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Autore: Kim_Pil_Suk    16/01/2014    3 recensioni
Dal I° capitolo:
"Anno 2099.
New York, Stati Uniti.
Erano passati tanti anni. Tante cose erano cambiate. Le città, il governo, la cultura, il modo di pensare, l'arte, la tecnologia, ma soprattutto, le persone.
Le città si erano unite, erano scomparse, erano state sommerse, avevano cambiato nome, ma comunque c'erano e facevano parte di una nazione. Invece le persone non c'erano più.
E questo Talia lo sapeva bene.
Di nuovo. L'aveva fatto di nuovo. Si era lasciata trasportare dai pensieri negativi, piangendo e crogiolandosi nella solitudine come una mocciosa.
Si era ripromessa di non farlo. Di essere più forte, per se stessa. Per lui.
Ma non era durato a lungo.
La notte si ritrovava a dare le spalle ad Artemide, nascondendosi dai raggi della Luna. E piangeva. Piangeva finché non sentiva il sonno prendere il sopravvento.
Si nascondeva per paura di essere scoperta, forse. Per vigliaccheria, probabilmente.
Non lo faceva apposta, ma aveva paura.
[ ... ]
Continuò a piangere tutta la notte, nascosta da lei.
Solo quando si era sentita vuota, aveva fatto la sua decisione. E non avrebbe cambiato idea, per nulla al mondo."
Genere: Malinconico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luke Castellan, Talia Grace
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Lo cercava. Lo cercava disperatamente. 
File e file di morti, anime senza corpo, le passavano davanti dirette alla loro nuova vita. 
Ma a lei non importava. Voleva solo lui. 
Lo cercava con lo sguardo. Lo desiderava con le labbra e lo chiamava col cuore. 
Sapeva, già da prima, che per lei non sarebbe stato facile trovarlo. 
Avrebbe potuto impiegarci ore, giorni, o forse settimane. Le mani le sudavano al pensiero che avrebbe potuto metterci anni per trovarlo fra le file dei dannati. 
Il respiro si faceva corto e si inumidiva le labbra al pensiero che lui poteva essere lì, in quel momento, a cercarla da anni. 
E poi le veniva da piangere al pensiero che forse lui non ce l'aveva fatta ad aspettarla. 
Quasi un secolo è tanto, anche per un anima. Soprattutto per un anima. 
E se avesse deciso di rinascere? Se non fosse riuscita a trovarlo? Peggio, se lui non l'avesse più voluta vedere?
Non ce l'avrebbe fatta, ne era sicura. Sarebbe stato un colpo troppo duro per lei. 
Non poteva più nemmeno morire. E vivere l'eternità con lui che la odiava... non ce l'avrebbe fatta. 

Esitò ai margini dei Campi Elisi. 
E se lui fosse cambiato? L'avrebbe riconosciuta? L'avrebbe ricordata come la sorella con cui da piccola costruiva rifugi, l'amica con cui scherzava o la ragazza che lo aveva amato per tutto quel tempo?
Troppe domande le ronzavano in testa. Come uno sciame di calabroni si accavallavano nella sua testa, ronzando a più non posso. 
Nella sua pancia un intero zoo aveva iniziato a ballare la macarena, scombussolandola. 
Si guardò le mani tremanti e sudate. Se avesse potuto morire un altra volta sarebbe morta per un attaco di panico, ne era sicura. 

Poi lo vide. 
Era lì, bello come sempre, immobile. Con lo sguardo fissava l'orizzonte. Nulla di preciso. Sembrava completamente preso dai suoi pensieri, rivolti chissà dove, lontani. 
Talia si era sentita improvvisamente tesa. Aveva aspettato quel momento da decenni e finalmente, quando era riuscita a fare ciò che voleva a tutti i costi, era lì, immobile. 
Era combattuta. Voleva correre da lui, abbracciarlo, baciarlo, picchiarlo, piangergli addosso e dirgli quanto le fosse mancato. 
Ma dall'altro lato voleva girare sui tacchi, fuggire. Da lui e anche da se stessa, se avesse potuto. 

