4.
È qui la festa?
La
scuola pubblica di Heaven non era grande nemmeno la metà di
quella che Sam
Winchester frequentava a Lawrence, e contava ancora meno studenti.
Tuttavia, il
giovane non poteva che iniziare ad apprezzare il nuovo ambiente: i
professori erano
competenti e i compagni di classe socievoli, nonostante lui fosse
ancora troppo
intimidito per potersi considerare davvero amico di qualcuno dei suoi
coetanei.
Nonostante ciò, all’Heaven High School era
impossibile annoiarsi. Vi erano
attività scolastiche di ogni tipo, corsi in preparazione al
college, club degli
scacchi, della matematica, della musica, del cinema e perfino uno
dedicato alle
serie televisive britanniche. C’era la banda della scuola, le
squadre di
baseball, di basket e di football, e un cospicuo gruppo di cheerleader.
In
effetti, Sam era rimasto stupefatto di come la scuola di una
città tanto
piccola potesse brulicare di così tanta vita.
Ciò che
a Sam non piaceva della nuova scuola, tuttavia, era l’ufficio
del preside, o,
ad essere precisi, il preside in persona. Il signor Uriel Wisdom era un
personaggio terrificante, a partire dalla sua stazza fino al suo
sguardo
minaccioso e la smorfia schifata sempre presente sulle sue labbra. Il
più giovane
dei Winchester aveva sentito storie riguardo l’odio smisurato
che l’uomo
provava per gli studenti, tanto che fra i corridoi della scuola
giravano voci
che giuravano che Uriel si riferisse ad essi con i termini
‘scimmie
spelacchiate’.
Mentre
sfilava mogio dalla postazione della signorina Rosen,
l’iperattiva segretaria
tutto fare della scuola, Sam non poté che ripercorrere frase
dopo frase
l’intera conversazione che aveva appena avuto con
quell’uomo supponente.
I suoi
voti non erano all’altezza.
I suoi
voti non erano all’altezza!
Quando
aveva sentito quelle parole per poco il minore dei fratelli Winchester
si sentì
mancare. A Lawrence aveva la media più alta del suo anno,
pur seguendo tutti
corsi avanzati, e da quando frequentava le superiori non aveva mai
preso
un voto inferiore ad A.
Secondo
quanto gli aveva appena comunicato Uriel, invece, i test preliminari
che
avevano seguito la sua iscrizione alla Heaven High School si erano
rivelati
deludenti rispetto alle aspettative. Il preside gli aveva spiegato che
non era
del tutto sorprendente, considerato che il giovane si era iscritto ad
anno
scolastico già iniziato, e che sarebbe stato meglio per lui
cercarsi un tutor
in grado di indirizzarlo finché non sarebbe stato in grado
di trovare un nuovo
metodo di studio che coincidesse con quello di insegnamento dei nuovi
docenti.
Una
volta in corridoio Sam si passò le mani fra i capelli mentre
si lasciava
scivolare su una panchina. Che cosa avrebbe detto suo padre? E che cosa
avrebbe
significato questo incidente di percorso per la sua, fino ad allora
perfetta,
scalata verso l’iscrizione a Standford?
Era
talmente immerso nei propri pensieri che non si era nemmeno accorto che
anche
la panchina di fronte alla propria era occupata e che l’altro
studente, prima
immerso nella lettura di un tomo voluminoso, aveva smesso di leggere
per
osservarlo con sguardo incuriosito.
“Va
tutto bene?”
Sam si
ritrovò a sobbalzare suo malgrado. Alzò lo
sguardo, incrociando quello di due
grandi occhi blu puntati su di lui.
“Cosa?-
domandò, prima di scuotere la testa e provare a formulare
una frase di senso
compiuto- Certo, sì tutto bene.”
Castiel
annuì, poco convinto “Ne sei sicuro? Sei appena
uscito dall’ufficio di Uriel e
so per esperienza che parlare con lui può essere piuttosto
impegnativo.”
“Già.”
sospirò il ragazzo più giovane, per poi scoppiare
in una piccola risata
impregnata di imbarazzo.
“Posso
assicurarti- continuò a parlare l’altro, facendo
un segno al libro che
stringeva ancora fra le mani e mettendolo da parte- che di qualsiasi
cosa ti
abbia parlato non si tratta di niente di irrisolvibile. Uriel tende a
drammatizzare molto.”
Sam
sbuffò sonoramente “Me ne sono accorto. Secondo
lui non sono all’altezza degli
insegnamenti che ho scelto, ma ho preso solo un paio di B!”
Castiel
si aprì in un sorriso “Oh. È solo
questo? Ma tu sei nuovo, giusto?”
“Sì.-
disse il quindicenne, per poi ricordarsi di non essersi ancora
presentato- Mi
chiamo Sam. Sam Winchester.”
“Lo so.
Come tutti in città, del resto. Sono stato anche io alla
tavola calda di tuo
padre- scherzò Castiel- Io mi chiamo Castiel Novak e posso
assicurarti che la
situazione in cui ti trovi non è affatto così
grave come sembra.”
“Davvero?”
ribatté con poca convinzione Sam.
Il
giovane dagli occhi blu annuì “Certo. Ti
basterà trovare un tutor e un compagno
di classe che ti aiuti a studiare in base alle richieste degli
insegnanti. Non
ci vorrà molto prima che la tua situazione
migliori.”
