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Autore: WouldBeRebel    10/01/2014    2 recensioni
Spinse la schiena contro alla parete con un gemito, i palmi delle mani premuri contro gli occhi color metallo, nella speranza di arginare le lacrime che cadevano senza sosta, insinuandosi nel bordo delle maniche, scorrendo lungo la pelle fino ad infrangersi contro il tessuto scuro della giacca.
Freddo. Il muro era freddo, il pavimento era freddo, il misero lettino della cella era freddo. Le coperte troppo strette e dure per accoglierlo, quella specie di materasso mal copiato era troppo falso e tetro. Quanta gente c'era stata, su quel letto? Quanta gente aveva pianto, come lui, in quello stesso angolo di muro?
Taka non c'era. Nemmeno un'ombra scura delle sue ali si affacciava alla finestra bloccata dalle sbarre. Nemmeno una sua piuma marrone, screziata da mille tonalità, era caduta dentro alla sua cella, rallegrandolo almeno un po'.
Solo.
Simon era irrimediabilmente solo.
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Dedicata a _C h e s h i r e_ ♥
Segnata come "Nuovo personaggio" poichè pare che "Simon Blackquill" non esista fra i personaggi I:
Genere: Angst, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Caged Animal

Caged Animal
I've been left alone

Spinse la schiena contro alla parete con un gemito, i palmi delle mani premuri contro gli occhi color metallo, nella speranza di arginare le lacrime che cadevano senza sosta, insinuandosi nel bordo delle maniche, scorrendo lungo la pelle fino ad infrangersi contro il tessuto scuro della giacca.
Freddo. Il muro era freddo, il pavimento era freddo, il misero lettino della cella era freddo. Le coperte troppo strette e dure per accoglierlo, quella specie di materasso mal copiato troppo falso e tetro. Quanta gente c'era stata, su quel letto? Quanta gente aveva pianto, come lui, in quello stesso angolo di muro?
Taka non c'era. Nemmeno un'ombra scura delle sue ali si affacciava alla finestra bloccata dalle sbarre. Nemmeno una sua piuma marrone, screziata da mille tonalità, era caduta dentro a quelle pareti, rallegrandolo almeno un po'.
Solo.
Simon era irrimediabilmente solo. Aveva tentato un approccio con una guardia, sì, ma era stato freddamente ignorato. Forse lo prendevano per pazzo? Gli uomini delle celle accanto ridevano quando lo sentivano chiamare qualcuno in cerca di aiuto. Era giunta qualche frase, da loro. Ma non si poteva certo definire amichevole.
“Cresci, ragazzino. Qui dentro possono capitare due cose. O muori, o muori. Puoi crepare sul serio, oppure crepa la tua anima, il tuo essere. E sai che succede, quando esci?
Succede che tu sei morto dentro a quella cella, e il tuo corpo diventa un involucro di emozioni che non ti appartengono.”
Il terrore che gli avevano suscitato quelle parole derivava proprio dalla loro verità. Lo sapeva, il giovane Blackquill lo sapeva benissimo.Sapeva quanto fossero vere. Eppure qualcosa, dentro di lui, nel profondo del suo cuore tremante, sperava ancora che arrivasse qualcuno, che l'avrebbe salvato proprio come un miracolo.
Mosse appena il viso contro al palmo ruvido delle mani, un singhiozzo che gli sfuggì dalle labbra. Stava già cambiando. La sua anima aveva già iniziato a corrodersi, consumata da tutte quelle lacrime, che continuavano a cadere senza sosta. Emozioni. Quelle gocce erano fatte di puro dolore, di puro terrore.
Qualcuno l'avrebbe salvato da quelle quattro mura severe e dolorose, da quelle pareti laceranti che lo stavano dilaniando da dentro. Qualcuno l'avrebbe fatto. Vero?
Colpevole, innocente, incriminato, potenziale assassino. Non sapeva più nemmeno lui qual'era il suo vero ruolo in tutta quell'immensa questione che l'aveva inghiottito come un fiume in piena.
Azioni, conseguenze, realtà e incubi si confondevano assieme alle lacrime, diventando nebbiosi e disordinati, il filo logico che li legava completamente spezzato. Cosa aveva fatto, per quale motivo? Perchè era lì, perchè era accusato?
Troppe cose nella sua mente non trovavano una risposta. Troppi pensieri si accavallavano, spingendo per la supremazia. E Simon non seppe dire se era più vicina la disperazione o la follia, quando riaprì gli occhi aspettandosi di aver avuto solo un brutto sogno. Le stesse pareti scure, la stessa cella grigia e morta. Anche lui sarebbe diventato parte di quell'ambiente. Anche lui sarebbe morto proprio come ogni cosa lì dentro.
Dalle labbra gli uscì un nuovo singhiozzo, un lamento che chiedeva aiuto, e che sapeva bene, sarebbe stato ignorato ancora una volta. Fuori era notte, la luce della luna rischiarava in maniera spettrale ogni cosa all'interno della stanza. Più di tutto era illuminata la porta, la sua consistenza metallica che brillava alla luce pallida del satellite. Salvezza e maledizione, quell'uscio mischiava i due poli teoricamente opposti. La luce su quelle piccole colonnine d'acciaio era quasi invitante. Chiedeva di essere toccata. Chiedeva di provare a fuggire.
Ma allo stesso modo, aveva lo stesso effetto del fuoco. Subdola e crudele, come una fiamma intoccabile che ricorda la propria presenza silenziosa ed immutabile. Toccala, bruciati, non riuscirai comunque a spegnere l'incendio. Sembrava urlarlo a pieni polmoni. E il corvino lo sapeva, quanto inutile sarebbe stato provare a forzarla. Preferiva non ricordare, l'angustia di quella stanza, la reclusione più totale cui era sottoposto. Preferiva non confermare, di essere dentro ad una gabbia.
Lasciò scivolare la schiena lungo alla parete, fino a che non sentì la spalla sbattere con leggerezza contro al pavimento, la testa poggiata contro le piastrelle fredde e terribili. Anche lui sarebbe diventato come gli altri uomini lì? Anche lui avrebbe seguito la regola che vigeva in quella prigione?
"Gli animali messi in gabbia diventano feroci."
Anche lui, come loro, sarebbe diventato feroce, senza più una traccia del suo carattere dolce e solare?
Spostò lo sguardo stanco sulle proprie mani, le manette che parvero bruciare contro alla pelle, tanto gli sembravano strette. E fissando il bagnato lasciato dalle proprie lacrime, illuminato pallidamente dal chiarore del solitario satellite bianco, Simon Blackquill si accorse per la prima volta di non essere nulla di più.
Un animale messo in gabbia.

   
 
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