Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
Segui la storia  |       
Autore: MandyCri    15/01/2014    8 recensioni
Un angelo.
Un demone.
Due fratelli: Maximilian e Julian.
E poi c’è Gaia.
Gaia allegra come il suo nome, una ragazza spensierata che sconvolgerà la vita di entrambi.
“…Tornò a guardare Gaia curioso.
Nello stesso istante la bimba aprì gli occhi e lo fissò.
Proprio come aveva detto Maximilian, scoppiò in un pianto a dirotto…”
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
CAPITOLO 1
 
Settembre 1995
 
Max sentì un tonfo e un’imprecazione irripetibile e si fece il segno della croce.
Julian l’aveva appena raggiunto. Lineare!
Si diresse in salotto e, notando l’espressione inorridita del fratello, scoppiò a ridere.
- Ciao Jul, non vedevo l’ora di rivederti, mi sei mancato tanto in questi anni – disse, avvicinandosi e cercando di abbracciarlo.
Julian si scostò schifato – Si può sapere che razza di scherzo del cazzo è questo? – ringhiò, senza nemmeno degnarsi di salutarlo.
Max alzò le spalle e gli sorrise – Oggi è il nostro primo giorno nella nuova scuola. Andiamo alle elementari. Siamo appena venuti ad abitare qui, perché papà è stato trasferito per motivi di lavoro – annunciò fiero.
Il visetto da bimbo di Julian si trasformò in una smorfia orribile.
Divenne, di colpo, di un rosso accesissimo, le guance si gonfiarono e gli sbuffi sembravano uscire, perfino, dalle orecchie – Guardami Max! Sono un moccioso – gli abbaiò contro – Io non ci sto a questa pagliacciata! Perché sei tornato in questo maledetto posto e, soprattutto, perché in questo stato? Abbiamo sei anni, forse, cazzo! – domandò alterato, indicando orripilato il suo corpo da bambino.
- Parla per te! Io ne ho otto e andrò in terza elementare, oggi. Ci accompagna mamma – rispose con tranquillità.
Julian spalancò gli occhi neri e lo fissò truce – Mamma? – chiese guardingo.
Un velo di tristezza adombrò il cuore di Max – Non ti preoccupare, Jul. È solo un ologramma. La gente vedrà una donna che fa la spesa, porta avanti la casa, accompagna i figli a scuola. Conoscerà un padre che lavora sodo per la famiglia e che è costretto a fare lunghi viaggi, perché è una persona importante. Nella realtà saremo solo io e te. Questa è la tua cartella – terminò la spiegazione e tese al fratello, una cartella verde con la sagoma di “Raffaello” delle tartarughe Ninja.
- Stai scherzando vero? Io non voglio quella ridicola cartella, mi fa schifo! – protestò subito Julian.
- Lo sai vero che anche la tua voce ha sei anni? – gli chiese divertito.
- Perché Max? Perché mi stai facendo tutto questo? Sai che odio la terra e sono costretto a seguirti, ogni volta che ci torni tu, ma questo è veramente troppo! Lo sai che mi devo conformare a te, quando scendi. Cosa significa venire qui in veste di mocciosi da elementari? Torniamo a casa, ti prego!
- Mi preghi? Fa un certo effetto sentirti usare questa parola! – disse scherzoso – Non ti preoccupare Jul. Staremo qui solo per un breve periodo di tempo. Credo al massimo tre mesi.
- Tre mesi? Sei impazzito? – l’aggredì il fratello, arrabbiato come non l’aveva mai visto.
Max si sentì leggermente in colpa – Anche meno… forse… - mormorò – Dipende da… delle cose.
- Si può sapere che cazzo ti serve venire qui sulla terra? Qual è il tuo scopo? Se almeno me lo dicessi, ti aiuterei a trovare quello che cerchi, così almeno non rivedrei più la tua brutta faccia!
- Lo sai che eri carino a sei anni, Jul? – Max cercò di deviare il discorso, si era già lasciato scappare qualche parola di troppo.
Julian lo fissò esterrefatto – Fanculo, Max! – prese la cartella e si avviò deciso alla porta – Spero solo che tu abbia avuto la decenza di creare una madre che non sia ad immagine e somiglianza di quella vera. Non potrei reggerlo! – disse con cattiveria.
- Non ti preoccupare… so come la pensi. Non le assomiglia nemmeno un po’.
Prese il suo zaino e si avvicinò al fratello – Sono passati sei anni da quando non ci vediamo. Credevo di esserti mancato… - sussurrò.
- Max dimentichi sempre la cosa fondamentale: sono un demone! Quindi no. Mi dispiace, ma non nutro alcun sentimento per te. L’unica cosa che sento è che sei una grande scocciatura, tu e i tuoi viaggetti sulla terra.
Maximilian scrollò le spalle esasperato.
