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Autore: Denisedecline_    12/01/2014    4 recensioni
Rosso.
Rosso è il colore che vorrei che i miei capelli avessero. Quei capelli che tengo stretti tra le dita nei momenti di panico.
Rosso è il sangue che ho trattenuto dentro quando i morsi che mi davo sulle labbra erano troppo forti.
Rosso è la macchia sul mio passato e rosso è il colore che dedico a lui.
Il più grande stronzo mai visto sulla faccia del pianeta: Tommaso Sparvieri.
Genere: Comico, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Tredicesimo capitolo.
Pov Tommaso.

Due giorni.
Due giorni che non la sento, che non risponde alle mie chiamate o ai miei messaggi.
Sabato e domenica passati così, ad autoconvincermi che non si è pentita mentre, invece, sento la paura gelarmi il sangue nelle vene.
Sofia non fa altro che parlarne: “ma Cristal non viene a trovarci più?”, “perché nemmeno chiama?”, “secondo te è per i dolcetti?” ed io non so come dirglielo che non è per i dolcetti, che non so nemmeno io perché non richiama e tantomeno per quale cristo di motivo non risponde.
So che si arrabbierebbe e mi terrebbe il muso, come solo mia sorella è in grado di fare, se le dicessi che probabilmente la causa di tutto sono io.
Probabilmente, Tom?
Al diavolo, vai al diavolo, vocina del cazzo!
Ha deciso di evitarmi? Peggio per lei, non sono mai arrivato a fare così per nessuna, non inizierò adesso.
Mi alzo svogliatamente dal divano e salgo le scale, andando verso la camera di Sofia.
Apro la porta e la vedo.
Dorme tranquilla alla faccia del mondo che va a puttane intorno a lei.
Le deposito un bacio sulla tempia e le faccio continuare i sogni.
Infilo le Vans ed il giubbotto di pelle nera, grido a mio fratello di star attento nostra sorella e di controllar che non cada dal letto.
Portafogli, sigarette, cellulare e fuori i pensieri e, almeno per stasera, fuori anche Cristal.

Entro nel locale, il fumo mi stordisce, la musica è più alta del solito, gente che balla, ragazze sui cubi e ragazzi che non capiscono più niente in tutti gli angoli.
Non so come e nemmeno per quale miracolo, ma riesco a trovare con gli occhi Fabio, Gabriele e Marco.
Mi avvicino e faccio un sorriso grande quanto una casa e, probabilmente, il più falso che io abbia mai fatto.
- Alleluja, amico! Da quanto non ci vediamo? – urla Marco per farsi sentire.
- Da venerdì, idiota. – Gabriele ride, Fabio alza gli occhi al cielo e Marco fa una smorfia – Sei un manico di scopa pure con gli amici, adesso? – fa un cenno al tizio dietro al bancone – Il primo giro te lo offro io, così ti sciogli un po’.- mentre lui si allontana per ballare con qualcuna e rendere ancora di più cornuta Elisa.
Detto fatto, mi arriva il primo drink che butto giù mentre sento la gola bruciare.
Gabriele mi si avvicina, mentre osserviamo entrambi Marco darsi da fare.
- E’ sempre lo stesso, eh? – mi domanda trattenendo un sorrisino.
- Da Roma a Milano, diverse compagnie, diversi locali, ma sì, è sempre lo stesso. – ordino un altro alcolico e mi godo la scena di un paio di galline che si avvicinano al mio amico.
- Che c’hai, Tomma’? – non credo di averglielo mai detto, ma odio quando Gabriele riesce a capirmi attraverso gli sguardi.
- Nulla, ora passa. – stringo i denti, avevo detto di voler lasciare il mondo fuori, cazzo.
- A suon di alcool? Da quando li risolvi così i problemi? – mi guarda stupito e so cosa intende, mai e poi mai mi ha visto così.
- Gabrie’, pensa un po’ a te. – e giù un altro bicchiere.
Gabriele si allontana.
Non volevo rispondergli male, ma contribuire a farmi pensare ai casini, non è la cosa più giusta.

