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Autore: Shinjiru    12/01/2014    0 recensioni
 
Sherlock & John. John & Sherlock.
Sherlock, John & Alexandra. John, Sherlock & Alexandra.
E se al 221B di Baker Street fossero in tre?
Genere: Azione, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: John Watson, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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"Stelle di giorno e sole di notte.
Dicono che è amore ma ci ammazziamo di botte.”
 
Alexandra corre come il vento attraverso il parco.
E’ in ritardo e sa che non dovrebbe esserlo, per quanto non abbia intenzione di andare a quella seduta. Kay, dopo averla trovata in quello stato di degrado qualche settimana prima, l’ha messa davanti ad una scelta: farsi aiutare o perdere ogni contatto con la sua migliore amica. Dopotutto, Alexandra, è una ragazza, che ha bisogno di qualcuno con cui stare in pigiama sul divano, con del gelato e un film strappalacrime, e poi forse era davvero il momento di uscirne. Il parco è semivuoto, sono le quattro in effetti e chi segue le tradizioni sta andando a casa per preparare il thè e nel cammino passa anche in pasticceria per prendere dei biscotti. Non è freddo ma Alexandra si stringe nel cappotto, i brividi sono persistenti. Probabilmente è l’astinenza o forse solo l’ansia, è la prima volta che va da una psicoterapeuta.
<< Alex! >>
La testa della ragazza è volta verso il cielo, ultimamente l’ha visto di rado e non si ricordava proprio potesse essere così celeste.
<< Tobledam! >> i piedi si fermano e tornano indietro, non è lei a comandarli ma sono loro che seguono la voce di chi l’ha chiamata per cognome.
<< Oh ciao Mike >> Mike è un uomo buffo. E’ paffuto, il naso dritto ma a patata, porta un paio di occhiali old fashioned, di quelli con la montatura marrone, veste sempre di completi color kaki, camicie a quadri e cravatte improponibili. E’ una brava persona però.
<< Come stai? >> nei suoi occhi compassione mischiata a preoccupazione << E’ da tanto che non ci si vede. >>
<< Beh si… Sono stata… via, per un po’. >> le mani strette a pugno nelle tasche.
<< Già un bel po’. >> Un suo pesante difetto è che non sa mai cosa dire e cosa non dire. Spaventato dal silenzio dell’amica, Stamford, cerca di fare conversazione.
<< Come va con il lavoro? >> Ma ecco di nuovo che la sua buona volontà sbatte il muso contro l’inadeguatezza di certi argomenti.
<< Se ne avessi uno ti direi come va. >> Alexandra non vorrebbe essere così dura ma dopo il suo lungo periodo “di pausa” è stata temprata (forse troppo) da situazioni spiacevoli.
<< Ehm… >> il rossore sul viso dell’uomo è estremamente visibile. << Vivi ancora a Southwark? >> in effetti non c’è molto di cui parlare.
<< No. Troppo costoso. >> la risposta suona più secca di quanto la ragazza voglia.
I due parlano ancora poco riguardo sistemazioni e prezzi e poi si congedano.
Tobledam controlla l’orologio è si accorge che è davvero tardi, così ricomincia la corsa vero lo studio della dottoressa.
 
 
 
<< Arrivederci e… >> la mano della donna stringe forte quella di Watson, che si sente a disagio <<…buona fortuna. >> “E questo cosa sarebbe?” si chiede l’uomo, ma non gli va di farsi altre domande dopo quelle poste dalla psichiatra. Ma la sua voglia di non essere più interpellato fino al ritorno a casa (se casa si può chiamare) viene bruscamente ignorata, quando nel parco incontra un suo vecchio compagno di Università.
<< Ho sentito che da qualche parte, all’estero, ti hanno sparato. Che è successo? >> Mike non è mai stato famoso per il suo tempismo e tatto, tantomeno per il suo brio o la sua genialità.
Ma John si concede una chiacchierata con l’amico, è da tanto che non parla con qualcuno pagato per ascoltarlo. Si prendono un caffè e parlano delle proprie vite, ricordano i vecchi tempi, gli ideali, i sogni, confrontano il passato con il presente. John studia attentamente Mike, che sembra felice con la sua famiglia ordinaria e il suo lavoro banale; lui non è stato in guerra e non ha mai avuto una pallottola in corpo, lui non si deve adattare “alla vita da civile”, lui è un civile. Incredibile come le storie possano essere diverse: entrambi sono stati studenti di medicina, alla stessa scuola, compagni di corso, poi ognuno ha fatto una scelta, ed ora rieccoli a descrivere il loro stato attuale. Ma c’è qualcosa che turba tremendamente Watson: la piattezza del suo collega, che è un londinese tipico. Si anche l’ex soldato è un londinese D.O.C  ma i due sono estremamente diversi. Forse, semplicemente, sono due esseri umani differenti.
<< Andiamo, chi mi vorrebbe come coinquilino? >> è la risposta che dà John a un insistente Mike che vorrebbe solo vedere l’amico in pace, in una casa e magari non da solo.
Una risatina sfugge all’insegnante che viene scrutato da uno sguardo indagatore.
<< Che c’è? >> chiede il biondo.
<< Sei la terza persona che mi dice questo oggi. >>
Watson intravede un’opportunità.
<< Chi sono il primo ed il secondo? >>

