Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: queen of night    29/05/2008    4 recensioni
Certo che il destino sapeva davvero sorprendere. Due settimane prima non si sarebbe mai sognato di rivolgere la parola a Fay Heather, mentre ora ce l’aveva appiccicata contro la schiena. La spiò dallo specchietto e la vide poggiare la guancia contro la proprio spalla. Aveva lo sguardo basso e sembrava persa nei suoi pensieri. La folta chioma corvina danzava dietro di lei, come una lingua di fuoco nero. Forse non era bella nel senso comune del termine, ma era quantomeno affascinate come persona. Sembrava in gamba, perché viveva da sola in un postaccio dove lui non avrebbe mai messo piede per tutto l’oro del mondo. Sapeva arrangiarsi e questo un po’ gli ricordava Neil. Inoltre aveva appurato che non erano assolutamente vere le voci di corridoio che la dipingevano come l’amante di qualche professore influente della facoltà. Fay era molto intelligente. L’aveva capito subito. E comunque sembrava abbastanza ostinata e orgogliosa da non abbassarsi a tanto solo per qualche buon voto. Di certo non aveva un carattere semplice, era strana e amava isolarsi, però sembrava una brava ragazza a dispetto di quello che si diceva in giro. Quanto si sbagliava…
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Sopravvissuto alla prima ripetizione, Nathan decise di armarsi di pazienza e di continuare a frequentare casa Heather. Aveva constatato che le spiegazioni di Fay, essendo molto semplici e concise, riuscivano a rimanere bene impresse nella sua mente. La ragazza, oltre a fargli delle lezioni di ripasso su tutti gli argomenti principali della teoria, gli proponeva tutte le volte degli esercizi pratici, in cui lui si cimentava da solo a casa propria.

Statica e Meccanica delle Strutture era sempre stata una materia odiosa per la maggior parte degli studenti: era molto impegnativa e, inoltre, il professore la spiegava in modo incomprensibile. Per questo lui non stava mai attento a lezione: a cosa gli sarebbe servito, se tanto non avrebbe capito nulla ugualmente?

Però da quando ascoltava Fay, quella materia non gli sembrava più tanto ostica. Anzi: Nathan, ora che riusciva a svolgere senza troppa fatica gli esercizi, provava una grande soddisfazione anche nei confronti di se stesso.

Si stava impegnando molto per recuperare e i suoi sforzi avrebbero dato i lori frutti: ormai l’esame era vicino.

Erano passati circa una quindicina di giorni dalla prima volta che aveva messo piede in quel quartiere putrescente. Aveva preso l’abitudine di andare da Fay solo due volte a settimana, perché le sue ripetizioni, anche se prodigiose, erano molto costose.

Però alla fine erano soldi spesi bene, si trovò a riflettere Nathan, mentre si stava recando proprio da lei.

Nonostante avesse passato in sua compagnia non più di quattro pomeriggi, non era ancora riuscito a sciogliere il ghiaccio tra loro. Non che la cosa gli importasse più di tanto, intendiamoci: lui era sempre stato così pieno di sé da non avere occhi che per se stesso, salvo qualche caso eccezionale.

Però Fay rimaneva costantemente sulle sue: era cordiale, ma in modo distaccato, e non diceva mai un parola di troppo. Si limitava a parlare quando doveva spiegargli qualcosa, ma non avevano mai fatto una conversazione che vertesse su qualcos’altro.

Ed era proprio questa totale mancanza di interesse da parte di lei che lo infastidiva: non era abituato a non essere considerato dagli altri, né tanto meno a rivolgersi a qualcuno per primo. Di solito erano le persone a cercare lui, non viceversa.

Quindi Nathan, di fronte a Fay, si trovava spesso combattuto tra il desiderio di farle qualche domanda ed uno spiccato sentimento di orgoglio, che gli impediva di cominciare per primo un discorso.

Quando si rendeva conto di pensare queste cose, si arrabbiava con se stesso e si dava dello stupido: in fondo, che vantaggio avrebbe avuto a parlare con una come lei? Avrebbe ottenuto soltanto un accenno di gastrite, probabilmente. Già, gli sarebbe venuta per il nervoso.

Però la tentazione di sapere qualcosa in più era troppo forte. Insomma, Fay era oltremodo enigmatica come persona. Osservando il suo appartamento, Nathan non aveva raccolto nessuna informazione. Non sapeva nulla di lei, eccetto che era scorbutica, strana e frequentava il suo stesso corso. Ah, sì: conosceva il luogo dove viveva (ma di questo ne avrebbe fatto volentieri a meno) e aveva incontrato il suo gatto, una palla di pelo nero molto simpatica, che lo accoglieva sempre con grandi fusa.

Se qualcuno lo avesse visto interrogarsi ostinatamente su Fay Heather, gli avrebbe dato del maniaco. Ma Nathan non era un maniaco: solo simpatizzava per la filosofia “conosci bene il tuo nemico”.

Così, decise che quel giorno avrebbe conosciuto bene il suo nemico.

