capo. Così trascorse la prima notte col suo nuovo compagno di stanza: accarezzandolo, calmandolo e chiacchierando del più e del meno, di tutto e di niente. Scoprì un sacco di cose su Harry, il suo cibo preferito (“Quello italiano, perché davvero non lo batte nessuno”), il suo colore preferito, perfino la sua più grande paura (“Non voglio rimanere solo, o  al buio. O peggio: solo e al buio!”).  Era ormai notte inoltrata quando Harry si calmò totalmente e si rilassò talmente tanto, da addormentarsi tra le braccia di Louis. Il maggiore lo adagiò meglio sul cuscino, gli rimboccò le coperte e tornò nel suo letto. Lo osservò a lungo prima di spegnere la luce della piccola lampada e “caspita se è bello!” Si disse. Poi si diede dello stupido per quel pensiero, scosse il capo e tentò di dormire.
 
Quando si svegliò il mattino seguente, Harry era da solo. Di Louis nemmeno una traccia. Si morse il labbro inferiore, forse lo aveva spaventato a tal punto da cambiare stanza… Eppure Harry irrazionalmente, come si autoconvinse, aveva bisogno di stare con lui, perché ieri aveva avuto una crisi e Louis lo aveva calmato solo con la sua voce e le sue carezze, perché anche senza conoscerlo era riuscito a smuovere quel macigno che aveva da sempre sul petto che gli impediva di provare emozioni. Si affacciò dalla finestra e guardò fuori. Intravide un giardino, delle panche su cui alcuni ragazzi sostavano per chiacchierare o studiare. Avrebbe voluto esplorare, scoprire il posto nuovo: sembrava bello da lì. Ma si limitò a scuotere il capo, nessuno lo avrebbe visto di buon occhio. Sospirò e si rimise a letto.
 
Louis catalogò la lezione di teologia di quel giorno sotto la voce di ‘Noiosa’ , finse di stare attento mentre con la mente era da tutt’ altra parte. Con il pensiero era ancora sul letto, ad accarezzare Harry. Quel ragazzo era un mistero: un attimo prima minacciava di picchiarlo, l’attimo dopo gli implorava di restare… Davvero Louis non capiva, eppure lo incuriosiva. Forse stava prendendo troppo a cuore la situazione, ma non poteva farci niente. In fondo, era il suo compagno di stanza e avrebbe gradito tranquillità per lo meno durante la notte. Quando la lezione finì, raccattò le sue cose e si diresse verso la mensa. La mente occupata da ricci ribelli e velati occhi verdi.
Stavano bussando alla porta. Harry nascose la testa sotto il cuscino, determinato ad ignorare chiunque. Ma il rumore non smetteva, continuavano a picchiettare imperterriti. Harry si sollevò sbuffando, aprì la porta sbraitando un “Che diavol…” si interruppe quando riconobbe padre Liam. “Alcune parole sono bandite qui, Harry” lo rimproverò bonariamente l’uomo. Se fosse stato l’Harry di un tempo, probabilmente sarebbe arrossito, ma adesso davvero non poteva interessargli di meno. Fissò il prete con aria interrogativa. “É ora di pranzo… Ti va di raggiungerci a mensa?” chiese Padre Liam. Effettivamente Harry aveva un po’ fame, ma a mensa? Davanti a tutti? Tutti ragazzi sicuramente avvertiti del suo arrivo, che lo avrebbero guardato disgustati o semplicemente felici di non essere come lui? No, grazie. “Non ho fame”. “Harry caro, qui non si dicono neanche le bugie. Ti mostro la strada” disse il prete chiudendogli il gomito in una stretta ferrea. Era forte, il riccio non lo avrebbe mai detto, chissà quanti muscoli nascondeva sotto quella toga. Memorizzò il percorso, e appena mise un piede in mensa, quasi ci fosse un campanello sulla porta, tutti si voltarono a fissarlo. Padre Liam gli mise una mano sulla spalla incitandolo ad andare avanti “Sei solo la nuova attrazione” spiegò, “ qui siamo in un seminario. Non giudichiamo la gente, Harry”. “Sarà” pensò il riccio, eppure tutti si erano affrettati ad occupare i tavoli e non lasciargli spazio. “Pranzi con me?” gli chiese il prete sedendosi in un tavolino isolato affianco al banco delle vivande. Harry sbuffò, aveva scelta in fondo? Eppure lo vedeva tanto come essere al college e mangiare con il professore. Posò il vassoio sul tavolo e tirò un morso al trancio di pizza riscaldata che aveva nel piatto.
 