Sam si
strinse nelle spalle. Stranamente parlare con quel ragazzo era
già bastato a
tranquillizzarlo e a mettere tutto in una prospettiva migliore.
“Non è
che potresti darmi il nome di qualcuno che sarebbe disposto a farmi da
tutor?”
domandò quindi, alzando uno sguardo speranzoso sul proprio
interlocutore.
Castiel
si morse il labbro inferiore e aggrottò le sopracciglia,
pensieroso “Beh, non
so se può esserti di aiuto, ma lo scorso anno ho fatto da
tutor a Kevin Tran.
Anche lui si era appena trasferito e aveva un problema simile al tuo
e…”
“Tu sei
un tutor?” domandò Sam, il volto completamente
illuminato.
“Non mi
definirei propriamente come tale, ma ho già ricoperto questo
ruolo un paio di
volte, sì.” ammise il giovane, annuendo piano.
Il
minore dei fratelli Winchester si alzò “Ma
è meraviglioso! Castiel, ti prego,
potresti farmi da tutor? Sei la mia unica speranza!”
Castiel
scoppiò a ridere, divertito dal tono melodrammatico usato
dallo studente più
giovane “Credo che prima dovresti chiedere delle referenze a
Kevin.”
“Siamo
al liceo, Castiel, non abbiamo bisogno di referenze.” disse
il ragazzo, facendo
roteare gli occhi.
Il
giovane dagli occhi blu sorrise indulgente “Ma sarebbe
più efficiente da parte
tua richiederle. Se vuoi, avrei anche il nome di una studentessa del
tuo stesso
anno con cui potresti formare un gruppo di studio, credo che ti
potrebbe essere
altrettanto utile.”
“Di chi
si tratta?” si informò Sam, incuriosito.
“Jessica
Moore.- rispose quindi Castiel- La conosci?”
“Sì.-
ammise l’altro- Seguiamo un paio di corsi insieme.”
Per la
seconda volta quella mattina, Sam Winchester si lasciò
cadere sulla stessa
panchina, ma se la prima volta lo aveva fatto in preda
all’ansia e alla
disperazione, in quel momento era decisamente sollevato.
“E’
stata una fortuna trovarti qui, Castiel. A proposito, come mai non sei
in
classe?”
L’altro
si strinse nelle spalle “La seconda ora è la mia
ora buca. Sono l’unico del mio
anno ad avere scelto di non frequentare educazione fisica."
Sam si
ritrovò a sghignazzare “Non sei il primo che
conosco a fare una scelta del
genere.”
Il
volto di Castiel si fece pensieroso “I tuoi amici a Lawrence,
immagino. Ti deve
mancare molto.”
Il
quindicenne si strinse nelle spalle, restio a dare una vera risposta.
“Com’è
il Kansas?” domandò quindi l’altro
studente.
“Bello.-
si ritrovò immediatamente a dire Sam- Voglio dire, non
è niente di speciale,
solo che era…casa.”
Castiel
annuì piano “Deve essere dura per voi ritrovarvi
qui, ora.”
“Non è
poi così male.- ammise quindi il ragazzo, ripensando alle
ultime settimane
passate in città- Heaven sembra un bel posto, sono certo che
mi piacerà.”
“Heaven
è un ottimo posto dove vivere.”
confermò quindi il giovane dagli occhi blu,
sulle labbra un sorriso lieve.
“Tu hai
sempre abitato qui?” chiese Sam, incuriosito.
L’altro
scosse la testa “No. Ho vissuto a Pontiac, Illinois, poi io e
Gabriel, mio
fratello, ci siamo trasferiti qui.”
Sam
spalancò gli occhi, incuriosito da quella storia
“Solo voi due?”
“Già.-
gli sorrise di rimando Castiel- Avevo poco meno di tre anni, lui
diciotto.”
“Ti ha
cresciuto lui, quindi.” riepilogò il minore dei
fratelli Winchester che, fedele
al proprio nome, non era propriamente pieno di tatto.
L’altro
ragazzo, tuttavia, sembrò non farci caso
“Sì, siamo sempre stati solo io
Gabriel. Anche se lui fa chiasso quanto una squadra di football dopo
aver vinto
una partita.”
“Oh.-
Sam intravide in quella frase l’occasione per riportare la
conversazione su
territori più neutri- Sei appassionato di
football?”
“No, in
realtà non sono molto bravo negli sport.- ammise Castiel
aggrottando la fronte-
Ma una volta la squadra di football della città ha vinto una
partita dopo
trent’anni sfortunati e abbiamo tutti fatto festa per cinque
giorni.”
Sam si
ritrovò a ridere di cuore al sentire quella frase. In fondo,
Heaven non era
quel posto terribile che gli era sembrato al momento del trasferimento.
E se
l’aiuto di Castiel si fosse davvero rivelato prezioso e in
grado di far
ritornare la propria carriera scolastica agli splendori originali, di
sicuro la
vita per lui non avrebbe fatto che migliorare. In fondo, era certo che
quello
sarebbe stato un ottimo inizio per la sua prima vera amicizia ad
Heaven.
Lavorare
sulle macchine era più che una passione per Dean Winchester.