 

 

Fay quel pomeriggio lavorava ad un prospetto per Progettazione sul suo laptop. Per comprarselo, il primo anno aveva dovuto risparmiare parecchio e tagliare tutte le spese superflue, ma alla fine aveva racimolato abbastanza soldi per potersi permettere un buon modello di portatile.

Tra poco sarebbe arrivato Nathan, per la solita ripetizione, e doveva sbrigarsi a finire il compito, perché poi quella sera avrebbe lavorato e non ci sarebbe stato il tempo nemmeno per qualche ritocco.

D’un tratto bussarono alla porta, frettolosamente.

Fay, che era concentrata in ciò che stava facendo, sobbalzò sulla sedia. Anche Mr. Mao, che poco prima dormiva acciambellato sul divano, ora era sceso a terra con un balzo e guardava fisso l’uscio di casa.

Bussarono di nuovo e con molta prepotenza.

Fay capì subito che non poteva trattarsi del compagno di corso: assurdo pensare che fosse in anticipo e, inoltre, nonostante la loro antipatia reciproca, lui non era un ragazzo maleducato. Non avrebbe colpito il portone con tanta violenza.

Quando aprì la porta, si ritrovò davanti un ragazzo alto, capelli neri sparati in aria (modello porcospino, per intenderci), occhi truccati di nero e sorriso sghembo. Portava dei jeans tutti strappati, tenuti su da una cintura borchiata. Il torso era ben evidenziato da una t-shirt epidermica e in mano teneva un guinzaglio al cui capo stava un enorme dobberman. Questi, non appena fiutò l’odore del gatto di lei, cominciò ad abbaiare e a dimenarsi per entrare dentro l’appartamento, solo che il suo padrone lo trattenne. E per fortuna!

“Cosa vuoi?” chiese subito Fay, senza perdere tempo. In realtà aveva già una vaga idea di cosa volesse il suo dirimpettaio.

“Sai, passavo di qui per portare il cane a spasso e ho pensato di fare una capatina dalla mia vicina” disse lui, in finto tono amichevole.

Fay, più bassa del giovane di due spanne e mezzo, lo guardò in cagnesco.

“Non li ho i tuoi maledetti soldi, ok?!” sbottò. Poi fece per sbattergli la porta in faccia, ma quello mise un piede tra l’uscio e il muro bloccandola.

Tenendo sempre con una mano il guinzaglio del cane, con l’altra prese un polso di Fay, portandole il braccio dietro la schiena. Lei trattenne a stento un gemito di dolore.

“Non si scherza con il fuoco, ragazzina!” le sibilò a pochi centimetri dal volto. Il suo alito caldo puzzava di alcol. “Io ti do quello che vuoi, ma mi devi pagare. Salda il debito o non avrai altra roba” la minacciò, fissando gli occhi blu da pazzo schizofrenico in quelli neri di lei.

La presa sul polso faceva malissimo, ma Fay resisteva stoicamente, trattenendo le lacrime.

“Sei uno sporco ricattatore… così ti giochi un cliente.” ribatté, guardandolo con astio.

Quello sghignazzò, divertito.

“Volendo, puoi sempre pagarmi in natura.. sarebbe un pagamento bene accetto, lo sai” le propose, prima di scendere a leccarle il collo, lasciandole una scia umida sulla pelle.

Sentendo la sua lingua su di sé, Fay si divincolò all’istante, impaurita. “Smettila subito, schifoso animale! Ti darò i tuoi fottuti soldi la prossima settimana!” gridò, con voce acuta.

L'altro la lasciò andare, tornando serio.

“Sarà meglio per te.”

“La prossima settimana mi pagano” lo informò Fay, per dar credito alle proprie parole.

In realtà avrebbe potuto dargli il denaro dovuto anche in quel momento: la sua non era una situazione economica semplice, ma non era così povera. Senza contare che faceva due lavori per mantenersi. Tuttavia in quel quartiere, e soprattutto con Zed come vicino, era meglio non farsi notare troppo e fingersi dei poveracci, se non si volevano avere delle sgradite sorprese.

Fay alzò gli occhi sul ragazzo in questione e si accorse che la fissava come un lupo fissa una debole pecorella. Famelico e cattivo.

Rabbrividì dentro di sé, stringendo i pugni.

E ora perché la guardava così? Cosa voleva ancora?

Fortunatamente non ebbe l’occasione di scoprirlo, perché in quel momento, come per volere del destino, udirono dei passi provenire dalla tromba delle scale, segno che qualcuno stava arrivando. E poco dopo in corridoio comparve Nathan, perfettamente vestito di tutto punto, con il solito giubbotto di pelle e i Rayban.

La ragazza all’inizio fu felice di vederlo: non avrebbe voluto passare da sola un secondo di più con quello sciroccato e il suo cane. Ma poi una sensazione di timore la invase, insieme a tanti brutti pensieri: e se Zed avesse fatto qualcosa a Nathan, che non c’entrava nulla con quella faccenda? E se avesse detto qualche battuta inopportuna su di lei proprio in quel momento?

