Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel
Segui la storia  |       
Autore: Nike93    31/05/2008    6 recensioni
A volte capita che un amore sia vissuto nei silenzi, e per questo si pensa che sia troppo perfetto perchè finisca. Ma poi si finisce per sentirsi come passeggeri distratti di una vita in vetrina, e il nodo che ci si lascia alle spalle è terribilmente difficile da sciogliere. Forse l'unica soluzione è dimenticare... e allora dimentica!
Ti ritroverai ad andare avanti finchè non ti sentirai come una superstite...
Una storia scandita dai testi di Raf, una storia che non sa se chiamarsi "d'amore".
Una storia i cui protagonisti credono di vivere i giorni migliori mentre invece stanno solo per sprofondare.
Una storia che non può avere un lieto fine. Non per tutti.
Genere: Drammatico, Song-fic, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 19

Innanzitutto mi scuso per il ritardo mostruoso. Giusto adesso che devo postare gli ultimi capitoli, Internet è partito! Quindi ora devo aggiornare dal pc di mio padre (che mi concede di usarlo solo per le emergenze, umpf…). Mi scuso soprattutto con le ragazze le cui fic stanno tra i miei preferiti: mi rifarò con i commenti non appena il mio computer sarà tornato dalla clinica XD Intanto ringrazio chi ha commentato, sia le mie affezionate che le new entry (non è mai troppo tardi!), e vi prego di perdonarmi se l’ultimo capitolo, il prossimo, tarderà ad arrivare. Ebbene sì, questo è il penultimo –e sono già abbastanza immagonata di mio-, anche se, per vedere svelati tutti gli arcani, dovrete aspettare il prossimo. Ok, mi sono già dilungata troppo: vi lascio alla lettura, nella speranza di non deludervi e di trovare i vostri commenti –non sapete quanto mi mancheranno! Baci

Capitolo 19

 
Il suo pensiero volò a lei ancora una volta.
Ora sì, ora sarebbe stata felice.
E anche lui.
Lo meritavano. E, per una volta, fu certo di aver fatto la scelta giusta. Anche a costo di non assistere al momento che aveva aspettato per mesi come se lo riguardasse davvero.

 “Ovunque io sarò
comunque mi resterà qualcosa di te
forse attimi ma… eterni”

Haylie aprì lentamente gli occhi, ma li richiuse subito dopo a causa della sgradevole sensazione che le suscitò il suo tornare in stato cosciente.
Si passò una mano sul viso. Quanto aveva dormito? Ore, sicuramente. Forse anche di più…
Ritentò di aprire gli occhi, ma, quando lo fece, credette di avere avuto un’altra allucinazione. Non poteva esserci veramente Bill seduto accanto al suo letto.
- S-sei tu…? – biascicò. Fu solo la sorpresa di vederlo ad impedirle di badare al flebile tono della sua voce.
Quando lui le si avvicinò, non vide che una strana macchia deforme. Forse stava sognando.
- Haylie! Oh, Haylie, stai bene? – Anche lui aveva una voce strana, rauca. Sì, c’erano tutti i presupposti perché quella fosse una dimensione parallela, e non la realtà. Haylie corrugò le sopracciglia.
- Bill… - riuscì solo a rantolare. – Da quanto… da quanto sono qui? –
- Un po’ – lo sentì rispondere. Subito dopo, le sembrò che deglutisse. – Come ti senti? –
Haylie richiuse gli occhi. Si sentiva come se un trapano le avesse bucato il cervello da parte a parte.
- Non dovresti… neanche… chiedermelo – Cercò di pescare qualcosa nella propria mente, qualcosa che le dicesse perché si trovava lì, perché si sentiva così estenuata. Un momento dopo, delle immagini affiorarono, accompagnate da pochi, indistinti suoni. Ma bastarono a riportarle tutto in mente. – Bill… la nostra bambina… - mormorò, socchiudendo gli occhi. Questa volta riuscì a vederlo chiaramente. Riuscì a vederlo mentre la sua espressione cambiava di colpo, mentre si mordeva le labbra e distoglieva lo sguardo. Qualcosa non quadrava.
Cercò di tirarsi a sedere. – La bambina, Bill. Dov’è? – insistette, senza curarsi di nascondere lo sforzo. Il ragazzo non fece altro che accompagnarla con la testa sul cuscino e dirle:
- Stai giù, Haylie. Per favore –
Tutto ciò non aveva senso. Di certo, non si sarebbe mai aspettata di trovare Bill accanto a sé, e adesso… cos’era quella faccia, cos’era quella voce, cos’erano quei modi?
- Bill… -
- Ti prego – Bill le rivolse uno sguardo strano, che doveva aver già visto. Supplichevole, forse?
- Dimmi dov’è! – sbottò lei con quel poco di voce che aveva. Lui deglutì e non rispose. – Bill, ti prego – lo implorò Haylie, aggrappandosi alla sua maglietta.
Bill prese le sue mani e le allontanò dalle proprie spalle, per poi stringerle tra le dita. Haylie le sentì fredde come non erano mai state, e quasi rabbrividì nello stesso istante in cui vide le labbra di Bill tremare appena.
- Non c’è – lo sentì sussurrare mentre la sua mano le accarezzava lentamente un braccio, ma non riuscì a dare un senso a quelle parole.
- C-che vuol dire? – Anche quella volta Bill non rispose subito, sembrava che la supplicasse di non farlo rispondere, di risparmiargli qualcosa. Ma lei non era disposta a questo. – Bill
Lui chinò la testa e si coprì il viso con una mano, ma Haylie lesse in quel gesto la risposta che non avrebbe mai voluto sentire.