In
effetti, da quando suo padre gli aveva fatto dono dell’Impala
al suo sedicesimo
compleanno, il ragazzo aveva spesso fantasticato sul poter diventare un
meccanico, in un futuro, ed aprire finalmente un’autofficina
tutta sua. Non
erano passati che tre anni da quel giorno, eppure a Dean, dopo la morte
di sua
madre, sembrava di essere invecchiato di una decina in più.
Aveva
quasi del tutto smesso di pensare al proprio sogno da ragazzino, ma da
quando
aveva incominciato a lavorare con Bobby Singer quell’idea
aveva iniziato a
frullargli di nuovo per la testa.
Ovviamente,
avendo già un lavoro full time da Mary’s, Dean non
poteva permettersi di
passare moltissimo tempo all’officina di Singer.
Ciò non voleva dire, tuttavia,
che il giovane non provasse a passarci ogni minuto che aveva a
disposizione.
Durante
il suo giorno libero, in particolare, aveva preso l’abitudine
di prepararsi un
semplice pranzo al sacco e poi recarsi da Singer per passare
l’intera giornata
con la testa infilata sotto il cofano di una macchina bisognosa di
attenzione.
Era
proprio durante uno di quei giorni che l’auto rimorchio
arrugginito di Rufus
Turner, migliore amico e socio di Bobby, fece il suo rumoroso ingresso
dal
polveroso cortile dell’autorimessa, trascinandosi dietro un
bizzarro maggiolino
giallo.
L’uomo
scese dall’auto borbottando, prima di strillare il nome del
suo amico per
attirarne l’attenzione.
“Rufus!
Che diavolo hai da strillare?- sbottò Bobby, per poi
cambiare immediatamente
tono quando riconobbe il giovane che era appena sceso dal sedile del
passeggero
dell’auto rimorchio- Oh, Castiel. Sono tre settimane che non
passi, credevo che
tu e Gabriel aveste finalmente deciso di cambiare auto.”
Il ragazzo
gli rivolse un sorriso imbarazzato “Non possiamo proprio
permettercelo al
momento, Bobby, lo sai.”
Il
vecchio si grattò la testa, pur senza togliersi il suo
inseparabile e malconcio
berretto da baseball “Scommetto che comprare una nuova
macchina vi costerebbe
meno che portare da me quel rottame tre volte al mese.”
“Tu ci
fai sempre enormi sconti.” gli ricordò quindi
Castiel, sorridendogli grato.
“E tu
mi fai trovare sulla veranda biscotti appena fatti ogni domenica
mattina.”
borbottò il meccanico, facendo un ampio gesto del braccio
come se volesse
scacciare da sé e dal suo interlocutore l’idea che
lui potesse essere
estremamente generoso.
Il
ragazzo scosse la testa “Non puoi sapere che sono
io.”
“Certo,
Castiel.- Bobby fece roteare gli occhi, prima di puntare lo sguardo
sulla
macchina gialla- Allora, che cos’ha questa volta?”
“Non
parte.” dichiarò quindi il giovane, stringendosi
nelle spalle. Non sarebbe
stato in grado di dire di più, considerando che ne lui ne il
fratello erano
propriamente ferrati sull’argomento.
Il
meccanico, tuttavia, annuì, come se quella risposta fosse
più che sufficiente
“Ok, solo un attimo. Dean!”
Il
maggiore dei fratelli Winchester al sentire chiamato il proprio nome
sgusciò
immediatamente fuori dall’auto su cui stava lavorando, una
meravigliosa Mustang
rossa appartenente all’inquietante signor War.
“Che
c’è?” domandò, fingendo
così di non avere affatto origliato fino a quel momento
la conversazione fra il suo datore di lavoro e il compagno di scuola di
suo
fratello.
“Occupati
dell’auto di Castiel.” gli ordinò quindi
Bobby, prima di girare i tacchi per
ritornare in ufficio.
Dean
annuì immediatamente, e si rivolse al nuovo arrivato mentre
si puliva il grasso
che aveva sulle mani con un piccolo telo sdrucito “Ok.
Allora, qual è il
problema?”
“Speravo
potessi dirmelo tu.- ribatté Castiel, seguendolo passo passo
mentre sganciava
il maggiolino dall’auto rimorchio per poterlo quindi
analizzare- Bobby dice che
Herbie sta cercando in ogni modo di ricorrere
all’eutanasia.”
“Herbie?”
il meccanico alzò un sopracciglio, mentre apriva il cofano
per osservare le
condizioni del motore.
“Gli ho
dato questo nome quando avevo quattro anni.- spiegò quindi
Castiel, non senza
arrossire leggermente- Gabriel mi ha incoraggiato.”
Dean
annuì distrattamente, ma ormai la sua attenzione era
completamente catalizzata
dal compito che gli era stato assegnato. Osservando il motore del
vecchio
maggiolino giallo era palese che quell’automobile fosse
più vecchia che
d’epoca. I problemi di quella macchina, ad un occhio esperto
come il suo, erano
più che evidenti. Tuttavia, si limitò a
focalizzarsi sul motivo per cui l’auto
avesse deciso di non mettersi in moto più.
“Uhm.” borbottò
a mezza voce, gli occhi verdi ancora ben puntati sul motore che gli si
trovava
di fronte.
