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Autore: Verdeirlanda    10/01/2014    1 recensioni
**Beatrice ammirava il cielo con la bocca quasi spalancata,e sorrideva ad ogni stella che vedeva cadere.
A un certo punto prese la mano di Zoroastro: "Hai visto Zo? Le vedi? Sono bellissime!"
Il ragazzo si girò verso di lei che ancora fissava il cielo e sorrideva a quelle stelle cadenti, e sorrise anche lui: "Sì, sono davvero bellissime Bea."
Strinse forte la mano della ragazzina nella sua e tornò a guardare in alto, da dove piovevano le stelle.**
Tutto era iniziato così, in una notte d'estate.
Molti anni dopo Beatrice, suo fratello Leonardo e il loro più caro amico Zoroastro si troveranno ad affrontare eventi di cui non avrebbero mai potuto immaginare né l'arrivo nè l'entità.
Entreranno in contatto con antichi misteri e dovranno fare i conti con le trappole e gli intrighi orditi da Riario,
Leo dovrà lottare per giungere alla verità, Bea e Zo per aiutarlo rischieranno di perdere molto, ma non il sentimento celato che il lega da sempre, da quella notte.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Girolamo Riario, Leonardo da Vinci, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zoroastro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La partenza di Lucrezia lasciò tutti turbati. 
Rimasero alla locanda una settimana nella speranza che tornasse sui suoi passi.
Speravano che l'amore che diceva di provare per Leonardo la guidasse, e se non quello la sua coscienza.
Ma più il tempo passava più diventava evidente che non sarebbe tornata.
Quando Leonardo lo capì non parlò più di lei. 
Non la dimenticò, ma scelse di far scendere il silenzio su ciò che aveva provato per Lucrezia Donati.
Beatrice e Zoroastro rispettarono la sua volontà, e nei giorni successivi cercarono di rasserenarlo.
La fortuna di Leonardo fu il suo genio. La sua mente sempre curiosa lo portava a immaginare nuovi progetti e mirabolanti idee, facendogli scordare il dolore provato.
Da più di un mese i tre amici erano in viaggio, cercavano di non passare più di due o tre notti nella stessa città. Non potevano sapere se Riario li stesse ancora cercando, nel dubbio preferivano essere prudenti e passare inosservati.
In quei giorni tornò utile l'abilità di Zoroastro nello sfilare sacchetti colmi di monete dalle tasche dei nobili e dei signorotti che passeggiavano per le vie.
"Come fanno a non accorgersene?" gli chiedeva sempre Leonardo.
"Ho un tocco delicato." rispondeva lui "Il trucco è nella velocità e nel tempismo. Vai a sbattergli contro e quando sono ancora sorpresi dall'impatto stacchi la saccoccia dalla cintura. Facile." 
Grazie a quelle inconsapevoli donazioni potevano permettersi di mangiare e alloggiare nei sottotetti delle locande.
Il loro piano al momento era cercare un posto effettivamente sicuro dove fermarsi, ma la partenza di Lucrezia aveva portato altri dubbi e interrogativi.
"E adesso che si fa?" chiese una notte Zoroastro "Mi riferisco al Libro delle Lamine."
Erano in una piccola camera a Pisa, Beatrice era seduta accanto a lui sul letto, invece Leonardo era affondato in un vecchio divano dall'altra parte della stanza.
"Sinceramente? Non lo so. Non ho idee." rispose Leonardo.
"Non riesco a immaginare un mondo in cui Leonardo Da Vinci non ha idee." scherzò Zoroastro, strappando un sorriso all'amico.
"Forse dovremmo rimetterlo al suo posto...ma dovremmo poi nascondere la mappa e la chiave...oppure trovargli un nuovo nascondiglio, ma poi ci toccherebbe creare nuovi indizi..." ipotizzò Leonardo "E se pensiamo alla profezia, quella riguardava noi...ma adesso non possiamo più realizzarla..."
Dopo un lungo silenzio Beatrice sbottò: "Al diavolo!"
"Scusa?" chiese suo fratello.
"Al diavolo la profezia!" rispose lei alzandosi in piedi.
I due uomini la guardavano stupiti: "Bea...cosa stai dicendo?" le chiese Zo.
