1)In Francia per punizione.
Aveva preso l’ennesimo
votaccio e questa volta non sapeva
proprio come presentarlo al padre.
Will calciò via la neve che stava invadendo
progressivamente il marciapiede, Londra – o meglio londinesi
– non era fatta
per la neve, la gente dimostrava sempre un menefreghismo devastante.
I vialetti delle case erano sempre puliti,
a scapito dei marciapiedi di cui non si
curava nessuno,
Sbuffando estrasse l’i-phone e scrisse a Matt che non ci
sarebbe stato alla festa di sabato, perché probabilmente il
suo vecchio
l’avrebbe messo in punizione.
L’amico gli rispose che gli dispiaceva e che erano
riusciti a convincere Sherilee a venire, Will imprecò
sottovoce.
Sherilee Lynch era il sogno proibito di ogni ragazzo,
aveva lunghi capelli neri, due occhi azzurri meravigliosi, un bel
davanzale e
tutte le curve al posto giusto.
“Merda!”
Probabilmente Matt se la sarebbe fatta e lui sarebbe
rimasto a bocca asciutta. Il pensiero gli diede una fitta di rabbia.
Beh, ormai era tardi, doveva solo affrontare suo padre e
sperare che non si arrabbiasse troppo.
Era ormai arrivato a casa sua, così sali i tre gradini e
aprì la porta rossa su cui era rimasta una malinconica
ghirlanda di Natale.
Suo padre lo aspettava all’ingresso e questo era
perlomeno strano.
“Ciao, papà.”
Lo saluto cauto, intuendo la tempesta in arrivo.
“Ciao, Willy. Vieni, dobbiamo parlare.”
Ok, non poteva più salvarsi, sperò solo di essere
capace
di riuscire a sopravvivere nella tempesta che si sarebbe scatenata di
lì a
poco.
Arrivarono in salotto, lui si sedette sul divano, suo
padre su una poltrona davanti a lui.
“William, mi ha telefonato la tua insegnante di
matematica. Hai preso l’ennesimo brutto voto, si
può sapere cosa hai in mente?”
“Io… niente.”
“Ecco il problema! Tu non hai in mente niente se non fare
casino con quei teppisti dei tuoi amici!
Sparisci ogni venerdì e sabato sera e domenica –
quando
dovresti fare i compiti – o dormi oppure giochi con quei tuoi
videogiochi. Non
si può continuare così, non ho intenzione di
lasciarti perdere un anno di
liceo, visto che io e tua madre ci spacchiamo la schiena per farti
studiare!”
Eccolo lì, il solito tentativo di farlo sentire in colpa
mettendo a confronto la sua adolescenza con quella dei genitori. Will
respinse
il senso di colpa e tornò ad ascoltare suo padre.
“Sei in punizione per due settimane e, visto che non ti
interessa nulla né della mia adolescenza né di
quella di tua madre, riceverai
presto una lezione.”
“Non è che non mi interessa
nulla…”
“Sì, non ti interessa nulla. Ogni tanto uscivamo
anche
noi a divertirci, ma non come te che non sai fare altro che bere e
scopare,
suppongo.
Adesso puoi andare in camera tua.”
“E il pranzo?”
“Se lo salti una volta non muori.”
Rispose suo padre, William si alzò reprimendo un sospiro
di infelicità e salì in camera. Ai genitori dei
suoi amici non importava nulla
del loro rendimento scolastico, perché proprio a lui era
capitato un padre
vecchio stile?
Buttò lo zaino a terra, si tolse jeans, scarpe e calzini
e si buttò sul letto, il pranzo era andato a farsi benedire,
tanto valeva farsi
una bella dormita.
Più tardi forse avrebbe fatto i compiti
Odiava la scuola anche solo per il doversi alzare presto,
lui non era affatto mattutino, iniziava a ingranare del tutto verso le
undici,
le ore precedenti erano spesso nient’altro che una nebbia
indistinta in cui si
trovava costretto a vivere.
Nemmeno cinque minuti dopo dormiva già.
Era immerso nel sonno dei giusti quando sentì qualcosa
cadere su di lui che lo sbatte giù a calci con poca
gentilezza, poi aprì gli
occhi e capì che si trattava di Freddie, un suo amico.
“Che cazzo di modo hai di svegliare le persone?”
Gli chiese con la voce impastata dal sonno.
“Uno piuttosto diretto.”
Commentò alzandosi e massaggiandosi il sedere.
“Cosa ci fai qui, comunque?”
