Storie originali > Soprannaturale
Segui la storia  |       
Autore: Bloode    11/01/2014    1 recensioni
Cameron è il primo grande amico di Ariel, si conoscono da quando Ariel è nata e hanno giocato insieme fino all'età di sette anni. poi un giorno Cameron e la sua famiglia svaniscono nel nulla. Ariel crede che si siano trasferiti e la sua vita continua anche senza Cameron. dieci anni dopo Ariel sembra una ragazza come tante altre e cerca di vivere una vita normale, ma lei in realtà custodisce un grande segreto: appartiene alla grande famiglia delle Fate. tuttavia riesce a conciliare le due vite senza troppi intralci. un giorno però nella vita di Ariel arriva un ragazzo nuovo dal quale lei dovrebbe star lontana perchè è venuto per darle la caccia. ma c'è qualcosa negli occhi di questo ragazzo che attrae irrimediabilmente Ariel. e questo potrebbe creare un grande problema sia per il mondo delle Fate, quello di Ariel che per la setta dei Cacciatori: la nuova famiglia di Cameron, o per come lo conoscerà Ariel... Blake.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
“E’ il nemico! Devo ricordarti cos’ha fatto la sua razza a noi? Alla tua famiglia! Sembra che tu te ne sia dimenticato! Vedi di riprenderti!”
Blake era in terra e si teneva la testa, era riuscito a stento ad arrivare alla cascina dove viveva.
“Non posso.. è come se la conoscessi.. non è come gli altri..”
“Non l’hai mai vista prima! Chiaro?! Non costringermi ad usare le maniere forti!”
Fece la figura voltata di spalle, con voce minacciosa, Blake si raggomitolò. La figura si girò, era una donna,la metà di Blake se non meno, eppure gli incuteva un enorme timore. Nella stanzetta male illuminata non si riusciva a vedere molto, ma il profilo tagliente della donna spiccava nell’oscurità e i suoi occhi castano dorati dalla forma allungata e dallo sguardo minaccioso brillavano freddi nell’oscurità. Nonostante la paura Blake si tirò a sedere e poi cercò di mettersi in piedi sulle gambe malferme, cercando di incutere un po’ di timore a quella donna, dato che Blake era alto almeno venti centimetri più di lei. m
“Cassidy,  non ce l’ho fatta ad ucciderla! Io.. è come se la conoscessi e... non so cosa mi sta succedendo.. “
Cassidy gli tirò uno schiaffo in pieno viso, poi lo guardò con disprezzo e urlò
“Sei debole! Ecco perché! Sei debole! Ti è bastato parlarci per due giorni per affezionarti a lei? Hai già dimenticato la nostra missione?”
“No..”
“A me sembra di si! Dobbiamo iniettare altro fluido? Magari ti aiuta a tenere a mente l’obbiettivo”
Blake scosse la testa guardando il pavimento in segno di rimorso; a vederlo così Cassidy si infervorò ancora di più. Lo afferrò per il mento e lo costrinse a guardarla in quegli occhi taglienti e carichi di cattiveria.
“ A me sembra di si! Ma non posso continuare così! Devi essere tu a prendere l’iniziativa per una volta Blake! Sei il più debole del gruppo! Quando vorrai svegliarti un po’? Sono stufa di doverti sempre tenere sotto la mia ala protettiva se poi non ricevo nulla in cambio! Per stasera eviterò di farti un’iniezione. Ma rimarrai qui. E fra poco arriveranno anche gli altri. Spiegagli cosa hai fatto oggi!”