La ragazza li guardò: "Abbiamo trovato il Libro delle Lamine, lo abbiamo trovato dopo tanta fatica e tanta sofferenza. Abbiamo perso Andrea e rischiato di perdere noi stessi, le nostre vite sono state sconvolte, abbiamo fatto tanti sacrifici. E dovremmo rinunciare solo perché una vecchia profezia non ci calza più a pennello? No, mai!" 
Zoroastro e Leonardo la guardavano confusi, così Beatrice continuò: "Una profezia in fondo non è altro che una leggenda che parla del futuro, ha un fondo di verità che non sta nel racconto in sé, ma risiede nel suo fine ultimo, nel suo obiettivo." 
Leonardo scosse la testa: "Non ti seguo...sul serio..."
"Oh per la miseria! D'accordo...qual'è il fine ultimo della profezia che ci riguarda? Che alla fine una nuova generazione conosca le parole contenute nel Libro delle Lamine, e che grazie ad esse si impegni a migliorare il mondo per il bene dell'umanità. Non importa come questa discendenza verrà al mondo. L'importante è che essa esista.
Il Libro è destinato ai figli della terra e del cielo stellato, giusto? Ognuno di noi lo è, ogni essere umano che cammina e che camminerà su questo mondo lo è."
"Quindi cosa vuoi fare?" chiese Zoroastro.
Beatrice rispose risoluta: "Terremo noi il Libro, con noi sarà al sicuro. E un giorno racconteremo ai nostri figli l'avventura che abbiamo vissuto e gli consegneremo il Libro. Lo leggeranno, il suo contenuto li ispirerà, e un giorno, quando si sentiranno pronti, quando verrà il momento, agiranno per cambiare il mondo."
Zoroastro e Leonardo la guardavano ammirati per tanta determinazione e sicurezza.
E capirono che in fondo Beatrice aveva ragione: non era possibile rinunciare dopo tutta la fatica, la sofferenza. La partenza di Lucrezia non poteva toglier loro la speranza, la voglia di agire.
"Hai ragione." le sorrise Zoroastro "È giusto che questa profezia di compia, che il mondo possa conoscere coloro che lo miglioreranno. Ci sto principessa. Nel bene e nel male, ricordi?"
Bea gli regalò un ampio e caldo sorriso, poi guardò suo fratello: "E tu Leo? Cosa ne pensi?"
Leonardo la guardò intensamente, le sorrise anche se lei notò un velo di tristezza nella sua voce: "Penso che dobbiamo fare come dici tu. Non so se un giorno avrò la grazia di avere dei figli...ad ogni modo, ai nostri eredi sarà consegnato il Libro delle Lamine. È la cosa più giusta che possiamo fare."
Beatrice annuì: "Grazie. Ad entrambi. Era una cosa a cui pensavo da tempo, ma non avevo il coraggio di parlarne, non capivo se fosse una buona idea ma ora lo so. So che è tempo che le cose cambino, per tutti."


Girolamo Riario aspettava nell'anticamera degli appartamenti del Santo Padre.
Era passato molto tempo da quando Leonardo e i suoi compagni avevano fatto perdere le loro tracce, ormai il conte non aveva più notizie su di loro.
Gli informatori di Goffredo sembravano non trovare indizi.
E questo arenarsi della ricerca aveva irritato non poco Sisto IV.
Fu fatto accomodare in una sala arredata con mobili in mogano lucente e drappeggi porpora e oro. 
Seduto su una poltrona non dissimile da un trono c'era il Pontefice.
Riario si inginocchiò dinnanzi a lui porgendogli il saluto.
Sisto gli disse di alzarsi e non gli diede il tempo di proferire una sillaba: "Sono molto deluso Girolamo. Vi avevo detto di non deludermi. Vi ho affidato questa missione perché Vi ho sempre considerato il mio uomo migliore, disposto ad ogni sotterfugio pur di ottenere risultati.
Il Vostro passato nell'Inquisizione mi suggeriva che sareste stato all'altezza, e visto il nostro legame famigliare ho creduto di potermi fidare.
E invece mi sbagliavo, non siete altro che un uomo corruttibile e patetico, come tanti altri.
Mi hanno riferito dei Vostri imperdonabili errori, Girolamo."
Riario deglutì a fatica: "Mio signore, Santità. La missione non è fallita, possiamo ancora trovare il Libro e arrestare i fuggiaschi. Ho sbagliato, è vero, sono caduto..."
