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Autore: Hanial    13/01/2014    1 recensioni
La storia che posterò vede gli stessi protagonisti della saga di Shadowhunters e parte dalla fine dell'ultimo libro, quindi per chi non li avesse letti comunico che ci sono degli spoiler.
Nella fan fiction parlerò delle vicende viste da Clary e dei dubbi che nascono in lei dopo la 'fuga' di Sebastian:
"Portai le ginocchia al petto e vi poggiai sopra i gomiti, lasciai che le mani mi si poggiassero per metà sulle tempie mentre con le dita afferravano i miei capelli e scoppiai a piangere, un pianto isterico, come la mia voce di prima, liberatorio, perché avevo cercato di fingere che non mi importasse che Jace fosse così, disperato, perché non sapevo più quale fosse il mio posto, al fianco di Jace o di Jonathan?"
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Incest
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Non appena arrivammo nella stanza degli allenamenti vidi il volto del mio istruttore tornare nuovamente normale, quella strana luce che avevo visto nei suoi occhi quando aveva parlato a Maryse lanciando quella frecciatina a Jace, era praticamente sparita lasciando spazio a uno sguardo sereno che riuscì a mettermi a mio agio.
“Cosa ti ha insegnato il tuo istruttore precedente?”
Cosa mi aveva insegnato?
Un po’ di cose, mi aveva insegnato a tenere una spada in mano, cosa che fino a qualche tempo prima avrei trovato impensabile, a fare dei salti che raramente mi uscivano, dal momento che la mia grazia poteva essere paragonata a quella di un elefante chiuso in un negozio di cristallo, ma le cose più importanti, come la fiducia in me o l’amore per la battaglia le avevo imparate durante quella breve messa in scena con Jonathan.
Il piacere nel vedere i miei nemici cadere sotto i miei colpi, l’eleganza che ero in grado di sfoggiare quando liberavo la mia testa da ogni pensiero, l’ebrezza dello scontro, queste cose le avevo imparate solo stando al fianco di mio fratello.
Era stato lui a fare di me la cacciatrice che non pensavo nemmeno di poter essere, quella senza scrupoli e impavida che non ci aveva pensato due volte a colpire il proprio ragazzo pur di mettere un punto a tutta quella storia.
“Le basi.”
Risposi in maniera evasiva così che non potesse dare a Jace nessuna colpa, nel caso in cui mi fossi dimostrata un vero disastro.
“Bene, allora iniziamo con la spada.”
Annuii e presi una delle lame angeliche che erano custodite in un baule, una di quelle che ci servivano prevalentemente per allenarci e che in caso di necessità venivano usate anche per scontri veri e propri.
Serrai la mia mano intorno all’impugnatura di una di quelle e mi misi in posizione senza pronunciarne il nome, Jace mi aveva detto che durante gli allenamenti non era necessario farlo visto che non ci trovavamo in presenza di demoni.
Rimasi ferma in guardia aspettando una qualche nota di demerito da parte del mio istruttore che, al contrario, mi sorrise compiaciuto.
“Bene…”
Cacciai fuori tutta l’aria che stavo tenendo dentro e non appena mi si mise davanti con un’altra spada in mano incominciammo con la simulazione. Era evidente che si stava trattenendo, mentre io non riuscivo a capire dove fosse finita la me di quei giorni, quella che non avrebbe avuto problemi nell’accelerare il ritmo dell’allenamento.
Sentii un rumore metallico e poi vidi la spada sfuggirmi di mano andando verso l’alto e poi cadere a terra, solo che il mio sguardo non la seguii, avevo visto qualcos’altro, qualcosa che mi impedii di muovere i miei occhi dalla trave che si trovava sopra di noi.
Lui era seduto lì, con le mani poggiate sul legno, le gambe a penzoloni e gli occhi fissi su di me che mi guardavano con aria incuriosita, come se mi stesse ammonendo in un certo senso, come se fosse deluso nel vedermi così.