Mezz’ora dopo,  non ho più il controllo del mio corpo.
I bicchierini sono diventati tre bottiglie di birra e la testa mi gira spaventosamente.
- Dimmi che almeno non ti sei fatto le canne. – rido, Gabriele è tornato ancora?
- Lasciami stare. – mi passo una mano tra i capelli e mi accorgo che sono fottutamente sudati.
- Razza di un coglione, appoggiati, ti porto via. – Sferrato mi prende per le spalle e mi porta con la forza fuori dal locale.
Non riesco neanche a tenermi in piedi.
Mi lascia sul muretto vicino al locale.
- Vomita, se devi farlo. – mi dice.
- Si vomitano i sentimenti, Ga’? – mi lascio scivolare a terra e mi prendo la testa tra le mani, alzando poi lo sguardo verso il cielo.
- E’ per la Lucrezi? – il cuore mi si rivolta nel petto e sputo fuori una risata amara.
- Quando è stata capace di ridurmi così? – domando più a me stesso che a colui che ho affianco.
- Quando ha iniziato ad importartene. – non sono voltato verso di lui, ma son sicuro che sorride.
- Mi interessa più delle altre troie che mi son portato a letto, mi importa più di Bianca, mi fa andare fuori di testa. – stringo i pugni.
- Lo so. – lo dice e mi sento ancora più coglione.
- Beato te, che non sei nella mia stessa situazione. – alzo il volto, cercando di non vomitare.
- E chi te lo dice? – ride.
Mi giro verso di lui, guardandolo con curiosità.
- Come, scusa? –
Sbuffa – Forse mi interessa qualcuna. – risponde, mentre il mio sguardo rimane puntato verso di lui.
- Forse? – sembro una pettegola, ma ne voglio sentire ancora.
- Che rompipalle che sei, oh. – rido, ride e ci guardiamo ancora.
- E’ la Toglieri. – inizio a tossire convulsivamente.
- Chi?! – dir che sono spiazzato è dir poco.
- Si, hai capito, mi son preso una cotta per l’amichetta della Lucrezi. – a risentire il suo cognome, scuoto la testa.
- Ma non è fidanzata? E tu non sei fidanzato? – domando confuso.
- Si, ad entrambe. – risponde secco.
- Stiamo messi male. – mi tolgo il giubbotto, nonostante il freddo.
- Ora peggio. – risponde Sferrato, guardando davanti a lui.
Rivolgo lo sguardo nella sua stessa posizione e trattengo il fiato.
No, non adesso.



Pov Cristal.