"Siete precipitato!" tuonò il Papa "Mi è stato detto che Vi siete lasciato sedurre da una giovane fanciulla...Diamine Girolamo! Un uomo come Voi, così vicino alla mia persona che viene sconfitto per la sua attrazione carnale verso una sgualdrina!
La stessa donna che avete fatto arrestare con la falsa denuncia, dico bene?"
"Sì mio signore. E a quanto pare la nostra denuncia non si è rivelata poi così insensata visto ciò è successo..."
Sisto IV scoppiò a ridere: "Dite sul serio? Pensate davvero che quella ragazza sia una strega? Siete patetico Girolamo. Non Vi ha sedotto e ingannato con la magia nera, avete fatto tutto da solo. Voi siete stato sedotto dalla sua bellezza e attratto dal suo corpo, non è stato un sortilegio a farVi crollare, è stata solo la Vostra lussuria!" rise più forte "Non è una strega, è solo una giovane ragazza particolarmente attraente che volevate sbatterVi! Usate la scusa della magia nera per giustificare i Vostri errori, per giustificare il fallimento. E l'omicidio."
Riario a quelle parole impallidì.
Sisto tornò serio e continuò: "Sì, lo so. Per quella Beatrice avete ucciso Mercuri. Il povero e fidato Lupo Mercuri! Voleva ucciderla e Voi l'avete salvata. E non solo. 
Avevate quasi ripreso il controllo della situazione, ma pur di saziare il Vostro desiderio avete lasciato che Vi imbrogliasse nel modo più ridicolo.
Se si venisse a sapere Girolamo...avete idea delle ripercussioni? 
Cosa potrebbero dire se si sapesse che avete ucciso un nobile e Vi siete fatto sopraffare a colpi di candelabro da una graziosa ragazza, se si sapesse che avete perso controllo e lucidità per lei?
Diranno che non so scegliere i miei collaboratori, diranno che sono un corrotto, un incapace.
Perderemmo ogni appoggio dai nobili, e dai cardinali. Avrebbero una scusa valida per mettere in dubbio la mia autorità! Diamine! Sapete che hanno fatto fuori miei predecessori per molto meno?
 I Vostri errori sono i miei errori Girolamo, e se verranno scoperti precipiteremo entrambi! Lo capite?"
Riario annuì: "Mi dispiace Santità...mio signore...permettetemi di esserVi di nuovo utile, non Vi deluderò..."
"Voi mi sarete di nuovo utile Girolamo, statene certo. Ma non in questa missione. Ho altro in serbo per Voi." il tono di Sisto si fece solenne "Darete le dimissioni da capitano del mio esercito, scegliete una scusa riguardante la Vostra salute. Dopo di che io Vi confermerò come unico avente diritto ad assumere il ruolo di conte di Imola e Forlì e Vi trasferirete lì una volta celebrate le nozze."
"Le nozze mio signore? Intendete dire..."
"Sì. Ho già preso accordi con Milano. Voi sposerete Caterina Sforza, la figlia del duca di Milano Galeazzo, grazie a questa unione i nostri regni si uniranno in una prolifica alleanza. Ve l'ho detto che mi sareste stato di nuovo utile." 
Riario abbassò lo sguardo, era contrariato da tale decisione. Ma non poteva certo rifiutare, anzi probabilmente avrebbe dovuto ringraziare il Santo Padre di non averlo condannato a morte.
"Se è ciò che vuole il mio signore sarò lieto di compiacerlo." disse semplicemente prima di essere congedato.
Riario si diresse veloce ai suoi appartamenti, sbattè la porta dietro di sé una volta entrato.
Ansimava per la rabbia, si versò un bicchiere di liquore e lo tracannò in un sorso.
"Non dovreste bere così in fretta, potrebbe farVi male." 
La voce di Goffredo lo fece girare.
Era nella stanza, sfoggiava un trionfante sorriso.
Riario lo guardò con odio: "Voi! Schifoso traditore! Voi avete rivelato le mie confessioni al Papa! Solo Voi sapevate ciò che era successo. Perché lo avete fatto?"
Goffredo era calmo e soddisfatto: "Suvvia Girolamo. Dovreste sapere come funzionano i giochi di potere. Inganno e tradimento sono gli elementi essenziali."
"Non è una risposta! Ditemi perché?" gli urlò Riario.