Detto questo chiuse il lucchetto della catena che teneva Blake per la caviglia e se ne andò fuori dal capanno, non appena richiuse la porta l’oscurità fu totale e Blake iniziò ad ansimare, aveva sempre avuto del buio dopo che i suoi genitori erano stati uccisi, la notte del quindici giugno di dieci anni prima. Era rimasto talmente traumatizzato che il suo corpo iniziò a tremare dopo una decina di minuti trascorsi nella più totale oscurità; per quanto la sua infanzia ed adolescenza fosse stata problematica dopo la morte dei genitori, aveva trovato una nuova famiglia nella Setta dei Cacciatori, Gwen, una donna che era parte della Setta già da molti anni, ma che nonostante fosse una spietata cacciatrice, sapeva essere anche un’affettuosa mamma; aveva preso Blake nella sua famiglia e lo aveva cresciuto come un figlio. rNon era stato semplice, Blake era sempre stato un bambino e un ragazzo problematico, ma Gwen si era affezionata a lui, e Blake, nel corso degli anni si era sempre applicato al massimo per diventare un ottimo membro della Setta ed essere all’altezza delle aspettative di Gwen; ma ora che era incatenato al buio si domandava se fosse davvero questo quello che voleva: essere un assassino e uccidere, perché era quello che la Setta si aspettava da lui o cercare di scoprire chi fosse prima di entrare nella Setta. Tutto giocava  a suo favore,era tornato nella sua città natale, dov’era cresciuto fino a quando i suoi genitori erano stati ancora in vita. O almeno questo era quello che Gwen gli aveva detto, e visto che ricordava pochissimo della sua vita prima di diventare orfano.
Mentre continuava con questi pensieri, la porta si aprì e comparvero tre figure slanciate, due ragazzi e una ragazza. Lo guardarono con un’espressione a metà fra il disprezzo e la pietà, poi la ragazza si chinò su di lui egli scostò i capelli dal volto mentre Blake ancora tremava e poi lo schernì
“Ma  guarda! Debole e ancora traumatizzato dal buio! Non cambi mai  eh? Non capisco perché tu non sia morto con i tuoi genitori! Sei solo un peso morto per la Setta!”
“Meg, lascialo stare. Ce ne occuperemo noi di quella mezza fata! L’unica cosa che non capisco è perché Cassidy non lo abbia già sbattuto fuori dalla Setta!”
Fece un ragazzone altissimo, l’altro annuì e Meg sghignazzò, poi si alzò e si allontanò da Blake, scuotendo la lunga chioma bionda all’indietro.
“Sarà divertentissimo ucciderla con le nostre mani!”
“Non vi azzardate a toccarla!”
Ringhiò Blake alzandosi di scatto e ferendosi le caviglie con le catene.
“Ah ora ti è spuntata la spina dorsale? Ma da che parte stai? Credo che sia ora di rinfrescarti la memoria! Tu sei un Cacciatore! Non devi difendere quei Flhoryez! Che ne dite ragazzi? Gli rinfreschiamo la memoria?”
La porta si chiuse e l’oscurità riempì di nuovo la stanza, l’unico rumore che si sentì furono dei colpi e le grida di Blake.
Il sole entrò nella stanza di Ariel e lei si stiracchiò, poi guardò la radiosveglia, le dieci del mattino, poi fece scorrere gli occhi per tutta la stanza, qualcosa non andava. C’era qualcosa di strano. C’era una persona che dormiva sul divanetto, Trent. Aveva le labbra socchiuse, e il petto si abbassava e si alzava ad un ritmo regolare; alcuni riccioli neri ricadevano sulla fronte e sugli occhi chiusi. Era decisamente bello, decisamente una fata. Era decisamente comico vedere quel bestione di Trent tutto accartocciato su quel divanetto rosso. Ariel si alzò dal letto e andò verso Trent, gli scosse delicatamente la spalla e lui batté gli occhi più volte, poi si alzò sui gomiti.
“Buongiorno Trent! Comodo il divanetto?”
Ironizzò Ariel mentre Trent si metteva a sedere inarcando la schiena. Poi le sorrise e si massaggiò il collo
“Comodissimo guarda. Credo di avere il torcicollo adesso! Tu hai dormito bene invece?”
“Si certo,perché? Ma soprattutto, perché tu dormivi sul mio divano?”
“Ieri sera eri così scossa da quello che era successo che sono rimasto con te visto che i tuoi erano a cena fuori, ti sei addormentata sul divano e ti ho portata a letto. Ma i tuoi non erano ancora arrivati e non volevo lasciarti sola.. così mi sono addormentato sul divanetto e tua madre non mi ha svegliato e ora eccomi qui col torcicollo!”