Dal canto suo, il giovane Mc Quinn, salite le scale fino al secondo piano, si stupì nel trovare Fay fuori di casa, soprattutto perché davanti a lei stava un tizio stranissimo, pieno di piercing nei lobi delle orecchie e con un irrequieto dobberman accanto. Avvicinandosi, vide anche che aveva gli occhi truccati di nero.

Che amici strani aveva Morticia, fu il suo primo pensiero.

Con disappunto vide Fay guardare nella sua direzione come se qualcosa di orribile e viscido fosse appena uscito da una fogna, mentre lo sconosciuto si limitava a sorridergli con strafottenza.

Nathan si avvicinò guardingo alla ragazza, con la sensazione crescente di avere interrotto qualcosa e di essersi trovato nel luogo giusto, ma al momento sbagliato.

Non fece in tempo a salutare, che lei lo agguantò per un braccio, spingendolo in malo modo dentro casa.

“Aspettami in salotto e non toccare niente” si raccomandò in fretta, prima di socchiudersi l’uscio alle spalle.

Nathan fissò la porta con tanto d’occhi. Che aveva adesso quella pazza?

Senza protestare, però, percorse il corridoio lungo e stretto, passando sempre davanti alle solite stanze chiuse. Probabilmente la camera da letto e il bagno.

Mentre poggiava la borsa dei libri sul divano, si rese conto che, anche da lì, riusciva a sentire la conversazione dei due. E allora perché non ascoltare?

“Ti sei fatta il ragazzo, Fay?”

“Assolutamente no.”

La Heather sembrava nervosa.

“Sembra un figlio di papà… magari potresti chiederli a lui, i soldi.”

Soldi?

“Non ci pensare nemmeno! Lascialo stare!”

“Su, non ti scaldare, ragazzina… l’hai nascosto dentro casa come se io fossi un appestato.”

“Non lo sei, forse?”

“Attenta… ti ho già detto di non scherzare con il fuoco.”

“Vattene! Non mi fai paura! La prossima settimana salderò il conto.”

“Sarà meglio che tu lo faccia… se no chiederò direttamente al tuo amichetto.”

Ma che voleva quel tizio? Perché lo metteva in mezzo? Nathan fu tentato di uscire in corridoio e chiarire che lui ben poco c’entrava con Fay.

“Ti ho dato la mia parola, idiota! Se ti avvicini a lui e gli fai qualcosa, ti manderà contro tanti di quegli avvocati che neanche ti immagini.”

Era strano sentire la Heather difenderlo, pensò distrattamente.

“Cos’è? Una minaccia? Sai, il mio cucciolotto non vede l’ora di giocare un po’ con quella palla di pelo del tuo gatto…”

 “Fanculo!” e così dicendo, la ragazza sbatté la porta in faccia al tizio.

Una risata eruppe al di là della soglia e andò perdendosi lungo le scale del condominio.

Fay espirò profondamente. Doveva stare calma.

Tuttavia, quando si voltò, ritrovandosi faccia a faccia con Nathan, sussultò per lo spavento.

“Chi era quel tale?” le chiese subito lui.

La mora alzò gli occhi neri al cielo e lo sorpassò senza degnarlo di una risposta.

“Heather, hai degli strani amici.”

“Non è un mio amico. È solo il mio vicino. Abita nell’appartamento a fianco… Mr. Mao, vieni fuori!” chiamò, facendo poi schioccare la lingua in bocca più volte, per richiamare l’animale.

Il gatto sbucò dall’angolo cucina, ancora agitato per via del cane.

“Ho sentito quello che ti ha detto.”

Fay, dando le spalle al ragazzo, si inginocchiò e prese il felino tra le braccia, per tranquillizzarlo.

“Non lo sai che è da maleducati origliare, Mc Quinn?”

Nathan fece una smorfia con la bocca. Quel giorno era deciso a scoprire qualcosa in più su di lei e non poteva lasciarsi sfuggire quell’occasione.

“Cos’hai fatto al braccio?” le chiese, notando che il suo polso era d’un rosso quasi violaceo.

“Nulla che ti riguardi” rispose fredda Fay, lasciando il gatto su una sedia e rimettendosi al computer, per salvare i dati del suo lavoro.

“È stato quel tizio, vero?”

“Pensi di assillarmi tutto il pomeriggio con le tue domande oppure cominciamo la lezione?”

“Guarda che ho sentito tutto! Comprese le minacce rivolte a me. Quindi non puoi dire che non sono anche affari miei.”

Fay finalmente lo guardò negli occhi. Sembrava ancora più pallida del solito. Evidentemente l’incontro con il tipo del pianerottolo doveva averla spaventata molto più di quello che lei lasciava intendere.

“Senti…” cominciò a dire, dopo un lungo sospiro “.. per il tuo bene, se vedi Zed in giro, quando vieni qui, tira dritto e non parlare con lui. Mi hai capito, Mc Quinn?”