Poi la parte buona di lei ebbe il sopravvento. 
Fece un passo incerto verso di lui. 
Continuava a fissare l'orizzonte, come se pensasse al volto di qualcuno. 
Le gambe le tremavano come foglie, sentiva le mani gonfie, la fronte imperlata di sudore e la mascella stringersi dolorosamente. Ma non le importava. 
Si asciugò le mani sudate sulla tunica, si sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e raddrizzò la schiena. Prese un bel respiro e camminò verso di lui. 
Cercò di sembrare il più sicura possibile mentre andava verso di lui. Ma già mettere un piede davanti a l'altro le tornava difficile. 
Le mancavano pochi metri. 
Cinquanta metri... Il suo cuore batteva all'impazzata, rischiando di uscirle dal petto. 
Trenta metri... L'intero zoo aveva messo una playlist da festa e si erano messi a fare un trenino sconfusionato aggiro per il suo stomaco. 
Venti metri... Lo sciame di calabroni era stato sostituito da falene. Una marea di falene che sbattevano velocemente le loro ali contro il suo cranio. 
Tutto il suo corpo era in subbuglio. 
Dieci metri... e lui se ne accorse. 
Si girò lentamente verso di lei. I capelli color oro sempre perfettamente pettinati, proprio come li ricordava Talia. 
Ma ciò che le piaceva di più erano i suoi occhi blu cielo. Le sembrava di poter volare senza mai cadere. 
La guardò. Diverse emozioni contrastanti gli apparvero sul volto. Perplessità, sorpresa, sollievo, tristezza, rammarico, felicità e risentimento. Tutte quelle emozioni erano troppe in una volta. Alla fine vinse la tristezza. La sua faccia fu deturpata da una brutta espressione triste. Ma più che triste era delusa. Ma non da lei. Delusa da se stesso. 
Quando i loro occhi si incrociarono Talia non riuscì più a muoversi. 
I piedi piantati a terra. Lo zoo nella sua pancia sembrava essersi fermato improvvisamente, assieme alla musica da festa. Il suo cuore aveva perso un battito. Poi due. Poi si era fermato. Almeno così le sembrava. E lo sciame di falene erano misteriosamente scomparse. 
Tutto attorno a loro si attutì. I suoni divennero ovattati, quasi del tutto muti. Non percepiva più nessuno attorno a lei. E nonostante i Campi Elisi fossero gremiti di gente per loro c'erano solo loro due. Si guardavano negli occhi, scrutandosi, in cerca di chissà cosa. 
Poi il corpo di Talia partì da solo. Le gambe presero lo slancio e partì. Si mise a correre verso di lui. Le anime che si spostavano intimorite al suo passaggio. 
Sul volto di lui apparve un espressione dolorosa, come se si scusasse silenziosamente. 
Ma questo non gli impedì di slanciarsi in avanti e prenderla fra le sue braccia. 
La stinse forte a se, immergendo la faccia fra i suoi capelli corvini. Inspirando il suo forte profumo. 
La strinse ancora più forte, per accertarsi che non fosse un sogno causato dalla sua immaginazione. 
Lei lo strinse fra le sue braccia magre. Affondò il viso nel suo petto e iniziò a piangere. 
Non erano più le lacrime calde e acide che le corrodevano la pelle. Quelle che la uccidevano pian piano. 
Anche quelle uccidevano, ma uccidevano la tristezza, la solitudine e il risentimento. 
Erano lacrime di gioia. Le scivolavano dolcemente lungo le guance e non si fermavano. Lei non le fermava. 
Voleva piangere. Voleva liberarsi di quel peso che per decenni l'aveva consumata dentro, uccidendola. 
Non le importava più nemmeno di che faccia avesse. Se fosse sporca di trucco o se fosse arrossata. Di una cosa era sicura: aveva un aspetto orribile e non le importava.
— Talia. — la chiamò, in un mormorio incerto. — Sei davvero tu? — le chiese con la voce strozzata dall'emozione. Continuava a stringerla a se, forte. Non voleva perderla e continuava a credere che fosse un'allucinazione. 