"Perché è tempo che le cose cambino Girolamo. È tempo che i più furbi e i più scaltri calpestino gli inetti e gli stolti per arrivare in cima, sulla vetta più alta del potere.
Noi ci conosciamo da tanto tempo...
E immagino ricordiate le mie ambizioni. 
Ho preso i voti solo perché sapevo che la fede, vera o presunta, era la strada più veloce per raggiungere certi obiettivi. 
Un uomo di Dio di questi tempi può ottenere potere e ricchezza se gioca bene le sue carte. 
Purtroppo io sono figlio di un nobile di basso rango, in decadenza, la mia strada era più difficile e tortuosa rispetto a preti che discendono da famiglie facoltose.
Ma sapevo che grazie a piccoli sotterfugi avrei raddrizzato la mia via.
Inganno e tradimento Girolamo.
Loro sono stati i miei più fidi alleati, grazie a loro ho scalzato giovani rampolli e ottenuto incarichi di prestigio.
Come quando lavoravamo insieme per l'Inquisizione, rammentate? È così che ci siamo conosciuti.
A Voi serviva un prete che Vi affiancasse negli interrogatori, e io volevo quel ruolo, e con imbrogli e menzogne lo ho ottenuto."
Riario era confuso: "Ma perché volevate avvicinarVi?"
"Voi eravate considerato il miglior inquisitore di Roma Girolamo. Lavorare con Voi mi avrebbe dato prestigio. Ma non era solo per questo.
Quell'anno se ben ricordate il Papa si ammalò, era solo questione di tempo prima che morisse e che fosse necessario indire un Conclave per eleggere il suo successore. E tutti sapevano che Sisto IV, Vostro zio, era il più papabile, scusate il gioco di parole.
Era il cardinale più potente, di certo sarebbe stato eletto grazie alle sue alleanze.
E una volta salito sul trono di Pietro avrebbe insignito i suoi parenti con incarichi prestigiosi.
È scontato, lo fanno tutti.
Voi, suo nipote prediletto, certamente sareste stato insignito di un enorme potere. Infatti siete diventato capitano dell'esercito.
La mia speranza era di entrare nelle Vostre grazie quel tanto che bastava per poter un giorno ottenere a mia volta qualcosa. 
A piccoli passi avrei ottenuto il potere che tanto ho desiderato e ancora desidero.
Ma purtroppo il mio piano ha subìto un rallentamento..."
Riario commentò: "Vi riferite a quando Vi cacciarono dall'Inquisizione per le Vostre perversioni?"
Goffredo si irrigidì e sibilò: "Non ero l'unico a farlo! Eppure solo io sono stato punito! E Voi non mi avete aiutato o difeso se ben ricordo..."
"Pensavate che Vi avrei spalleggiato solo perché mi avete affiancato negli interrogatori per alcuni anni? La Vostra condotta non meritava scusanti. Avete meritato l'esilio Goffredo." rispose il conte.
"Già. L'esilio. Condannato a fare il prelato in piccole chiese, spostato di continuo." ricordò Goffredo "Gli altri due preti, quelli perversi come me, ora sono sacerdoti importanti...non sono stati puniti eppure facevano le stesse cose che facevo io."
"Non li hanno mai colti in flagrante." commentò amaro Riario "Voi sì. Vi hanno scoperto, hanno visto cosa facevate a quelle povere bambine..."
Goffredo lo interruppe: "Figlie di streghe e di stregoni! Creature del demonio!"
Riario scosse la testa: "Non giustifica le Vostre azioni. Erano bambine innocenti, erano state giudicate libere da ogni possessione. Le avete portare via dai conventi a cui erano state affidate usando falsi documenti della Congregazione."
"Erano creature dannate per quello che avevano fatto i genitori adoratori del diavolo! Volevo salvare le loro anime!" 
"In quel modo? In quel disgustoso...Oh andiamo! Sappiamo entrambi perché lo facevate! Per lussuria!" Girolamo ripensò alla conversazione avuta con il Papa "Ho usato anch'io la scusa della stregoneria per giustificare i miei fallimenti e i miei errori. E invece ho agito solo spinto dal desiderio...non c'è magia, non c'è incantesimo...c'è solo l'oscurità della nostra anima che ci avvolge. Se Vi cediamo precipitiamo."