Louis arrivò in mensa trafelato, aveva perso tempo a recuperare alcuni libri e stava morendo di fame. Quando entrò,  fu sorpreso di vedere Harry seduto in silenzio a mangiare con Padre Liam mentre quest’ultimo gli raccontava chissà cosa. Il fatto che lo lasciò ancor più perplesso fu che tutti lo stessero fissando, alcuni addirittura bisbigliavano tra loro. “Questo sì che è non giudicare gli altri!” pensò arrabbiato e frustrato.  Si avvicinò impettito al tavolo dove sedeva il riccio, ignorò le occhiate dei suoi compagni e posò i libri sul tavolo. “Posso sedermi con voi?” domandò cortese, accennando un sorriso in direzione di Harry. Il riccio parve sorpreso, ma gli sorrise riconoscente. “Certo, Louis” rispose Liam, pacato come sempre. “Allora Harry, che ne dici del tuo compagno di stanza?” domandò il prete, quando Louis si fu accomodato col suo vassoio. “Vuoi ancora una camera singola?” riprese Padre Liam. “Oh…” Harry arrossì, perché Louis lo guardò sorpreso. “Io… No. Va benissimo così, davvero. Louis è… Noi…” “Ci troviamo bene” completò Louis levandolo dall’ imbarazzo. “Già!” confermò semplicemente il riccio. “Lo immaginavo” sorrise il prete, “Se vuoi la mattina puoi frequentare i corsi di Louis, anziché passare la giornata a letto. Oppure… Puoi girovagare per il seminario, e scoprirne ogni angolo” . “Ci penserò” biascicò Harry, imbarazzato dalla presenza del ragazzo dagli occhi blu. “Vi lascio ora, devo dire messa” si congedò Padre Liam. Harry accennò un saluto, imitato subito dopo da Louis. “Va tutto… bene?” domandò titubante il maggiore. “Oh… Sì io… Scusa, per stanotte, lo sai. Io… Non è una cosa che controllo…” aveva iniziato a dire, inciampando nelle parole e gesticolando. Era così buffo, Louis rise appena, gli afferrò la mano che stava con insistenza ruotando in aria e sussurrò “Va tutto bene, Harry. Non importa”. Harry gli strinse appena la mano, ancora intrappolata in quella più piccola di Louis, e lo guardò come per dirgli “Grazie. Lo so, sono un disastro. Scusa”. Louis parve capire, perché si avvicinò e gli sussurrò “Non c’è di che” nell’ orecchio. E stavolta Harry diventò davvero rosso. “Idiota” pensò il riccio di sé, ma continuò a stringere la mano di Louis e a sorridergli come un ebete.
 
Louis non voleva essere sgarbato, davvero, ma Harry era nel bagno a fare una doccia da una trentina di minuti e lui aveva impellenti bisogni. Sentire il rumore dell’ acqua scrosciare non era il massimo, poi. “Harry? Tutto bene lì dentro?” domandò avvicinandosi alla porta e bussando piano. Nessuna risposta, solo acqua che scorreva. “Harry?” chiese Louis, adesso con un po’ di preoccupazione nella voce. Quando l’unica risposta che ricevette fu il silenzio, si decise ad aprire la porta. “Harry, sto entrando… Non spaventarti ok?” lo avvertì. Peccato che appena varcata la soglia del bagno, quello spaventato fu decisamente lui. Harry se ne stava accovacciato nella doccia, poggiato al muro di piastrelle, non si muoveva. “Harry!” urlò Louis, prima di corrergli incontro. Non appena le sue meni entrarono a contatto con l’acqua, si rese conto che era gelata. “Cosa vuoi fare?! Andare in ipotermia?” urlò  iniziando a scuoterlo. Harry aveva perso i sensi, o meglio, Louis sperava avesse perso i sensi. Giaceva lì, completamente nudo, e Louis in un’ altra situazione si sarebbe soffermato volentieri a vedere quel corpo statuario e macchiato d’inchiostro, ma ora non poteva. Fece scorrere un po’ d’acqua calda, poi bollente, per cercare di farlo riprendere. “Andiamo, Harry! Resta con me” gli sussurrava mentre continuava a scuoterlo, incurante del fatto che si stesse bagnando tutti i capelli e che i vestiti gli si stavano appiccicando addosso. “Lou…” sussurrò debolmente Harry. “Sono qui, sono qui” disse il maggiore passandogli una mano sul viso, liberandolo dall’ impaccio dei ricci che vi si erano appiccicati. “L’acqua scotta” biascicò il riccio. Louis sorrise, stava meglio… Doveva stare meglio per riconoscere l’acqua bollente. Chiuse il rubinetto, e “Ce la fai ad alzarti?” domandò. Harry scosse la testa, così lo aiutò a sollevarsi. La sua pelle era ancora gelida. Louis lo ricoprì con l’asciugamano, lo trascinò in camera e “Sotto le coperte!” gli intimò. Sapeva bene che doveva aiutare Harry a ritrovare la giusta temperatura corporea. Il più piccolo, ancora avvolto nell’ asciugamano si lasciò cadere sotto il piumone, era ancora intontito. Louis si liberò dei suoi vestiti bagnati rimanendo in boxer, e si sdraiò anche lui sotto le coperte, facendo collidere il suo petto con la schiena di Harry. Il riccio fu percorso da un brivido. “Che fai?” domandò confuso. “Cerco di salvarti la vita! Ma che ti salta in mente!?” lo rimproverò il maggiore, creando una frizione con le braccia intorno alle spalle di Harry per riscaldarlo. “Quelle voci, Lou… Io… Quelle voci mi dicevano che avevo bisogno  di roba e io non volevo ascoltarle” si fermò per deglutire rumorosamente, poi aggiunse “Poi ho scoperto che con l’acqua fredda le voci smettevano di darmi fastidio”. Harry si rigirò nell’ abbraccio di Louis, trovandosi faccia a faccia col ragazzo. “Scusa…” mormorò. Ed eccola qui, un’emozione nuova: la paura di aver deluso qualcuno, il rimorso, il rimpianto. Louis gli lasciò un bacio tra i capelli umidi. “Va tutto bene, davvero” sussurrò, “Solo… Quando senti queste voci, vieni da me, ok?”. Harry annuì, poggiando il capo sul suo petto. Louis era spaventato, due giorni, due attacchi di crisi d’astinenza uno più grave dell’ altro. Eppure Harry era così fragile, voleva proteggerlo da tutto e tutti, anche da se stesso, soprattutto da se stesso. Il maggiore gli passò le braccia sulla schiena, e solo allora si ricordò che il più piccolo fosse praticamente nudo. Era bellissimo… Aspetta, ma che cosa pensava!? Eppure l’immagine del suo fisico scolpito, dei suoi pettorali macchiati dall’inchiostro dei suoi tatuaggi erano come impresse a fuoco nella sua mente. “Lou?” lo richiamò il riccio, distogliendolo dai suoi pensieri (che non avrebbe dovuto nemmeno formulare). “Mh?” “Siamo sul tuo letto” ridacchiò Harry. “Devo muovere il culo e ridartelo?” gli domandò ripetendo le esatte parole che il maggiore gli aveva rivolto il giorno precedente, palesemente alterato. Anche Louis rise, “Facciamo che per oggi faccio un’ eccezione” . Harry strisciò il naso nell’ incavo del collo di Louis, che provò un brivido. Cosa stava succedendo?! Cosa erano quelle sensazioni? Louis doveva diventare prete, non doveva provare niente di simile. “Dormi con me?” chiese insicuro Harry, con gli occhi pieni di aspettativa (emozione inedita per il riccio). Louis si autoconvinse che fosse per il bene del più piccolo, che fosse perché aveva bisogno di calore, e che quella che aveva tra la gambe non fosse assolutamente una mezza erezione. “Sì, Harry” lo rassicurò, baciandogli i ricci.
 