No
- N-non ce l’ha fatta… E’... è nata morta –
 

Un vuoto. Un enorme, infinito buco nero la stava risucchiando, togliendole la vista, l’udito, tutto. Quella voce non era che un lontano ronzio, quelle parole non racchiudevano la verità, no, non poteva essere…
Quella stanza dalle pareti bianche non era altro che l’Inferno, e quel grido, quel grido che sentiva crescere dentro di sé, era il Diavolo, era la voce che le ricordava, e le avrebbe sempre ricordato i suoi peccati…
- No - L’unica reazione che riuscì ad avere fu quella di scuotere lentamente la testa.
Semplicemente, non era possibile…
E allora perché Bill le accarezzava i capelli e le teneva una mano e aveva gli occhi lucidi? Non aveva senso… - Haylie, io… -
- No, non è vero – La sua voce non era che un lievissimo sussurro, ma la sua affermazione risultò tanto carica di convinzione che Bill non poté fare a meno di guardarla sentendo una sensazione molto simile al timore. Allungò una mano, incerto, e le sfiorò il viso.
- Haylie, è… è terribile, ma… ma è vero… – Non sapeva in che altro modo dirlo. Qualsiasi espressione gli sarebbe sembrata inappropriata. Haylie gli schiaffeggiò via la mano, un’espressione di rabbia cieca dipinta in volto.
- Non è vero! – urlò, la voce ancora roca. – Non ti credo, non è vero… io… n-non… No! – gemette poi, coprendosi il viso con le mani e cominciando a piangere, come se quella verità l’avesse colpita solo in quell’istante. Aveva impiegato più del necessario per assemblarla, e adesso sembrava dieci volte più dolorosa di quanto avrebbe dovuto essere.
Non trovò nessun sollievo nell’abbraccio di Bill, e continuò a singhiozzare inconsolabilmente.
- Tesoro… - mormorò lui, stringendola forte e cercando di calmarla.
- Perché? Perché?! – gemette Haylie, aggrappandosi alle sue spalle fino a fargli male. Quasi prendendosela con lui, lui che non aveva fatto niente, lui che invece era stato ferito, lui che non avrebbe dovuto essere lì, non dopo quel che lei gli aveva fatto.
- Non lo so, piccola. Non lo so – sussurrò lui con la voce spezzata, cullandola piano. Lei continuò a piangere, i singulti soffocati sul petto di Bill.
- E tu… perché sei qui? – singhiozzò, con tono quasi accusatorio. – N-non dovresti neanche… esserci… Non per me… Non dopo… tutto… - Erano frasi senza senso, se ascoltate dal di fuori, ma racchiudevano tutto il dolore, tutta la rabbia accumulata in quei mesi, quello struggimento che ora faceva più male di quanto Haylie si sarebbe aspettata.
- E invece sì, Haylie – Bill la strinse più forte, e provò uno strano sollievo quando sentì i pugni di lei chiudersi attorno a due lembi della sua maglia. – Sono qui. Stai tranquilla –
- Non posso… non posso! – singhiozzò Haylie. Quelle parole avrebbero dovuto consolarla, e invece non fecero che aumentare il suo sconforto. Si era lasciata sfuggire la situazione di mano ed ecco il risultato. Una vita sacrificata per un capriccio, e non una vita qualsiasi. E ora perché Bill faceva così? Perché non la mandava al diavolo una volta per tutte? Come poteva essere lì, abbracciarla, consolarla…? – Tu non devi essere qui… non devi essere con me… Ti ho fatto… troppo male, Bill… -
Lui scosse la testa, accarezzandole i capelli. – Sssh. Non hai fatto nulla, piccola. Non hai fatto nulla –
E ne era persino convinto…
Haylie sentì un’ondata di rabbia. Non voleva niente che non meritasse, e la presenza di Bill rientrava nell’elenco. Anzi, era al primo posto.
- Perché dici così? – gemette, un’evidente nota di sofferenza nella voce. Stava male abbastanza, non voleva altri sensi di colpa… - Non è vero… non è vero… -
Bill la prese per le spalle, allontanandola un po’ da sé. Haylie notò che aveva ancora gli occhi lucidi, ma il suo sguardo era deciso, convinto. – Basta così, Haylie. Stiamo tutti abbastanza male. Ne riparleremo dopo, ok? –
Lei tremò appena nel guardarlo, e si asciugò gli occhi con il dorso della mano.
- Ne parleremo… vero? –
Bill sorrise. Era un sorriso stanco, malinconico, ma sincero. Sincero come lui era sempre stato. Le sfiorò il viso con una carezza. – Sì, parleremo di tutto. Ma adesso riposati. Per favore –
Lei tirò su col naso e, istintivamente, gli strinse una mano.
- Non andartene – lo supplicò, la voce ancora vibrante. Lui annuì, sorridendo ancora, e la accompagnò con la testa sul cuscino. Posò un bacio sulla sua fronte.
- Sono qui con te – mormorò a fior di labbra.
Haylie chiuse gli occhi, rasserenata da quella consapevolezza. Era inutile chiedersi ancora perché lui fosse lì, era inutile rimuginare. Non doveva fare altro che credergli, affidarsi a lui… e ascoltarlo, quando sarebbe arrivato il momento.
Glielo doveva.