“Niente, sono solo venuto a trovarti.
Tuo padre mi ha detto che devi scendere, c’è
quella gran
figa di tua cugina Liz dabbasso.”
“Non è figa.”
Ripose lui, raccogliendo i suoi jeans.
“Certo che lo è.”
“Ma per favore! Con quei capelli rosso sangue, la faccia
pallida, i suoi vestiti neri e le sue band emo fa pena.”
“Secondo me è figa.”
Lui sospirò esasperato, mettendosi una felpa, dei calzini
e le ciabatte.
“E allora provaci con lei.”
“Nah, non ne vuole sapere di gente stupida come me.”
Will non fece commenti, la cotta di Freddie verso Liz era
abbastanza strana.
Scese dabbasso e trovò il suo vecchio seduto sul divano a
chiacchierare amabilmente con quella secchiona.
“Ciao a tutti.”
Liz alzò una mano e arrossì lievemente quando
vide
Freddie spuntare alle sue spalle.
“Buongiorno, figliolo.
Veniamo al dunque: tu e Liz farete un bel viaggetto in
Francia, lei deve insegnarti un paio di cose.”
“Sì, a vestirmi di nero e ad amare band che
inneggiano al
suicidio.”
“No, dovrei insegnarti qualcosa sulla vita, ma dubito di
riuscirci con il cervello bacato che ti ritrovi!”
Le rispose acida lei, Will stava per risponderle a tono
quando si intromise suo padre.
“Non siete qui per litigare! Vi ho prenotato
l’aereo,
partirete domani sera.”
“Agli ordini!”
Fu la sua riposta acida.
La proposta di suo padre non gli piaceva affatto,
trascorrere del tempo con Liz sarebbe stato di una noia mortale per lui
e poi
lei era un’acida di prima classe, sempre pronta a commentare
malignamente le
sue abitudini.
“Beh, se non c’è nient’altro
da dire io me ne vado.”
Liz si alzò dal divano e recuperò la sua borsa,
Will tirò
un intimo sospiro di sollievo.
“Vuoi che ti accompagni a casa?”
Li z guardò Fred leggermente stupita, poi fece cenno di
sì con la testa, in un attimo erano spariti tutti e due.
“Cos’è questa storia della
Francia?”
Chiese a suo padre.
“Visto come ti stai comportando è arrivato il
momento di
raccontarti qualcosa di più sulla nostra famiglia e siccome
so che non mi
ascolterai sarà Liz a farlo.”
“Chi ti dice che la ascolterò? Lei non mi piace
con
quell’aria da miss so-tutto-io.”
“La ascolterai, te lo garantisco.”
Rispose duro suo padre, Will scoprì di non avere parole
con cui rispondergli.
Due giorni dopo erano in volo
sopra la Francia, il tempo
era nuvoloso e una volta atterrati a Parigi si sarebbero presi un bel
po’ di
acqua.
“Ripetimi il piano.”
“Atterriamo, prendiamo un taxi per la gare de
l’Est, io
faccio i biglietti per Verdun e poi ci fermiamo per una notte in un
ostello che
ho prenotato io.”
“ ‘k, cosa vi siete detti tu e Freddie?”
Lei arrossì leggermente.
“Nulla che ti possa interessare.”
“Dai, dimmelo.”
Lei prese fiato.
“Senti, William, io non piaccio a te e tu non piaci a me,
ma siamo costretti a fare questo viaggio insieme, quindi stabiliamo
delle
regole.
1)Non parliamo più del necessario.
2) Tu non fai cazzate.
3)Non parlarmi più di Freddie o giuro su Dio che me ne
torno a Londra e ti mollo per cazzi tuoi.”
“Agli ordini!”
Rispose seccato lui, che non pensava di meritarsi una
risposta così cattiva.
Era inutile, non avrebbe mai capito Liz. Da bambini
giocavano insieme, poi qualcosa si era guastato, sua cugina aveva
cominciato a
essere derisa per il suo essere troppo grassa ed era diventata
anoressica e
strana: niente più vestiti colorati, niente più
sorrisi o feste, solo quelle band
deprimenti. Era guarita alla fine, ma non era tornata quella di prima,
era
rimasta quella con i vestiti neri e delle band strane.
Anche adesso le stava ascoltando a giudicare dal ronzio
che sentiva dalle sue cuffie, Will decise di lasciar perdere.
Un quarto d’ora dopo atterrarono al DeGaulle, ritirarono
i bagagli e cambiarono la cara vecchia sterlina in euro.