Ariel inclinò la testa e sorrise. Poi si mise a cavalcioni dietro Trent ed iniziò a massaggiargli piano il collo. Trent si lasciò scappare un sospiro di beatitudine e rilassò i muscoli contratti, poi girò la testa e sorrise ad Ariel
“Ah che bellezza.. ci voleva proprio, grazie Ari!”
“Di niente.. hai fame?”
Trent annuì e si alzò, poi tese la mano ad Ariel e lei l’afferrò e Trent l’aiutò ad alzarsi, con un movimento veloce la prese e la strinse a se, lei teneva le mani premute sul suo ampio torace, mentre Trent le cingeva la vita, poi la sollevò leggermente e Ariel piegò le gambe e le alzò per non andare a sbattere contro il divanetto. Entrambi ridevano e una volta arrivati nel punto più largo della stanza Trent mise giù Ariel, lei mise un finto broncio e lo guardò inclinando leggermente la testa verso sinistra
“Stavo così comoda lassù! Perché mi hai fatto scendere?”
Trent le sorrise e nei suoi occhi si accese una scintilla
“Rimediamo subito!”
Con un gesto repentino tanto quanto quello che aveva effettuato sul divano prese Ariel per mano e la portò vicino la rampa di scale, lei gli saltò sulla schiena e si attaccò al corpo muscoloso di Trent come una scimmietta. Scesero le scale di corsa, ridendo e arrivarono in cucina tutti trafelati, al che Claudia si girò dai fornelli, i suoi capelli neri a caschetto erano raccolti con un fermaglio e indossava un abito di cashmere a maniche lunghe color borgogna, stretto in vita da una cintura di pelle color cognac. Sotto le calze coprenti e decolté otto centimetri nere. Impeccabile, il classico trucco delicato e due orecchini di perle abbinate ad una collana. Erano solo le dieci di mattina ed era così perfetta. Ariel invece aveva i capelli ingarbugliati e il pigiama rosso con i pinguini e i residui di trucco colato le incorniciavano gli occhi in un penoso effetto panda.
“Buongiorno cari! Ariel tesoro, tutto bene? Trent, ho provato a svegliarti ieri sera ma.. non c’è stato modo! Dormivi come un sasso! Comunque sarete affamati! Venite il pudding e le frittelle sono pronti!”
I due ragazzi si sedettero a tavola e Trent molto cavallerescamente le spostò la sedia e fece sedere Ariel, avvicinando la sedia con un tempismo perfetto. Poi si sedette e girò il bicchiere per versarsi del caffè, ma Ariel lo precedette e riempì prima la sua tazza gialla con lo smile e poi quella di Trent
La colazione trascorse velocemente, Trent ed Ariel chiacchierarono e mangiarono frittelle. Mentre stavano finendo la colazione entrò Josh nella cucina, che diede un bacio sulla fronte di Ariel. Era veramente un bell’uomo, indossava una camicia Oxford e un cardigan blu nawy con o scollo a V. Sicuramente c’era qualche evento importante in vista, ma Ariel non aveva la minima idea di quale fosse.
“Buongiorno Scricciolo! Dormito bene?”
“Certo papà! Buona domenica!”
“Oh ciao Trent. Come stai?”
“Molto bene grazie signor Britt, lei?”
“Oh non c’è male… Ari tesoro cambiati veloce che dobbiamo andare a pranzo dagli Shiverman! Te ne eri dimenticata per caso?”
“Emh veramente si papà.. devo proprio venire?”
“Assolutamente sì! Non possiamo sempre presentarci solo io e tuo padre! Come se tu non fossi parte della famiglia!”
Esordì Claudia mettendosi teatralmente le mani sui fianchi e battendo nervosamente i tacco di vernice sul parquet del pavimento della cucina. Era perennemente stressata quando si parlava di uscire come famiglia. Era come se dovesse ostentare la perfezione della famiglia in ogni occasione possibile.
