Buon compleanno…
“BIP! Ciao Gab, sono Sharpay! È da
un sacco che non ci sentiamo, e proprio quando ti chiamo tu non ci sei? Ma che
fine hai fatto? E poi dicevano che ero io la Regina di Ghiaccio! In ogni caso,
ti ho chiamata perché invitarti al Red Rose Club ad Albuquerque, domani sera
alle nove! Saprai meglio di me che giorno è, vero? Chad ha deciso di dare una
festa, così mi ha chiesto di chiamarti. Ci saremo tutti, naturalmente, e anche
qualcuno di nuovo. Ci aggiriamo attorno alle settanta, ottante persone. Sai
bene che quando vogliamo fare le cose in grande, ne siamo capaci! Eheh… mi
raccomando, non darci buca!! Ci teniamo a rivederti… e chiama, ogni tanto! Ah,
mi stavo dimenticando… ho già dato disposizione perché ti vengano a prendere
con l’elicottero di mio padre, così sono sicura che non cambi idea! Ti saluta
anche Zeke… un bacio!! BIP!”
Gabriella
spinse il tasto del rewind. Era la terza volta che
ascoltava la voce allegra di Sharpay alla segreteria telefonica.
Era seduta
sul divano, il gomito poggiato sul bracciolo color crema e il viso sulla mano.
Il
messaggio risaliva al giorno prima, ma era tornata a casa troppo tardi e troppo
stanca per poterlo ascoltare.
Certo che
sapeva che giorno era. Come poterlo scordare, in fondo?
Ed ora,
aveva sei ore di tempo per prepararsi e tornare ad Albuquerque. O meglio, aveva
sei ore per decidere se tornare giù
in New Messico.
Sospirò,
passandosi una mano tra i capelli scuri e ricci. Aveva voglia di vedere i suoi
amici, tanta. Ma passare un’intera serata in mezzo alla gente, perlopiù
estranea?
-Ottanta
persone…- pensò scioccata –L’ha organizzata Shar, non c’è dubbio…-
Si alzò
dal divano, prese la borsa ed il cappotto e lasciò il suo appartamento. Se ci
fosse andata, avrebbe avuto bisogno di un regalo, giusto?
Fermò il
primo taxi che passò e si fece portare in centro.
Pescò il
cellulare dalla borsa e compose il numero di casa.
“Pronto,
mamma? Ciao, come stai?” domandò con un sorriso “Io bene, grazie. Senti,
stasera io torno a casa! Sì, c’è la festa di… ah, te lo ricordi, eh?!” fece una
risatina triste “Già… no, mi viene a prendere Sharpay… sì, il suo elicottero…
allora ci vediamo dopo! Un bacione…”
Chiuse la
chiamata ed incominciò a pensare cosa avrebbe potuto comprare.
###
Ritornò a
casa con una tavola da snowboard con un grande fiocco nell’angolo, e un CD da masterizzare.
Si sedette
alla scrivania ed accese il computer, lanciando un’occhiata all’orologio: ci
aveva messo relativamente poco a comprare il regalo, ed aveva tutto il tempo
per prepararsi ed aspettare il suo ‘velivolo personale’.
Quando
finalmente comparve il desktop, inserì il CD ed aprì la sua cartella della
musica.
Iniziò a
copiare sul disco tutte le canzoni che pensava andassero bene, che gli potevano
piacere, ma cercò di evitare quelle che potevano ricordare troppo loro due.
Lasciò che
finisse la copia, mentre si faceva una doccia. Era già nervosa, il suo corpo
sembrava tremare: come quando da bambina doveva cantare nel coro.
Aprì il
grande armadio, scorrendo con una mano i vestiti che aveva.
-Troppo
sportivo… troppo elegante… troppo stretto… troppo largo… troppo rosa…- le venne
da ridere: lei che non aveva mai problemi di abbigliamento, stava per cadere
nel panico!
Infine, si
decise ad indossare un abito rosa antico, lungo fino al ginocchio, senza
spalline, con dei tacchi bianchi.
Andò in
bagno a struccarsi leggermente, riponendo quindi lucidalabbra e specchietto in
una piccola borsetta da mano.
Un trillo
del computer la avvertì che aveva terminato, così tolse il CD e lo spense.
Prese un
pennarello indelebile e scrisse sull’etichetta 18 ottobre: per il tuo venticinquesimo compleanno, tanti auguri,
Gabriella.
Si
ricontrollò l’ultima volta allo specchio, sistemandosi i lunghi capelli
lasciati sciolti, poi afferrò borsa, giubbotto e regali ed uscì di casa.
Dovette
aspettare qualche minuto prima di avvertire il rumore delle pale
dell’elicottero, e vederlo atterrare nel parcheggio semivuoto.