“Bene adesso cerchiamo un taxi.”
Gli disse sua cugina, che parlava un francese abbastanza
buono al contrario di lui che capiva a stento metà di quello
che le persone
dicevano attorno a lui.
“Va bene.”
Uscirono dall’aeroporto trascinandosi dietro i loro
bagagli, Liz camminava a passo talmente svelto che lui faceva fatica a
starle
dietro, dannata emo!
Alla fine si ritrovarono fuori dalla grande struttura, lui si
guardò attorno
spaesato, lei invece aveva già individuato i taxi e lo
costrinse a muoversi con
uno strattone alla giacca.
Will si affrettò a seguirla, lei parlottò per un
po’ con
il taxista che annuì e li aiutò a caricare i
bagagli. Entrarono nella vettura –
piacevolmente riscaldata – e lui si sentì un
po’ meglio, curiosamente aveva
voglia di un bel the caldo.
La macchina si mise in moto e lui si perse a guardare le
strade di Parigi tra le gocce di pioggia che scendevano a rigare il
finestrino,
Liz non gli disse niente.
Will cominciò a trovare un po’ pesante
quell’assenza di
comunicazione, in fondo era un bel ragazzo e con un carattere amabile!
Era biondo e con gli occhi verdi e sapeva essere
simpatico se voleva, alle ragazze piaceva e amavano anche i suoi
capelli irti
in una specie di cresta. Liz non gli aveva mai detto una volta che era
bello,
al contrario lo chiamava scimmia.
Alla fine arrivarono alla Gare de l’Est ed entrarono di
nuovo in un ambiente affollato e freddo.
“Senti, io vado a fare i biglietti, non
allontanarti.”
Lui annuì e si sedette su una panchina lì vicino,
ben
presto venne avvicinato da uno sconosciuto.
“Se ti interessa ho un po’ di roba a buon
mercato.”
Perché no? In fondo gli toccava trascorrere una serata
con un’acida.
“Che roba?”
“Erba.”
“Va bene.”
L’uomo gli infilo senza farsi vedere un cubetto in tasca
lui gli infilò venti euro nella tasca del giubbotto, poi
come era arrivato
l’uomo se ne andò, il problema era che anche la
rossa lo aveva visto e dalla
faccia con cui gli stava venendo incontro non aveva affatto gradito.
“Cosa hai comprato?”
Gli sibilò tagliente.
“Un po’ di erba per stasera.”
“Sei incorreggibile!”
Sputò lei.
“Comunque ho i biglietti, partiamo dopodomani alle sei e
adesso andiamo all’ostello, è davanti alla
stazione.”
“Va bene. si può sapere perché non ti
va mai bene quello che faccio io?”
“Perché tre quarti di quello che fai è
dannatamente
stupido!”
“Pensa un po’ alla tua storia!”
Lei si girò e lo fulminò con
un’occhiata così carica di
rancore che si stupì di non prendere fuoco
all’istante.
“Io ero malata, tu non sei malato, sei solo uno
stupido!”
Sibilò prima di girarsi di nuovo e chiudere del tutto la
comunicazione con lui.
Will sbuffò, possibile che non ne indovinasse una con
lei?
Che ogni volta che cercasse di abbattere a suo modo il
muro tra di loro sua cugina lo respingesse così brutalmente?
Attraversarono la strada, il secondo edificio era il
famoso ostello e venne assegnata loro una camera a due letti e con un
piccolo
bagno.
“Io vado a farmi una doccia.”
Annunciò Liz.
“Si può sapere cosa ti ho fatto?
Siamo cugini in fondo!”
“Quando i tuoi amici mi prendevano in giro,non ero tua
cugina, non ero nemmeno una tua lontana parente, non ero
nessuno.”
Poi si chiuse in bagno e Will si stese su uno dei due
letti, non aveva mai considerato la vicenda da quel punto di vista,
forse
avrebbe dovuto chiederle scusa, ma non era certo che lei le accettasse,
aveva
un tale carattere!
Finita la doccia se ne fece una anche lui e quando uscì
la trovò addormentata mentre
ascoltava
la sua musica, indossando solo una maglia lunga,
in un impeto di pietà decise di coprirla e
poco dopo la imitò anche lui.
La mattina dopo si svegliarono con un bel sole, Will si
sentiva riposato.
“Quando abbiamo il treno?”
“Domani alle sei, quindi se vuoi possiamo fare un giro
per la città.”