Goffredo guardò Riario: "Ed è così facile cedervi. È proprio per questa mia debolezza che hanno continuato a spostarmi. Fino a che non mi hanno mandato a Firenze, dove Voi mi avete trovato. Non credevo mi avreste contattato."
"L'idea fu di Mercuri, sapeva delle Vostre frequentazioni poco raccomandabili. Mi disse che se cercavo sicari e criminali Voi eravate la persona giusta con cui parlare. Mi sono fidato, ho pensato che Vi foste redento." spiegò Riario.
"Speravo lo credeste." rise Goffredo "E quanto siete venuto da me ho capito che avrei potuto usarVi per tornare a scalare la vetta. Ho finto di essere un fidato e devoto amico, contrito e desideroso di redenzione! Ah povero illuso!
Così ho atteso, Vi ho servito e ho aspettato che la situazione volgesse a mio vantaggio."
"E quando ne avete avuto l'occasione avete affondato la Vostra cuspide nella mia carne, da bravo scorpione quale siete." disse Riario.
"Inganno e tradimento. Vi ho ingannato: i miei sicari hanno trovato tracce dei fuggitivi ma non Ve ne ho parlato, ho tenuto le informazioni per me.
E Vi ho tradito: ho rivelato al Santo Padre i Vostri peccati.
E adesso ho l'occasione di arrivare in cima, di conquistare il potere!"
"In che modo?" chiese Girolamo.
"Data la mia devozione evidente verso il bene del Pontefice egli stesso mi ha incaricato ufficialmente di proseguire la ricerca. Mi ha assegnato un titolo speciale, sono un delegato papale adesso. Troverò i fuggiaschi e il Libro delle Lamine, e allora avrò la mia ricompensa. Mi nominerà vescovo per i miei meriti verso la Chiesa! Avrò il potere, e passi dopo passo ne avrò altro." Goffredo sorrise trionfante.
"Prima dovrete trovare loro e il Libro delle Lamine. Non sarà facile."
Goffredo fece una smorfia: "Oh, li troverò. Ho molte frecce al mio arco. Io mi ergerò dove Voi avete miseramente fallito. Nessuno potrà più fermarmi.
Divertitevi ad Imola conte. Forse un giorno verrò a farVi visita." 
Riario era furioso, ma capì che al momento non poteva fare nulla, così scosse la testa: "La Vostra ambizione Vi porterà alla rovina. Pregherò perché accada Goffredo."
Una volta rimasto solo Girolamo si buttò su una poltrona, la testa gli doleva.
Era stato ingannato e tradito.
Sarebbe stato allontanato da Roma, da quel ruolo di capitano che tanto amava, sarebbe stato ridotto a fare il marito e il reggente, costretto a una vita noiosa e lenta, la morte forse sarebbe stata un sollievo.
Tutto questo nonostante la devozione di una vita alla famiglia, al Santo Padre.
Chiuse gli occhi e fece una promessa a se stesso: anche lui avrebbe pazientato, e un giorno avrebbe avuto la sua vendetta, un giorno avrebbe trascinato in basso coloro che gli avevano tolto tutto.


UN ANNO DOPO...


La notte era tranquilla, una piacevole brezza rinfrescava l'aria.
Zoroastro dormiva, respirava profondamente.
Fu svegliato da un tocco delicato sulla pelle, aprì lentamente gli occhi.
"Uhm...ah...cosa...scusa, russavo di nuovo?" chiese voltandosi verso Beatrice, la ragazza era seduta sul letto.
"No, non è per quello...è per questo." indicò una larga macchia scura sul materasso "Si sono rotte le acque. E sì, stavolta sono sicura che non sia pipì." 


Beatrice sorrideva.
Simone, ormai aveva compiuto cinque mesi, era nella culla e faceva strani versi e pernacchie.
"Sei davvero buffo! E sia chiaro, lo hai preso da tuo padre." disse lei ridendo.
"Cosa ha preso da me?" disse Zo entrando in camera.
"I riccioli scuri amore mio." rispose lei.
Lui la baciò sulle labbra, poi prese in braccio il bambino: "Gli occhi verdi invece sono i tuoi. Ehi nanerottolo! Siamo felici oggi, sì?"
Scesero al piano di sotto, Zo si sedette a tavola sempre tendendo in braccio il piccolo Simone.
"Leonardo quanto torna?" chiese lei iniziando a preparare il pranzo.