“Che
c’è?- domandò immediatamente
l’altro giovane, decisamente preoccipato- Qualcosa
di grave che non
va?”
Dean
sospirò, alzandosi per guardare il proprio interlocutore
negli occhi “Direi di
sì. Credo che per sistemartela dovrò tenerla qui
per qualche giorno.”
“Oh,
solo questo.- sorrise Castiel, visibilmente sollevato- Pensavo che
Herbie ci
avesse lasciato per sempre.”
“Per
tua fortuna sono molto bravo in quello che faccio.- ribatté
spavaldo l’altro-
Ti serve un passaggio per tornare in città?”
Il
ragazzo dagli occhi blu scosse piano la testa “No, grazie,
credo che farò una
passeggiata. Bobby ha il nostro numero, quindi può chiamare
a casa quando la macchina
sarà pronta.”
“Ok.-
acconsentì Dean, prima di voltarsi verso l’ufficio
dell’officina e urlare-
Bobby?”
L’uomo
uscì dall’edificio borbottando contrariato
“Che diavolo vuoi, ragazzo?”
“Castiel
se ne sta andando.- lo informò quindi il giovane meccanico-
La sua auto deve
rimanere qui per qualche giorno.”
Bobby
scosse la testa “Pff, è già tanto che
quel ferro vecchio non abbia tirato le
cuoia.”
“Herbie
ce la farà anche questa volta.” gli
assicurò Dean con un sorriso da sbruffone.
Castiel
sorrise a quello scambio di battute, prima di rivolgersi al burbero
uomo a sua
volta “Bobby, ti ricordi della festa di sabato,
vero?”
“Io
odio le feste, Castiel.- gli ricordò Singer con tono
scontroso- Non verrò.”
“Lo hai
detto anche lo scorso anno e sei arrivato prima di chiunque
altro.” gli ricordò
il giovane Novak, con tono serafico.
“Volevo
solo portarti il tuo regalo e svignarmerla.- borbottò Bobby
contrariato- Non è
colpa mia se quel pazzo di tuo fratello mi ha praticamente incatenato
al
divano.”
Il
ragazzo scoppiò in una risata leggera “E poi ti
sei divertito. Quest’anno
invece lascia perdere il regalo e presentati puntuale. Ti prometto che
la torta
ne varrà la pena: la farà Gabe!”
Bobby
si voltò di lato, intenzionato a non cedere “Io
non vengo alla tua festa, e
questo è quanto.”
“Verrai.-
gli assicurò Castiel, per poi voltarsi verso il meccanico
più giovane- Non dargli
retta, Dean, lui verrà. E ci sarai anche tu, non
è vero?”
Dean
gli rivolse un sorriso brillante “Ti ho detto che ci sarei
stato, giusto?”
“Perfetto!
Ci vediamo sabato, allora.”
E, dopo
aver sventolato con leggiadria la mano in segno di saluto, il giovane
si
incamminò velocemente lungo la strada che lo avrebbe
ricondotto a casa.
Quasi
senza accorgersene, Dean era rimasto in piedi nel cortile, lo sguardo
fisso sul
punto da cui Castiel era appena sparito.
“Scordatelo,
ragazzo.”
La voce
di Bobby, alle sue spalle, lo fece sobbalzare.
“Cosa?-
sbottò, ricomponendosi e ritornando al proprio lavoro- Di
cosa stai parlando?”
L’uomo
non si fece ingannare dal suo tono disinteressato “Non fare
il finto tonto con
me. Ho riconosciuto lo sguardo con cui fissavi Castiel Novak.”
“Non
avevo nessuno sguardo.- borbottò Dean, puntando lo sguardo
sul motore del
maggiolino per non dover fissare quello del proprio datore di lavoro-
E,
soprattutto, non lo fissavo.”
“Ci
mancava poco che i tuoi occhi non saltassero fuori dalle orbite e
diventassero
a forma di cuore.” aggiunse quindi Bobby, con un tono che era
quasi divertito.
Dean
scosse la testa “Sta zitto, vecchio.”
“Dico
solo che sarebbe meglio per te lasciar stare quel ragazzo.-
ritentò di spiegare
il meccanico più vecchio, la sua voce paterna- Ha
già un fidanzato ed è
piuttosto innamorato. Non voglio che ti si spezzi il cuore appena
arrivato in
città.”
“Non
succederà.- gli assicurò Dean- Ora scusa, ma
è meglio che mi metta subito al
lavoro sulla macchina dei Novak.”
Bobby
lo osservò mentre si gettava nel lavoro con determinato
cipiglio. Sapeva che
quel Winchester era un bravo ragazzo, certo. Ma, anche se lo conosceva
da poco,
era già riuscito a farsi un’idea di quanto
cocciuto potesse essere.
Il
meccanico sospirò pesantemente.
Come se
Heaven avesse davvero bisogno di un melodramma sentimentale, si
ritrovò a
pensare.
Casa
Novak non era niente di speciale.
Una
semplice villetta a due piani, con una veranda con un divanetto di
vimini, un
giardino incolto e poco curato attraversato da un vialetto di ghiaia e
una
cassetta delle lettere blu.
Per
Gabriel e Castiel, però, quello non era soltanto un edificio.