Non è lui.
Quello seduto a terra, vicino a Sferrato, non può essere lui.
Mi cade la tracolla di jeans dalle spalle, il vento soffia e le ossa vengono scosse dal freddo di  inizio Gennaio.
- Crì, stai bene? – mi domanda Carolina, al mio fianco.
No, non sto bene, Carol.
- Si. – annuisco poco convinta e mi volto verso di lei. – Tu, piuttosto? – abbassa lo sguardo senza dire nulla.
- Potremmo andare a salutarli..- propone e la fulmino con lo sguardo.
- E con che faccia? – il mio è un flebile sussurro – Come ci vado vicino a Sparvieri sapendo di averlo evitato come se fosse la peste dopo averci, quasi, dato dentro sul divano di casa sua? – Carolina sbuffa. So perché vorrebbe andare lì, e so che è uno sbaglio.
- Car. – le tocco una spalla, ma lei mi rivolge uno sguardo supplichevole e senza dire altro, si avvia verso Gabriele e Tommaso.
La raggiungo imprecando.
- Ehi. – la mia amica traditrice saluta con un sorriso il ragazzo che mi sta rendendo la vita un inferno e il suo compagno d’avventure.
- Carolina. – Gabriele sorride e si alza veloce, scrollandosi i sassolini dai jeans e dalle mani. – Posso offrirti qualcosa? – le domanda gentile come mai lo avevo visto prima.
- Certo! – si affretta a dir lei, prima di scusarsi e andare dentro il locale alla nostra destra insieme a Sferrato.
Li guardo e sento il cuore stringermi, facendo ricongiungere il mio sguardo a quello di Sparvieri.
- Allora sei viva. – afferma secco e con lo sguardo incazzato.
- Così sembra. – mi guardo le mani intorpidite dal freddo.
Lo sento alzarsi velocemente e fulminarmi, ancora, con lo sguardo.
- Tieni. – mi porge il suo giubbotto, facendomi rimanere interdetta.
- Non ne ho bisogno, grazie lo stesso. – allontanati, Cristal, fallo ora.
- Proprio ora cerchi di mettere le distanze? – nella sua voce c’è l’ira che non avrei mai voluto affrontare, perché non son pronta – Non credi che sia tardi per cercare di scappare? Per quanto mi eviterai ancora facendo la vigliacca? – lo so a cosa si riferisce e non riesco a trovare parole adatte per giustificarmi, perché in realtà non ho scuse.
- Mi spiace, ma noi non siamo amici, siamo solo compagni di classe e di banco. – so che neanche questo è vero e che credermi adesso è difficile.
- Non siamo nulla? – ed ecco il suo ghigno del cazzo – Non la pensavi così sul divano di casa mia. -
Lo guardo truce, sperando di aver sentito male.
- Ti ripeto che non sapevo quel che facevo. – stringo i pugni.
- Quindi tu stai per far l’amore senza saperlo?! – il suo tono si alza di un’ottava.
Ha detto ‘’far l’amore’’, non ‘’sesso’’ o ‘’scopata’’ o ‘’sveltina’’, ma ‘’far l’amore’’.
Fisso i miei occhi nei suoi, cercando di trovar qualche traccia di bugia nel suo sguardo.
Mi avvicino di un passo e noto il suo petto alzarsi più velocemente rispetto a prima.
- Tommaso, io.. – gli sfioro il petto con le dita.
- Non farlo, Cris. – ha gli occhi chiusi e le labbra dischiuse – Non toccarmi, non saprei più controllarmi. -
Contrariamente a quanto mi ha chiesto, poggio entrambe le mani su di lui.
Sono davvero così contraddittoria? Dio mio, che qualcuno mi tiri un ciaffone, ora.
Le sue braccia stringono la mia vita e penso che la frase che avevo letto poco prima su un muro, è assolutamente vera.
La mia vita è nelle sue mani.
Riapre gli occhi e poggia le labbra sulla mia fronte.
- Perché non hai risposto?- sembrava essersi calmato, ma non credo che sia totalmente in grado di capire.
- Non ci riuscivo. – ammetto, sentendomi una merda.
- Quindi è vero. – molla la presa sui miei fianchi e mi guarda sbalordito. – Quello che ho sempre pensato, è vero. -
- C-cosa? – non riesco a seguire il suo discorso.
- Ti sei pentita. – abbassa lo sguardo e fa respiri profondi.
- Che?! – lo guardo mentre fa dei passi indietro – Tommaso, no! – ma lui è già lontano, corre verso la sua moto.
- Tommaso, non è vero.. – e questa volta quella che può sentirmi sono solo io e le lacrime che scorrono silenziose fino agli angoli della bocca.

Nota autrice: Mi preparo a ricevere proiettili da tutte le lettrici di questa storia.
Ho avuto un blocco dello scrittore piuttosto lungo e ho rimandato la scrittura del capitolo per parecchio tempo. Chiedo scusa, ma ora, habemus capitulum!
Non so cosa dire, ho inserito il punto di vista di Tommaso per far capire come si sente.
Se siete arrivate fin qui, vi prego di aiutare questa povera scrittrice e di inviare una recensione nella casella in alto.
Ma, facendo le serie, vi auguro un buon anno in ritardo di dodici giorni e vi abbraccio tutte.

 

  
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