Abbattuta Ariel salutò Trent, che come al solito si offrì disponibile come autista, amico,guardia del corpo o qualunque cosa della quale Ariel avesse bisogno, lei lo congedò con un leggero bacio sulla guancia e lui se ne andò a bordo del suo fuoristrada nero. Ariel salì in camera e si mise dei jeans chiari,con un maglione grigio scuro lungo e i soliti stivaletti, i capelli mossi ricadevano sulle spalle e il taglio sulla fronte era quasi sparito del tutto. Scese le scale e non appena Claudia la vide scosse la testa e cominciò la solita ramanzina
“Ma non avevi nulla di più decente da metterti? Quel bel vestitino bianco per esempio! Magari sotto eviti di metterci queste scarpe da combattimento e sistemi anche quel cespuglio che hai in testa!”
“Nemmeno per sogno! O così o non vengo. Prendere o lasciare”
Ariel non era il tipo che si faceva mettere i piedi in testa facilmente. Era così cocciuta che Claudia per evitare di tirare troppo per le lunghe la litigata acconsentì e Ariel salì sulla Bmv con le sue scarpe da combattimento, estremamente felice di averla spuntata con sua madre.
Gli Shiverman abitavano in periferia, in un quartiere di persone benestanti. Tuttavia lì vicino c’erano cascine e capannoni industriali abbandonati e questo faceva calare un po’ lo splendore di quella zona residenziale, che però tuttavia rimaneva comunque  tranquilla e ospitava ville lussuosissime. Ariel e la sua famiglia arrivarono alla grande casa a due piani degli Shiverman, era proprio l’ultima casa prima che iniziasse la zona industriale. Ariel da piccola, quando andava con i genitori in quella casa adorava passare tutto il tempo in giardino. Era così silenzioso, c’era un salice piangente, e lei si rifugiava sempre sotto i suoi rami; poi adorava arrampicarsi sugli alberi dai rami più alti e a immaginare di essere una scimmietta. Non appena scesero dalla macchina Deliah Shiverman si presentò alla porta e accolse la famiglia Britt con il solito caloroso sorriso. Era una donna sulla cinquantina, molto curata, come tutte le fate d’altronde! Indossava un tailleur bianco e delle scarpe rosse con un tacco sottile. I capelli erano raccolti in una morbida crocchia sulla nuca.
“Ciao Claudia! Josh! Oh Ariel,ma quanto sei cresciuta! Entrate! Entrate!”
Il signor Shiverman era seduto nel soggiorno, sulla poltrona di pelle marrone, vicino al caminetto che fumava la pipa e leggeva un libro. Salutarono calorosamente anche lui e poi tutti insieme andarono nella sala da pranzo. Nella sala c’era una tavola con tanti piattini pieni di antipasti. Iniziarono così un pranzo tranquillo mentre Josh e Carter Shiverman discutevano animatamente delle questioni lavorative, visto che erano entrambi avvocati. Claudia e Deliah invece parlavano del fantastico periodo per andare a fare shopping e stavano già progettando un folle pomeriggio di compere, cercando di coinvolgere anche Ariel; quest’ultima però era restia allo shopping e poi non avrebbe mai voluto passare un pomeriggio intero con sua madre e una sua amica in giro a spendere soldi per comprare capi firmati. Finito il secondo piatto Ariel si alzò e disse
“Deliah, Carter, vi spiacerebbe se andassi un po’ in giardino?”
“No cara vai pure.. anche da piccola adoravi passare la il tuo tempo!”
“Tesoro sta attenta!”
Fece Claudia, Ariel alzò gli occhi al cielo e annuì, poi sgattaiolò fuori da quella reggia e si recò sul retro del giardino. Iniziò ad inspirare l’aria profumata ed ad ascoltare i rumori della natura circostante ad occhi chiusi. Poi sentì un cigolio, poi un altro e aprì gli occhi, in una cascina poco distante la porta si stava aprendo e da dentro venivano dei rumori. La bassa staccionata fu semplice da scavalcare, fortunatamente Ariel non aveva indossato un vestito come le aveva proposto Claudia, se no a quest’ora sarebbe ancora dall’altra parte della recinzione. Si avvicinò al capanno e sentì sempre più distintamente i rumori, c’era qualcuno dentro. Ariel sapeva che non erano affari suoi se qualcuno fosse in quella cascina, ma era una zona abbandonata e Ariel era notoriamente molto curiosa, quindi si avvicinò ancora e appoggiò la mano sulla maniglia della porta mezza scardinata e la spinse. Non appena entrò le mancò il fiato. Una figura di spalle stesa su una brandina da campeggio le dava le spalle e guardava il muro. Non appena Ariel si avvicinò e la figura si accorse di lei alzala testa e si girò di scatto. Per poco a Ariel non partì un urlo
“Blake? Che diavolo ci fai qui!?”