Molti angeli gli avevano sempre consigliato di lasciar perdere suo fratello.
Quasi tutti dicevano che “lui” era una causa persa e che non sarebbe mai cambiato.
Non aveva mai dato retta a nessuno e, nel corso dei secoli, aveva sempre cercato un contatto con Jul.
Aveva sperato che Julian gli si affezionasse.
Non ricordava nemmeno quante volte, aveva aspettato invano che Julian si materializzasse, di sua iniziativa, sulla terra solo per vederlo: non l’aveva mai fatto.
Potevano incontrarsi solo grazie ai loro cromosomi umani.
Potevano vedersi solo sulla terra, la via di mezzo tra paradiso e inferno.
Come a Max era negato l’accesso all’inferno per via della sua natura angelica, a Julian era negato quello del paradiso, perché era un demone.
In realtà, Julian avrebbe potuto fare ammenda, rinnegare ciò che era e trasformarsi in un angelo.
Dio, se il suo pentimento fosse stato autentico e sentito, gli avrebbe sicuramente concesso questo dono.
Quando suo padre gli aveva raccontato di Julian, Max era rimasto sconcertato.
Ancora ricordava l’emozione provata nel sapere di avere un fratello e la sua prima reazione era stata quella di conoscerlo.
Gabriele, però, aveva bloccato subito il suo entusiasmo. Prima di dargli modo di conoscere il sangue del suo sangue, aveva preferito spiegargli la storia dall’inizio.
Max era venuto quindi a conoscenza della verità e suo padre, con la pazienza di un Santo, aveva risposto a tutte le sue domande, poi, esaurite tutte le raccomandazioni, gli aveva spiegato come fare per incontrare questo fantomatico fratello “cattivo” a detta di tutti, “sfortunato” per Max.
- Se scendi sulla terra, lui sentirà il tuo richiamo e sarà costretto a raggiungerti –aveva detto Gabriele e così era stato.
Maximilian gli aveva anche chiesto se c’era la possibilità che Julian potesse andare con lui in paradiso.
Suo padre era stato molto cauto nella risposta, ma in ogni caso, gli aveva ancora una volta chiarito tutto.
Max aveva fantasticato molto su Julian, prima di incontrarlo.
Aveva creduto che suo fratello si sarebbe emozionato nel vederlo e che, scoperta la loro parentela, lo avrebbe portato a rinunciare subito a tutto e a seguirlo senza battere ciglio.
Era talmente curioso di vederlo che non aveva pensato ad altro per un sacco di tempo. Contava i giorni, le ore, i minuti e perfino i secondi.
Immaginava che gli somigliasse molto, essendo Max, la fotocopia della loro madre.
Julian aveva occupato i suoi pensieri in modo assoluto, pensieri, talvolta, poco felici. Max non riusciva a darsi pace, sapendo che il suo fratellino non era stato fortunato come lui.
Ingenuamente, aveva presupposto che Julian non sapesse nemmeno di avere un fratello maggiore.
La sorpresa, quando l’aveva visto per la prima volta, era stata davvero grande.
Al posto dei riccioli biondi che si era aspettato, c’erano lunghi capelli lisci e neri, gli occhi non era azzurri come aveva creduto, ma scuri come le tenebre e poi Julian era alto, magro e muscoloso e godeva di ottima salute, nulla a che fare con il ragazzino martoriato che si era aspettato.
Non aveva nessun graffio, nessuna cicatrice, nessun segno di tortura.
Stava bene, fin troppo bene e non sembrava per nulla sorpreso di incontrarlo, come se fosse al corrente da sempre, di avere un consanguineo.
La delusione che aveva provato era stata davvero enorme.
L’unica caratteristica che avevano in comune loro due, era il contorno argenteo degli occhi e la sfumatura, sempre argentea, delle ali.
Il loro primo incontro era stato un completo fiasco.
- Quindi tu saresti Max – aveva affermato con voce indifferente il fratello minore. Lo sconforto che aveva provato in quel momento, era ancora un ricordo nitido in Maximilian.
Lui non era al corrente nemmeno di avere un fratello, non conosceva il suo nome, mentre l’altro sapeva anche come si chiamava e non si era mai degnato di cercarlo!
Quella prima volta non aveva avuto il coraggio di chiedergli di redimersi e neppure la seconda e la terza, l’aveva fatto.
Gliel’aveva proposto dopo circa un secolo che lo faceva andare avanti indietro dagli inferi alla terra e il tutto, solo per vederlo: Julian gli aveva riso in faccia…
