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Autore: njaalls    09/01/2014    7 recensioni
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«Credo sia una specie di gioco di qualche nullafacente disperato e bisognosi di un hobby» spiegò Niall, stringendosi nelle spalle, poi le indicò il foglio che portava addosso l'usura di tante mani e tasche diverse, abbozzando un sorriso. «Ma è arrivato fin qua dopo diverse persone, perciò penso che dovresti continuare il suo viaggio. Ora dipende tutto da te»
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Parisa prese l'ennesimo e profondo respiro, prima di dirigersi verso l'ingresso della metropolitana, che già pullulava di gente d'ogni tipo. Si guardò attentamente intorno, il cappellino abbassato sulla fronte e un'espressione distaccata in volto, notando poco più avanti un uomo d'affari impeccabile stretto in dei pantaloni troppo scomodi e in una cravatta mal annodata -ma necessaria-, poi una mamma con tre bambini al seguito, vicini e compatti tra loro per evitare di perdersi, che si muovevano veloci e furtivi verso le scale che portavano sotto terra, e verso l'entrata, appoggiati ad una ringhiera, dei ragazzi aspettavano forse la linea giusta per arrivare in centro e andarsi magari a divertire in qualche posto giovanile e sempre pieno di adrenalina. Alla fine c'era Parisa, che si sentiva fuori posto, mentre le persone tutt'intorno sembrano stare bene con il mondo intero e la urtavano, ingnorandola come se fosse invisibile. E forse lo era per davvero.
Non le era mai piaciuta la metro: era confusionaria, le gallerie erano troppo chiuse e anguste e odiava la puzza che si formava nei vani, perché la gente pareva non sapere cosa fosse l'igiene personale. Nonostante ciò, da quando la madre aveva dato le dimissioni da donna di casa e mamma apprensiva, si era dovuta arrangiare come meglio poteva e si era rivoltata le maniche per non far sentire il peso di quella mancanza sul padre e la sorella più piccola: aveva iniziato a cucinare, a fare le faccende di casa e a muoversi da una parte all'altra di Londra con i mezzi pubblici, che non aveva mai visto prima essendo stata troppo ben abituata.
Quando prese l'ennesimo respiro, si aggiustò il berretto che copriva i capelli corti e tratteneva tutti i pensieri che sarebbero probabilmente voluti scappare via, via da quella mente problematica e incasinata, e scese le scale fino al piano sotto la strada, guardando i vagoni fermi e in attesa che si riempissero completante. Poggiò il piede sul pavimento lurido della sua linea e avanzò titubante, tra le persone in piedi. Magari c'era un posto, ma ne dubitava se tutta quella gente stava a stancarsi sulle proprie gambe, in balia dell'autista e delle frenate brusche. Si appoggiò controvoglia ad una maniglia e si resse non appena le porte furono chiuse, qualche secondo e sentì il mondo scivolarle lentamente sotto i piedi, così guardò il suo riflesso nel vetro scuro del mezzo e notò il disappunto sul suo volto: davvero la stava andando a trovare? Era un suo dovere? No, non lo era affatto, ma era pur sempre sua madre e lei non aveva saputo dirle no, perché Parisa era... Semplicemente Parisa.
Era tutto quello che una ragazza sarebbe dovuta essere: bella, gentile, dolce, educata, studiosa e pignola fino allo sfinimento, era altruista e comprensiva, era l'amica di tutti ed era considerata la ragazza più brillante del liceo, i suoi voti eccellevano. Era davvero tutto ciò, mentre l'unica cosa che non possedeva era la cattiveria, quella no, e per quello stesso motivo, quando sua madre aveva avuto il coraggio di chiamarla, lei aveva risposto ed aveva provato ad essere gentile con lei, nonostante il male che le avesse fatto, aveva anche accettato di andarla a trovare. Inconcepibile per lei, ma c'era cascata.
