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Autore: The queen of darkness    14/01/2014    3 recensioni
Quando la vita presenta ghirigori stranissimi prima di donare una felicità assoluta.
( questa storia è stata precedentemente cancellata per motivi di formattazione. Vi chiedo di portare pazienza; i capitoli verranno ricopiati e la storia procederà con lo sviluppo ideato precedentmente. scusate per il disagio.)
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Dal rapporto di Emily Prentiss:
(…) Alle ore 21.45, ovvero quattro ore dopo l’inizio delle operazioni, ebbe luogo l’irruzione nella casa della sospettata per complicità in omicidio Dawson Laure, figlia e perciò parente prossima dello sceriffo Dawson Geoffrey.
L’agente Hotchner Aaron e l’agente Rossi David erano presenti, ma non sono intervenuti nelle operazioni.
Parteciparono all’operazione un totale di agenti del posto pari a quindici uomini armati, tre agenti in tenuta anti-sommossa alla presenza dei due agenti federali sopracitati.
All’interno, poco prima dell’intervento effettivo, esplosero due colpi di pistola in rapida successione, e a questi suoni viene attribuita l’origine di quanto trovato nella casa.
 
**
 
Nell’aria gelida della notte, si sentì potente, meschino e in pace con sé stesso.
Per tutta la vita, tutta, non avrebbe potuto dire di aver mai provato una sensazione simile. Allargò le braccia e inspirò a fondo: il gelo inaspettato, se considerato il periodo estivo, aveva lo stesso sapore di una premonizione, e scalfiva i polmoni allo stesso modo.
Era libero, finalmente. Strano che, però, non avrebbe potuto godersi a lungo quel momento.
Tuttavia si consolò con la consapevolezza che nulla era destinato a durare, e con il passare del tempo le cose si sarebbero sfaldate, sarebbero andate inevitalmente in rovina.
Però, che estate! Chi l’avrebbe mai detto che lui, il gracile Glenn Michaels, il piccolo ragazzino di periferia, celava dentro di sé un animo tanto violento, tanto passionale? Era sempre stato l’ultimo a sospettare che nel suo intimo vi fossero simili istinti, e aveva scoperto tutto solo e soltanto grazie a quella persona speciale.
Morto, sarebbe morto! Morto senza conoscere nulla di tutto ciò. Il sapore del sangue, le grida, il piacere! Come avrebbe potuto, come, farne a meno, quando era così palese che faceva tutto quanto parte di un disegno ben al di sopra di sé stesso, di tutti quanti, e che nessuno poteva muovere un dito per cercare di cambiare le cose?
Ecco perché il quell’istante si sentiva così bene, pensò. Perché adesso aveva in mano il dominio puro e semplice. Persino l’FBI lo temeva, tutta Bergen aveva paura di lui! I genitori tenevano in casa le figlie a causa di quel terrore senza nome, non c’era madre che non guardasse i figli con apprensione, non c’era donna che non si sentisse schiacciata da quella minaccia incombente, illimitata, insidiosa e inesorabile!
Lui voleva che loro morissero, ed erano morte. Era forse così che si sentiva Dio, ogni singolo giorno? No, forse anche meno bene di così.
Sollevò il capo, fissò le stelle. Le contò tutte; il cielo era un’immensa cupola senza nome, muta, che non risplendeva più.
Era bastata una telefonata per dirsi addio, non c’era mai stato bisogno di troppe infiocchettature per suggellare la loro passione. Era successo, ma non sarebbe finito; quel sentimento sarebbe durato per sempre, anche dopo la sua morte carnale.
In un certo senso, conoscendo quell’angelo amorevole aveva svelato sé stesso. E un ringraziamento non sarebbe stato abbastanza. L’amore non offuscava la sua vista, tantomeno la devozione; era solo la forza del sentimento che nutriva nei suoi confronti a renderlo vivo.
Il pensiero che appena chiusa la comunicazione forse la sua vita sarebbe già stata lì, fra quelle stelle, faceva male. Era un dolore diverso da ciò a cui era preparato, però, e si presentava molto più pungolante di quanto si sarebbe potuto aspettare.
Era paura, forse? Probabile; tuttavia un po’ lo seccò il fatto che sarebbe morto spaventato. Impaurito, certo, ma non dalla morte: il pensiero che forse non si sarebbero mai più incontrati era decisamente più assoluto, formava un abisso incolmabile, e avrebbe saputo saltare per colmarne le distanze?
Strinse le dita intirizzite contro il metallo ghiacciato. Ma certo che ce l’avrebbe fatta, che domande. Non era la prima volta che uccideva qualcuno, in fondo, e il fatto che questa volta toccasse ad egli stesso, che differenza faceva? Pur sempre un essere umano, cenere alla cenere.
Sentì le sirene in lontananza, e la volta nera sopra alla sua testa si tinse di altri bagliori. Sorrise: era il momento.
Lanciò un ultimo sguardo alle stelle; sentì la forma della canna contro la tempia, ed era più fredda di quanto avesse immaginato.
Che estate.
 