Quando si svegliò il giorno seguente, Harry era solo. Si rigirò un po’ nel letto, col profumo di Louis impresso sul cuscino ad invadergli le narici. Arrossì notando di essere completamente svestito, ma si sorprese ancora di più per il fatto che le sue guance potessero ancora imporporarsi, come un tempo. Trovò un bigliettino sul comodino che diceva “Sono andato a lezione. Ci vediamo a mensa, all’ ora di pranzo. Lou x (P.s. adoro questo nomignolo)”. Il riccio arrossì di nuovo, pensando che ieri semplicemente non aveva la forza di pronunciare il nome del compagno per intero, ma alla fine anche a lui piaceva come soprannome. Si vestì e decise che per quella mattina, visto che c’era il sole, avrebbe anche potuto esplorare il seminario così come gli aveva suggerito Padre Liam.
 
Louis era davvero stanco: era la seconda notte consecutiva che si addormentava tardi a causa di Harry. Quando si era svegliato per andare a lezione, aveva trovato Harry con il capo sulla sua spalla, il suo respiro ad infrangersi sul suo collo e le gambe intrecciate con le sue. E Louis lo sa che vuole diventare prete, e che certe cose proprio non dovrebbe pensarle, figuriamoci farle, ma era corso in bagno a soddisfare il suo “alza-bandiera mattutino”  pensando ad Harry. E poi, non era prete. Non ancora… Quindi fino ad allora era libero di far quel che gli pareva, no? “No” gli rispose la voce della coscienza, ma lui la mise a tacere entrando in mensa. Trovò Padre Liam intento a chiacchierare con Harry allo stesso tavolo del giorno precedente. Si sedette, stiracchiandosi appena. “Buongiorno” sussurrò Harry, seduto al suo fianco. “Louis, sai che Harry è uscito oggi?” lo informò Padre Liam. Il seminarista lo osservò incuriosito, con la testa inclinata e un sopracciglio sollevato. “Ho… ehm… Esplorato?” tentò Harry imbarazzato grattandosi la nuca. “Oh!” sussurrò Louis sorpreso “trovato niente di interessante?” , domandò poi ingoiando la prima forchettata di ravioli al pomodoro. “In realtà, sì” rispose Harry con un’aria particolarmente soddisfatta stampata sul volto. Padre Liam li osservava con l’espressione di chi sapeva come sarebbe andata a finire, prima ancora che i ragazzi stessi se ne accorgessero. Si congedò con la scusa di dover dire messa, lasciandoli soli. “E sentiamo, cos’è che hai trovato?” chiese incuriosito il maggiore. “Hai lezione oggi pomeriggio?” domandò invece il più piccolo. Louis sbuffò un “sì” al quale Harry rispose con un “ Se vieni con me anziché andare a lezione, te lo mostro”. Il riccio gli sorrideva a metà tra il malizioso e lo speranzoso, e Louis non poté non sbuffare un “diavolo tentatore!”, che Harry accolse con una risatina. Sapevano entrambi  che Louis avrebbe accettato, marinando Teologia e il corso di filosofia.
 