Max continuava a pensare che la vita di Julian fosse stata un vero inferno e, non solo nel senso letterale del termine, ma anche in quello figurato. Aveva provato più volte a fargli domande, a chiedergli di più del suo passato, ma non aveva mai ricevuto alcuna risposta, almeno finché non avevano affrontato l’argomento “Amelia”.
Lì aveva capito che, forse, Jul era diverso da lui.
Max era rimasto sconvolto dalla reazione di Julian, quando aveva detto in modo solenne che suo padre, il Diavolo, era un assassino, che aveva ucciso la loro madre a sangue freddo, cose vere dato che gliele avevano raccontate sia Gabriele che la stessa Amelia che, fortunatamente, era salita in cielo accanto a loro. Julian aveva riso ancora una volta. Una risata cattiva, senza alcuna gioia – Hai pianto come una femminuccia – l’aveva accusato, puntandogli contro il dito – Me l’ha raccontato mio padre! Il Diavolo in persona!
Max non gli aveva più domandato nulla.
Non aveva più chiesto se voleva raggiungerlo in paradiso, ma aveva continuato a cercarlo, andando sulla terra per poterlo incontrare.
Max era felice di vederlo, gli voleva bene e non solo per il loro vincolo di sangue.
Julian era la sua missione.
Dopo secoli, pensava ancora, nonostante tutti gli angeli del paradiso avessero provato a convincerlo del contrario e le continue delusioni che gli dava con i loro incontri, che Jul fosse solo schivo, infelice e tutto perché non aveva avuto un’infanzia facile e l’amore che meritava e Maximilian, quindi, era disposto a condividere tutto ciò che aveva per bene di suo fratello.
Max non aveva alcun ricordo di ciò che era successo, quando Satana aveva ucciso sua madre.
Sapeva solo che il colore rosso non gli piaceva, lo faceva star male.
Gabriele gli aveva raccontato che Lucifero aveva preso le sembianze del padre umano, dopo averlo barbaramente ucciso e aveva vissuto con Amelia, spacciandosi per quello che non era, per tutto il tempo che gli era stato necessario per avere anch’egli un discendente diretto.
Purtroppo Gabriele non era potuto intervenire. Essendo morto il suo corpo umano, non poteva più scendere sulla terra senza ali.
Il rischio che qualcuno lo vedesse era troppo elevato.
Max era solo un bambino di qualche mese, quando era accaduto il fatto e non si era reso conto di nulla.
Anche sua madre, una volta cresciuto, gli aveva confermato le parole di Gabriele. Era stata ingannata dal Diavolo che poi le aveva tolto la vita.
Quando era morta, Gabriele era sceso sulla terra e aveva portato Max con sé, nel regno dei cieli.
Avevano vissuto come una vera famiglia, anche se con le ali.
Amelia ancora non si perdonava il fatto che il suo secondogenito le fosse stato portato via e credeva che Julian la odiasse tanto, perché si sentiva abbandonato da lei.
Max questo non lo sapeva. Non aveva mai avuto il coraggio di chiederlo al fratello.
Julian lo metteva in soggezione per tutto ciò che concerneva la sfera dei sentimenti.
Erano uno l’opposto dell’altro.
Max adorava la luce e dove abitava ce n’era tantissima.
Guardava le albe e i tramonti ogni giorno. Giocava fino a non aver più fiato con gli altri piccoli angeli, bambini che sulla terra non erano stati fortunati ed erano approdati troppo presto nel regno di Dio.
Si era divertito come un pazzo a tuffarsi e a nuotare tra le nuvole con loro.
Aveva avuto un infanzia giocosa e rumorosa. Circondato da voci chiassose e allegre, risate, strilli di gioia e di eccitazione tipica dei fanciulli.
I silenzi e le preoccupazioni erano solo nelle stanze degli angeli grandi.
Solo che lui poi era cresciuto, mentre i suoi amichetti erano rimasti bambini, tuttavia non si era mai sentito solo. Mai.
Diventando grande, aveva capito che era un angelo diverso dagli altri.
Lui era un angelo “vivo”.
Aveva molte affinità con gli esseri umani e presto, nei suoi viaggi sulla terra, aveva scoperto di avere un dono particolare, unico e bellissimo.
- Perché io ho la cartella con lo stupido Ninja e tu hai lo zainetto dell’invicta? – la vocina stridula di Julian lo distrasse dai suoi pensieri.
Max scrollò le spalle – Perché io sono il fratello maggiore. Ho otto anni! – disse con orgoglio.
Si avvicinò a Julian e tentò di prenderlo per mano.
Il bimbo si scostò velocemente – Non ti allargare Max! – lo aggredì – Non mi fa piacere stare qui e ancora meno se fai lo sdolcinato con me.
Max guardò il fratello non riuscendo a nascondere la tristezza che, improvvisamente, si era fatta largo in lui.
 