**
 
Rossi guardava apprensivamente lo schermo del telefono. Aveva cercato, invano, di mettersi in contatto con JJ, ma evidentemente la donna non aveva la possibilità di parlare con lui.
E se JJ non era reperibile, allora voleva dire che la situazione era sfuggita completamente al di fuori del loro controllo e si sarebbe entrati in un limbo vischioso, sanguinario, sgradevole e apatico dove l’unica cosa che avrebbero potuto fare sarebbe stata guardare.
Cercò di fissare la casa, ma non ci riuscì; le luci accecanti dei fari la rendevano invisibile, avvolta da un’aureola surreale. I paramedici sfilavano ordinatamente, senza fretta, procedendo sui gradini, ed entravano in quell’ossimorico paradiso con l’assoluta indifferenza dei peccatori. Ormai non c’era più nessuno da salvare.
Hotch, dall’altro lato del giardino, stava cortesemente chiedendo ad una casalinga curiosa di mettere a letto i figli, che non c’era nulla da vedere. Sarebbe stato impossibile rifilare loro la solita balla che non era successo niente, si trattava soltanto di una questione irrisoria, perché era palese che la situazione fosse grave.
La zona perimetrata, poi, non lasciava spazio a dubbi. Aveva aiutato personalmente a mettere le strisce gialle e nere di divieto, anche sulla parte posteriore della casa (aveva imparato per esperienza che la curiosità umana non conosce nessun limite).
All’improvviso, mentre stava per ricomporre il suo numero, il cellulare cominciò a ronzare insistentemente.
-JJ? Sei tu?
-Sì – rispose la donna. La voce metallica gli arrivava a bizze, e in sottofondo si sentiva un fastidioso crepitio. –Mi senti?
-Non molto – ammise. –Cerca di ascoltarmi quanto puoi, qui l’affare è più serio di quanto pensassimo.
Dall’altro capo della comunicazione, la sentì sospirare. Era un chiaro segno di frustrazione e di stanchezza; raramente JJ si lasciava andare a simili manifestazioni di disappunto, o di fatica. Si sentiva sempre in dovere di mostrarsi il membro incrollabile del gruppo per il contorto ragionamento di essere quella a rischiare di meno, anche se non era affatto così.
Ormai pronto a nuovi, tetri sviluppi, Rossi si tappò l’altro orecchio con un dito e si appartò quanto più possibile.
-Cosa sta succedendo, JJ?
Ci fu una pausa. – Non posso dirtelo per telefono, Rossi. Qui c’è…troppa gente. Sappi solo che è essenziale che tu e Hotch arriviate qui al più presto, e che siate preparati al peggio.
L’uomo annuì brevemente, accantonando i propri timori per darci maggiore spazio al momento opportuno.
-Emily è lì con te?
Altra pausa. –Sì. Ma non credo possa parlare, in questo momento.
Rossi preferì non commentare. La salutò brevemente e chiuse la telefonata. Rivolse un ultimo sguardo alla casa, o ai contorni a malapena visibili che sbucavano da quell’alcova redentrice.
-Hotch! – chiamò.
Lo vide alzare la testa verso di lui; sembrava altrettanto impegnato in una conversazione telefonica, ma chiunque ci fosse a reclamare la sua attenzione, David sapeva di avere la priorità. Mai un caso aveva rischiato di spingersi così oltre e, quando era successo, le conseguenze non si erano mai fatte attendere; non si trattava soltanto di salvaguardare la vita dei civili, in simili casi, ma anche la propria. E temeva davvero che questa volta avessero fallito.
-Cosa c’è? – il capo gli si avvicinò, riponendo il cellulare in tasca. Aveva uno sguardo tagliente.
-Ho chiamato JJ. Non c’è tempo, dobbiamo tornare – disse.
L’altro lo fissò. –Ti ha spiegato cosa…
-No – lo interruppe. –Ma da quel che ho capito è una cosa seria; qui non hanno più bisogno di noi, ormai. Torniamo in centrale.
Hotch lanciò uno sguardo a quell’abitazione maledetta. Fu l’ultimo.
-Andiamo.
 