In quel istante, un rumore brusco la fece tornare con la testa alla realtà, mentre una mano si poggiava sul vetro freddo e liscio, proprio accanto al riflesso del viso della ragazza. Parisa aguzzò la vista e intravide dei lineamenti maschili, la figura di un ragazzo divenne nitida e sia lui che lei si scambiarono uno sguardo attraverso la superficie, poi lui sorrise e mimò qualcosa con le labbra. La mora si voltò, con un'espressione perplessa, non avendo capito quello che avesse tentato di dirle, e quando furono faccia a faccia, nel vano troppo affollato, si accorse che era più vicino di quanto pensasse. Almeno faceva un buon odore di colonia, pensò, mentre studiava i lineamenti delicati, i capelli di un biondo innaturale e gli occhi azzurri come un mare calmo e piatto, sprizzavano allegria, poi si soffermò sulle labbra sottili e rosee, mentre si aprivano in un sorriso sbilenco.
«Come?» domandò, abbassando di colpo il capo e guardando i vestiti che indossava, lui rise impacciato.
«Non volevo urtarti, scusami» disse con voce tranquilla ed uno strano accento, qualche secondo dopo l'autista decelerò piano ed entrambi si trovarono l'uno contro l'altro, nel vano tentativo di reggersi, ma non facendo male a nessuno. Parisa boccheggiò e se il biondo non l'avesse trattenuta, probabilmente sarebbe andata a fare capolino dall'altro lato della metro, così gli si resse al braccio, sapendo che era l'unico modo per non farsi sballottare a destra e sinistra.
«Grazie» mormorò, contrariata dall'alzare gli occhi e sentendo le mani di lui stringerla dalla pancia, poi la lasciò, dopo essersi accertato che stesse sui suoi piedi, e le sorrise. Una donna anziana si alzò da un sedile non molto distante e si avvicinò alle porte che si aprirono sulla metro dell'ennesimo quartiere londinese, entrambi i ragazzi notarono il posto vuoto e il biondo glielo indicò con un sorriso mozzafiato e gli occhi che brillavano.
«Vai a sederti, potrebbe non rimanere libero per molto» scherzò lui, mettendo in mostra i denti bianchi e facendole l'occhiolino, lei sorrise paonazza e si strinse nella spalle.
«C'è troppa gente in piedi per muoversi» spiegò, ma la risposta che ricevette non fu quella che pensava, perché lo sconosciuto si fece largo tra la folla a colpi di 'permesso' e 'mi scusi' fino al sedile, glielo indicò e le fece cenno di andarsi a sedere per davvero. «Non vuoi sederti tu?»
«Non potrei mai con una ragazza carina in piedi, sarei soltanto un maleducato» ridacchiò, reggendosi mentre la metro ripartiva e la ragazza poggiava le gambe lunghe ed esili sulla moquette del posto, lusingata da quella gentilezza, poi una mano le si piazzò sotto il naso e lei alzò lo sguardo verso la persona che ora la sovrastava. «Niall»
Presa alla sprovvista, guardò più volte il suo viso e poi la mano, fin quando non la strinse poco convinta e mormorò il suo nome. «Parisa, piacere»
«Piacere tutto mio» sussurrò allegro, abbassandosi appena verso il corpo di lei, che sorrise  -spontaneamente- e aggiustandosi i capelli corti che uscivano dal berretto di lana. «Dove scendi?»
Parisa si morse piano la lingua, perché odiava parlare troppo con le persone che non conosceva e odiava gli invadenti, eppure quel ragazzo era forse l'eccezione alla regola, perché era stranamente simpatico, anche se aveva qualcosa che le metteva paura, come se si portasse dietro qualcosa di troppo grande che l'avrebbe investita, ne era certa: forse l'allegria esagerata, la spensieratezza che era parte integrante delle iridi chiare o quel sorriso accattivante e pieno di fascino che nasceva sulle labbra sottili.
«Baker Street» spiegò cauta, lanciando un'occhiata ad un uomo che le sedeva al fianco e, lo sapeva, stava origliando i loro discorsi, tossì troppo educata per dire di smetterla e quello parve offeso, tanto che si girò dall'altro lato, osservando i muri delle gallerie volare via. Poi Parisa si volse verso il ragazzo, che tentava di non venire urtato da nessuno, e gli sorrise timidamente. «Tu?»