Era una
casa, nel vero senso della parola. Un rifugio con un forte valore
affettivo,
comprato con notevoli sacrifici economici e fisicamente portatore di
innumerevoli ricordi della loro vita insieme.
Come la
scoloritura indelebile sul pavimento della cucina, frutto del primo
fallimentare tentativo di Gabriel di prendersi cura della nuova casa
con una
giornata di pulizie generali.
O come
le tacche incise nello stipite della porta della camera di Castiel,
ognuna
etichettata con l’età e l’altezza del
ragazzo, che il fratello maggiore aveva
iniziato a registrare con pazienza certosina dal giorno del loro
trasferimento.
In
quella casa i due fratelli avevano vissuto momenti spensierati e altri
più malinconici.
Gabriel aveva trascorso nottate intere sul divano, troppo stanco dai
mille
lavori che doveva fare per riuscire a pagare il mutuo per riuscire a
salire le
scale e infilarsi nel proprio letto. Castiel aveva spostato da solo i
mobili
della propria cameretta per fare spazio alla sua collezione di libri,
le pile
ordinate addossate alle pareti destinate ad aumentare ogni volta che il
ragazzo
passava dal mercatino delle pulci. Insieme i due avevano fatto maratone
di
film, abbarbicati sul divano a mangiare pizza all’ananas,
cucinato dolci cercando
di intuire a quale temperatura dover regolare il loro vecchio e
malconcio
forno, erano stati costretti a vivere per un intero mese al piano terra
quando
Castiel si era rotto una gamba a dieci anni, e anche litigato quando le
loro
personalità troppo diverse avevano iniziato a scontrarsi
troppo, ma solo per
fare pace poche ore dopo.
Nonostante
il loro attaccamento a quella casa e i mille ricordi che essa
conservava,
tuttavia, i Novak non avevano sempre vissuto lì.
Quando
il padre dei due ragazzi aveva deciso di sparire per sempre senza
lasciare
traccia in seguito alla morte della consorte, Gabriel, appena
diciottenne, era
stato costretto a lasciare la loro vecchia casa portando con
sé solo un paio di
valige e il piccolo Castiel stretto fra le braccia. Avevano vissuto in
tristi e
luridi motel, quando non poteva permettersi niente di meglio, e poi per
un po’
gli stipendi del maggiore dei fratelli gli avevano permesso di cercare
una
sistemazione più stabile nella stanza subaffittata da
un’ottantenne con
problemi di udito. Infine,
finalmente, erano
riusciti a raggiungere l’indipendenza e ad affittare un
monolocale solo per
loro due, proprio nel centro di Heaven. Gabriel si era innamorato
immediatamente della città e i suoi abitanti non potevano
certo non
affezionarsi a quel giovane determinato e al suo fratellino con gli
immensi
occhioni color cielo. E così, quando il ragazzo aveva avuto
l’occasione di
poter comprare una casa vera, era palese che i due fratelli non
sarebbero
andati lontani.
A
quindici minuti dal centro della città, proprio di fianco
alla villetta
tinteggiata di lilla di Becky Rosen, casa Novak non era propriamente il
fulcro
della vita mondana cittadina, ma lo diventava di certo ogniqualvolta
Gabriel
decideva di dare una festa. E, considerando la natura esuberante del
ragazzo, delle
occasioni del genere si presentavano almeno cinque volte
all’anno.
Per le
feste di compleanno, e quindi anche in occasione dei diciassette anni
di
Castiel, Gabriel decorava tutta la veranda appendendo lanterne colorate
e
all’interno della casa piazzava palloncini e festoni
personalizzati in ogni
stanza, focalizzandosi con particolare attenzione sul salotto, che
diventava il
punto focale dell’intera festa. I due divani e le due
poltrone rimanevano
costantemente occupati, il tavolino da caffè veniva riempito
con tutti i doni
portati dagli invitati e all’interno della casa la musica,
seppur altissima, riusciva a malapena
a sovrastare il costante ed allegro chiacchiericcio.
A
festeggiare Castiel c’erano proprio tutti.
In
tutto quel brulicare di persone, però, Castiel si aggirava
nelle stanze del
piano terra con al seguito i suoi due migliori amici.
“Si può
sapere chi stai cercando, Castiel?- domandò quindi Inias,
dopo l’ennesimo
trasferimento dal salotto alla cucina- Sembri inquieto.”
Il
festeggiato scandagliò la stanza con occhi attenti
“Dean Winchester.”
“Dean
Winchester?- gli fece quindi eco il suo coetaneo- E che cosa dovrebbe
venire a
fare qui?”
Castiel
si voltò verso l’amico, incuriosito dal suo tono
sorpreso “Oh, l’ho invitato
alla festa. E anche suo fratello.”
Inias
sbatté le palpebre più volte
“Davvero?”
“Perché
non avrei dovuto?” ribatté quindi il minore dei
Novak.
Samandriel
intervenne immediatamente, attirando su di sé
l’attenzione dei due amici “Jo
Harevelle ci ha raccontato che ha provato a comprare della birra con un
documento falso.”
La
cosa, tuttavia, non parve turbare Castiel “E con
questo?”