Indietreggiò confusa e  spaventata, visto che solo ieri Blake l’aveva aggredita
“Ariel!”
Fece Blake a sua volta alzandosi di scatto e piegandosi in due,sul suo viso comparve una smorfia di dolore e dalle labbra gli sfuggì un gemito.
“Che hai? Stai male?”
Chiese Ariel avvicinandosi  a lui e dimenticandosi per un momento tutto quello che era successo la sera precedente e tutta la confusione provata un minuto prima.
“Non avvicinarti ti prego..”
Le disse Blake, mentre si portava la mano sull’addome e sussultava per un’altra fitta. Ariel non lo ascoltò nemmeno e si avvicinò guardandolo negli occhi, lui indietreggiò sulla brandina, ma lei con delicatezza e con cautela, come si fa con un animale ferito e spaventato e gli prese la mano che aveva sull’addome. Poi alzò leggermente il lembo della maglia e scoprì gli addominali di Blake. Ariel rimase senza fiato: erano bellissimi, definiti e sodi; ma la cosa che lasciò Ariel senza fiato fu che quegli addominali erano cosparsi di lividi, grandi macchie nere e viola che dovevano fargli un male terribile.
“Come te lo sei procurato? Chi ti ha fatto questo? Chiamo subito un’ambulanza, potresti avere delle costole rotte”
Blake la fermò prima che potesse comporre il 911 con il cellulare, poi tossì e guardò Ariel negli occhi
“Sto bene.. devi andartene però ora..”
“Guarda un po’ chi c’è qui! La fatina..”
Fece la voce fredda di Meg, Ariel si girò di scatto e poi guardò di nuovo Blake che si alzò di scatto e così Ariel vide la catena che lo teneva legato alla brandina
“Meg! Sta lontana da lei!”
“Se no cosa fai? Non ti sono bastati i lividi di ieri sera? Ne vuoi ancora? Lasciami fare il lavoro sporco che tu non riesci a compiere adesso!”
La paura, la rabbia e tante altre emozioni diverse e contrastanti iniziarono a girare vorticosamente nel petto di Ariel, che sentì le gambe molli e le mani diventarono insensibili. Un calore la pervase da capo a piedi, si parò davanti a Blake e dal pavimento iniziarono a uscire scintille che zampillarono sempre di più fino a trasformarsi in una fiamma che divampò poi allargandosi a vista d’occhio. Meg imprecò qualcosa contro Ariel e uscì in fretta dal capanno.
Il fumo era ovunque, Blake iniziava ad essere stordito. Ariel era in stato catatonico. Nessuno dei due sapeva cosa fare
“Vai!”
Urlò Blake indicando la porta, Ariel girò la testa di scatto e lo guardò
“Non me ne vado se tu sei qui! Ce ne andremo insieme, devo solo riuscire a liberarti!”
Ariel si concentrò e le sue mani iniziarono a brillare e a scaldarsi, continuando a concentrarsi, Ariel poggiò le mani sulla catena, vicino la caviglia di Blake e strinse con forza. Il calore del fuoco fuse il ferro della catena sotto gli occhi sconcertati di Blake. I capelli erano appiccicati al volto sudato di Ariel mentre cercava di far sciogliere l’ultimo anello della catena. Le mani iniziarono a tremarle, il fumo rendeva l’aria irrespirabile, Blake le sistemò i capelli dietro le orecchie e con un ultimo sforzo Ariel riuscì a liberarlo. Poi perse i sensi. Blake la prese fra le braccia e si tolse la maglia, coprendole la testa e il volto perché non si bruciasse. Poi e iniziò a correre fra le fiamme fino ad arrivare alla porta.