Non voleva svegliarsi.
Sprofondare in un sonno perenne, ecco cosa avrebbe voluto. Morire? No, forse quello no. Ma lasciarsi andare, chiudere gli occhi e farsi cullare, questo sì. Non per spiare il mondo dall’esterno, non per guardare senza essere guardata lei stessa. Anzi, non voleva saperne più niente…
Si costrinse ad aprire gli occhi. Non doveva essere passato molto tempo: dalla finestra semi aperta filtrava un sottile fascio di luce non tanto intensa quanto quella che aveva lasciato scivolando nel sonno. Forse era passato un giorno, o due. Per quel che la riguardava, poteva anche essere trascorsa una settimana, lei non sentiva nessun cambiamento.
Una macchia indistinta si mosse accanto alla finestra e tutt’a un tratto la stanza si riempì della luce pomeridiana. Haylie sbatté le palpebre, ma prima che potesse mettere a fuoco la figura, questa parlò.
- Haylie…! –
Le bastò per capire che Bill era ancora lì. Chissà se, mentre lei dormiva, si era allontanato o le era rimasto accanto.
L’unica cosa che sentì quando il ragazzo tornò a sedersi accanto al letto fu l’improvviso bisogno di rimanere desta. La sua vicinanza contribuì ad allontanare almeno un po’ il desiderio del sonno perenne.
- …sei già sveglia? –
Voleva anche mettersi a sedere, star lì ferma e ben dritta di fronte a lui, le aveva promesso che avrebbero parlato… ma si rese conto che era ancora presto per raccogliere le forze necessarie e si limitò a chiamarlo fievolmente per nome. – Bill… -
Le parve che un angolo della sua bocca si alzasse.
- Come stai? –
Il suo tono era basso, delicato, e in quel momento Haylie non avrebbe potuto desiderare di sentire altro. Non aveva bisogno di confusione o di rumore.
Avrebbe voluto che qualcuno le cantasse una ninna-nanna per farle dormire sonni tranquilli, per una volta…
Questo pensiero le riportò in mente il motivo per cui non avrebbe potuto rispondere positivamente alla domanda di Bill. Tirò un profondo respiro, voltando la testa verso di lui. Nel suo sguardo riuscì solo a leggere il pentimento per averle posto quella domanda.
- Uno schifo – rispose sinceramente, a voce ancora più bassa. Sembrava che avesse urlato per tre ore consecutive, dal bruciore che e aveva attanagliato la gola.
Deglutì. Non voleva riportare in mente quel pensiero. Cercò qualche parola da mettere insieme pur di non parlare di quello. – Quanto ho dormito? – sussurrò, lasciandosi sfuggire un piccolo colpo di tosse.
- Meno di due ore – Bill non sembrava arrabbiato, solo… imbarazzato, ecco. – Ma dopo che… beh… che sei arrivata qui, non hai aperto gli occhi per un giorno intero. Ti hanno riempita di sedativi. Ero… preoccupato da morire – ammise, con una nota di angoscia negli occhi.
Nonostante le forze ridotte al minimo le impedissero persino di provare emozioni troppo forti, Haylie sentì un’improvvisa ondata di tenerezza per lui. Miracolosamente, riuscì a trovare le energie per tirarsi un po’ su, con le spalle sui cuscini.
- Non avresti dovuto – mormorò, chinando la testa. Bill le prese una mano e sospirò sorridendo.