Sentii la rabbia salirmi dentro, Jonathan non poteva guardarmi in quel modo, sarei stata io a farlo sparire dalla terra, sarei stata io ad infliggerli il colpo che lo avrebbe cancellato, una volta per tutte, dal regno dei vivi, rispedendolo lì dove sarebbe dovuto restare, all’inferno!
Mi lanciai in avanti e con una scivolata raccolsi la spada per tornare all’attacco con una grinta nuova, una rabbia che solo mio fratello poteva far nascere in me.
Sferrai qualche colpo contro Micheal che, forse a causa dei capelli, non faceva altro che ricordarmi il volto della persona che odiavo e che, ultimamente, affollava i miei pensieri, e continuai ad attaccare fino a quando non fu la sua spada a volare via lasciandolo completamente disarmato.
Presa da una rabbia cieca gli tirai un calcio facendolo cadere verso dietro e mi portai a cavalcioni su di lui serrando le mie gambe intorno alla sua vita così che non potesse muoversi, mentre la mia spada puntava dritta verso il suo cuore,
“Penso vada bene, Clary.”
Scossi la testa sbattendo più volte le palpebre come se mi fossi appena svegliata da un sogno, davanti a me non vedevo più quegli occhi neri, scuri come gli abissi più profondi, ma due smeraldi che mi guardavano con aria interrogativa, come se cercassero di capire quanto in là mi sarei spinta.
Lasciai cadere l’arma accanto alla sua testa e con aria ancora scioccata mi alzai da quella posizione, se non avesse parlato lo avrei fatto?
Avrei lasciato che la mia lama perforasse il suo petto fino a toccargli il cuore?
Abbassai lo sguardo puntandolo sulla mia mano destra che ancora tremava per la forte emozione che avevo provato e per il gesto che stavo per compiere, a questo mi stava portando l’odio verso quel ragazzo?
A fare del male a persone che non centravano niente in tutta quella storia?
“Io…”
Mi sentivo mortificata per quello che era successo, per quella reazione spropositata che avevo avuto, dannazione era solo un allenamento!
Sentii una mano sulla spalla e scattai in posizione di guardia, avevo paura di rivederlo nuovamente davanti a me, quella situazione mi stava facendo uscire pazza e il non poterne parlare con nessuno, tanto meno con Jace, rendeva tutto ancora più complicato.
Avevo addirittura pensato di parlarne con Simon, ma ormai non ero più certa di potermi fidare di lui, se ne avesse parlato con Izzy e lei poi lo avesse detto a Jace, allora sarebbe incominciata la caccia all’uomo, cosa che il Conclave non avrebbe permesso, visto gli avvenimenti precedenti.
Micheal mi guardò nuovamente con aria interrogativa, come se, implicitamente, volesse chiedermi cosa stesse succedendo,
“Mi dispiace, mi sono fatta prendere la mano.”
Dovevo cercare di recuperare, non potevo dare segni di cedimento, né con lui né con nessun altro.
Si voltò e con un’eleganza invidiabile raccolse entrambe le spade riponendole nel baule dal quale le avevamo prese,
“Non preoccuparti. In fin dei conti siamo Nephilim è normale farci prendere la mano dagli scontri, specialmente se ne abbiamo concluso uno da poco.”
Perché continuava a giustificarmi?
Perché non mi diceva che avevo sbagliato e partiva con una ramanzina come avrebbero fatto tutti gli altri?
“No, io…”
Mi morsi il labbro cercando una motivazione valida che non fosse, ‘sai ti ho scambiato per mio fratello, per questo ho cercato di ucciderti’,
“Hai ragione.”
Abbassai la testa per evitare di incrociare nuovamente il suo sguardo, era peggio quando davanti a te avevi una persona che cercava di comprenderti facendo sembrare tutto quello che facevi assolutamente normale.
“Scusa.”
Sospirai portando una mano a coprirmi il volto, in una situazione normale avrei dovuto sentire le guance diventare calde, segno che stavo arrossendo,  ma in quel momento stavo provando qualcosa di diverso dalla vergogna, io ero mortificata, ma consapevole che anche tornando indietro la mia reazione sarebbe stata la stessa.