***
 
Julian sbuffò.
Non solo era ritornato dopo sei anni sulla terra, ma ci era tornato come un marmocchio di sei anni!
Mancava solo un altro sei in quella giornata e sarebbe venuto fuori il numero del diavolo.
Forse era uno scherzo (di pessimo gusto) di suo padre!
Adesso si stava avviando a scuola con la sua finta madre e il suo caro fratellone angelo che teneva la mano ad un ologramma.
Ma che schifo! Quello lì sprizzava amore anche con cose senza vita.
Cosa aveva nel cervello? Segatura?
Lo irritava quel suo modo mieloso di vedere il mondo. Lo faceva andare in bestia quel sorriso cretino che compariva in quella faccia angelica, quando parlava alla gente. Chi si credeva di essere?
Julian era indifferente a tutto, tranne che a Max.
Ecco, Max lo faceva incazzare. Tanto, troppo.
Arrivarono a scuola in perfetto orario, vide la finta madre parlare con un vecchio, probabilmente il preside e poi anche con altre donna, una delle quali era anche carina.
Julian ispezionò bene il corpo formoso della femmina e sperò che fosse la sua maestra.
Stava per commentare, quando Max gli diede un pizzicotto sul braccio – Ricordati che hai sei anni! – lo redarguì il fratello.
L’insegnante formosa si avvicinò loro e prese per mano Maximilian – Ciao io sono Lorella e sono la tua nuova maestra.
Max annuì e la seguì scodinzolando.
Julian sbuffò nuovamente.
Era ovvio! Tutte le fortune a Maximilian… del resto era lui l’angelo!
Che cazzo!
Un’altra donna, alta e magrissima, si avvicinò a lui. Una racchia bella e buona.
Julian sospirò.
Tutto come da programma… a Max la bionda strafiga a lui la vecchia babbiona.
Possibile? Sperò con tutto il cuore che quella giornata finisse presto.
Cos’altro poteva capitargli? Nulla. Era matematicamente impossibile essere più sfigati di così.
Afferrò con riluttanza la mano decrepita che la vecchia gli porgeva e la seguì senza fare storie.
Prima entravano in classe e prima avrebbe avuto la possibilità di pulirsi la mano sul grembiule.
- Julian vieni qui vicino a me – gracchiò la sua nuova maestra – Bambini silenzio! Questo è Julian e sarà un vostro nuovo compagno di classe. Aiutatelo ad inserirsi nel gruppo e non lasciatelo solo, mi raccomando.
Julian trattenne a stento un ringhio.
Lui stava bene da solo!
Quanto tempo sarebbe dovuto stare in quel maledetto posto?
Dannato Maximilian! Gliel’avrebbe pagata. Poco, ma sicuro.
- Julian va a sederti vicino a Gaia, c’è un posto libero – e indicò un punto preciso.
Julian alzò gli occhi di scatto e fissò la bimba che la maestra gli stava indicando.
Non era possibile!
Avrebbe tolto le penne alle ali di Maximilian, una ad una, porco cazzo!
L’avrebbe reso un pollo, non un angelo di Dio!
Si sedette, sconfitto, vicino allo sgorbietto che sfoggiava delle ridicole trecce rosse spelacchiate e degli occhiali da vista di dubbio gusto: l’aveva detto lui che era un mostriciattolo! Si vedeva fin da quando era neonata.
- Ciao io sono Gaia – si presentò con tono gentile ed educato la bambina,
Julian si girò e la guardò di traverso – Julian, ma non fare sforzi. Non saremo mai amici. Tu non mi piaci nemmeno un po’ e, tantomeno, mi sei simpatica – affermò deciso.
Gli occhi verdi di Gaia assunsero una strana lucentezza, poi vide una lacrima uscire dall’occhio destro.
Si girò indifferente.
Perfetto! Oltre che sgorbio era anche una frignona.
 