“No che non ho capito! Perché dovrei avere paura di quel tizio? E poi, che razza di nome è Zed?” sbraitò quello, gesticolando.

“Si fa chiamare così … comunque, non è questo il punto. Fai come ti dico. Per oggi abbiamo parlato anche troppo di cose inutili… cominciamo la lezione” disse stancamente, massaggiandosi una tempia.

Che stesse poco bene?

Stizzito, Nathan agguantò i proprio libri e il quaderno con gli esercizi.

Aveva come il sospetto che, quel pomeriggio, non sarebbe riuscito ad ascoltare una parola della spiegazione.

 

 

Quando la lezione terminò, i due si salutarono come se niente fosse accaduto. O meglio, Fay faceva finta di nulla, mentre Nathan le lanciava di continuo lunghe occhiate indagatrici, come se, guardandola, prima o poi avrebbe potuto carpire i suoi segreti.

Dopo la telefonata strana che aveva ascoltato la prima volta che aveva messo piede in quella casa, non era accaduto più nulla di insolito, fino a quel pomeriggio, in cui aveva fatto la “conoscenza” di Zed.

Da quello che aveva potuto capire, Fay gli doveva dei soldi e lui l’aveva minacciata. Sembrava un tipo abbastanza pericoloso e forse avrebbe potuto davvero spingersi fino a farle del male. Ma che gli importava? Non erano fatti suoi, anche se sarebbe stato poco cavalleresco da parte sua lasciare una ragazza indifesa nei guai.

Se soltanto avesse potuto parlarne con Neil, forse lui gli avrebbe consigliato qual era la cosa migliore da fare. Ma l’amico non sapeva che si vedeva con Morticia, per le ripetizioni. Non l’aveva detto con nessuno, perché si vergognava di lei. Ed ora pagava le conseguenze per quella piccola bugia.

Riflettendo su ciò, arrivò in fondo alle scale ed uscì dal condominio, ancora soprappensiero.

Fu solamente quando le fu abbastanza vicino che si accorse delle gomme bucate della sua Mercedes.

Gli venne un colpo.

Subito fece il giro completo dell’auto, per controllare che non vi fossero altri danni. Alla fine constatò che, ruote a parte, la macchina sembrava intatta.

Scioccato, estrasse velocemente il cellulare dalla borsa a tracolla e chiamò l’officina a cui si rivolgeva di solito. Quello scherzo gli sarebbe costato un occhio della testa. Ma se beccava lo stronzo che glielo aveva giocato, l’avrebbe sistemato lui a suon di pugni…

Fu quel momento che venne l’illuminazione: era stato quel tizio! Come si chiamava?? Zed!

Travolto da un’ondata di collera che gli fece ribollire all’istante il sangue nelle vene, Nathan corse di nuovo dentro la vecchia palazzina e si recò al secondo piano, da Fay.

“Hai dimenticato qualcosa?” gli chiese lei, in tono sorpreso, quando se lo trovò davanti al portone di casa.

“Il tuo amico mi ha bucato tutte e quattro le ruote!” gridò incollerito, come se la colpa ricadesse sulla ragazza.

Sgranando gli occhi, il volto di lei, a quella notizia, divenne ancora più smunto.

Sussurrò delle scuse, invitandolo ad entrare.

Sembrava veramente dispiaciuta per l’episodio. E anche atterrita: forse non si aspettava che quel Zed potesse davvero mettere in atto le sue minacce.

In tacito accordo, entrambi andarono alla finestra del salotto, per controllare la Mercedes dall’alto.

“E adesso?” chiese lei, dopo un po’ che stavano in silenzio.

“Ho chiamato qualcuno che la venga a prendere” rispose lui, voltandosi a guardarla. Era pallidissima e il fatto che, come al solito, vestiva di scuro metteva ancora più in evidenza la cosa.

La vide massaggiarsi il polso leso e solo allora si accorse di come fosse rosso e gonfio.

“Dovevi metterci il ghiaccio, stupida” sbottò.

Poi, senza che nessuno glielo avesse chiesto e prima che lei potesse protestare, si avvicinò al frigorifero. Aprì lo scomparto freezer e lì trovò del ghiaccio.

Fay lo osservò in silenzio, mentre avvolgeva alcuni cubetti all’interno di un canovaccio.

Nathan le si avvicinò di nuovo, le prese il polso con delicatezza e vi poggiò sopra l’impacco gelido.

Probabilmente lui stesso, per primo, si stupì del suo gesto gentile, poiché lasciò subito che fosse la ragazza a reggere l’involucro contenente il ghiaccio, allontanandosi per andare a buttarsi sul divano. Poggiò la testa contro lo schienale, sprofondando la testa tra i cuscini.

“Posso rimanere?”

Fay tacque e lui capì che poteva restare. Si guardò attorno, in cerca del telecomando. Ma non lo trovò né vi era una televisione. Peccato, avrebbe potuto ingannare l’attesa del carro attrezzi.

“Niente tv?” chiese alla padrona di casa, tanto per fare conversazione.

“Non avrei tempo per guardarla.”