“Credevo
che alla festa di quest’anno non volessi problemi.”
gli ricordò quindi Inias, che
aveva sentito l’amico preoccuparsi più volte che
il fratello maggiore potesse
rendere il suo compleanno un evento nazionale.
“E non
ce ne saranno.- gli assicurò quindi il neo diciassettenne-
Dean è una brava
persona.”
L’altro
aggrottò la fronte “Come puoi dirlo? Lo conosci da
poco.”
“Lascialo
in pace, Inias.- si intromise di nuovo Samandriel, sul volto da
ragazzino molto
più giovane della sua reale età
un’espressione fiduciosa- Lo
sai che Castiel ha un grande cuore.”
“Fin
troppo.- ammise Inias ridendo- Che mi dici di Balthazar?”
Castiel
si strinse nelle spalle “Arriverà. Me lo ha
promesso.”
In
effetti, il suo ragazzo gli aveva telefonato poche ore prima,
riferendogli che
sarebbe dovuto rimanere a scuola per diverse ore dopo la fine delle
lezioni per
colpa di un progetto di gruppo. A differenza di tutti loro, infatti,
Balthazar
Roché era stato iscritto dai genitori ad una prestigiosa
scuola privata di
matrice britannica, situata a diversi chilometri da Heaven.
“Cassie?
Che cosa ci fai rintanato qui?- la voce allegra di Gabriel,
così come la sua
mano che si avvolse con presa sicura intorno al suo braccio, lo
riscossero
immediatamente dai suoi pensieri- E’ la tua festa devi essere
il centro dell’attenzione.”
“Sai
che non mi piace essere al centro dell’attenzione.”
cercò di protestare il
giovane, mentre veniva trascinato via dal fratello sotto lo sguardo
divertito
dei due amici.
Gabriel
gli rivolse un sorriso tutto denti “Beh, poco male,
perché è arrivato il
momento degli aneddoti!”
“Gabriel,
ti prego…” lo supplicò Castiel,
proprio mentre veniva spinto a sedere al centro del divano, proprio fra
Pamela
e Ellen.
Il
fratello maggiore gli sventolò il dito indice sotto il naso
“No, Cassie, la
gente vuole sentire la storia.”
Castiel
fece roteare gli occhi platealmente “La racconti ogni anno,
dubito che qualcuno
voglia ancora sentirla.”
“Certo
che vogliamo sentirla.- lo contraddì immediatamente Pam,
prima di strizzare l’occhio
in direzione di Gabriel- Su, dolcezza, lascia parlare il tuo
fratellone.”
Felice
di avere di nuovo tutti gli occhi puntati su di sé, Gabriel
riprese a parlare,
stando ben attento di essere più melodrammatico del
necessario “Dicevo, una
compagna di classe regalò a Cassie uno di quei braccialetti
coi campanelli,
quelli che si diceva richiamassero gli angeli. E lui, che non ha ancora
imparato a non prendere tutto alla lettera, credeva fermamente che
potesse
riuscire a catturare un angelo grazie a
quell’aggeggio.”
“Avevo
sette anni.” aggiunse Castiel a mezza voce.
“Già,
ed eri adorabile.- annuì Gabriel, sorridendo beato prima di
continuare il
proprio racconto- Dunque, Cassie appende quel bracciale su uno dei rami
bassi
dell’albero in giardino, e poi si arrampica in alto, per
poter balzare
sull’angelo quando poi si sarebbe presentato. Dopo un
po’ che non si faceva
sentire io ho iniziato a preoccuparmi e a chiamarlo e dal giardino mi
arriva
flebile la sua vocina. E quando esco di casa cosa vedo? Il mio piccolo
fratellino incastrato sull’albero come un gattino in
difficoltà. Ho dovuto
chiamare i pompieri per riuscire a recuperarlo.”
Castiel
arrossì vistosamente e tutti i suoi amici non poterono fare
a meno di ridere
divertiti dal suo imbarazzo. Tuttavia, questo non li fermò
dal raccontare a
loro volta degli aneddoti riguardanti il festeggiato. Il giovane
ascoltò i
racconti dei presenti finché Gabriel non si alzò,
gettandogli un braccio
intorno alle spalle e conducendolo davanti ad un grande pacchetto
decorato da
un enorme fiocco blu.
“Ok, bando
alle ciance.- disse il padrone di casa, indicando la confezione
sapientemente
incartata-Adesso devi aprire il mio regalo.”
Jo
Harevelle fece un fischio ammirato “Wow, Castiel, guarda come
è grande!”
“Gabe!-
protestò il ragazzo, gli occhi spalancati- Ti avevo detto
che non volevo niente
quest’anno.”
“E io
non ti ho ascoltato come al solito, fratellino.”
sbuffò il maggiore dei due
fratelli, sventolando una mano con non curanza.
Castiel
sospirò, scuotendo piano la testa, prima di mettersi
d’impegno ad aprire quel
grande pacchetto. All’interno del salotto tutti i presenti
sembravano
trattenere il fiato, incuriositi da quella sorpresa, e non appena il
diciassettenne riuscì ad intravedere il contenuto si
voltò di scatto verso il
fratello che lo guardava sorridendo sornione.
“Gabriel!-
esclamò il giovane, gli occhi brillanti- E’ il
computer portatile che volevo!
Sei impazzito? Costa una fortuna!”