- Non dire sciocchezze. Non aspettavo altro che tu ti svegliassi –
Lei alzò lo sguardo verso di lui, non potendo nascondere un certo timore.
- Bill, perché sei qui? – si sentì chiedergli. – Come fai a… parlarmi così dopo… dopo tutto…? –
Lui sospirò pesantemente e il sorriso scomparve dalle sue labbra.
- Haylie, sono successe tante cose. Io ho detto la mia, ma… ma non ho ascoltato quello che avevi da dire. Non siamo stati in pochi a sbagliare – Si costrinse a mettere su un sorriso, ma ebbe l’impressione di non risultare molto convincente. – Anch’io ti devo le mie scuse. Forse… forse quel giorno, in camera, non avrei fatto la scena madre se non… insomma, se non ci fosse stato anche lui
Haylie trasalì quando gli sentì pronunciare quel “lui”. Se avesse chiamato suo fratello per nome, forse il tutto sarebbe risultato meno pesante.
- Bill, voi… vi siete visti, avete parlato… vero? –
La sua domanda risultò simile ad un’accorata richiesta, una ricerca di conferme, una supplica, quasi. Ma quando Bill sollevò lo sguardo fino a incrociare il suo, sentì le sue speranze disintegrarsi di colpo.
- No – La sua risposta secca e lapidaria fu come un colpo di frusta. – Non mi andava di vederlo, ma pare che anche lui fosse dello stesso avviso –
Lei sbatté le palpebre, incerta. - Che vuoi dire? –
Bill la guardò in silenzio per qualche istante prima di voltarsi e cercare qualcosa nella tasca posteriore dei suoi jeans. Ne estrasse una busta da lettere piegata in quattro, aperta. La spiegò senza guardarla, e Haylie notò che all’esterno non vi era scritto nulla, né il mittente né il destinatario, sebbene non le riuscisse troppo difficile immaginare da parte di chi fosse. – E’ così che Gustav me l’ha data… - Prese un profondo respiro. – Tom… - pronunciò lentamente, a voce più bassa, come se gli costasse un enorme sforzo, - non si è più fatto vedere dopo che ti hanno portata qui. Ha lasciato questa a Gustav – La fissò per pochi attimi, poi sollevò nuovamente lo sguardo. – Io non l’ho letta, e… non so se ho intenzione di farlo –
La mise lentamente in mano ad Haylie, che lo guardò senza capire.
- Perché no…? – Lui non rispose, si limitò ad incrociare le braccia sul petto. – Bill, perché con me vuoi scusarti e lui non vuoi neanche vederlo? –
- Aprila tu – disse seccamente Bill, glissando sulla domanda. – Sicuramente è per te –
- Se non la leggi anche tu, puoi buttarla nel cestino – replicò fermamente Haylie. Per un attimo, fu come se tutto ruotasse attorno a quella lettera, come se esistessero solo lei e Bill, come se quell’avvenimento drammatico per cui si trovava ancora in ospedale non fosse mai esistito. La sua voce tornò a un tono più basso: - Ti prego. Voglio che anche tu la legga – Si bloccò per qualche istante. - …tanto non ho niente da nasconderti –
Bill la guardò in silenzio per pochi attimi prima di annuire sospirando. – Va bene –
Fu con mani tremanti che la ragazza tirò fuori dalla busta un foglio ricoperto da una grafia piccola e irregolare.