Andò subito verso la casa degli Shiverman, con Ariel ancora svenuta fra le braccia.
“Aiutatemi!”
Urlò con la voce roca. In meno di un minuto i genitori di Ariel e i signori Shiverman si precipitarono fuori. Claudia per poco non urlò vedendo quel ragazzo a torso nudo con in braccio la figlia, entrambi sporchi di fuliggine e puzzolenti di fumo. Il signor Shiverman guardò a sinistra, dietro la casa e vide le fiamme. Subito chiamò i pompieri dando l’indirizzo, intanto Josh prese Ariel e Blake cadde in avanti per lo sforzo che aveva compiuto. In meno di dieci minuti i pompieri arrivarono e anche l’auto medica del 911. Blake e Ariel vennero sistemati nel salotto di casa Shiverman e dopo una decina di minuti Ariel riprese i sensi e facendo leva sul braccio destro si alzò dal divano. Nell’altra parte del salone Blake e due infermieri del 911 stavano litigando
“Andiamo è solo un prelievo!”
“No!non voglio il fluido! Ti prego basta! Basta!”
“Credo sia sotto shock, prima di fare il prelievo inietterei un tranquillante”
Blake si agitava e non bastavano due infermieri a tenerlo fermo. Si portava le mani alla testa e tremava. Ariel si alzò e si avvicinò a lui e gli prese le mani guardandolo dritto negli occhi e facendogli un sorrisino incerto. Blake rilassò i muscoli e l’infermiere riuscì in quel momento di iniettargli il tranquillante. Meno di un minuto dopo gli occhi di Blake persero lucidità e Ariel allora gli lasciò le mani e si sedette di fianco a lui.
“Grazie”
Disse l’infermiere guardandola negli occhi, poi la visitò velocemente e constatò che non c’erano traumi evidenti. Quindi andò in cucina a parlare con i signori Britt che erano agitati per la prognosi della figlia.
“Tutto a posto signora, sua figlia non ha riportato nemmeno un graffio,il ragazzo invece.. beh è pieno di contusioni e vorremo parlare con i suoi genitori, insomma è sotto shock. Non avete alcun recapito telefonico? Se no dovrà venire con noi al pronto soccorso.”
“Non ho mai visto quel ragazzo prima.. forse Ariel lo consoce ma ne dubito, non frequenta mai questo quartiere..”
“Si chiama Blake.. Blake Hook, viene a scuola con me. Si è appena trasferito qui in città ma non so altro..”
Disse Ariel una volta sbucata sulla porta. Guardava il padre implorandolo con gli occhi di fare qualcosa. Fu Claudia però a parlare
“Potete chiamare la segreteria del liceo. Lì sapranno di sicuro tutto sul suo conto”
Dieci minuti dopo Josh Britt era al telefono con la centralinista del liceo frequentato da Ariel e Blake. Spiegata la situazione e dopo aver ribadito almeno dieci volte che era un avvocato e voleva avvisare i genitori del ragazzo, la centralinista rilasciò l’indirizzo dove abitava Blake. Era proprio in quel quartiere. Due cascine dopo quella andata a fuoco. Appena Claudia lo seppe sbiancò, prese Ariel per un braccio e si chiusero in bagno.
“Cos’è successo la dentro Ari?”
“E’ arrivata una ragazza e ha detto che voleva farmi fuori, ha parlato di un ‘ lavoro sporco che lui non era riuscito a fare’ Trent presume che sia un cacciatore”
“Ariel devi stare lontana da quel ragazzo!”
“Perché mamma? Non ha fatto nulla! Ho dato io fuoco a quel capanno lo so! Per far scappare l’altra. Lui è buono! Poteva uccidermi in biblioteca! Non l’ha fatto! Il mostro fra i due sono io! E poi mi sembra di conoscerlo.. non so perché ma non posso stargli lontana”
“Non puoi conoscerlo.. è impossibile Ari”
Poi Claudia abbracciò la figlia. E le tornò negli occhi la stessa espressione che tanti anni prima si era presentata quando le aveva mentito il giorno in cui Cameron era sparito. 
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: Bloode