**
 
-Glenn Michaels si è suicidato – disse JJ, appena li vide entrare dalle porte trasparenti della hall.
Il brulichio incessante dell’ufficio si era intensificato in quelle ore frenetiche, ma quell’attività alacre non sembrava portare da nessuna parte. Telefonate bisbigliate, fascicoli trasferiti fra cassetti e cassetti diversi, computer accesi, auto della polizia allertate… non avrebbero comunque risolto nulla, pur dedicandosi così fervidamente alle loro solite occupazioni.
Hotch si passò le dita sugli occhi, come nel tentativo di schiarirsi le idee.
-Reid e Morgan?
La ragazza si incupì all’improvviso, tanto che la sua voce professionale si incrinò. – È questo il problema. Non riusciamo a contattarli.
-E come fate a sapere di Michaels, allora? – domandò Rossi.
La donna sollevò una mano, mostrando un foglio chiuso in una busta trasparente. Non c’era nessun indizio che lo facesse sembrare una lettera, ma due piegature lo spezzavano orizzontalmente.
Sopra erano state scarabocchiate diverse righe storte, che si allungavano verso il basso. Grafia tipicamente maschile.
-“Questa vita ha acquistato il suo senso grazie al mio angelo amorevole. Ora che ha smesso di esistere, ritorno cenere com’era in origine” – recitò.
-È firmato – notò Rossi. Era una sua qualità quella di riuscire a rimanere impassibile quando gli altri membri della squadra si facevano prendere alla sprovvista.
-Il suo “angelo amoroso” non era la Dawson – concluse Hotch, seccamente. –Bensì il marito, Louis Brennan.
-Cosa? – esclamò JJ.
David annuì brevemente. –Michaels era un omosessuale latente; incontrò Brennan nella clinica di disintossicazione, e insieme raggirarono Smith per servirsi di lui. Quest’ultimo non sapeva dell’esistenza dell’altro, ma dubito che a questo punto sia un dettaglio rilevante.
-Quindi sono tutti…?
-Esattamente – spiegò. –Omicidio-suicidio. La Dawson è stata trovata legata e imbavagliata accanto al divano; è stata una complice inconsapevole sui documenti ufficiali, visto che ogni transazione del trio era intestata a suo nome.
-Dobbiamo contattare Morgan e Reid – tagliò corto Hotch, - perché se è vero che Michaels si è suicidato allora dovrebbero già essere tornati in centrale.
-Abbiamo mandato dei rinforzi – spiegò JJ, - ma in quella zona non c’è campo, e così non sappiamo se sono stati raggiunti o se… - non concluse la frase, e la lasciò piombare nel silenzio.
David le posò una mano sulla spalla con fare paterno, sforzandosi di fare un sorriso. –Vedrai, JJ, adesso li troviamo.
La ragazza mormorò qualcosa, ma non c’era più tempo per ascoltarla.
 