“E cosa fai nel tempo libero? Non ti annoi?” chiese, scrutandola. Il suo sguardo, quando si soffermava curioso su qualcosa, aveva un’intensità pari solo a quella dell’azzurro delle sue iridi.

Fay lo raggiunse sul divano, sedendosi compostamente, a differenza di lui.

“Mi dispiace” disse, dopo un po’.

Nathan sbuffò.

“Non è colpa tua…”

Poi alzò lo sguardo sulla libreria accostata alla semi-parete che divideva l’angolo cucina della sala. Sugli scaffali c’erano molti libri di architettura e di arte.

Così si alzò e andò ad osservarli più da vicino, aprendone qualcuno di tanto in tanto. Non aveva nulla da fare, finché non arrivava il tipo dell’officina che aveva chiamato.

“L’architettura ti piace molto” commentò, sfogliando pigramente un libro sul Futurismo.

“Mi ha sempre affascinato…” rispose lei, alzandosi e sedendosi di nuovo di fronte al portatile. Doveva terminare ancora il suo lavoro, così lasciò perdere l’impacco freddo, anche se il polso ancora le doleva.

Nathan abbandonò il libro e, curioso, si avvicinò allo schermo. In quel momento Fay sembrava particolarmente disponibile al dialogo, complice forse il suo senso di colpa.

“Mi pare un bel prospetto.”

“Grazie.”

“Non ci lavori con qualcuno?” Effettivamente, ora che ci pensava, chissà chi era il suo compagno di Progettazione?! Non l’aveva mai vista insieme a qualcuno in facoltà.

“No. Preferisco agire per conto mio” rispose semplicemente lei, mentre faceva gli ultimi ritocchi.

Passarono ancora venti minuti, ma nessun carro attrezzi si era ancora profilato all’orizzonte.

“Io dovrei uscire” lo avvisò d’un tratto la ragazza, spegnendo il computer.

Nathan annuì, andando a recuperare il proprio giubbotto e le sue cose.

“Dove abiti?”

La domanda giunse alquanto inaspettata. Lei che si interessava a lui? Si sentiva davvero così in colpa? Oppure voleva venire a rubargli in casa? Dopotutto, aveva pur sempre bisogno di soldi, o almeno così aveva udito prima.

“In centro, vicino al parco” le disse, curioso di sapere dove lei volesse andare a parare.

“Se vuoi un passaggio, ti posso lasciare in quella zona, così non devi aspettare in strada” gli propose cordialmente.

Nathan la guardò come se fosse un aborto della natura.

“Perché sei così gentile adesso?”

“Ma… come ti permetti? Io lo sono sempre!”

“Le prime volte che ti ho parlato eri talmente acida che per poco non mi scioglievo.”

“Lo vuoi questo passaggio o no?!” ringhiò quella.

“Ecco, così ti riconosco.”

Spazientita, Fay prese la borsa e le chiavi, raggiungendo poi la porta d’ingresso. Salutò con una carezza il gatto e attese che Nathan la raggiungesse.

Insieme scesero le scale e raggiunsero il retro del palazzo, dove stava un garage sotterraneo.

“Quello sarebbe il tuo bolide?” la schernì lui, osservando divertito un motorino alquanto dimesso e dall’aria vissuta. Fay si crucciò un po’: quello era stato l’ultimo regalo di sua nonna e lo possedeva dai tempi del liceo. Tempo fa il padre di Alys, che dirigeva una ditta di traslochi, glielo aveva gentilmente trasportato fino alla lontana capitale dove lei studiava.

“Puoi sempre aspettare il famoso auto carro” gli propose lei candidamente, mentre gli allungava un casco e metteva la borsa nel sottosella.

“E tu?”

“Ne ho solo uno.”

“Allora non darlo a me, stupida!”

“Volevo essere cortese.”

“Ti ripeto che la cosa mi inquieta.”

“Vaffanculo, Mc Quinn”

“Che ragazza fine! Ehi, cosa vuoi fare? Non penserai che io stia dietro, eh?”

“Il motorino è mio e mi sembra ovvio che sia io a guidare.”

Ma Nathan nemmeno la calcolò. Mentre lei apriva il lucchetto della catena, lui si impadronì del mezzo, rubandole poi le chiavi dalle mani.

“Ehi!!”

“Monta e taci.”

“Non sai la strada.”

“La conosco meglio di te.”

“Posso sapere perché dovrei fidarmi?”

“Perché l’alternativa è rimanere qui finché non ti decidi a salire.”

Con il viso corrucciato, Fay salì nel posto del passeggero, allacciando le braccia attorno alla vita di lui e sbuffando come un moka di caffè sul fornello.

E così partirono, uscendo dal garage e trovandosi subito in strada. Mentre percorrevano le vie di quell’orribile quartiere, diretti verso il centro della città, Nathan sorrise, pensando all’assurdità della situazione.