 
Ragazzi,
non ho idea di come dovrei cominciare questa lettera, quindi… comincio e basta. Non escludo la possibilità di riempirla dei miei deliri, ma proverò a scrivere qualcosa di sensato.
Sento innanzitutto il bisogno di scusarmi con entrambi. Non ho niente da offrirvi oltre alle mie scuse, e spero davvero che le accetterete, ma non pretendo che voi mi perdoniate. Sarebbe davvero troppo. Ho fatto molti errori e poche scelte sensate, ma penso che, se i miei ultimi capricci da bambino irresponsabile hanno superato ogni aspettativa, per una volta sarò anche certo di aver preso la decisione giusta.
Prima di tutte, quella di intestare questa lettera a tutti e due. Non al fratello che ho tradito, non alla ragazza che ho amato nel modo sbagliato, ma alla coppia che formano e che non dovrà sfaldarsi mai. So che siete entrambi troppo puliti, troppo onesti per portarvi rancore. Quello che lo meriterebbe sono io, ma… beh, decidete voi cosa pensare di me.
Ma io preferisco facilitarvi questo compito. Come dire…? Parto, me ne vado per un po’, cambio aria. Ora starete scuotendo la testa, alzando gli occhi al cielo e pensando che cambierò idea in tre giorni perché non so neanche badare a me stesso. Forse avete ragione, ma prima o poi dovrò imparare, no? , e allora questo è il momento più adatto per farlo. E ora devo rivolgermi singolarmente a ognuno di voi.
Bill, non ti provare a mettere in giro voci del tipo “i Tokio Hotel si sono presi una pausa”, perché tanto lo verrò a sapere.
Tu sei i Tokio Hotel, tu sei la voce, tu sei la musica. Trovati un altro chitarrista, oppure fate a meno di me per un po’, ma manda avanti il gruppo. Tornerò, non ti credere. E’ che… non so quando. Per allora spero che tu sarai lì ad accogliermi… ma forse chiedo troppo.
Haylie: e tu, non provare a colpevolizzarti. E’ vero, forse avresti potuto renderti più forte, ma… chi può dirlo? E’ inutile stare a cercare un responsabile. In te c’è una nuova vita, e questo deve bastarti. Adesso ce ne sono due che devi portare avanti assieme alla tua: quella di Bill e quella della bambina che nascerà. Io avei voluto esserci, Haylie, ma… beh, semplicemente non mi sembra giusto. E’ il vostro momento, siete voi che dovete festeggiarlo.
Ti ho amata, Haylie, e ti amo ancora, ma forse non nel modo che credevamo. Ti amo come persona, come amica, come la ragazza che farà felice mio fratello. Perdonami Haylie, ma sono sicuro che capirai cosa voglio dire e ti accorgerai di pensarla come me. Ti ci vorrà meno tempo di quanto immagini, credimi. E poi… amare è gioia, no? E allora devo aver sicuramente sbagliato qualcosa, perché la tua gioia non è con me.
Non ho il diritto di togliere alle persone più importanti della mia vita ciò che
per loro è importante.
Amatevi, ragazzi. Magari non scordatevi completamente di me, provate a considerarmi come il piccolo impiccio che ha messo alla prova il vostro amore. Ora che sarò lontano avrete tutto il tempo di spiegarvi e di parlare.
Sì, parlare. Davvero, è l’unica cosa che dovete fare, perché il resto… beh, il resto ce l’avete già.
Un abbraccio
Tom

“Dimentica tutti quei giorni, perché l’amore è fisico,
gli addio e i ritorni, era una storia che viveva in bilico
un sentimento così forte che spesso passa il limite
non vuoi lasciarlo andare
perché in fondo sai che non ti lascerà.
Dimentica il dolore e forse l’amore ti ripagherà
Dimentica, tu fallo per me
che ancora non so dimenticare te”

(Raf, “Dimentica”)

  
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel / Vai alla pagina dell'autore: Nike93