Il posto che Harry aveva scoperto era un piccolo giardinetto, con tanto di fontanella, nascosto tra l’ala destra del seminario e l’edificio adiacente. “Se non l’ho mai visto” si giustificò Louis, seduto all’indiana sull’erba verde, “è solo perché l’ala destra del seminario è quella di Padre Liam. Non ci è permesso venire qui”. “Sono un trasgressore” scherzò il più piccolo, disteso sull’ erba a pochi metri da lui. “Dovresti confessarti” lo prese in giro il maggiore. Harry sbuffò, si avvicinò ancora di più a Louis, e posò la testa sulle sue gambe incrociate. “Come stai?” gli chiese Louis apprensivo, cominciando a fare scivolare le sue dita tra i ricci del più piccolo, districandone i nodi, o semplicemente arricciandoli intorno all’indice. “Bene. Se ti stai chiedendo se ho una temperatura corporea nella norma, la risposta è sì” gli rispose guardandolo dalla sua posizione, da cui lo vedeva quasi al contrario. “Mi hai fatto spaventare…” si lasciò sfuggire Louis. Harry strinse le palpebre, poi sussurrò “ Un giorno… Un giorno io tornerò ad essere una persona normale, e mi chiederai come sto solo per il gusto di saperlo, e non per capire se gli effetti della crisi d’astinenza siano passati”. “ Ne sono certo, Harry” lo rassicurò Louis, accarezzandogli lo scalpo. “Lou… Posso farti una domanda?” chiese timoroso. Il maggiore annuì. “Cosa ti ha spinto a…” si interruppe, misurò le parole per non sembrare sgarbato e… “A voler diventare prete?” continuò.  “Una volta ho accompagnato le mie sorelle più piccole a fare una passeggiata. Le stavo guardando mentre giocavano, ma poi mi sono soffermato a guardare il mare. Il cielo era limpido, e si incontrava a metà strada col mare, divisi solo dalla linea dell’ orizzonte” Louis si interruppe, perdendosi un attimo nei ricordi, per poi ricominciare “Ho pensato che doveva essere davvero bello essere là, essere proprio quella linea e perdersi nell’ immensità del mare che tocca il cielo. Voglio toccare l’ orizzonte, Harry. E forse per te non avrà senso, insomma a stento ce l’ha per me, ma quando prego, quando aiuto qualcuno io mi sento sempre più vicino all’ orizzonte, quasi in grado di toccarlo. Ecco il perché del mio atto di fede”. Le mani di Louis si erano fermate, Harry si era alzato a sedere, fissando il suo sguardo in quello di Louis. Azzurro cristallino nel verde opaco. “Lo capisco, invece. Anche io voglio toccare l’orizzonte. Ci ho provato anche io…” la voce di Harry si affievolì, il capo rivolto verso il basso. “Non ti serve la droga, Harry. Puoi toccarlo o avvicinarti anche senza” lo informò Louis, prendendogli il mento con due dita, costringendolo ad alzare lo sguardo. “Adesso lo so, Lou”.
 
Louis e Harry hanno spostato il comodino, unendo i due materassi per formare un rudimentale letto matrimoniale. Louis convincendosi che fosse meglio, così per poter intervenire subito per calmare le crisi del riccio, Harry perché aveva visto i suoi occhi verdi tornare a brillare, almeno di poco, di una luce nuova, convincendosi che il maggiore avrebbe risvegliato le emozioni da tempo sopite. Entrambi mentivano a loro stessi: lo avevano fatto solo perché avevano irrazionalmente, disperatamente bisogno l’uno dell’ altro.
 
Harry era al seminario da quasi un mese, ne aveva esplorato ogni angolo, lo conosceva meglio dello stesso Padre Liam e si era ormai abituato a quella routine. La mattina gironzolava un po’, pranzava con Louis e molto spesso lo convinceva a marinare le lezioni, passando così il pomeriggio insieme nel loro giardinetto segreto. Harry aveva scoperto tantissime cose su Louis, sulla sua famiglia e sulla sua vocazione. Il maggiore si prendeva cura di lui: lo accarezzava, lo confortava e calmava tutte le sue crisi senza mai farne parola con nessuno(e di ciò gli era particolarmente riconoscente).  Solo stringendo il riccio un po’ di più e sussurrando dolci paroline nel suo orecchio, le crisi d’astinenza passavano e si facevano sempre meno frequenti e forti. Harry però, gli era riconoscente soprattutto per il fatto che Louis gli faceva provare qualcosa. Emozioni, finalmente. E il riccio non lo sapeva perché gli sudassero un po’ le mani quando Louis lo accarezzava, perché arrossiva quando il maggiore gli rivolgeva un sorriso più caloroso degli altri, o perché sentiva svolazzare nel suo stomaco quando la notte lo teneva stretto al suo petto forte. Era un bel casino… Harry non aveva mai provato sensazioni e adesso si trovava a viverle tutte insieme! D’altro canto, Louis non se la passava meglio. Quel ragazzino gli provocava brividi su brividi, aveva smesso di contare le volte in cui il suo cuore perdeva un battito quando lo vedeva addormentato, oppure l’irrefrenabile voglia di toccarlo, di sfiorarlo, solo per fargli sapere che lui c’era. E questo non era normale. Perché quelli sembravano sintomi dell’ innamoramento, e Louis doveva diventare prete e la castità è il primo degli obblighi. Insomma, erano entrambi in crisi, dovevano trovare loro stessi, ma non potevano fare a meno l’uno dell’ altro.
 