“Chiedi scusa per essere quello che sei? Wow, è la prima volta che mi succede una cosa simile.”
Sentii la sua mano calda poggiarsi sotto il mio mento e sollevarmi il viso, dovetti combattere contro l’impulso di riabbassarlo per non sembrare una bambina, non più di quello che già dovevo essere sembrata.
“Dobbiamo solo lavorare sul tuo autocontrollo, ok?”
La sua voce era così dolce, sembrava quasi stesse sussurrando quelle parole, più o meno come fa una madre quando intona una ninna nanna al figlio che si è quasi addormentato.
“Dovresti riposare di più, è un primo passo per avere il pieno controllo di sé durante il giorno.”
Sentii la sua mano muoversi e spostarsi sulla mia guancia, aveva le dita ruvide, come quelle di un uomo che ha visto e vissuto troppe battaglie per la sua età.
Annuii senza essere capace di proferire parola e nemmeno di distogliere lo sguardo dal suo, da questa distanza potevo vedere delle piccole venature che fino a quel momento non avevo notato, erano come oro, molto simili a quelle che decoravano gli occhi di…
“Avete finito?!”
Jace…
Sobbalzai verso dietro e piegai la testa di lato portando una mano, chiusa a pugno, davanti le labbra, era come se fossi stata colta in fragrante, come se stessi facendo qualcosa che avrebbe necessitato di una punizione futura.
“Signor Herondale le pare il modo di irrompere durante una lezione?”
“Ooooh al diavolo la lezione.”

Mi venne incontro e lo vidi allungare una mano verso di me per prendermi il braccio ma si fermò quasi immediatamente, per poi ritirarla e metterla in tasca, limitandosi a farmi un segno con la testa,
“Andiamo!”
La sua non era una domanda, era un obbligo, un mio dovere.
Mi voltai verso Micheal che mi stava guardando con quel suo sorriso dolce e che annuii chiudendo leggermente gli occhi,
“Domani stessa ora. Ci concentreremo sulle rune.”
Portai le labbra indentro e feci segno di si con la testa e senza salutare uscii dalla stanza cercando di rimettermi al passo di Jace portandomi al suo fianco,
“Vuoi dirmi cosa ti è preso?”
Era la prima volta, in tutto il giorno, che sembrava fossi riuscita a riprendere il controllo di me e della mia voce,
“Dovresti allenarti lì dentro e non flirtare con il tuo istruttore!”
Era arrabbiato, ma dietro la sua espressione fredda sembrava esserci anche dell’altro, come se si sentisse tradito da quello che aveva visto.
Lo presi per il polso facendolo girare verso di me e quando vidi nei suoi occhi un lampo di paura lasciai immediatamente la presa portando le braccia lungo i fianchi,
“Che cosa stai dicendo?!”
Incominciò a gesticolare con una mano, disegnando dei cerchi a mezz’aria,
“Stavi comoda sopra di lui? E poi cos’erano quegli sguardi?”
Sopra…Come faceva a saperlo? Non è che…
“Ci stavi spiando!”
Questa volta fui io a dare le cose per scontato, doveva aver usato quello stramaledetto stilo per poterci osservare da dietro la parete, come avevamo fatto nel negozio di Luke!
“Ci stavi spiando..”
Imitò la mia voce con un falsetto che trovai odioso in quel momento,
“E se anche fosse? Tu stavi per cadere tra le sue braccia.
Ma certo, lo capisco…Cosa te ne fai di un ragazzo che non puoi nemmeno sfiorare? Niente! E così ti butti tra le braccia del primo che si mostra gentile con te!”

La sua faccia incominciò a prendere colore, mentre la vena del collo sembrava quasi stesse per scoppiare tanto era la rabbia che stava mettendo in quelle parole, solo che non aveva considerato chi aveva davanti.
Mi aveva appena fatto capire che alta considerazione avesse di me, aveva detto che ero una facile, una che non sarebbe stata in grado di aspettarlo.