 
La mattinata era trascorsa con una lentezza incredibile.
Ovviamente, non aveva fatto amicizia con nessuno. In realtà, i suoi nuovi compagni di scuola ci avevano provato, ma lui li aveva allontanati tutti, in maniera decisa.
L’avevano guardato come se fosse stato un marziano, ma Julian non si era certo impressionato.
Non gliene fregava proprio niente! Anzi, meglio così.
Durante l’intervallo, Max si era avvicinato, poi aveva visto Gaia da sola in un angolo e l’aveva raggiunta e, come se si conoscessero da una vita, si era messo a parlare con la bambina.
Sembrava si fossero simpatici, perché più di una volta, avevano riso, insieme, di gusto.
Aveva osservato la scenetta incuriosito, poi, quando Max l’aveva indicato, il viso di Gaia si era scurito, aveva assunto un’espressione triste e tutta l’allegria era sparita completamente da quel visino pieno di lentiggini.
Finalmente poteva andare a casa. Stava giusto raggiungendo l’uscita, dove c’era l’ologramma ad attendere lui e Max, come nella migliore delle famiglie, quando un coro di derisioni, attirò la sua attenzione.
- Quattrocchi! Quattrocchi! Quattrocchi!
- Sei brutta Gaia! Sai cosa dice mia madre? Rosso di capello, matto di cervello!
- Pel di carota! Pel di carota! Per di carota!
Un bambino più grosso la spintonò e la fece ruzzolare per terra, proprio in quel momento.
Gaia si rialzò orgogliosa.
Aveva gli occhi lucidi ed era evidente che si stava sforzando di non piangere per non darla vinta a quei ragazzini.
I loro sguardi si incrociarono e la bambina sembrò implorarlo tacitamente di aiutarla.
Julian fece finta di nulla. Abbassò il viso e continuò per la sua strada.
Fu Max a salvarla dalla banda di bambini che si era accanita contro Gaia.
Sentì il fratello maggiore arrivare, sgridare gli altri e chiederle come stava.
La coccolò e la scortò fino all’uscita dalla madre che l’aspettava.
Quando lo raggiunse, si avviarono taciturni verso casa – Potevi aiutarla – gli disse Max con tono di rimprovero, rompendo il silenzio.
Julian alzò le spalle – Sono un demone, non il buon samaritano. Non me ne frega niente dell’umana… – sussurrò, però, per la prima volta in vita sua, provò qualcosa di molto vicino ad un sentimento: si vergognò di se stesso.
 
***

Grazie per aver accolto la mia nuova storia così calorosamente.
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto.
Ciao e grazie a tutti
MandyCri
 

 
   
 
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni / Vai alla pagina dell'autore: MandyCri