**
 
L’oscurità, a dispetto dell’ora, era assoluta. In quel periodo dell’estate, solitamente, il tramonto doveva appena essere passato, ma a quanto pareva delle nubi scure avevano del tutto oscurato quella parte di cielo e, fra uno spiraglio e l’altro, erano visibili delle nebulose stelle.
Nel silenzio tombale si sentiva lo sporadico verso dei grilli, discontinuo e gracchiante. Derek l’aveva sempre odiato, sin da quando era bambino.
Reid gli stava camminando davanti, circospetto, con la pistola sguainata tra le mani, la canna abbassata come il muso di un cane da caccia pronto ad azzanare una lepre.
Ne vedeva solo la schiena ossuta, gonfiata, dall’oscurità, dal giubotto antiproiettile, ma nulla di più; avanzava con i passi lenti e cauti tipici di un’ispezione. Nell’assoluto silenzio, era Morgan a seguirlo, e non il contrario; nella condizione psicologica in cui il più giovane si trovava, lo sapeva, era un rischio farlo avanzare senza nessun blocco, ma d’altra parte se si fosse opposto avrebbe rischiato un’iniziativa del tutto inappropriata del dottore, viste le circostanze.
La capanna era lì, contro di loro. Il fianco di Morgan stava scivolando contro il legno marcio. Alla fine, avevano optato per passare da dietro, ma lo spesso strato di fango secco sul suolo e sulle pareti, presente in egual misura, si era dimostrata una barriera più coriacea del previsto.
Non si sentiva un solo respiro. Dall’interno, nessun suono: aveva l’impressione che fosse deserta.
Eppure era lì, ne era certo. Ne era sicuro. Non poteva essere da nessun’altra parte e, se la sua esperienza in menti criminali gli dava ragione, allora non si sbagliava.
Solo che, quella notte, non aveva affatto la tipica sensazione di respirare la stessa aria dell’omicidia, di star calpestando le sue stesse impronte. Era un’agitazione che non sapeva spiegare, una sorta di viscida adrenalina che lo colmava inesorabilmente, senza che lui potesse opporsi.
Ma quella volta, nulla. Il suo animo era piatto come la superficie del mare in una giornata senza vento.
Vide Spencer fare un passo oltre l’angolo della capanna e, per riflesso, si acquattò contro la parete marcia respirando piano, guardandolo assumere la posa difensiva con la pistola puntata in avanti. Niente.
Gli fece un cenno di assenso e proseguì; Morgan lo seguì a ruota.
Avevano mosso solo un paio di passi che, all’improvviso, la quiete della notte fu squarciata da uno sparo. Fu un suono violento, e lo fece sussultare.
Reid, sentendolo, cominciò a correre, seguendo un istinto del tutto irrazionale. Morgan scattò dietro di lui.
-Reid! – urlò. Ma il ragazzo era ormai sordo ai suoi richiami; in un attimo si trovò davanti alla porta, la scardinò come un calcio.
-FBI! – esclamò il dottore, facendo sfoggio di un’audacia che non gli aveva mai visto prima.
-Reid, fermati, maledizione! – gridò di nuovo il collega. All’interno l’oscurità era fitta e pastosa, umida, e il caldo era quasi intollerabile. Mosse pochi passi guidato dallo scintillio della pistola di Reid, ma ben presto, nonostante lo spazio ridotto, ebbe bisogno di appoggiarsi al muro instabile per non perdere l’equilibrio; lo sbalzo repentino di temperatura gli fece vorticare la testa.
-FBI, giù le armi! – ripetè Reid, ma sembrava evidente ad entrambi, ormai, che non c’era nessuno.
Stava per dirgli di stare zitto, maledizione, che se continuava ad urlare fra quelle quattro mura non sarebbe riuscito a pensare, ma all’improvviso con la punta della scarpa toccò qualcosa. Qualcosa che non si mosse.
-Spencer… - mormorò.
Spinse il piede leggermente più avanti. Era un ostacolo solido, ma non irremovibile. C’era qualcosa di strano che lo avvolgeva, come dei filamenti…capelli, forse?
Il dottore gli puntò subito la pistola addosso, nel buio.
-Accendi la luce!
Ci fu tramestio ma, incredibilmente, il ragazzo più giovane riuscì a trovare un interruttore e l’intero ambiente venne irradiato da una luce fortissima che lo lasciò accecato per qualche momento. Vide degli sprazzi rossi e alcune chiazze più chiare.
Strizzò le palpebre; mai si era sentito così debole e affaticato. Il suono delle sirene in lontananza gli sembrò irreale.
-Eva! – esclamò Reid.
Finalmente Morgan riuscì a focalizzare l’ambiente circostante: il viso del collega era sconvolto; nell’angolo c’era una sagoma rannicchiata, fasciata in una maglia gialla sgargiante che spiccava nella fioca penombra. Era una ragazza, altrimenti completamente nuda. Sembrava morta. Le sue pupille vuote, opache e spalancate lo fissarono dritto negli occhi.
Guardò per terra. Stava pestando una ciocca di capelli scuri e lucidi. All’attaccatura di esse c’era un viso familiare, pallido e striato di sporcizia. Una camicia bianca intrisa di sangue, le gambe scomposte, le mani legate, la bocca imbavagliata.
Reid si era già inginocchiato a terra e spostò malamente il collega per prenderle la testa fra le braccia.
-Respira! – urlò, con gli occhi lucidi. –Respira, Morgan! Chiama qualcuno!
Il collega non si mosse per qualche secondo. E poi, in un istante, lo spazio fu gremito di uomini in divisa, e le parole del giovane si fusero con quella dei poliziotti mentre, lentamente, il mondo tornava ad essere il luogo nitido e brutale che era sempre stato.
 
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Dal rapporto di Aaron Hotchner:
(…) Pertanto, considerando le cause sopra elencate, l’agente Reid Spencer si recò in ospedale per assistere la collega Arcangeli Eva, una volta appurata la morte dell’esecutore materiale del gesto, tale Michaels Glenn.
All’interno furono rinvenuti utensili collocabili ai delitti nonché la vittima scomparsa sopra citata, deceduta in seguito alle sevizie sopportate.
L’agente Morgan Derek rimase sulla scena del crimine e gli allegati 15, 17 e 24 vennero raccolti da lui stesso. In seguito, circa alle ore 23.15, fece ritorno alla centrale ed espose dettagliatamente al resto della squadra l’accaduto dalle ore 21.45 alle ore 23.00.
Arcangeli Eva risulta tutt’ora ricoverata all’ospedale cittadino, in condizioni di prognosi riservata.
Il bilancio attuale comprende vittime, carnefici e vittime collaterali.
In allegato, le copie dei referti del coroner e le fotografie scattate ai luoghi del ritrovamento.
 
Aaron Hotchner.
 
  
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