«Finchley Road» e rise di gusto, guardando oltre il posto della mora, facendo imbarazzare l'uomo che era tornato ad origliare. Poi calò il silenzio, almeno tra i due, perché tutto intorno il mondo procedeva veloce e caotico, mentre facevano vagare lo sguardo tra le persone puzzolenti che li affiancavano. Intanto le fermate diminuivano e i ragazzi non parlarono più, troppo occupati a lanciarsi occhiate o a tenere sott'occhio il display con il nome dei quartieri dove sarebbero dovuti scendere, soltanto quando Parisa si alzò, Niall la guardò confuso, mentre le sue sopracciglia si corrucciavano.
«Io scendo tra poco» annunciò, imbarazzata, mentre lui giocava con un cappellino da baseball, seccato.
«Certo» si morse un labbro, prima di cercare qualcosa in tasca ed estrarlo lentamente. Adesso Parisa le stava di fronte, mentre pensava che non era mai stato così felice di trovarsi una sconosciuta così vicina, quasi petto contro petto e gli occhi imbarazzati rivolti a terra. Giocò con il bigliettino che aveva custodito gelosamente fino a quel momento e si domandò se avrebbe dovuto farlo, se fosse stata la persona giusta a cui passare quel pezzo di carta che si portava dietro da settimane. Chi poteva essere stato l'idiota che aveva deciso di iniziare un gioco tanto stupido, quanto intrigante? Ci pensò per due intere settimane, mentre rimuginava sul ragazzo che gli aveva sorriso sinceramente imbarazzato e glielo aveva lasciato sul tavolo della biblioteca dell'università mentre studiava fisica quantistica, poi non l'aveva più visto, ma si ricordava quanto quel gesto lo avesse fatto diventare rosso, perché il tipo non rispecchiava affatto i suoi gusti. Studiò la ragazza che le stava di fronte e le sorrise, incerto sul da farsi, si rigirò più volte il biglietto bianco tra le mani, mentre il cuore batteva all'impazzata.
«È stato un piacere conoscerti» disse Parisa timidamente, facendo un breve cenno col capo a mo' di saluto, poi sorrise e lo superò scendendo dalla metro. Mise insieme qualche passo, poi altri ancora, intanto che la gente le cammina al fianco, o correva in ritardo a qualche appuntamento. Pensò al ragazzo della metro, Niall, ai suoi capelli chiari, i suoi occhi limpidi e le sue movenze simpatiche, avevano condiviso soltanto pochi minuti quasi appiccicati e in un vano troppo puzzolente, eppure era riuscito a farla stare a suo agio, mentre la guardava, le parlava e le sorrideva in modo affettuoso, nessuno sconosciuto l'aveva mai fatto, perché Parisa era tanto dolce quanto timida, era troppo taciturna e insicura per poter essere colpita da una persona tanto spigliata e loquace come Niall. Eppure il corso degli eventi si era ribaltato, perché non riusciva più a toglierselo dalla mente, mentre saliva confusa i gradini. Quando vide il cielo plumbeo, respirò a pieni polmoni e chiuse le palpebre per pochi secondi.
«Parisa!» la chiamò una voce forte e affannata alla fine della rampa, lei si voltò e sbarrò gli occhi quando vide Niall risalire le scale, evitando e urtando di tanto in tanto le persone, le si fermò davanti e prese fiato, sotto lo sguardo preoccupato della mora.
«Tutto bene?» domandò in apprensione, dato che sarebbe dovuto scendere una delle fermate dopo la sua. «Come mai sei sceso?»
Lui le sorrise e poi abbassò lo sguardo, fissandosi le mani e il pezzetto di carta piegato tra le sue dita, glielo allungò e lei lo guardò interrogativa.
«È uno stupido gioco, ma a cui non li sono rifiutato di giocare» spiegò stringendosi imbarazzato nelle spalle. «Ho aspettato due settimane, ora è tuo»
Parisa si aggiustò nervosamente i capelli corti, aprì il biglietto con cautela, nemmeno fosse dinamite pronta ad esplodere, e si applicò sulle parole d'inchiostro nero, scritte al computer.

 
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Per tutta risposta scoppiò a ridere e si portò una mano sugli occhi, tentando di capire se fosse o no in una specie di candid camera e qualcuno la stesse riprendendo, ma quando il suo sguardo si piantò in quello di Niall, sinceramente divertito dalla sua reazione, smise all'istante. Era fin troppo accigliato per essere uno scherzo, era come se stesse trattenendo il fiato per capire come lei potesse prendere quel gioco, non si mosse, né parlò.