Quella notte c’era un temporale particolarmente forte, fulmini lampeggiavano nel cielo e tuoni rombavano con una frequenza sempre maggiore. Harry si agitava nel letto, dimenando braccia e gambe, impedendo (come sempre d’altronde) a Louis di dormire. “Cosa c’è Harry? Hai paura del temporale?” gli domandò il maggiore avvicinandosi un po’ al corpo tremante di Harry, nel loro lettone. Harry si mise le mani sulle tempie ed iniziò a premervi sopra forte, gemiti frustrati abbandonarono la sua bocca. “Louis, falle smettere” lo implorò il riccio, “Fai smettere tutte queste voci!”. Harry si dimenava incontrollato, e quando c’era un tuono sussultava ancor di più, agitandosi come non mai. Il maggiore si mise a sedere, trascinando Harry con sé, fece scivolare le sue manine su quelle enormi di Harry e le scacciò, massaggiandogli le tempie. Harry urlò un “argh!” arrabbiato. “Va tutto bene, Harry. È solo un’ altra crisi, ne abbiamo affrontate altre insieme, ricordi?”  sussurrò Louis accarezzandogli dolcemente i capelli. Harry quella notte fece una cosa che non aveva mai fatto prima: strattonò Louis allontanandolo, poi prese a graffiarsi la parte interna degli avambracci. “Ne ho bisogno” sibilava, mentre con le unghie si torturava. Louis entrò in panico. Cosa doveva fare? Gli prese dolcemente i polsi per cercare di farlo smettere, ma Harry lo strattonò in modo violento. Gli occhi del maggiore si sgranarono. “Harry… Questo non sei tu. Tu non ne hai bisogno…” vacillò poi aggiunse un “non più, almeno”. Ma il più piccolo non sembrava ascoltarlo, non era neanche in lui probabilmente. Aveva gli occhi verdi stralunati, un ghigno a deformargli il viso dolce e delicato e le braccia completamente arrossate. Louis tentò di mantenere la calma, di essere razionale. Si ricordò che un mese prima Padre Liam gli aveva detto qualcosa al riguardo: calmarlo parlandogli (ma di certo quella sera non funzionava) oppure fargli trattenere per un po’ il respiro. Il maggiore si avvicinò e tentò di premergli una mano sul naso, tappandogli le narici. Harry lo spinse via con maggior vigore, urlando “Stai cercando di farmi fuori?! Lo sapevo che mi odiavi”. “Odiarti?” biascicò Louis confuso. Harry si inclinò verso di lui, lasciando perdere le sue braccia ormai sanguinanti, si aggrappò alla sua spalla per dire “Dammela. So che ce l’hai qui da qualche parte. Ho bisogno della mia roba”. Louis era disperato, parlare non funzionava, trattenere il respiro nemmeno… A meno che… “ O la va, o la spacca” si disse il ragazzo. Prese il volto di Harry tra le mani, gli scostò qualche riccio ribelle dalla fronte e poi lo baciò. Incontrò le labbra morbide e carnose con le sue, infinitamente più sottili. All’ inizio il contatto fu casto, ma poi la bocca di Harry cominciò a muoversi su quella del maggiore, famelica e vogliosa di avere di più. Louis non si tirò indietro quando Harry spinse la lingua nella sua bocca, esplorandola e arricciandola con la sua. Si staccarono dopo un po’ con un sonoro schiocco. Harry visibilmente più tranquillo, ma con un aria confusa. Louis avvampò, però , per lo meno,  aveva funzionato! “Perché l’ hai fatto?” chiese il più piccolo. “Io… Ehm, mi hanno detto che… Che per questo genere di cose trattenere il respiro può aiutare”, biascicò grattandosi la nuca e balbettando, rosso in viso come non mai. “E quando… Quando ti ho ehm, sì, baciato tu hai trattenuto il respiro” spiegò Louis. “ Sì, l’ ho fatto” constatò Harry passandosi l’indice sulle labbra ancora rosse e gonfie per il bacio. “Sei stato bravo, Harry…” gli disse Louis, come dopo ogni crisi scampata, alzandosi poi in cerca di un disinfettante per medicare le ferite che il riccio si era fatto sulle braccia.
 