Riuscia a sentire le braccia nude di lei e la sua pelle contro la sua. Percepiva il calore di lei che lo avvolgeva, nonostante fossero morti entrambi. 
Ma continuava a credere che stesse sognando. Che fosse un'altra delle sue allucinazioni.
— Sì. Sì, Luke. Sono io. Sono Talia. — rispose lei con la voce rotta dal pianto. — Sono qui e non ti lascerò andare. — continuò con la voce ovattata. 
— Grazie al cielo. — lo sentì sussurrare stringendole le spalle fra le sue forti braccia. 
Non le faceva nemmeno male. Non ci pensava. 
Ma il cuore le faceva male. Era così felice. Non sapeva se si fosse fermato o se stesso battendo fortissimo. Sapeva solo che le faceva male. 
Continuarono a stringersi per minuti. Forse ore. 
Lei continuava a piangere, scossa dai singhiozzi. La gola secca, gli occhi gonfi e le mani tremanti. Ma non le importava. Voleva piangere, anche tutta la notte, se avesse potuto. 
Anche lui piangeva. Non emetteva alcun suono. Piangeva silenziosamente. Le lacrime gli rigavano le guance e cadevano sui capelli di lei. 
Aveva pianto in tutti quegli anni, non lo negava. Era stato solo, triste e arrabbiato con se stesso. 
L'aveva voluta più volte lì con lui, ma allo stesso tempo non avrebbe mai voluto vederla lì, in quel posto, morta. 
— Mi sei mancata. — le diceva cercando di mantenere un tono di voce sicuro. Cercando di non piangere. 
— Anche tu mi sei mancato. — gli aveva risposto lui. E non gli era importato che gli dicesse “mi sei mancato tanto”. Già il fatto che gli fosse mancato gli era più che sufficiente. 
Iniziò a baciarle i capelli. Le sue labbra secce si posavano sui suoi capelli scuri, che negli anni si erano allungati di poco.
Lei non diceva niente, ma apprezzava, troppo intenta a sfogarsi e a metabolizzare il fatto che lui fosse lì. 
Finalmente era lì, assieme a lui, ed era contenta. 
Voleva stringerlo più forte impedendogli di scomparire o peggio, di andarsene. 
Ma lui non se ne sarebbe andato per niente al mondo. Sarebbe rimasto così per sempre. A piangere e a baciarle i capelli. 
— Mi sei mancata. Mi sei mancata. — continuava a ripetersi nella mente. 
Nella sua mente gridava il suo nome. — Talia. Talia. Talia. — gli rimbombava senza sosta. Negli ultimi anni era stato così. 
— Non dovresti essere qui. — aveva poi sussurrato contro i suoi capelli. 
Sono qui per te. — gli aveva risposto, la voce appiattita dalla stoffa della tunica che aveva davanti alla bocca. 
Ma Luke l'aveva sentita bene, benissimo. 
Lei era lì per lui. Era lì, accanto a lui, nel mondo dei morti, per lui. 
Non riusciva a crederci. 
Lei si era sacrificata per lui. Aveva rinunciato alla vita per lui, una seconda volta, e lui non aveva niente da darle in cambio. 
— Tu... — le parole gli morirono in gola. Forse per l'imbarazzo. Forse per l'odio verso se stesso. Forse per il rammarico. — Non dovevi. — riuscì a dire. 
— Ma l'ho fatto. — gli aveva risposto. Era stata secca e veloce, ma gentile. — E non me ne pento. — aveva aggiunto poi, consapevole che fosse la verità. 
— No. No. No. — si ripeteva nella testa. — Tutto questo è sbagliato. 
— Non dovevi. — aveva ripetuto. — Non per me. — aggiunse inspirando il suo profumo e affondando il volto vicino al suo orecchio. 
— Sì che dovevo. — disse come se fosse ovvio. — Soprattutto per te. — aveva aggiunto girando appena la testa. Voleva guardarlo ma aveva paura. — E per me. Per noi. — aveva detto. Ne era convinta. 