Certo che il destino sapeva davvero sorprendere. Due settimane prima non si sarebbe mai sognato di rivolgere la parola a Fay Heather, mentre ora ce l’aveva appiccicata contro la schiena. La spiò dallo specchietto e la vide poggiare la guancia contro la proprio spalla. Aveva lo sguardo basso e sembrava persa nei suoi pensieri. La folta chioma corvina danzava dietro di lei, come una lingua di fuoco nero.

Forse non era bella nel senso comune del termine, ma era quantomeno affascinate come persona. Sembrava in gamba, perché viveva da sola in un postaccio dove lui non avrebbe mai messo piede per tutto l’oro del mondo. Sapeva arrangiarsi e questo un po’ gli ricordava Neil. Inoltre aveva appurato che non erano assolutamente vere le voci di corridoio che la dipingevano come l’amante di qualche professore influente della facoltà. Fay era molto intelligente. L’aveva capito subito. E comunque sembrava abbastanza ostinata e orgogliosa da non abbassarsi a tanto solo per qualche buon voto.

Di certo non aveva un carattere semplice, era strana e amava isolarsi, però sembrava una brava ragazza a dispetto di quello che si diceva in giro.

Quanto si sbagliava…

 

 

Una volta giunto a casa- si era fatto lasciare a qualche isolato di distanza, tanto per essere sicuro di non incontrare nessun conoscente- vide Neil sbucare dalla sua stanza per salutarlo. Sopra i vestiti indossava un grembiule macchiato di inchiostro e aveva un pennellino infilato dietro l’orecchio.

Nathan lo guardò male.

“Ma come sei conciato?”

“Stavo finendo dei rilievi… ah, ti ha chiamato Ralph” lo avvisò lui, prima di dimenticarsi della cosa.

 “Oh… cosa voleva?”

“Chiedeva se andavi fuori a cena con lui e le ragazze, questa sera.”

“Oh…”

Neil inarcò un sopracciglio.

“Qualcosa non va? I tuoi oh esclamativi mi preoccupano” scherzò, notando il viso smorto e stanco. Ottenne un grugnito in risposta, mentre Nathan afferrava il cordless e digitava in pochi attimi il numero di Ralph.

“Ciao, sono io… sì, me l’ha appena detto… no, non mi va di uscire stasera… e chi se ne frega se c’è Brooke… … uffa, sei un rompipalle… e va bene! Ma passami a prendere tu: non ho la macchina. Ciao.”

Nei pochi secondi della telefonata, Neil era rimasto a guardarlo, basito.

“Mi dici che hai?”

Due liquidi occhi azzurro cielo lo guardarono di sbieco.

“Mi hanno bucato le ruote dell’auto… e naturalmente la cosa mi irrita alquanto, anche perché chissà quanto mi costerà… mio padre è già abbastanza incazzato per la storia del test” commentò il moro amaramente, prima di tuffarsi nel divano, come a voler scomparire tra i suoi cuscini.

“Cosa?! E dove?” trillò l’altro, che l’aveva seguito in salotto “Sai chi è stato?”

“Ho una mezza idea di chi sia stato, ma non ho le prove… è successo vicino alla zona industriale” spiegò, facendo il vago. Non poteva dirgli che era da Fay!

“La zona indu.. ma che ci facevi là? Credevo fossi in compagnia di una ragazza…”

E in effetti c’ero, si ritrovò subito a pensare Nathan.

“Guardavo…” gli occhi gli caddero su una rivista di motori da pista, poggiata sul tavolino basso della sala “…una rivendita di articoli per moto.”

Questa volta Neil lo guardò come se fosse davvero un povero cerebroleso.

“Tu non hai una moto.” commentò, scandendo bene le parole.

“Appunto. Pensavo di comprarla. Nel frattempo mi tengo aggiornato sugli accessori all’ultimo grido.”

Si era palesemente arrampicato sugli specchi.

“Mah, sarà meglio che non perdi tempo e pensi allo studio.”

“Signorsì.”

“Fai poco lo spiritoso. Quindi è tutto a posto?”

“Tutto normale.”

O almeno credo, rifletté un istante dopo, ripensando al vicino di Fay e alla propria, povera, Mercedes.

 

 

Quando Ralph lo passò a prendere in macchina, con lui c’erano già le ragazze, sedute nel sedile posteriore. Naturalmente facevano un gran chiasso, tant’è che tenere la radio accesa dopo poco diventò inutile.

“Nath, sai dove andiamo?” chiese ridendo Christina. Dal tono si presumeva che lei lo sapesse già.

Che aveva da ridere?

“Ma dai, Chri, non rovinargli la sorpresa!” fece Ethel, ridendo anche lei.

“Quale sorpresa?” chiese loro, punto nell’interesse.

La bellissima Brooke, meravigliosa nel suo mini-abito firmato Valentino, si chinò verso il sedile del passeggero, posando una mano sulla spalla di Nathan. Lui si girò, trovandosi davanti un paio di occhi sfavillanti di malizia. Il profumo Chanel di lei gli invase le narici, ricordandogli che era da più di una settimana che non faceva sesso con qualcuna.