Strinsi i denti guardandolo con rabbia, forse, un tempo, avrei sentito la necessità di piangere, ma ora che conoscevo il vero dolore non ne avevo nemmeno la forza, eppure lui, proprio lui mi aveva ferito.
Avrei voluto dire mille cose, urlargli in faccia che era meschino quello che aveva detto, che se questa era la considerazione che aveva di me tanto valeva chiuderla lì, perché non aveva capito niente, ma tutto quello che feci fu girargli le spalle e avviarmi verso l’uscita.
“Clary..”
Lo sentii chiamarmi, con un tono diverso, questa volta, come se fosse dispiaciuto, come se si fosse reso conto di quello che aveva detto, ma ora non volevo sentire niente, nemmeno le sue scuse. Mi fece voltare poggiando una mano sulla mia spalla e non appena aprii bocca sollevai la mano facendogli segno di stare zitto,
“Smettila Jace.”
Ero stanca di sentire delle scuse, la verità era che non si fidava di me, dopo tutto quello che avevamo passato, dopo quello che avevo fatto per stare con lui, per esaudire la sua volontà, aveva ancora paura che gli voltassi le spalle, credeva che il nostro amore potesse essere paragonato a quello degli altri nostri coetanei.
Dovevo essere io a dirgli che per i cacciatori non era così?
Eppure era stato lui a spiegarmi perché tra quelli come noi si tendesse a correre, perché ci si legasse già da giovani a una persona e il motivo era che non si poteva mai essere certi di esserci il giorno dopo.
Quindi dopo tutto questo, come poteva ancora dubitare di me, di noi?
Mi voltai con la speranza che non mi seguisse e incominciai a scendere le scale velocemente, come, forse, non avevo mai fatto prima.
“Clary!”
Chiusi gli occhi con la speranza di essermi sbagliata, ci mancava solo Izzy adesso. Con il tempo mi ero affezionata a lei, ma adesso non mi andava di vedere e di parlare con nessuno, men che meno con lei che di certo si sarebbe vantata di come stavano andando le cose con Simon.
“Claaaary, aspetta un secondo!”
Mi fermai senza voltarmi, dovevo cercare di mantenere la calma, lei non centrava niente, non era colpa sua se Jace mi aveva detto quelle parole o se era arrivato a spiarmi.
Non appena li riaprii la vidi arrivare prima al mio fianco e poi posizionarmisi davanti tutta sorridente e senza vestiti da Cacciatrice, ecco avevo ragione, avrebbe incominciato a parlarmi di loro.
La guardai come per dirle di parlare alla svelta che avevo da fare ma lei, come al solito, fece finta di niente e con molta calma, quando lo reputò opportuno, incominciò,
“Come sai tra poco sarà il compleanno di Simon e..”
“Non penso che un vampiro voglia festeggiare il suo compleanno.”
“Vampiro o no è sempre Simon! Quindi stavo pensando…Non è che potresti accompagnarmi a prendere qualcosa che gli possa piacere?”
“Ora?”

Chiesi in maniera abbastanza seccata, ora non ero dell’umore, l’unica cosa che sarei stata in grado di proporle era una flebo con annesse delle consistenti quantità di sangue fresco.
“No, ora no! Devo vedermi con lui, ma domani…”
Ed eccola che mi guardava con quegli occhi azzurri ai quali era difficile dire di no.
Sospirai facendo roteare gli occhi e ancora prima che dicessi di si lei mi sorrise allontanandosi verso l’uscita,
“Grazie! Allora a domani!”
Mi salutò con la mano e scomparve dietro la porta.
Le cose stavano cambiando e anche troppo! Prima ero io quella che avrebbe chiesto il suo aiuto per prendere qualcosa a Jace, mentre ora…
Ah lasciamo stare.
Mi avvicinai alla porta e non appena poggiai la mano sulla maniglia sentii una voce alle mie spalle fare il mio nome,
“Ancora qui?”
Mi voltai e con enorme sollievo vidi che non si trattava di Jace ma di Micheal, forse era sbagliato, ma in quel momento preferivo il suo volto estraneo a qualsiasi altro delle persone che conoscevo,
“Si stavo parlando con..”