“Gabriella
Montez?” domandò il pilota, un uomo con gli occhiali neri e due cuffie in
testa.
“Sì, sono
io!” gridò in risposta, per sovrastare il fracasso.
L’uomo le
tese la mano e l’aiutò a salire: “Arriveremo ad Albuquerque in due ore!”
Lei
sorrise e si accomodò sul sedile, mettendo con attenzione lo snowboard dietro
di lei.
Aprì la borsetta,
prese l’Ipod ed infilò le cuffie, cercando di fermare
il tremito che aveva nelle mani.
###
Il Red
Rose Club era sempre stato il luogo ideale per fare delle feste: con una grande
pista da ballo nel mezzo, tutto attorno divanetti su cui sedersi con tavolini,
una grande postazione per i DJ più scatenati ed un bar molto fornito.
Contava
inoltre anche di un piano superiore, più appartato e calmo, dove ci si poteva
rilassare quando le orecchie dolevano un po’ troppo per la forza dei decibel.
Gabriella
si aggiustò le pieghe del vestito e guardò l’ora nel cellulare: le nove e un
quarto. Era in perfetto orario!
Raggiunse
l’entrata, difesa da un buttafuori enorme in giacca e cravatta.
“Mi
dispiace, signorina, ma questa sera è tutto prenotato per una festa privata.”
tuonò in un tono che non ammetteva repliche.
“Ehm…
veramente, io sarei un’invitata!” balbettò lei.
Il
bodyguard la guardò dall’alto in basso: “L’invito?”
Invito?
Quale invito? Sharpay l’aveva chiamata, non le aveva proprio spedito niente!!
“Guardi,
mi ha chiamata la signorina Sharpay Evans, è una mia amica, mi ha lasciato un
messaggio in segreteria, ma non mi ha parlato di invito cartaceo!”
L’uomo
incrociò le braccia al petto: “Mi dispiace, ma senza invito non si entra.”
Gabriella
sbuffò, appoggiò la tavola a terra e prese il cellulare.
“Se decidi
di invitarmi ad una festa, almeno assicurati che mi lascino entrare!” esclamò
scocciata quando Sharpay rispose.
“Gabby!” trillò allegra lei “Aspettami, arrivo subito!”
Qualche
secondo dopo, la porta rossa si aprì, rivelando una sgargiante e bellissima
Sharpay, che corse subito ad abbracciare l’amica.
“Ecco
colei che risorge dal mondo dei morti, troppo VIP per farsi sentire con le
amiche!” scherzò.
La prese
per mano e la condusse all’interno della discoteca, dove la musica era già
sparata a palla.
Tutta la
sala era illuminata da luci rosse e bianche, che creavano uno strano effetto.
“Ma chi è
tutta questa gente?” urlò la mora.
Sharpay
fece spallucce: “Ci siamo noi, tutti i Red Hawks, amici vari, famiglia ed anche
amici e famiglia di Kay!”
Gabriella
avvertì un brivido lungo la schiena al suono di quel nome. Kay.
Kay Atkinson. L’aveva anche
vista, una volta, e ne aveva sentito parlare da Shar e Taylor.
Scosse la
testa. Era stata lei a chiudere, tre anni prima, giusto? Non aveva nessun
motivo per pensare per forza che fosse antipatica.
“Gabriella!”
prima di capire chi l’avesse chiamata, si ritrovò stretta tra le braccia forti
di Chad.
“Ehi,
lasciane un pezzetto anche a noi!” presero il suo posto Kelsie e Taylor, e poi
Ryan, Jason, Martha e Zeke.
“Ragazzi,
è stupendo rincontrarvi!” esclamò lei con le lacrime agli occhi “Ma… Zeke,
Chad, Jason… voi non la smettete più di crescere? Ogni volta che vi vedo siete
più alti!”
I tre
ragazzi risero, poi Chad le fece l’occhiolino: “Beh, Gabby… ti manca il
festeggiato!”
Taylor gli
diede un pizzicotto, ma lei sorrise: “Già… dov’è quel vecchietto del tuo
amico?”
“Vieni!”
aiutandola con l’ingombrante regalo, la condusse attraverso la ressa, fino ad
un angolo della sala dove svettava una pila di regali.
“Ehi,
amico, guarda chi ha portato il vento di Los Angeles!” Troy si girò alla frase
di Chad, ed incontrò quegli occhi dolci da cerbiatta, color cioccolato, che gli
avevano fatto girare la testa.
Sorrise:
“Gabriella! Non ci credo, sei venuta!”
“Ciao,
Troy…” cercando di contenere il battito del suo cuore, l’abbracciò stretto,
respirando il suo profumo che pensava aver dimenticato.