Stava meglio. Stava sicuramente meglio. Anche se si erano ritrovati da pochi minuti stava meglio. 
— No. Hai sacrificato te stessa. La tua vita. Il tuo futuro. Le Cacciatrici. L'hai buttato via. — le aveva detto affondando la testa nella sua spalla. 
— Non ho buttato niente. — gli aveva detto, comprensiva. Anche lei l'aveva pensato, all'inizio. Ma poi aveva capito che non era vero. Non perdeva niente. — Ho vissuto più di un secolo, Luke. Ho visto abbastanza. — aveva detto poi con un sorriso amaro sulla bocca. — Ora sono felice. — aveva mormorato sentendo il profumo di lui invadergli le narici. 
— Anche io. — aveva sussurrato lui in modo quasi impercettibile. 
Non sapevano per quanto rimasero attaccati. Ma non si stancarono mai. 
— Mi sei mancato. — aveva detto lei, poi, alzando il viso per incontrare i suoi occhi. 
Poi Luke li aveva visti. 
I suoi occhi. 
Li vedeva ogni volta che chiudeva gli occhi. Ogni volta che la pensava. 
Sorridenti. Felici. Gentili. 
Due scariche elettriche potentissime. Ecco cosa erano per lui. 
Lo azionavano ogni volta. E il suo cuore incominciava a battere fortissimo. Martellava sulla cassa toracica, rischiando di ucciderlo. 
E vide anche le lacrime. 
L'aveva sentita singhiozzare, ma vedere le lacrime fu peggio. 
— Non piangere. — le aveva sussurrato asciugandole la guancia con il pollice. 
— Non sto piangendo. — aveva detto lei con la voce incrinata. — Sono felice. — aveva affermato poi mentre altre lacrime scendevano senza sosta. 
Poi lui le aveva circondato le spalle con le sue mani forti, si era avvicinata a lei e l'aveva baciata. Senza troppe esitazioni. 
Sapeva che era la cosa giusta. Se lo sentiva nel cuore. 
E proprio il cuore gli sembrò fondersi con lo stomaco e le farfalle nella sua pancia iniziarono a svolazzare, libere, impazzite. 
Il cuore di Talia le finì in gola. 
Non se lo aspettava. 
Lo voleva. Lo aveva desiderato più di ogni altra cosa. Ma era scossa. 
Era felice. Era semplicemente felice. Leggera e felice. 
Lui si era limitato ad appoggiare le sue labbra screpolate su quelle morbide di lei. Ma lei si era sporta sulle punte. Quel tanto che bastava per intensificare il bacio. 
Le loro labbra sembravano essere fatte apposta per stare assieme, combaciando. 
Tutti e due aveva aspettato troppo quel momento. Lo avevano desiderato. 
Lei gli circondò il collo con le braccia, cercando di non perdere l'equilibrio. Non voleva che quel momento finisse.  
Lui la strinse di più a se, impedendole di allontanarsi. 
Non aveva nemmeno pensato che lei avrebbe risposto. Infondo erano amici di infanzia. Non si aspettava che lei lo volesse. Che lo volesse quanto lui.
Ma lei era lì. Era lì, non se ne sarebbe andata, e avrebbe prolungato quel bacio all'infinito se avesse potuto.
Nel petto di Luke sentiva uno strano calore. Bruciava. Ma non bruciava in senso cattivo. Bruciava in senso buono. Era un po' come il calore di un camino in pieno inverno.
Anche quando si divisero quel calore non smise di bruciare. Continuava ad alimentarsi di Talia.
Le farfalle che aveva nello stomaco svolazzavano ancora, scosse da tutte quelle emozioni, ma lui non voleva fermarle. Non voleva perché sapeva che se quelle farfalle rimanevano era perché c'era un sentimento che le teneva vive. E ne era contento.
Si guardarono e si scrutarono negli occhi come se cercassero un sentimento di risentimento. Ma trovarono solo un incontenibile felicità.
Luke aveva troppe emozioni che giocavano all'altalena nel suo cuore.