“Lo so,
l’ho detto anche al commesso del negozio, ma uno scrittore ha
bisogno di un
notebook, che cos’altro potevo fare?- rispose Gabriel con un
sorrisetto
divertito sulla faccia, prima di assumere un tono più dolce
mentre pronunciava
la frase successiva- Allora, ti piace?”
Castiel
annuì con convinzione “Lo adoro.
Grazie.” disse, prima di stringere il proprio
fratello in un abbraccio schiaccia ossa, uno dei gesti che, nella sua
timidezza, solitamente era restio a compiere.
“E’
stato un piacere.- sorrise nell’abbraccio il fratello
maggiore, prima di
rivolgersi agli astanti con una luce scherzosa negli occhi- Ma sai cosa
lo sarà
ancora di più? Mangiarti la faccia!”
“Cosa?”
domandò Castiel, aggrottando la fronte.
“Ti ho
fatto una torta personalizzata!” trillò entusiasta
Gabriel, correndo in cucina
e ritornando trascinando un carrellino su cui era adagiata
un’enorme torta alla
panna decorata con una perfetta riproduzione del volto del giovane
festeggiato.
“Santo
cielo, Gabriel, è meravigliosa.”
dichiarò Becky, mentre ammirava l’ottimo
lavoro fatto dal proprio vicino di casa.
Bobby
annuì concorde “Davvero, perché non
molli Ellen e apri una pasticceria tutta
tua?”
“Hey,
come dovrei fare senza il mio secondo in comando e pasticcere
talentuoso alla
Roadhouse?” protestò immediatamente Ellen,
incrociando le braccia.
Gabriel
rise “Non preoccuparti, Ellen, non ti abbandonerò
così all’improvviso.”
Nel
frattempo, Pam aveva acceso tutte e diciassette le candeline
“Pronto per il tuo
desiderio, tesoro?”
“Non ho
bisogno di desideri, ho già tutto quello che mi
serve.” disse Castiel,
rivolgendo un dolce sorriso a tutti i presenti.
“Wow,
quello era davvero melenso, Cassie.”
Castiel
si voltò di scatto al sentire quella voce “Balth?
Ce l’hai fatta!” gridò
felice, abbracciando il proprio ragazzo.
“Già.-
annuì l’altro, posandogli un dolce bacio sulla
fronte- Giuro che se dovrò
partecipare ad un altro progetto di gruppo con quelle scimmie
ammaestrate dei
miei compagni di corso potrei fare una strage.”
“Beh,
per ora non importa.- rise il giovane festeggiato, felice- Sei
qui!”
Balthazar
annuì di nuovo, prima di dargli un altro bacio “Te
l’avevo detto che non mi
sarei mai perso la tua festa. E, ora che mi viene in mente, ecco il tuo
regalo.”
Castiel
gli rivolse un sorriso radioso prima di prendere il pacchetto dalle sue
mani.
Al suo interno, vi era un morbidissimo set invernale con berretto,
sciarpa e
guanti, tutti di angora blu.
“Grazie,
Balth, sono bellissimi.” sussurrò,
sulle guance un leggero rossore.
Il
ragazzo di un anno più vecchio ridacchiò,
ignorando il tubare di Becky in loro
direzione “E si intonano al colore dei tuoi occhi.”
“Chi è
melenso ora, uh?” ribatté quindi Castiel, dandogli
un colpo affettuoso sul
torace.
Un
leggero tossire alle loro spalle li costrinse a voltarsi.
“Oh,
salve Samandriel.” lo salutò gentilmente
Balthazar.
Il
ragazzo gli rivolse un sorriso prima di voltarsi verso il proprio amico
“Castiel,
puoi venire con me un attimo?”
“Ti
dispiace?” domandò quindi Castiel al proprio
ragazzo.
Balthazar
scosse piano la testa “Non c’è problema.
Nel frattempo proverò a convincere
Gabriel a darmi un'altra fetta di torta.”
“Buona
fortuna.” gli augurò con tono scettico il
festeggiato, ben consapevole che
quella del suo fidanzato era una battaglia persa in partenza.
Quando
lui ed il suo amico si ritrovarono all’aperto, sulla veranda,
il giovane si
voltò incuriosito verso Samandriel “Allora, che
c’è di così importante?”
“Dean
Winchester è fuori in giardino.- gli sussurrò
quindi l’altro con tono
concitato- Ti aspetta dietro il vecchio albero.”
Castiel
si voltò verso il punto indicato dall’amico
“Davvero? Perché non entra?”
“Non lo
so.- disse Samandriel, scuotendo il capo- Ma se vuoi parlargli ti
conviene
andare ora. Aveva l’aria di qualcuno pronto a fuggire da un
momento all’altro.”
Il
ragazzo dagli occhi blu annuì e si avviò con
passi sicuri verso la propria
meta, finché fu abbastanza vicino da sfiorare il braccio di
Dean Winchester per
attirarne l’attenzione.
“Sei
venuto!” esclamò, rivolgendo all’altro
giovane un sorriso radioso.
Dean
scrollò le spalle “Beh, mi hai invitato.”
“Pensavo
che non venissi.- gli rivelò quindi Castiel, lo sguardo
fisso sulla punte delle
proprie scarpe- Prima ho visto Sam, ma era solo.”