“Penso proprio che stasera ci faremo un sacco di risate, Nathan” commentò la bionda, sorridendogli con quel suo fare ammiccante.

E lui si ritrovò a sbirciare la sua scollatura: in fondo, non poteva certo negare la sua bellezza e il suo fascino: Brooke era la tipica girl modello Barbie, ultraperfetta in ogni più piccolo dettaglio, chioma dorata e occhioni azzurri, in più ricca e intelligente… peccato tendesse ad essere sempre così superficiale. Sua madre, invece, non era dello stesso parere: alle cene di ricevimento, dove erano invitati gli imprenditori maggiori dell’ambiente locale (ivi compresa la famiglia di Brooke), la additava sempre come “assolutamente perfetta per il suo cocchino”. Ma per i gusti del giovane, lei era troppo petulante e appiccicosa ed era essenzialmente per questo che il rampollo dei Mc Quinn la escludeva a priori dalla sua lista di possibili “incontri notturni”: dopo averci passato la notte insieme, l’avrebbe perseguitato e lui voleva essere libero.

“Cos’ha di tanto particolare questo ristorante?” chiese Nathan, tornando a guardare fuori dal finestrino e dando le spalle alla bionda.

Brooke si crucciò per essere stata di nuovo, palesemente, ignorata. E che cavolo! Quella sera, come sempre del resto, aveva curato alla perfezione ogni particolare del suo look, dallo smalto delle unghie dei piedi a due microscopiche ciglia che guastavano il perfetto disegno arcuato delle sue sopracciglia.

Eppure Nathan non la notava. Non la apprezzava.

Cosa aveva sbagliato di nuovo? Troppo profumo?

“Non è tanto il ristorante in sé ad essere particolare, ma … presto lo vedrai!” sghignazzò Ralph, mentre fissava la strada davanti a sé.

Pochi minuti dopo arrivarono in una piazzola del centro, poco lontano rispetto alla casa di Nathan.

Il posto in questione non era proprio un ristorante, ma una di quelle tavole calde a buon prezzo, dove si servono cibi semplici e dove l’arredamento ricorda una vecchia osteria.

Si chiamava la “Taverna del Boccale d’Oro” e l’insegna fuori mostrava la caricatura di un uomo grassoccio e con i baffi neri, che innalzava gioioso un boccale colmo di birra schiumante.

“Ma che posto è?” chiese Christina, schifata.

“Una specie di birreria. Però servono anche da mangiare” precisò Ralph, che, come Nathan poté capire in seguito, aveva scoperto per primo l’esistenza di quel posto e della “sorpresa”.

Non appena valicarono la soglia, un odore di malto fermentato e carne ai ferri penetrò rapido nelle loro narici, risvegliando l’appetito.

Si guardarono attorno per trovare un tavolo libero e ne scovarono uno nell’ angolino in fondo alla sala.

Alla fin fine, il posto non era male: l’atmosfera era calda e accogliente, la luce soffusa e vi era un buon odore: merito di un camino dalla bocca enorme, dove una signora cicciotta cuoceva in quel momento delle braciole che aveva speziato a dovere.

Le pareti erano rivestite di legno e ricoperte dalle targhe delle birre di tutto il mondo o quasi. C’erano poi specchi, appendiabiti e anche una testa imbalsamata di orso bruno (cosa che inorridì le ragazze).

La donna grassoccia faceva avanti e indietro dalla cucina, mentre un uomo, uguale all’immagine dell’insegna, stava seduto dietro la cassa e li guardava, incuriosito.

Il Sig. Lästermaul, dopotutto, non aveva mai visto entrare nella sua taverna ragazze con tacchi così alti e minigonne così corte, truccate come top model e profumate come Air-weak, né tanto meno ragazzi tutti impomatati con giacche e camicie firmate.

Da lui venivano persone più… come dire, comuni. Gente che amava la sua birra fatta in casa e che la accompagnava volentieri con un po’ di carne ai ferri. Gente non elegante, è vero, ma nemmeno straccioni. Gente normale insomma.

Forse quei ragazzi erano turisti, pensò il vecchio Lästermaul.

Si alzò, ancheggiando, data la sua mole, e si avvicinò al tavolo di legno massiccio, dove loro sedevano così elegantemente composti.

“Benfenuti, signori. Kosa fi porto da bere?” chiese, con il suo accento tipicamente tedesco.

Brooke e gli altri sembravano guardarsi attorno, come nella speranza di vedere entrare chissà chi, così Nathan ordinò per primo e scelse una birra doppio malto, subito imitato da Ralph.

Le ragazze chiesero del vino, ma Herr Lästermaul quasi rimase scandalizzato.

Lo capirono da come disse subito dopo “ma kvesta è una birreriah!”.

L’oste lasciò le ordinazioni a metà, abbandonandoli con un menù e borbottando qualcosa come “la ragaza arrifa” o “ferrà presto la ragaza”.

Nathan sbuffò, indolente. Sperava di mangiare subito e di sbrigare la serata il prima possibile. Non si sentiva di compagnia quella sera e voleva solo starsene per conto suo. Perché si era fatto convincere? E poi, dov’era la tanto fantomatica sorpresa?