Si sentiva in colpa perché lei aveva rinunciato alle Cacciatrici e si era tolta la vita. 
Allo stesso tempo ne era grato.
Aveva ancora il rimorso di aver tradito gli amici, ma soprattutto lei.
Sentiva la felicità di averla di nuovo accanto a se.
Percepiva la solitudine di tutti quegli anni passati da solo.
In quel momento non gli importava.
C'erano lui e Talia. Nient'altro.

Continuavano a tenersi stretti osservando lo strano paesaggio che formavano i Campi Elisi.
A lei non importava un granché di dove fosse. Se c'era lui le andava bene anche il Tartaro.
Non riusciva a concentrarsi. Con le guance tinte di rosso per l'imbarazzo arrivato in ritardo e un sorriso ebete che non voleva andarsene dalla sua faccia, pensava.
Si erano ritrovati, si amavano e avevano tutto il tempo del mondo. 
— Ci hai mai pensato? — le aveva chiesto lui, sistemandole la testa nell'incavo della spalla. I pensieri di Talia si erano fermati improvvisamente e aveva ascoltato Luke. Lui era più importante.
Vivi il presente, Tals. Si era detta.
— A cosa? — gli aveva chiesto infine. 
Al tempo da occupare. — disse lui, dando voce ai pensieri della ragazza.
Avevano pensato entrambi la stessa cosa. Come riempire il futuro?
— Sì, c'ho pensato. — gli aveva risposto, affondando il viso nello spazio fra la spalla e il collo.
— L'infinito. E' tanto. Cosa faremo? — aveva chiesto lui, stringendola forte a se ed ispirando il profumo dei suoi capelli.
Lei non gli aveva risposto. Perché non sapeva cosa rispondere. Non c'aveva pensato fino in fondo.
A lei bastava essere lì, con lui, felice. Senza mostri, o regole da seguire, o missioni che rischiano di ucciderti. Erano liberi e si amano. Non importava altro.
Avevano passato i minuti in silenzio. Li aveva passati a rubare e drogarsi dell'odore dell'altro.
Poi Luke aveva fatto un affermazione, rompendo il silenzio.
Potremmo rinascere, sai? — aveva mormorato affondando la testa nella sua spalla. 
Con il naso sfiorò la sua pelle liscia e la sentiva calda e morbida.
Talia era spiazzata. Sia dalla frase che dai suoi gesti.
Rinascere. Non le sembrava una cattiva idea. 
Ma qualcosa la tratteneva.
— No. — aveva affermato con la voce roca. Lui aveva alzato il viso e l'aveva osservata, scrutandola. — Non voglio perderti. Non di nuovo. — aveva detto. Gli occhi le pizzicavano e le lacrime minacciavano di uscire.
Luke aveva continuato ad osservarla, in silenzio.
— Va bene. Nemmeno io voglio perderti. — aveva sussurrato contro i suoi capelli stringendola di più a se. Ma si sentiva che mentiva.
Luke voleva tornare in vita. Vivere e poter riparare i suoi vecchi errori.
Talia voleva vivere anche lei, ma accanto a lui. Ma aveva paura di perderlo.
E se, una volta tornati in vita, non si fossero incontrati? E se non si fossero riconosciuti? Cosa avrebbe fatto?
Ma poi si fermò a pensare. Si amavano, era importante. E il destino non li avrebbe divisi a lungo.
Lui l'aveva aspettata per quasi un secolo, perché lei non poteva aspettarlo per una decina di anni?
Potevano tornare in vita. Casomai nascere normali, incontrarsi in circostanze normali e vivere una vita da persone normali. Potevano costruirsi un presente e un futuro. Potevano amare ed essere amati. Potevano custruirsi una famiglia, assieme. E poi, proprio come Talia aveva sempre desiderato, sarebbe morta amata.
— Va bene. — aveva detto poi. Presa la sua decisione.
Luke aveva alzato lo sguardo, confuso e sorpreso. Non sapeva se avesse capito male o no.