Louis irruppe nella chiesetta in cui Padre Liam stava pregando come una furia. Si avvicinò all’uomo, che avendolo riconosciuto gli sorrise calmo e pacato come sempre. “Padre Liam, io ho bisogno di parlare con lei…”, il prete sbuffò “Da quando ci diamo del lei?”. Lo fece accomodare su una delle panche di fronte al grande crocifisso. “Sei turbato Louis, qualcosa non va?” domandò apprensivo. “Non so più chi sono. E questo mi sta distruggendo” sussurrò Louis con le lacrime agli occhi. “Per via di Harry, non è vero?” domandò Liam. “Lei come lo sa?”, Padre Liam indicò con la testa il crocifisso sulla parete prima di sussurrare un “Me l’ha detto il Grande Capo”. Se Louis non fosse attanagliato dai demoni interiori forse avrebbe riso della battuta, ma incominciò a torturarsi le mani e mordersi il labbro inferiore. “Parla” gli disse il prete in tono dolce, non era un ordine, solo un permesso. “Credevo di voler dedicare la mia intera vita al servizio del Signore… Credevo che questo mi avrebbe portato verso la felicità, verso l’orizzonte” Louis si interruppe. “E invece?” lo incoraggiò Padre Liam con le mani incrociate sul grembo. “ E invece adesso non ne sono più così sicuro. Ora come ora io vorrei solo…” sospirò indeciso sul se dirlo o meno, se mettersi del tutto a nudo oppure no, alla fine cedette “Vorrei solo Harry. Ed è sbagliato perché io ho fatto un Atto di fede e ora sono qui per mantenerlo, ma io non ce la faccio. La notte lo vedo così fragile che vorrei solo tenerlo tra le braccia e allontanare i demoni che lo tormentano uno ad uno. Da quando ho provato il sapore delle sue labbra non penso ad altro e, Padre Liam, la castità è importante per chi vuol essere prete, ma i miei pensieri, alle volte i miei gesti, non lo sono”. Louis stava ormai piangendo, sfogandosi finalmente, esprimendo tutti i pensieri che gli avevano attanagliato l’anima da quel bacio. Anche il rapporto con Harry si era fatto più freddo: Louis non sapeva chi era, come poteva sapere cosa voleva? “Louis” cominciò il prete posandogli una mano sulla spalla “Sei venuto qui a fare questo bellissimo discorso sul tuo atto di fede e la tua voglia di adempirvi, ma l’hai fatto per convincere me o te stesso?”. Louis vacillò “Non lo so. Non so più niente” mormorò ormai scosso dai singhiozzi. “Il Signore si manifesta per vie che non sempre  capiamo, Louis.  Se il tuo compito non fosse quello di servirlo come prete, bensì quello di salvare una vita? Di salvare Harry?”Padre Liam gli accarezzò le spalle tremanti. “Diventare prete è il mio atto di fede…” biascicò Louis con gli occhi di un azzurro limpido, dovuto alle lacrime salate che gli solcavano il viso. “ Vivere è un atto di fede, mica un complimento! Vivere è un atto di fede, nello sbattimento” gli rivelò Padre Liam. “Cosa? Non capisco” sussurrò Louis. “Credi che di per sé vivere non sia già un atto di fede sufficiente? Vivere con valori positivi nonostante tutto ciò che ci circonda oggi? Nonostante tutto ciò che succeda oggi?” si spiegò meglio il prete. “Non voglio deludere lei, né il Grande Capo” fece Louis con un sorrisino sghembo. “Non deluderai né l’uno né l’altro. Louis, so già cos’ hai deciso: te lo si legge in faccia. Non stai deludendo nessuno, anzi, stai dando prova dell’ atto di fede più grande che potessi fare: salvargli la vita”, così dicendo gli porse un fazzoletto bianco ricamato per asciugargli le lacrime. “Harry è il mio atto di fede” sussurrò Louis, e suonava tanto come un lo amo.
 