Lui non ci trovava nulla di speciale in quel posto, a parte che era diverso da quelli che frequentavano loro di solito.

Arraffò il menù, studiando attentamente cosa offriva la cucina tedesca.

E di nuovo il destino volle ricordargli quanto poteva essere beffardo.

“I signori sono pronti per ordinare?” chiese una voce a lui ben nota.

Non può essere, pensò inorridito.

E invece lo era.

Come alzò gli occhi dalla carta, incontrò una vita cinta da jeans scuri e da un grembiule rosso; risalì lentamente con lo sguardo, annotando la maglia nera senza maniche e degli scaldamuscoli, sempre neri, in entrambe la braccia, mentre due mani all’altezza del petto reggevano un blocchetto per le ordinazioni e una penna.

Risalì ancora con la sguardo, mentre una goccia di sudore si stava formando su una tempia.

Un collo bianco e sottile.

Mento a punta.

Pelle lattea.

Una coda di cavallo e due occhi neri direttamente posati nei suoi.

E mentre Nathan diventava sempre più bianco, la parola sorpresa prese a rimbombare nella sua testa come un’eco.

 

 

 

 

 

 

 

Note personali:

Caspita, quanti commenti ho ricevuto questa volta! Ne sono molto lusingata *_*

Come avrete notato, le cose si stanno muovendo ed ho inserito un nuovo personaggio, giusto per avere il "cattivo" della situazione.

Sono colpita nel vedere che alcuni sono rimasti un pò sorpresi dalla coppietta yaoi che ho inserito^^ In fondo, la fic vuole rispecchiare il più possibile realtà giovanili e spaccati di vita quotidiana. Vero è che io tendo a rendere i personaggi molto caricaturali, ma è il mio modo per dipingerli e dare loro un colore definito.

Spero che la storia non vi stia annoiando e un grazie speciale va come sempre alla mia beta Urdi!!! Chi lo sapeva che "eco" fosse un nome femminile? XD

 

 

Urdi: non sarà farina del tuo sacco, ma stai contribuendo davvero molto alla realizzazione della fic! E non solo come mia beta ufficiale! Per quanto riguarda gli spoiler, lo sai che me li puoi chiedere in privato^^ Anche perchè così posso avere il tuo parere, per me preziosissimo! Detto ciò, ci sentiamo presto come al solito e grazie ancora per i bellissimi commenti che mi lasci ç_ç

Fenice87: proprio tu che sei amante e autrice delle yaoi ti sciocchi per una coppia normalissima??!! Eddai, e poi sono carini assieme.. spero di riuscire a renderli bene!

Valentina78: che commento lunghissimo ç_ç mi hai commossa! Ti ringrazio tanto per avermi detto cosa ne pensi dei personaggi principali. Devo dire che il tuo punto di vista mi è servito per capire meglio come i lettori interpretano il carettare dei miei protagonisti e, credimi, è davvero una cosa importante! Per quanto riguarda le amiche di Fay, loro recitano un ruolo marginale, tant'è che compariranno in carne ed ossa solo alla fine della fic; quindi per loro non era ncessario tracciare un profilo, non ti preoccupare! Sono contenta che ti piaccia Neil! Piace molto anche alla mia beta XD chissà perchè! Io pensavo di averlo reso un pò piatto come pg.. mah! Cosa ne pensi della parte finale del capitolo? Mi sembra un pò insipida..

S chan: grazie per i complimenti, collega^^ Sono molto contenta che ti piaccia il mio modo di scrivere e il pg di Fay! Tra l'altro, ho letto una tua storia che mi è piaciuta tanto tanto e spero che aggiornerai presto! Spero di non esserti sembrata troppo spocchiosa quando ti ho dato qualche spunto su come proseguire^^ Anche tu, mi raccomando, se hai dei suggerimenti, non esitare a darmeli! E vedrai: anche se non ti piacciono le yaoi, saprò farti piacere la mia coppietta ;-) Ma in ogni caso, tranquilla: i pg principali sono altri! Ho solo voluto creare una trama più fitta^^

Mozzi84: grazie mille per la recensione scorsa ç_ç anche per avere citato la mia beta: pochi lo fanno,  ma se non ci fosse lei, io dubito andrei avanti per conto mio! Come hai visto, ho cominciato a fare avvicinare Fay e Nathan e spero di averlo fatto in modo non troppo forzoso. Sono molto curiosa della tua teoria sul perchè Fay detesti Nathan: ti prego, dimmela *_* Mi piace che i miei lettori mi espongano le loro idee in merito! Anche tu, come altre, non ami le yaoi: cercherò di non essere volgare nel raccontare di Neil e Yuri e ne farò, anzi, una coppia romantica^^ Inoltre, devi pensare che sono pg di secondaria importanza e che la storia verte principalmente su Fay e Nath! Detto ciò, aspetto con impazienza la tua recensione^^

 

 

  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: queen of night