Anche il
ragazzo avvertì il profumo dei suoi capelli mori. Era una sensazione strana: se
Taylor sapeva di fragola, Sharpay di zucchero filato, Kelsie di menta, Martha
di limone e Kay di mela, Gabriella aveva una
fragranza che non sarebbe riuscito ad associare a niente. Era come il caldo del
Sole, il rumore dell’oceano, la felicità di una domenica mattina.
Quando si
staccarono, Gabriella gli porse lo snowboard: “Tanti auguri, Troy. Spero ti
piaccia!”
Gli occhi
azzurri del ragazzo s’illuminarono: “Wow! Gabby, ma è fantastico, grazie!”
Lei
sorrise: “C’è anche questo. Così cambi il repertorio, sotto la doccia!” lui
fece una smorfia divertita e prese il CD.
Cadde un
silenzio –se così lo si poteva chiamare- imbarazzante; nessuno dei tre sapeva
come iniziare un discorso senza ricadere in ricordi più o meno spiacevoli.
All’improvviso,
una ragazza con capelli biondi sopra le spalle e due grandi occhi grigi li
raggiunse e si aggrappò al braccio di Troy: “Ciao!”
Il castano
sorrise: “Gabriella, conosci già Kay, vero?”
Lei le
tese la mano: “Sì, l’ho vista l’anno scorso, a cena da Pay, penso…”
Kay
ricambiò la stretta: “Non mi sembra vero di poterti conoscere! Sai, ho appena
comprato il tuo ultimo CD!”
Gabriella
sorrise per ringraziare, ed osservò come si stringeva al suo fidanzato. Un
linguaggio del corpo davvero chiaro: lui è mio, e punto.
“Ehm…
penso che raggiungerò gli altri, voglio fare due chiacchiere! Ci vediamo dopo,
d’accordo?” la mora li salutò con un gesto della mano e scappò via il più in
fretta possibile, da Taylor e Kelsie.
Kay fu
distratta un attimo da una sua amica, e Chad approfittò dell’occasione per
sussurrare all’orecchio del suo amico: “Ricordi? Dicevi che ti piacevano le
more…”
Troy seguì
con lo sguardo la schiena di Gabriella che si allontanava, e non fu capace di
rispondere.
###
“Leggo dal
tuo visino che non sei molto contenta di partecipare a questa festa, e sono
solo le dieci e mezza!”
Gabriella
si girò verso Taylor, che si era appena sedutale di fianco, e sorrise
tristemente: “No, dai… vorrei soltanto che finisse il più presto possibile!”
La mora la
guardò dritto negli occhi: “Io ancora mi chiedo perché l’hai fatto, tesoro.”
Lei
distolse lo sguardo, spostandolo sul bicchiere vuoto che reggeva: “Non lo so,
Tay…”
Tirò su di
scatto la testa, respirando bruscamente per ricomporsi, e si alzò dal
divanetto: “Io me ne vado a prendere un altro. Ne vuoi uno?”
Taylor
scosse la coda di cavallo che portava: “No, grazie. Ma non esagerare.”
L’amica
fece una smorfia e si diresse al tavolo con cibo e bevande; si versò un
bicchiere di champagne, si appoggiò al ripiano ed osservò la sala: piena di
persone che lei non conosceva, ma che conoscevano lei per la sua carriera.
All’improvviso,
una mano le sfiorò la spalla: “Gabriella, che piacere!”
Si voltò
sorpresa: “Signor Bolton! Che sorpresa! Sono anni che non ci vediamo!”
“Tre, per
la precisione. Dimmi, come stai?”
“Tutto
bene, grazie. E lei? E sua moglie?”
Jack
Bolton sorrise: “Tutto a posto, Lucille è qui da
qualche parte. Non è proprio una festa adatta a noi, ma ci stiamo divertendo.”
“Beh, sono
contenta. Serve a tutti un po’ di svago, no?”
“Ehi,
papà, non mi starai annoiando Gabriella con i tuoi discorsi da professore,
vero?” Troy era comparso tra loro due.
Il padre
sbuffò: “Ho capito, vado a cercare la mamma. Ciao, Gabriella, è stato un
piacere rivederti!”
Lei
sorrise: “Anche per me, signor Bolton.”
Troy si
allungò per prendere un bicchiere di champagne, e quando le sfiorò il braccio,
la mora tremò impercettibilmente.
“Allora,
come stai?” le domandò.
Fece
spallucce: “Bene, più o meno. Sono solo un po’ stanca… sai, per il lavoro…
andare avanti e indietro tra studi di registrazione, interviste e apparizioni
varie…”
Lui annuì:
“Sì, capisco! Forse non ci crederai, ma anche essere il playmaker dei Red Hawks
non è semplice…”
Gabriella
bevve un sorso: “E’ simpatica, Kay.”