Louis aveva deciso, ora non era più tormentato: sapeva cosa fare della sua vita. Una volta entrato in camera tolse il crocifisso che era appeso al muro e lo ripose nel cassetto, non prima d’ aver pregato a lungo chiedendo al Signore di illuminargli la via anche in questa scelta. Quando Harry entrò, non si accorse del cambiamento. Ultimamente Louis era stato lascivo e scontroso col riccio che , se non fosse stato così bello, quasi avrebbe preferito che non ci fosse stato nessun bacio, così sarebbero stati gli Harry e Louis di sempre. Aveva cercato di gravare il meno possibile sulle spalle di Louis, mordendosi il labbro inferiore e serrando gli occhi ogni volta che si presentava il principio di una crisi. Nonostante tutto però, il maggiore se ne accorgeva e lo teneva stretto tra le sue braccia. A Harry piacevano quei momenti, era come se nulla fosse cambiato. Si stupì quella sera di trovare Louis visibilmente più tranquillo, chiacchierarono a lungo e poi andarono a letto. Harry sentiva uno strano calore invadergli il petto, come se finalmente tutto fosse tornato al posto giusto. Le notti con Harry però, non erano mai tranquille: anche quella sera iniziò a tremare e sbattere i denti. Louis notò che la forza di volontà del piccolo fosse notevolmente aumentata, non gli chiedeva più roba, solo aiuto per calmare quelle voci. “Hei, Harry. Sono qui” gli disse accarezzandolo quando lo sentì tremare affianco a lui. “Non riesco a smettere” sussurrò Harry che stava ormai piangendo. “Perché piangi? Hei, hei va tutto bene. Ci sono io qui” lo rassicurò Louis. “Piango perché non uso droghe da quasi due mesi e queste cose… Queste crisi, non mi abbandonano mai!” Harry piangeva. Harry sentiva un groppo in gola e un nodo al centro del petto e quella era decisamente un’ emozione! Harry adesso provava emozioni, provava sensazioni forti, di nuovo. “Ci vuole tempo, piccolo.” Continuò Louis accarezzandolo. Era la prima volta che lo chiamava così e ad Harry si bloccò il respiro per un attimo. “Lou… Posso…” cominciò Harry imbarazzatissimo, arrossendo “Posso baciarti?”. Lo chiese con la voce ferma, mentre il resto del suo corpo era pervaso da tremolii e spasmi. Louis sorrise, gli prese il volto tra le mani e lo baciò. Sulle labbra, sul naso, sugli zigomi, sul collo. Lo baciò a lungo assaporando il dolce gusto della sua lingua che si intrecciava con quella del più piccolo. Il maggiore portò una mano sul petto del più piccolo per poi percorrere le linee dei suoi  pettorali, i solchi dei suoi addominali e poi più giù, fino all’inguine. “Che stai facendo?” sussurrò Harry rabbrividendo, e stavolta non di certo per la crisi ormai passata. “Ti mostro qualcosa migliore della droga” sbuffò Louis baciandogli la punta del naso, armeggiando con i pantaloni del pigiama del riccio. “Quindi vuoi guarire la mia tossicodipendenza trasformandomi in un ninfomane?” domandò Harry, baciandogli però la guancia, l’angolo della bocca, succhiando un livido violaceo sul collo di Louis. “Potrebbe essere un’ idea” mormorò l’altro, ma Harry non lo ascoltava più, troppo impegnato a gemere a causa della mano di Louis sotto il tessuto dei suoi boxer. Dopo averlo spogliato, il maggiore baciò ogni centimetro di quella pelle meravigliosa, che finalmente poteva ammirare. Harry era lì, nudo per lui, stavolta poteva ammirarlo quanto voleva. Lo preparò tra gli ansiti e i gemiti del riccio che chiedeva “Di più, Lou. Dammi di più”. E Louis sorrise, perché per una volta, Harry gli stava chiedendo qualcosa che lui avrebbe veramente potuto dargli. Si spinse delicatamente dentro di lui, completandolo e quella fu una sensazione inedita per entrambi. Harry lo baciò ardentemente, quasi recuperando tutti i giorni che avevano passato in modo freddo e distante, e Louis cominciò a muoversi dentro di lui toccando il suo punto e mandandolo in estasi. “Più veloce, Lou” mugugnò il riccio, la bocca schiacciata contro il collo del maggiore che aumentò la velocità. “Harry” mugolò Louis. “Guardami, Lou” gli ordinò il più piccolo, perché sapeva che entrambi erano vicini al culmine. Raggiunsero l’apice del piacere entrambi nello stesso momento, Louis dentro di lui e Harry tra i loro petti ansanti. Quando aveva raggiunto il culmine però, Harry lo aveva fissato nei suoi meravigliosi occhioni azzurri e l’aveva visto, l’aveva quasi toccato l’orizzonte.
 
Harry si era addormentato con la testa posata sul capo di Louis e le gambe intrecciate. Il maggiore lo osservò per un po’, sorrise per quanto fosse bello. Rivolse il suo sguardo verso l’ alto, al cielo, e sussurrò “Questo è il mio atto di fede, questo è un giuramento”.
 
La mattina seguente, Louis si svegliò felice al solo ricordo di cosa fosse successo quella notte. Il suo sorriso svanì non appena trovò la stanza vuota. Il lato del letto dove dormiva Harry completamente disfatto e freddo, l’armadio spalancato privo dei suoi vestiti. Louis rimase scioccato, era andato via. Si guardò intorno incredulo finché un biglietto sul comodino non attirò la sua attenzione. “Lou, Perdonami. Non sono scappato ma ho bisogno di pensare. Non ho mai provato emozioni e ora come faccio a capire se quello che sento è amore se non ho nulla con cui confrontarlo? Ho bisogno di tempo,ho bisogno di vedere delle cose, ho bisogno di trovare me stesso. Aspettami, se puoi. Io… Io non lo so cosa è questo calore all’altezza del petto, ma devo andare avanti senza te per un po’ per scoprirlo. Tornerò. Harry x”.  Louis si alzò dal letto ed iniziò a correre in direzione della chiesa. Quando raggiunse Padre Liam era ormai in lacrime “Padre! Harry è…” “Andato via” concluse calmo l’uomo. “Solo qualche giorno fa,Louis, eri tormentato perché non sapevi chi eri, né dove stavi andando. Ora tu lo sai, è il turno di Harry di scoprire chi è lui” gli spiegò il prete pacato come sempre. “Io non l’ ho lasciato però…”, “Ognuno si scopre a modo suo. Tornerà Louis. Lo ha promesso al Grande Capo prima di andar via”, lo rassicurò Liam stringendogli la spalla. “Non posso più restare qui” mormorò Louis, effettivamente era inutile: aveva deciso di abbandonare il seminario e di dedicarsi ad Harry, se lui voleva del tempo, Louis gliel’avrebbe concesso. “Lo so.” Concordò semplicemente Padre Liam abbracciandolo.
 