“Va bene, ma prima mettiamo qualcosa sotto i denti. Ho
fame.”
“Nell’ostello è compresa la prima
colazione.”
Lui sorrise.
“Che bello!”
Si cambiarono e scesero a mangiare un abbondante
colazione continentale, poi tornarono in camera e si guardarono negli
occhi.
“Cosa facciamo ora?”
“Io andrei a vedere la tour Eiffel e poi
Montmartre.”
“Va bene, vengo con te.”
Lei alzò gli occhi al cielo.
“Se devi.”
“Scusa se non sono bravo come te con il francese!”
“Se fossi stato attento a scuola…”
“CHE PALLE”
Urlò esasperato.
“Non è colpa mia se non sono un secchione!
E poi cosa ti costa aiutarmi?”
“Il fatto è che non voglio aiutarti, non voglio
aiutare
nessuna delle persone che mi hanno fatto del male.”
Lui sbuffò.
“Ho sbagliato, va bene?
Succede.”
Lei fece uno strano gesto con la mano.
“Facile liquidare tutto così, senza nemmeno una
scusa, ma
cosa posso aspettarmi da te?
Dai, andiamo, ma non aprire bocca durante il giro, odio
la tua voce!”
Liz aprì la porta con rabbia e non si curò del
fatto che
lui la seguisse o meno, non si aspettava che sua cugina ci fosse
rimasta così
male per qualche scherzetto innocente.
La sua coscienza dissentì, non erano scherzetti
innocenti, era bullismo vero e proprio e lei aveva imparato a
difendersi
allontanando tutti.
Uscirono nel sole di Parigi, la rossa aprì una mappa e
poi cominciò a camminare svelta sul marciapiede, lo stava
completamente
ignorando come aveva detto avrebbe fatto.
Lui la seguiva a fatica, intralciato dalla gente, e la
vide quasi per miracolo scendere in una delle stazioni della
metropolitana.
Sbuffando la ritrovò davanti a un’edicola, lei lo
vide e
gli passò un paio di biglietti.
“Cristo, potresti almeno aspettarmi!”
Per tutta risposta lei ricominciò a camminare.
“Liz, aspettami!”
Will dovette correrle dietro e riuscì a portarsi al suo
fianco giusto poco prima che la carrozza della metro arrivasse.
Salirono
insieme, a giudicare dalle fermate la prima tappa doveva essere la
torre.
“Penso ci fermeremo anche a Notre Dame e alla Saint
Chapelle.”
“Va bene.”
Aveva qualche altra possibilità?
Scesero a una fermata, lui la seguì docile e dopo aver
percorso un paio di stradine si ritrovarono davanti alla torre.
“Wow!”
Will le fece una foto con l’i-phone.
“Puoi farmi un favore?”
“Dimmi, Liz.”
“Fammi una foto con il mio cellulare, io accanto alla
torre.”
Lui annuì e la cugina si mise in posa, lui cliccò
un
tasto ed ecco che la loro prima tappa era stata immortalata.
Gironzolarono ancora un po’ alla torre, arrivarono fin
sotto la struttura per ammirare gli incastri perfetti del ferro, lui
sarebbe
rimasto volentieri ancora un po’ma lei lo trascinò
via.
“Prossima tappa?”
“Notre Dame e la saint Chapelle:”
Presero di nuovo la metro e si fermarono alla fermata giusta per andare
a visitare i due monumenti.
Già fuori dalla chiesa Will si fermò per un
attimo, incantato, poi entrò per vederlo meglio.
Le vetrate di Notre Dame erano davvero belle, con la luce colorata
che diffondevano nella chiesa la rendevano fuori dal tempo. Un fiore etereo che non
sarebbe durato,
un’eterna preghiera verso il cielo con i costoni e i
gargoiles che si alzavano
come mani protese verso il cielo blu.
Usciti da Notre Dame, entrarono nella Saint Chapelle, se
possibile era ancora più bella di Notre Dame, le vetrate
erano più alte e
ricoprivano quasi interamente tutte le pareti, sembrava di stare in
paradiso.
Tutta quella luce strana – filtrata – dava
l’impressione
di essere entrati in un altro mondo, un mondo di santi, streghe, re e
regine
che da tempo avevano lasciato questo mondo insieme alla loro
mentalità.
C’era qualcosa di epico in tutto questo, un pulsare di
vita estinta che si faceva sentire attraverso l’arte.
Era magico.