Troy si
girò a guardare la sua ragazza, intenta a parlare con alcuni amici: “Oh… già, è
vero. L’ho conosciuta ad una festa, due anni fa. Ha iniziato lei a chiamarmi,
in verità… un po’ stressante, all’inizio, poi però… beh, diciamo che ne è valsa
la pena!”
La mora
rise, giocherellando con il bicchiere, così Troy continuò: “E tu? Vedi
qualcuno?”
Scosse la
testa: “No, per adesso no.”
“Dai, non
posso credere che tu non abbia nessuno spasimante!” esclamò stupito lui
ridendo.
Lei
arrossì: “Non ho detto questo! Metti in dubbio la mia bellezza, Bolton?”
Continuarono
a ridere insieme, come non facevano da anni; e una persona, da lontano, li
osservava.
Kay si
morse leggermente il labbro. Il suo ragazzo e la sua ex-ragazza. Un playmaker e
una cantante famosa. Che splendida accoppiata: doveva preoccuparsi?
Scosse la
testa: si fidava di Troy, lei lo amava e lui amava lei.
All’improvviso,
la musica cambiò; Troy si girò verso Gabriella con un sorriso birichino: “Ehi.
Questa sei tu!”
Lei annuì,
rossa in viso: “Già… vorrei sapere chi diavolo l’ha messa!”
“Perché? È
una bella canzone!” il castano iniziò a canticchiare il ritornello “Let's dance, show me, hold me, control me, let's
dance, take me, shake me, make me…”
La
cantante sorrise. Quella canzone risaliva ancora al suo primo album, uscito tre
anni prima… quando ancora stavano insieme.
“Gabriella…”
si voltò verso il ragazzo “Dovresti farmi un altro regalo.”
“Se
posso…” mormorò, deglutendo.
Lui
sorrise malizioso: “Dopo la torta, perché non ci canti una canzone?”
“Oh, no!”
si oppose subito “Non ci pensare nemmeno!”
“Dai!” la
incitò lui “Ormai dovrebbe esserti passata la paura del pubblico, no? Se lo
fai… allora dopo canto con te.”
Lo guardò
ad occhi sgranati: “Stai scherzando?”
Troy si
mise una mano sul cuore: “Parola di Wildcat!”
Gabriella
sospirò: “D’accordo. Ma solo perché è il tuo compleanno.”
“Grazie.”
il ragazzo avvicinò il bicchiere al suo e li fece cozzare piano “Cin cin!”
Kay li raggiunse proprio in quel
momento, circondando la vita del suo fidanzato con un braccio: “Allora,
Gabriella, ti stai divertendo?”
Lei sorrise: “Sì, grazie. Chad e Sharpay l’hanno
organizzata proprio bene!”
Tutti e tre risero, poi il castano si voltò verso Kay: “Sai, dopo Gabby canterà. Così potrai sentirla dal vivo!”
La bionda sorrise: “Non vedo l’ora. Invidio molto la tua
voce, Gabriella. Io, invece, sono completamente stonata!”
“Oh, non è vero, non sei così male. Rischi solo di crepare
i vetri!” la prese dolcemente in girò Troy.
Gabriella sorrise triste, e bevve un altro sorso di
champagne, mentre sentiva una strana sensazione alla bocca dello stomaco.
“Tu di che cosa ti occupi, invece, Kay?”
domandò cortesemente.
“Sono un architetto. D’interni, per la precisione. Ma
appena metteremo su famiglia, lascerò lo studio e mi dedicherò solo ai figli!”
Gabriella sgranò gli occhi: “Non dirmi che… sei incinta!”
Kay scoppiò a ridere e scosse la
testa: “No, ancora no! Ma ci stiamo provando!”
La mora guardò Troy, che abbassò lo sguardo con un piccolo
sorriso. E non potè far a meno di ricordare che anche loro due avevano parlato
di bambini, un giorno di tanti anni prima.
Kay scosse il suo ragazzo per un
braccio: “Andiamo? Julia vorrebbe farti gli auguri!”
“Certo,” acconsentì lui “Ci vediamo dopo, Gab. E ricordati
che hai promesso!”
Lei annuì, e si rituffò nello champagne.
Ciao!!
Questa è una storia che mi è venuta in mente, non so perché, una settimana fa
quando hanno trasmesso Spiderman 2.
Doveva
essere una shot, poi però è venuta così lunga che ho dovuto dividerla in tre
parti!!
Spero
che vi piaccia!! Magari lasciatemi un commento, anche piccolo!
Ah,
la canzone che canticchia Troy è Let’s dance di
Vanessa Hudgens.
Bacioni,
la vostra
Hypnotic Poison