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Autore: Onlykatyharry    12/01/2014    2 recensioni
Il gufo da granaio di mia sorella dormiva tranquillo nella sua gabbia mentre il mio piccolo gufetto selvatico si agitava nella sua svolazzando di qua e di là e tubando allegramente. Forse anche lui percepiva l’aria di un imminente cambiamento.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Angelina/George, Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Era il 31 Agosto. Sedevo sul pavimento della stanza che condividevo con mia sorella Roxanne, osservando il baule rosso aperto davanti a me. Mia madre Angelina mi aveva già aiutato a sistemare tutto l’occorrente per il mio primo anno ad Hogwarts ma dentro di me sentivo che qualcosa non andava. Con la lista in mano, controllavo che tutto ciò che era scritto su quella pergamena fosse stato preparato e nonostante l’avessi già fatto svariate volte, continuavo a non capire cosa ci fosse di sbagliato: le divise c’erano, il cappello, i guanti, il mantello, i libri e tutti gli strumenti indicati anche, eppure ancora qualcosa non mi tornava. La mia bacchetta, dal giorno in cui l’avevo acquistata era sempre rimasta con me nonostante avessi ricevuto il divieto tassativo di usarla fuori dalle mura del castello all’interno del quale avrei vissuto a partire dal giorno successivo. Era una bacchetta bella, dura, di legno di Frassino, lunga dieci pollici e tre quarti con il nucleo di crine di unicorno. E poi, beh, aveva scelto me, proprio me: Fred Weasley. Non riuscivo mai a separarmene. Era diventata fondamentale. Anche solo sentirla in tasca, mi faceva sentire protetto. Non avrei mai potuto dimenticarmene.
Il gufo da granaio di mia sorella dormiva tranquillo nella sua gabbia mentre il mio piccolo gufetto selvatico si agitava nella sua svolazzando di qua e di là e tubando allegramente. Forse anche lui percepiva l’aria di un imminente cambiamento.
Mentre me ne stavo ancora seduto sul pavimento a cercare di capire cosa fosse a non tornarmi, mio padre George entrò in camera mia. Era un grande mago, da ragazzo aveva combattuto contro l’armata del più grande mago oscuro di tutti tempi e di questa battaglia portava ancora due segni: il primo, alquanto visibile, era la mancanza di un orecchio che aveva perso a causa di un incantesimo lanciatogli contro. Il secondo, nascosto nel suo cuore ma non meno importante, la perdita del suo fratello gemello di cui io porto il nome. Gli avevo sentito dire in più occasioni che avrebbe fatto di tutto pur di non perdere la sua vera anima gemella e che senza di lui non era più stato in grado di evocare un Patronus vero e proprio. “Tutti i miei ricordi felici” aveva detto “sono legati a lui. Senza di lui nulla ha più senso come prima.”
Soffriva molto la perdita di mio zio, ma a me e a Roxanne non lo dava a vedere mai.
Ancora appoggiato alla maniglia della porta, mi fissava cercando di non perdere il contatto con i miei occhi. Era bravo a capirci guardandoci negli occhi. Non gli sfuggiva nulla. Infatti, dopo poco, mi disse: 
“Fred, cosa c’è che non va?”
“Non lo so papà, non riesco a capire cosa sia. Il mio baule è pronto, ho preparato già tutto con la mamma ma credo che mi stia ancora sfuggendo qualcosa.”
“Sei sicuro che a non andare sia qualcosa legato al baule? C’è qualcosa che desideri chiedermi o dirmi?”.
Non risposi subito, abbassai lo sguardo e cominciai a riflettere guardandomi le gambe incrociate sul pavimento ormai non più tanto freddo. 
Poi, con un pizzico di rossore sulle guance (me ne accorsi dallo strano calore che sentivo proprio in corrispondenza di esse), dissi: “In effetti papà non ho idea di cosa possa aspettarmi dietro la soglia del castello di cui tutti parlate qua a casa. Roxanne dice di non preoccuparmi, che lì è tutto perfetto, che sembra di vivere in un mondo parallelo, eppure ho paura. Ho paura di scoprire quel mondo, di non risultare all’altezza di te, mamma, Roxanne e zio Fred. So che ti fa male sentirlo nominare, ma tu e lui insieme avete fatto grandi cose e quella birichina di mia sorella ha preso tutto da voi. Ma io? Io sono sempre stato diverso, eppure vorrei tanto essere come voi. Anche a giocare a Quidditch non credo di essere bravo come voi. Eppure mi piacerebbe tanto far parte di una delle quattro squadre della scuola. Sì, non mi importa in quale di esse. Dopotutto tutte hanno i loro pregi e i loro difetti. Voglio solo essere degno di portare il cognome che ho”.
Mio padre rimase a fissarmi, colpito dalle mie parole. Poi disse: “Fred, tu sei un ragazzo meraviglioso. Io, mamma, Roxanne e anche lo zio Fred..” si fermò, la voce gli si incrinò appena. Poi con gli occhi leggermente lucidi riprese: “si, anche lo zio Fred, ne sono sicuro, siamo fieri di te. Hai una saggezza che nessuno di noi ha mai avuto e per la tua età è davvero un pregio inestimabile. Per quanto riguarda il Quidditch, tutti noi all’inizio siamo stati meno bravi di come siamo adesso. E tutti noi abbiamo sudato tanto per guadagnarci il posto che abbiamo ottenuto. Tu non sei da meno. Sii costante e vedrai! Persino lo zio Ron ce l’ha fatta”. 
Sorrise. E quel sorriso coinvolse anche me. Si trasformarono entrambe in risate fragorose e ci trovammo stretti in un abbraccio immensamente forte. Un vero abbraccio tra padre e figlio. Dopo alcuni minuti realizzammo che era ora di cenare, ci alzammo e andammo giù ad aiutare mamma e Roxanne a preparare la cena. Fu un pasto all’insegna della tranquillità e del relax. Poi, una volta sparecchiata la tavola, io e mia sorella andammo a letto. Dopotutto l’indomani avremmo affrontato rispettivamente il primo giorno del primo anno e il primo giorno del terzo anno. 
Mio padre e mia madre, da copione, vennero ad augurarci la buona notte. Ci rimboccarono le coperte e uscendo, si chiusero la porta alle spalle. Era tutto normalissimo. Poi mia sorella si girò verso di me e mi disse: “In bocca al lupo per domani Freddie. Io sarò nel vagone con i ragazzi del terzo anno ma sono sicurissima che troverai presto qualcuno con cui fare amicizia! Vedrai, sarà meraviglioso.” 
Poi si alzò dal suo letto, si avvicinò al mio e mi baciò forte sulla guancia. 
“Grazie Roxy.” Risposi. “Ti voglio bene”. 
“Anche io, tanto!” mi disse. Poi tornò a letto e senza che ce ne accorgessimo, ci addormentammo.

  
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