— Rinasciamo. — aveva detto poi, lei. Lui le aveva sorriso, senza dirle niente. Senza trovare le parole adatte per ringraziarlo. — Nasciamo, incontriamoci, innamoriamoci, costruiamo una famiglia assieme e amiamoci ancora. Ma da vivi questa volta. — gli aveva detto sentendo le lacrime pizzicargli gli occhi, di nuovo. Lottò per non farle uscire.
— Grazie Talia. Grazie. — aveva sussurrato lui, riempiendo ogni singolo lembo di pelle scoperta con i suoi caldi baci.
E lei non ce l'aveva fatta. Era scoppiata a piangere, rossa in viso.
Le era costato un grande sforzo, ma sapeva di amarlo. Ma anche lei voleva vivere, soprattutto con lui, al fianco.
Poi lui le aveva preso il volto fra le forti mani, delicatamente, e l'aveva baciata, di nuovo.
Le farfalle avevano iniziato di nuovo a svolazzare e lo zoo aveva deciso che il tango fosse un bel ballo, perché si sentì di nuovo in subbuglio e si sentì orgogliosa di aver amato Luke.








Luke non ne era sicuro, ma qualcosa in quella ragazza gli diceva che l'aveva già vista.
Talia si diede della pazza a pensare che lei e quel ragazzo potessero essersi già incontrati.

Ma lui fu sicuro che sicuramente erano legati solo quando incontrò le sue iridi blu elettrico.
E lei fu percossa da un brivido quando lui le sorrise e lei fu percossa da emozioni simili all'eccitazione. 
Poi quando si erano semplicemente sfiorati, i libri di Talia ancora a terra e le loro mani protese a raccoglierli, i ricordi li avevano sommersi come un fiume in tempesta.
Loro due si amavano. Talia ne era sicura.
Si amavano da troppo tempo e avevano sofferto. Luke lo sapeva.
Si erano chiamati, avevano sussurrato i loro nomi e poi si erano sorrisi.
Avevano deciso di vivere la vita a pieno, e nella vita certe cose arrivano lentamente. Così avevano deciso: si sarebbero innamorati, di nuovo. Ma non come già si amavano, ma si sarebbero innamorati di più, se fosse stato possibile.
E poi la vita era trascorsa veloce. 
Non erano riusciti ad amarsi di più, perché già si amavano al punto di morire per poter stare insieme. 
Avevano costruito ciò che volevano: una vita, degli amici, una famiglia.
La scuola, gli amici, i flirt, le fughe romantiche di nascosto, i baci, le carezze, la passione, il matrimonio che avevano sempre desiderato, il lavoro, i figli e i cenoni.
Talia, ormai vecchia, pensava che non avrebbe cambiato nemmeno una virgola della sua vita. Non si era pentita di aver acconsentito alla sua richiesta. L'avrebbe rifatto. Ne era sicura. L'avrebbe aspettato per qualche anno nei Campi Elisi, sarebbero rinati e forse si sarebbero anche meritati le Isole dei Beati, chissà.

Luke le lasciò un altro bacio caldo sulle labbra.
Nei Campi Elisi, nonostante fossero morti vecchi, avevano l'aspetto di giovani. 
Non sapeva come funzionasse nell'Ade.
A lui non cambiava. Per lui Talia era sempre bella.
Era stata bella quando le aveva visto i rotolini sulla pancia. Era stata bella quando l'aveva beccata a radersi le gambe con la lametta. Era stata bella quando l'aveva svegliato con la faccia verde e due cetrioli sugli occhi. Era stata bella quando l'aveva vista nuda. Ed era stata bella quando era invecchiata, con la pelle incartapecorita e rugosa.
Io proporrei un altro giro. — Talia diede voce ai loro pensieri.
Luke sorrise contro la pelle del suo corpo.
— Aggiudicato. — aveva affermato guardandola negli occhi. — Ma prima finisco il lavoro. — aveva detto per poi continuare a baciarle il collo. Le baciò il collo, la mascella, le guance, il naso, la bocca, le tempie e la fronte, amandola.
E lei lo lasciava fare. Si lasciava semplicemente amare.
  
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