"Sta arrivando. Si è fermato a comprare altro colore per i suoi disegni. Sai che alla scuola d'arte sono molto contenti del suo lavoro? Hanno detto che lo terranno a insegnare anche l'anno prossimo. E anche io non posso lamentarmi, il vecchio Bernardo è molto soddisfatto del mio lavoro di venditore, dice che non ha mai venduto così tanto da quando ci sono io in negozio."
"Ci credo!" rise lei "Con la tua parlantina sei riuscito a vendere i miei unguenti a persone perfettamente sane!"
"Ma c'è di più: è rimasto molto soddisfatto dello sciroppo che gli hai fatto avere quando gli è venuta la tosse mesi fa, così gli ho proposto di vendere anche alcune tue medicine nella sua drogheria, e lui ha accettato, era entusiasta all'idea di avere l'esclusiva. Cosa ne dici?"
"Dico che ti adoro!" Beatrice corse da lui e lo baciò "Grazie! Mi manca molto non avere il mio lavoro di erborista."
"Lo so principessa." le sorrise e la baciò di nuovo.
Da tempo ormai vivevano alla periferia di Perugia.
Era stato inevitabile fermarsi a causa della gravidanza di Beatrice.
Avevano affittato una casa sotto falso nome e Leonardo e Zoroastro avevano trovato un lavoro.
Il loro piano era di rimanere fino a che il bambino non fosse stato in grado di affrontare un viaggio, ma giorno dopo giorno le cose sembravano andare sempre meglio, la città era bella e i vicini ospitali.
Anche il lavoro regalava loro molte soddisfazioni e riuscivano a mantenersi senza problemi.
Ormai la situazione sembrava tranquilla e stavano progettando di rimanere.
Leonardo entrò un casa: "Senti che profumino!" 
Beatrice sorrise: "Lavati le mani, tra poco si mangia."
Dopo pranzo Leonardo prese in braccio il nipotino: "Un giorno lo zio Leonardo ti costruirà una macchina volante... Oppure una macchina che va sott'acqua..."
"Non potresti costruirgli un sonaglio?" rise Beatrice.
"Ti prego! Un banale sonaglio? No, i tuoi bambini avranno ben altro!"
"Bambini?" Bea alzò un sopracciglio.
Leonardo le sorrise: "Oh, non dirmi che non ne vuoi altri. Lo so che prima o poi tu e Zo mi renderete di nuovo zio."
"Beh, sì, ci piacerebbe." ammise lei "Zo come papà è meraviglioso."
"E tu sei una mamma fantastica. Un figlio non potrebbe avere genitori migliori."
Bea arrossì: "Grazie."
"E un così bravo genitore non impedirebbe ai suoi figli di avere una macchina volante." commentò Leonardo, ed entrambi scoppiarono a ridere.
Invece il piccolo Simone iniziò a piangere.
"Cosa ha? Oddio quando piange mi mette un'ansia..." disse Leo preoccupato.
Bea rise: "Ha solo fame. Questo nanetto mangia come un lupo!" 
Prese in braccio il bambino e andò in camera al piano di sopra per allattare con tranquillità.
Mentre cullava il bambino si chiese se un giorno Leonardo avrebbe avuto dei figli.
Non si era ancora deciso a frequentare seriamente una ragazza, si concedeva qualche notte di passione con amanti occasionali, ma non era pronto a innamorarsi, la ferita lasciata di Lucrezia era ancora aperta.
Simone si staccò dal suo seno, sbadigliò e fece un ruttino piuttosto fragoroso.
Beatrice sorrise e gli bisbigliò: "Pure questo lo hai preso da tuo padre."


C'era una persona che aspettava davanti alla loro porta di casa.
Beatrice era andata al mercato a fare compere, Simone dormiva beato appoggiato al suo petto dentro una fascia che aveva allacciato dietro la schiena.
La donna vide che la persona stava bussando alla porta, le dava le spalle ed era coperta da un mantello con cappuccio grigio.
Beatrice si avvicinò, disse ad alta voce: "Non c'è nessuno in casa. Cosa desiderate?"
La persona si voltò e guardò Beatrice, le sorrise, vide il piccolo Simone tra le sue braccia e assunse un'espressione stupita.
Beatrice divenne immobile, spalancò gli occhi per lo stupore: "Non ci credo..." mormorò.








 







 






  
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