 
Sherlock ha il suo lavoro.
Sherlock ha il suo genio, il suo talento e la sua solitudine.
Sherlock, però, non ha soldi.
Se ne rende conto all’improvviso quando di colpo si trova davanti un possibile coinquilino appena entrato nel suo laboratorio insieme a Mike Stamford.
E’ facile dedurre chi sia: medico militare tornato a casa invalido dall’Afghanistan. Ovviamente ci sono altri dettagli della sua vita: ha una zoppia definita giustamente dal suo terapista “psicosomatica” ed ha un fratello che si preoccupa per lui ma non vuole chiedergli aiuto perché non lo approva, dato che quest’ultimo è un alcolizzato o più probabilmente poiché ha recentemente lasciato la moglie. Tutto questo dedotto da una camminata e un telefono, Sherlock gonfia il petto fiero di sé.
Inaspettatamente dalla porta entra una giovane donna che con il fiatone, tra un respiro e l’altro, si presenta come Alexandra Tobledam.
Ma questo a Holmes non basta: è una drogata che sta tentando una disintossicazione. Da cosa lo si nota? Dalle mani che tremano, così come le gambe, dagli occhi lucidi ma svegli e contornati da evidenti borse causate dal poco sonno, dagli sguardi che lancia ai flaconi di medicinali che le stanno attorno, dal suo corpo talmente non in forma che fare delle scale la costringe a prendere respiri profondi. O forse perché al detective riesce estremamente semplice riconoscere i suoi simili.
<< Sai all’inizio pensavo fossi stato assai efficiente e celere nel trovarmi un coinquilino…>> dice Sherlock rivolto a Mike <<… ma questo è un tantino esagerato. >>
I due contendenti per il posto di convivente si scambiano un’occhiata di sfida quando qualcosa li blocca per una frazione di secondo, tempo in cui Sherlock può dedurre molto.
<<For God’s sake, Mike! Almeno potevi portarmene due che non si conoscono! >> esclama il moro alzando gli occhi al cielo.
<< Aspetta… cosa?! >> la faccia sbigottita di Stamford è alquanto evidente e divertente.
<< Noi non ci conosciamo. >> tenta di difendersi il medico.
<< Oh si invece. >> risponde piccato Holmes che non sopporta di vedere sotto accusa una sua deduzione.
<< Di sfuggita… >> aggiunge la ragazza << ci siamo visti di sfuggita. Dal terapeuta… >>
<< Si, l’avevo capito. >> il detective si siede su uno sgabello << Comunque, tornando a cosa importanti. Uno di voi due non verrà a vivere con me, sono meravigliato che ci sia la fila per tale onore a dire il vero. Vabbè tornando al punto… >> la mano dell’uomo scivola nell’aria come per scacciare una mosca << chi di voi ha intenzione di lasciar perdere? >> il mento si protende indagatore verso le persone che ha davanti, le sopracciglia arcuate in cerca di indizi e le mani giunte poste quasi a sfiorare il collo.
<< Non io. >> si fanno eco a vicenda i contendenti.

 
<< Io ho davvero bisogno di un posto dove stare. Dopo la guerra mi sono ritrovato solo al mondo,  un mondo diverso da quello che ricordavo, senza un lavoro che forse non ho mai davvero avuto e tra poco senza un tetto sopra la testa che possa salvarmi dalla caduta libera dei ricordi di quello che è successo. Perciò io non lascio perdere. Mi dispiace… >> dice John verso la ragazza << non sarà così facile assicurarsi il qui presente signor… >>
<< Holmes. >> interviene Mike.
<< … il signor Holmes come coinquilino. >>
Watson è sconvolto da come in una frase ha lasciato perdere i suoi problemi di fiducia e ha chiesto palesemente aiuto ad uno sconosciuto. Si è lasciato scappare lo stato attuale delle cose senza edulcorarlo per evitare pena e pietà, si è ritrovato nudo al cospetto di occhi indiscreti e dolorante di fronte a respiri pesanti. Seppur da fuori deve sembrare un disperato, al momento lui sta ridendo dentro, felice di poter ammettere che la sua psicologa ha sbagliato: lui l’affidamento alle persone non l’ha mai perso.

 
<< Beh neanche io ho intenzione di lasciar scappare questa occasione, quindi niente piagnistei e lacrimoni sul tempo che fu: ho bisogno di un posto dove stare, chiaro e semplice. Posso pagare l’affitto, alcune bollette e contribuire alle altre spese ma non farò mai le pulizie e simili, non ho tempo da perdere dietro a polvere sui mobili e sporco incrostato sul tavolo. Per i primi tempi passerò a casa molto tempo ma con l’arrivo, si spera, di un impiego sarò meno presente nella possibile casa che potremmo affittare insieme. Non diventeremo amici, mai. Lei è solo una specie di mezzo di sostentamento per i tempi bui. Ognuno nelle proprie camere e dialoghi sereni, pacati, tranquilli e asettici negli spazi comuni. Tutto chiaro? >> tah dah. Ecco la triste e deludente Alexandra plasmata nei bar di infima categoria e nei locali di gioco d’azzardo. Era davvero diventata così? Una discarica di buoni sentimenti che puzzano di finzione? Un palazzo di acidità con fondamenta di odio? Oh beh, alla fine bisogna adattarsi, è alla base dell’evoluzione.