“Jace? Spero non ci siano problemi.”
“No, con Isabelle.”

Lo vidi sospirare e passarsi ancora una volta la mano affusolata tra i suoi capelli argentei che mi ricordavano, ogni volta, un cielo notturno pieno di stelle.
“Vuoi un passaggio? Ti ho vista scendere da un autobus prima, magari potrei evitarti una corsa.”
“Veramente…”

Stavo per rifiutare, ma non appena vidi Jace guardarci dall’alto delle scale mi costrinsi a mostrare un sorriso e a piegare la testa di lato con fare dolce,
“Si, grazie.”
Micheal allungò una mano verso la maniglia e con quella libera mi fece segno di uscire, prima di farlo, però, lanciai un ultima occhiata verso Jace che era ancora lì, immobile con lo sguardo di colui il quale pensa di aver perso tutto.

Chiusi la porta alle mie spalle e mi ci poggiai con la schiena lasciandomi scivolare, lentamente, lungo essa, fino a trovarmi seduta per terra, con le braccia strinsi le ginocchia al petto e mi ci poggiai con la fronte.
È proprio vero, quando una giornata incomincia male non può che finire peggio.
Certo non tutto era stato sgradevole, durante il ritorno avevo avuto modo di parlare con Micheal e lui aveva chiarito molti dubbi e risposto a molte domande che mi ero posta dal momento in cui l’avevo visto, ad esempio come mai conosceva Maryse e mi spiegò che i Lightwood e i Lovelac erano vecchi amici di famiglia e che conosceva Maryse e suo marito da quando era bambino, inoltre mi spiegò che dopo i diciotto anni, e quindi essere diventato un Cacciatore adulto, aveva trascorso un anno nell’istituto di New York e che si era trovato così bene da vederlo come una seconda casa, tanto che quando nominò Hodge vidi, per qualche istante, il suo sguardo spegnersi, come se i ricordi passati con il vecchio responsabile dell’istituto riuscissero a far aprire in lui qualche ferita.
“Clary, sei tu?”
“Si mamma!”
“Vieni, è pronto.”

Voleva dire che il ragazzo delle consegne aveva già portato la cena?
Erano poche le sere in cui si metteva ai fornelli, lo faceva giusto quando c’era qualcosa da festeggiare e oggi non era una di quelle giornate, almeno non per me.
Sollevai la testa e prima di alzarmi presi dalla tasca dei jeans il mio cellulare, avrei voluto chiamare Simon ma sapevo che adesso non mi avrebbe risposto, così decisi di mandargli un messaggio dicendogli di chiamarmi il prima possibile perché avevo davvero bisogno del mio migliore amico. Mi ero decisa, gli avrei detto tutto, dei sogni, di Jonathan, di Micheal e di Jace, avevo bisogno di sfogarmi, di sentirmi finalmente svuotata da quel peso che mi stavo tenendo dentro.
Sbloccai il telefono e piegai la testa di lato sollevando il labbro così da contrarre il mio viso in una smorfia, un nuovo messaggio, 
“Aprimi, sorella mia, mia amica, mia colomba, mia perfetta”.
Sentii il cuore battere all’impazzata, quelle parole erano segnate a fuoco nella mia testa, come tante altre che lui aveva detto quella sera, quella maledetta sera.
Tornai indietro per vedere il mittente,
Numero sconosciuto
Strinsi il cellulare come se con la mia forza potessi disintegrarlo e subito dopo lo lasciai cadere per terra riportando la mia fronte sulle ginocchia, lui era ancora qui,  non si era arreso, sarebbe tornato, per me, forse per Jace, anche se ora non gli serviva più, non era più il suo burattino, le loro vite non erano più legate l’una all’altra, quindi Jace non l’avrebbe seguito.
Ma io?
Cosa avrei fatto?
Sarei rimasta qui o avrei seguito Jonathan assecondandolo nel suo folle piano?
  
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