«Che scherzo è?» domandò allora, diventando seria e piegando la testa sulla spalla, per arrivare all'altezza del biondo un gradino più in giù rispetto a lei.
«Credo sia una specie di gioco di qualche nullafacente disperato e bisognosi di un hobby» spiegò Niall, stringendosi nelle spalle, poi le indicò il foglio che portava addosso l'usura di tante mani e tasche diverse, abbozzando un sorriso. «Ma è arrivato fin qua dopo diverse persone, perciò penso che dovresti continuare il suo viaggio. Ora dipende tutto da te»
Parisa di accigliò e guardò il bigliettino piegato più volte con sospetto. E se fosse tutto vero? Lui la trovava attraente? Sentì il cuore scoppiarle, come colpi di cannone ad intervalli regolari, ma insoliti, e le sue gote tingersi di un rosso troppo acceso. «E tu l'hai dato a me?»
«Già» ammise, abbassando il capo e grattandosi una guancia.
«Ma non mi conosci nemmeno» buttò lei, paonazza, trovando del coraggio seppellito da chissà quanto tempo nella parte più remota del cervello. O del cuore.
«Non dovevo darlo alla mia futura moglie» rise Niall e cercò il viso della mora, girandosi poi cappellino sulla testa. «Soltanto ad una ragazza attraente e dopo due settimane l'ho trovata»
Lei sorrise appena, lusingata, e non seppe cosa dire, presa in contro piede. Lo avrebbe fatto? Avrebbe regalato quel biglietto a qualcun altro o sarebbe stata troppo timida e insicura per avvicinarsi ad un estraneo?
«Potresti sempre ridarlo a me» ammiccò il biondo con il suo buffo accento, ma nei suoi occhi c'erano sicurezza e determinazione. «Magari quando ci rivedremo una di queste sere»
«Mi stai chiedendo di uscire, Niall?» domandò lei in risposta, felice, ma timorosa di lasciarsi ammaliare da uno sconosciuto.
«Forse» fece lui, poi le prese una mano, facendole sentire le sue dita fredde e lunghe strette intorno alle sue calde, mentre cercava qualcosa nella tasca esterna dello zaino che aveva in spalla e, sotto lo sguardo vigile di Parisa, trovò una biro blu. Velocemente, ma tentando di non premere troppo forte la punta contro la pelle liscia di Parisa, le appuntò il suo numero sul palmo della mano e poi le sorrise, facendola diventare paonazza. «Facciamo che mi chiami? Non farmi patire le pene dell'inferno però»
Poi la lasciò e lei si sentì persa in mezzo a tutta quella gente e confusa per quello che era appena successo.
«Ma-ma sei sceso dalla metro solo per questo?» balbettò lei, mentre il venticello le sferzava il viso e dei tuoni minacciavano pioggia in arrivo.
«Ne valeva la pena» sentenziò con un sorriso, scrollò le spalle e fece un passo indietro verso il gradino più basso, con un sorriso furbo e speranzoso. «Aspetto una tua telefonata, sconosciuta»
Prima che lei potesse ribattere, aveva fatto un mezzo cenno ed era sparito, inghiottito dalle scale sotterranee e dalla gente che andava e veniva in tante direzioni. Lanciò un'occhiata prima al biglietto e poi alla scritta sulla sua mano e sorrise, certa di una sola cosa: avrebbe chiamato lo sconosciuto della metro.









 
Tratto da una storia vera.
No scherzo, ma l'idea non mi è venuta su due piedi: ho trovato questa foto, dove c'era una ragazza con un biliettino uguale a quello che Niall ha dato a Parisa, l'ho salvata, ci ho pensato tipo venti minuti e in qualche ora ho scritto questa os. Non avrà un seguito, lo esculodo, e poi era solo una storiella con lo scopo di distrarmi da una long più impegnativa, che sto scrivendo e che mi porta via tante energie ogni giorno.
Perciò, spero che vi piaccia, fatemi sapere. :)


Bedjvergent!

  
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