“E
invece eccomi qua. Tieni.” disse il giovane meccanico,
infilandogli tra le mani
un grezzo pacchetto fatto di stoffa.
Il
festeggiato se lo girò fra le dita, gli occhi pieni di
curiosità “Che
cos’è?”
Dean
gli rivolse un sorriso sfrontato “E’ il tuo
compleanno, no?”
“Non
dovevi farmi un regalo, Dean.” gli ricordò Castiel.
“Non è
niente di speciale, non ti montare la testa.”
sbuffò l’altro, voltandosi di
lato come se ciò dimostrasse che non gli importava affatto
che il suo regalo
venisse apprezzato.
Castiel
gli rivolse un sorriso divertito, prima di aprire con cura il pacchetto
di
pezza che conteneva il regalo. Quando riuscì ad intravedere
il suo contenuto,
il giovane spalancò gli occhi, esterrefatto: da un
braccialetto di cuoio
intrecciato pendeva un bellissimo ciondolo di metallo intagliato.
“Sono
ali!” esclamò, puntando i propri occhi su Dean.
Questi
scrollò le spalle “Perché mi avevi
detto che il tuo nome è quello di un angelo.
Ho pensato che regalarti una cosa del genere potesse essere
calzante.”
“E’
bellissimo.” gli assicurò l’altro, gli
occhi puntati su quel bel dono.
Dean si
passò una mano sul collo, leggermente imbarazzato
“Uh, non è niente di che. Non
una di quelle cose raffinate che si comprano nei negozi. L’ho
fatto io, ho
comprato solo il cuoio e Bobby mi ha dato un vecchio pezzo di metallo
e…”
“Voglio
metterlo.- lo interruppe Castiel- Aiutami ad indossarlo.”
Il
meccanico scosse la testa “Cas non sei obbligato a metterlo,
davvero…”
“Non hai
sentito quello che ti ho chiesto?- lo interruppe di nuovo il
diciassettenne- La
regola è che bisogna esaudire i desideri del
festeggiato.”
Dean
alzò le mani in segno di resa
“D’accordo. Sei prepotente, lo sai?”
“Non è
vero.- lo contraddisse immediatamente Castiel, prima di vedere
l’effetto che
faceva avere quel braccialetto al polso- Non vuoi entrare a mangiare
qualcosa?”
“No. In
realtà, sono venuto solo a darti questo.- disse Dean,
cercando con tutte le
proprie forze di mantenere un tono distaccato- Devo andare ora, ho un
appuntamento.”
Il sorriso
sul volto di Castiel si spense velocemente “Oh,
capisco.”
“Mi
dispiace, Cas.” si scusò quindi l’altro,
sentendosi improvvisamente in colpa.
“Non fa
niente.- gli assicurò quindi il piccolo Novak, sventolando
una mano con
noncuranza e piantandosi sul volto uno dei suoi sorrisi cortesi- Io
credo che
forse è meglio che io rientri. Si staranno domandando che
fine ho fatto.”
Dean
annuì piano, seguendolo con lo sguardo
“Già. È stato bello vederti. Passa alla
tavola calda, qualche volta.”
“Certo.-
annuì mesto il giovane, prima di ritornare sui propri passi
e ritornare verso
la festa- Ci si vede in giro, Dean.”
Dean lo
osservò allontanarsi ed entrare in casa. Dalle finestre
aperte del salotto,
riusciva ancora ad intravedere la sagoma di Balthazar avvolgersi
intorno alla
sua in un abbraccio.
Scosse
la testa per scacciare quella immagine e iniziò ad
allontanarsi dalla proprietà
dei Novak.
In
fondo, che cosa poteva importagli di chi abbracciava o meno Castiel?
Lui
aveva un appuntamento, quella sera.
Di chi
il neo diciassettenne decidesse di frequentare, non gli importava
affatto.
Affatto.
* * * * *
NdA:
Salve a tutti! Innanzitutto, grazie mille se state leggendo la mia
storia.
Vorrei anche ringraziare tutti quelli che hanno deciso di aggiungerla
tra le
preferite, le seguite e quelle da ricordare, e anche a tutte quelle
deliziose
persone che mi hanno lasciato un commento. Grazie mille davvero!
Ed ora,
sotto con le cattive notizie. Niente di tragico, lo giuro. Il fatto
è che sto
scrivendo la tesi. Una tesi pesantissima e in inglese. Gennaio
costituirà probabilmente
il mese più duro prima della laurea e quindi non so con
precisione quanto
riuscirò ad aggiornare la storia. Attenzione, questo non
vuol dire che non
aggiornerò affatto per tutto questo mese (spero), ma solo
che gli aggiornamenti
saranno meno frequenti rispetto a come lo sono stati fino ad ora.
Abbiate pietà
di me, quindi, e sopportatemi anche se sarò un po’
più lenta nello scrivere. Per non farvi stare
troppo male ho deciso di pubblicare oggi un capitolo parecchio lungo :)
Ah, un’ultima
cosa, vorrei sottolineare che questa storia è una Destiel
quindi…Non
preoccupatevi troppo della coppia Balthazar/Castiel ;)
Di
nuovo, grazie mille a tutti voi, adorabili lettori.
Un bacio,
JoJo