Tre settimane. Louis aveva lasciato il seminario da tre settimane, pur facendo visita a Padre Liam (che era molto più che un insegnante per lui) tutte le domeniche. Louis stava aspettando che Harry tornasse da tre settimane. Non perdeva la speranza, ogni sera leggeva quel bigliettino che ormai sapeva a memoria e semplicemente attendeva. Intanto aveva trovato lavoro, faceva il commesso in una libreria e la cosa gli piaceva: adorava i libri. Faceva anche il catechista, in fondo chi meglio di lui, che li aveva provati in prima persona, poteva insegnare i valori cristiani? Era tornato a vivere nel monolocale in cui stava prima di entrare in seminario, e non era ridotto male come si sarebbe aspettato. Quel giorno, a distanza di tre settimane, tornando a casa con il sacchetto della spesa in mano e le chiavi impugnate con l’altra, rimase senza parole. C’era qualcuno seduto sul gradino della sua porta ad aspettarlo, no, c’era lui ad aspettarlo. Quando lo riconobbe si bloccò, il respiro intrappolato tra i polmoni, il cuore che rischiava di esplodergli e le lacrime che minacciavano di uscire. Harry si accorse della sua presenza e gli sorrise raggiante, alzandosi. “Ciao” gli disse semplicemente, ma fu abbastanza per Louis che non riuscì a trattenere la lacrima che gli rigò la guancia. La asciugò velocemente col dorso della mano per poi aprire la porta e sussurrare un timido “Vuoi entrare?”. Da dove veniva poi quella timidezza? Aveva litigato con Harry, aveva dormito con lui, ci aveva fatto l’amore e ora tutt’ un tratto era timido. Il riccio entrò richiudendosi la porta alle spalle, sorridendogli “Hai lasciato il seminario”. “Già” gli rispose Louis. “Perché?” chiese Harry. “Come se non lo sapessi. Chi ti ha detto che ero qui?” domandò invece il maggiore. “Padre Liam”. Poi silenzio. Non un silenzio teso, no. Un silenzio che li aiutava a mettere a posto i loro pensieri, un silenzio quasi amichevole. “Sei tornato” sussurrò Louis. “Te l’avevo promesso”. Louis voleva sapere cosa avesse fatto Harry, dov’era stato e con chi, ma si limitava a fissarlo, come se il semplice fatto che fosse lì bastasse. “Hai avuto il tuo tempo? Hai trovato te stesso? Hai visto cosa volevi vedere?” chiese tutto d’un fiato, nominando i punti che il riccio aveva scritto nel biglietto, facendo sorridere Harry: era sempre il solito vecchio Lou, il suo Lou. “Sì, ho visto tanto. Vuoi saperne qualcosa?” Louis si limitò ad annuire, rapito da quegli occhi verdi che ora brillavano più vivi che mai e che avrebbero messo in ombra il più brillante degli smeraldi, la più verdeggiante delle foreste sotto la pioggia. “ Ho visto mari calmi e mari tempestosi, ho visto tanti Giuda tutti in buona fede, ho visto tanti pezzi per un mosaico solo. Ho visto la bellezza che ti spacca il cuore e occhi come il mare nel momento del piacere” a quelle parole Louis arrossì un po’ capendo che si stesse palesemente riferendo a lui. Harry continuò “ Ho visto solo per come io sapevo, che c’era luce anche nelle notti più cattive; e ho visto che l’ amore cambia il modo di guardare”. “Amore…” mormorò Louis. Harry sorrise, perché alla fine l’aveva capito che l’emozione più forte e più bella di tutte che provava si chiamava così: Amore. Quella sensazione che lui collegava ad un volto ben preciso, quello di Louis. “Tu che cosa vedi? C’è ancora un orizzonte lì con te?” domandò Harry. E Louis scoppiò a piangere, perché a modo suo gli stava chiedendo di vivere insieme, di stare insieme, di amarsi e di toccare insieme l’orizzonte che entrambi avevano come obiettivo. Louis si avvicinò, gli mise le mani sul volto per poi sussurrare un “Non andartene più” e baciarlo, baciarlo fino allo sfinimento. Sentì le mani di Harry posarsi sui suoi fianchi, sul suo sedere tondo per poi tornare ad accarezzare la sua schiena. Quando si staccarono, diversi minuti dopo, Harry aveva le labbra gonfie e Louis sorrise fiero pensando di essere la causa di quel gonfiore. Intrecciò le dita di Harry con le sue, gli schioccò un altro bacio sulle labbra perché era ovvio che voleva vivere con lui, era ovvio che lo amava, era dannatamente ovvio che Harry fosse il suo nuovo orizzonte. Strinse forte la mano del più piccolo, che posò l’altra sul suo petto. Lo guardò negli occhi e sussurrò “Questo è il mio atto di fede, questo è un giuramento” come aveva promesso la notte in cui avevano consumato il loro amore, suggellando il tutto con un bacio.
 
Questa è la storia di come Louis, aspirante prete, sia diventato in realtà un libraio e un fidanzato dolce e premuroso; e di come Harry si sia ripulito dalla droga e abbia scoperto l’amore.
 
THE END.
  
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