Anche Liz era incantata allo stesso modo, almeno in
quello erano cugini. Uscirono a malincuore con gli altri turisti, prima
di
riprendere il loro giro si sedettero su una panchina,entrambi accesero
una
sigaretta.
Will non sapeva se potesse parlare o meno a sua cugina,
quindi per non fare la figura del fesso faceva finta di concentrarsi
sui
passanti.
“Come ti sono sembrate?”
Alla fine era stata Liz a rompere il silenzio.
“Bellissime, soprattutto la Saint Chapelle.”
Era incerto se aggiungere altro, alla fine decise di
farlo.
“Sembrava di stare in un altro mondo.”
“Esattamente quello che ho pensato io.”
Per la prima volta Liz gli sorrise e dovette ammettere
che quando sorrideva era una bella ragazza, peccato lo facesse
così di rado!
“Adesso, cosa facciamo?”
“Cerchiamo un posto dove mangiare e poi andiamo a
Montmartre.”
“Va bene.”
Si alzarono dalla panchina e cercarono un bar che non
fosse troppo costoso, presero un panino e una bottiglietta
d’acqua ciascuno. Il
silenzio era di nuovo calato tra di loro, ma Will percepì
che era meno carico
di ostilità.
Finito di mangiare presero di nuovo la metro e arrivarono
a Montmartre, salirono la scalinata del Sacro Cuore e da lì
si godettero il
panorama dei tetti di Parigi. Non era magico come le chiese, ma era
romantico,
gli sarebbe piaciuto portarci la ragazza dei suoi sogni.
Chissà se a Sherilee sarebbe piaciuto?
Si chiese Will, probabilmente sì, ma lui non sarebbe mai
riuscito ad averla. Quelle come Sherilee non sceglievano mai quelli
come lui.
“William!”
L’urlo di sua cugina lo fece trasalire.
“Dobbiamo andare! Si può sapere a cosa stavi
pensando?”
“A come sarebbe bello portare Sherilee qui e a come sia
impossibile che lei scelga me.”
La risposta sincera gli era uscita da sola e lui non
avrebbe voluto che succedesse.
“Sherilee Lynch? Non ti perdi nulla, è solo
un’oca.”
Will scosse la testa e seguì Liz lungo la scalinata,
presero di nuovo la metro e arrivarono nei pressi del loro ostello.
Gironzolarono un po’ fino all’ora di cena, poi
cercarono
un altro bar per mangiare, trovarono una pizzeria che faceva prezzi
decenti.
Mangiarsi una pizza a Parigi non era poi così male!
Usciti dal locale rientrarono in ostello e si fecero
entrambi una doccia, poi Liz si stese sul letto a leggere qualcosa, un
manga
probabilmente, lui invece si diede da fare con l’erba
comprata il giorno prima.
Preparò la cartina, prese il tabacco, lo mischiò
a un po’ di erba e chiuse
tutto con il filtro.
La accese soddisfatto.
“Vuoi fare un tiro?”
“No.”
“Eddai, non fare la santa!”
Liz appoggiò il manga al comodino e si sedette accanto a
lui sul terrazzino della loro camera e gli tolse la canna dalle mani,
traendone
un lungo tiro.
“E poi non la volevi. Non sei una principiante.”
“No, in qualche modo dovevo sopravvivere alla scuola e, a
volte, ho scelto metodi sbagliati.”
Per un attimo i suoi braccialetti si alzarono rivelando
sottili cicatrici bianche, lui fece una smorfia.
“Sì, sono proprio metodi sbagliati.”
Continuarono a fumare insieme, quando la canna era quasi
finita e Liz rilassata si azzardò a domandargli una cosa che
gli premeva fin da
quando erano sull’aereo.
“Liz, ma ti piace Freddie?”
“Sì, ma è fuori dalla mia portata e poi
uscire con me gli
rovinerebbe la reputazione.”
“Penso che non gliene freghi un cazzo della
reputazione.”
“Pensi che mi possa aspettare
che mi chieda di uscire con lui allora?”
Chiese con voce sognante la rossa.
“Può darsi.”
“Sarebbe bellissimo.”
Poi chiuse gli occhi e si addormentò di schianto.
Will la mise sotto le coperte e si disse che dopotutto
viaggiare con lei non era male. Era curioso di sapere cosa avrebbero
visto
l’indomani e cosa c’entrasse con la sua famiglia.
L’avrebbe scoperto con Liz, si disse e se c’era una
persona adatta per scoprirlo era lei, perché oltre a essere
acida era anche
pratica e semplice.
Sì, sarebbe andata bene.