<< Mi piace il suo modo di vedere la cosa, signorina Tobledam. E’ stata davvero esaustiva ed ha elencato tutto ciò che anche io sono disposto a fare, evidentemente avremo un problema con l’ordine e l’igiene della casa ma su quello si può sempre lavorare no? >>
<< Suppongo di si. >> è la risposta fiera di una povera tossicomane.
<< No no no. Ma l’ha sentita? E’ stata categorica e maleducata! Vuole davvero condividere un qualsiasi luogo con questo tipo di persona? Posso attenermi anche io alle stesse regole ma sarei di gran lunga di miglior compagnia. E mi occuperei anche delle pulizie. >> ma giustamente l’uomo non ha intenzione di farsi rubare l’occasione da una persona tanto presupponente.
<< Io cosa? >> chiede infastidita la donna posandosi le mani sui fianchi << Capisco la sua necessità di trovare un posto dove stare ma se lei non è capace di arrivare dritto al punto e scoprire le sue carte per vedere se ha quelle buone, mi dispiace ma è un problema suo non mio. Perciò non mi attacchi e provi a fare del suo meglio. >>
<< Ah si? E il suo commento poco carino riguardo a ciò che ho detto? “Niente piagnistei e lacrimoni sul tempo che fu…” tsk scialba insensibile che non è altro! Non mi sono arruolato per salvare gente come lei. >>
<< Per sua informazione io sono un ex poliziotto e nemmeno io mi sono arruolata per salvare gente come lei! >>
Nel frattempo Sherlock li osserva attentamente, un po’ ridendo sotto ai baffi. Sono due tipi interessanti, non c’è che dire, ma nessuno dei due sembra davvero pronto ad affrontare una convivenza e non sembra che nessuno dei due possa affrontare una convivenza con Holmes. Però il battibecco che continua a riempire l’aria di veleno è talmente simpatico e stimolante che il moro pensa di protrarre la cosa per un po’.
<< Brutta str… >> azzarda il biondo.
<< Figlio di… >> sta per dire lei.
<< Aaaaaalloooora… >> sopraggiunge da chi ha il potere decisionale in mano << non so davvero chi di voi scegliere… perciò venite entrambi a vedere la casa, eh? E poi vedremo che succederà. >> le mani scorrono veloci nel cappotto caldo che si sta infilando.
<< Ma è illusorio! >> piagnucola Watson.
<< Che c’è? Ha paura di perdere? >> infierisce Tobledam.
I piedi vanno verso la porta che in men che non si dica viene aperta il giusto per far passare l’esile corpo dello scienziato.
<< A domani sera. >> afferma Sherlock mentre esce tra una battutaccia e l’altra.

 

<< Lei è davvero insopportabile! >> dice John con veemenza.
<< Grazie, ci sono voluti anni di duro lavoro ma alla fine ce l’ho fatta. >> afferma Alexandra appoggiandosi ad un bancone.
<< Ah davvero? Pensavo ci fosse nata così stronza. >>
<< Oh no in alcuni ambiti ci vuole esercizio, sa non tutti possono essere nati in un certo modo. Lei è fortunato ad essere nato stupido, non c’è voluto nessun training! >>
<< Io ora l’ammazzo! >> grida l’ex soldato facendo un passo avanti.
<< I’d like to see you try. >> sbeffeggia la ragazza.
<< Ma insomma l’ha sentita? >> chiede esasperato John << Davvero vorrebbe vivere con lei? Ma cos’è? Un masochista? >> ma non c’è nessuno con cui parlare al riguardo.
<< Dov’è finito? >> domanda Alexandra sconcertata.
<< Oh se n’è andato un quarto d’ora fa. >> afferma Mike tra uno sbuffo e l’altro << Ha detto che vi vedrete domani sera. >> dice poco prima di sparire oltre una porta.
<< Si ma dove? >> è il coro che si alza dalle ultime due persone presenti nella stanza.
<< Complimenti! >> dice una.
<< Si, a lei per non avermi fatto ascoltare! Che figura… >> dice l’altro.
Si copre gli occhi con le mani cercando di nascondere l’imbarazzo.
<< Chissà cosa penserà ora di noi, di me! Nemmeno ho prestato attenzione alla sua uscita di scena! Oh mio Dio… perdo punti, perdo punti! E tutto per colpa sua! >> addita l’aria vuota, il povero John, perché ora è solo soletto nel laboratorio.
<< E’ un fottutissimo scherzo?! >> urla sconsolato mentre piano piano tutte le luci dell’ospedale si stanno spegnendo.
Ma intanto che sbuffa Watson si mette anche a ridere. E’ la prima conversazione con esseri umani dopo tanto tempo e seppur non sia andata benissimo è un inizio. Un nuovo inizio.
  
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