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Autore: violet112    17/01/2014    2 recensioni
Storia nei limiti della decenza,che non cade nel volgare.
I cliché saranno tanti e il mio amore per Jane Austen sarà quantomeno evidente.
Elizabeth Brooks,studentessa diciannovenne colta,intelligente e arrogante; William Darcy,professore ventisettenne colto,intelligente e arrogante. Una bomba ad orologeria,dunque.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Scolastico
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Capitolo 3 – Who is Mr Who?
(First Part)

 

“Il sonno della ragione genera mostri”. (Francisco Goya)
 
Sebbene io tenti d’aver sempre il controllo su tutto,emozioni comprese,c’è una cosa su cui neanche la mia forza di volontà e la mia determinazione possono far nulla: la stanchezza. L’accesso al mondo degli adulti è,invero,un’arma a doppio taglio; nessun limite,nessuna regola,nessun orario. E così nascono le occhiaie violacee,i capelli scompigliati,gli abiti indossati al contrario,i calzini diversi,le scarpe slacciate e via dicendo.
Ed oggi è proprio uno di quei giorni in cui se tutto deve andar male,certamente ci andrà. In momenti come questo,mentre con riluttanza guardo il mio riflesso allo specchio,notando gli effetti disastrosi di un brevissimo se non inesistente sonno,mi rendo conto che chattare fino a notte fonda non è poi una così brillante idea.
In breve,il caro Mr Who,la cui identità resta momentaneamente ignota,è talmente rimasto colpito dal mio discorso su Lolita e Humbert da aver autonomamente deciso di stalkerizzarmi. Non è quindi difficile immaginare che si tratti di uno studente della mia classe. La domanda è,pertanto,who?
George Williams,il mio affascinante ex? Jason Thorpe,il pagliaccio? Frederick Went,il nuovo e misterioso studente? Edmund Bell,il timido e riservato secchione? Henry Taylor,il simpatico aristocratico?
Ipotesi una più improbabile di un’altra. Il dubbio mi corrode e mi confonde,mentre il sonno mi destabilizza e sovverte la mia psiche. Ma,da ragazza tronfia e fiera quale sono,non lascerò sopraffarmi dalla sonnolenza e mi adopererò affiché,perlomeno la mia parte esteriore,risulti attiva ed efficiente come d’abitudine.
 
Poste queste premesse e raggiunta l’auto mi diressi,di malavoglia,verso il liceo. Durante il tragitto,però,qualcosa sulla strada catturò il mio interesse. Un cucciolo di cane,di qualche settimana al massimo,spaurito e disorientato,era immobile sul ciglio della carreggiata. Cosa fare in casi del genere se non fermarsi e prestare soccorso? E,da brava crocerossina quale sono,fu precisamente quello che feci: lo caricai in macchina. Il dolore per la perdita del mio Jhon non si era ancora placato,e dubitavo che mai sarebbe accaduto; era mio dovere,dunque,amare e venerare qualunque essere peloso a quattro zampe che mi ricordasse il mio cucciolo. Non avendo più tempo per riportarlo a casa fui tuttavia costretta a portarlo con me e,incerta su come nascondere un essere vivente,decisi di chiamare Charlotte,riponendo le speranze di un’idea alla sua prolifica fantasia.
 
“Lizzie,che succede?” chiese lei,arrivando di soppiatto e bussando al finestrino della mia molto discreta Mini rosso metallizzato.  
Sia io che il cane trasalimmo e,dando uno sguardo alle mie spalle e vedendolo estremamente impegnato a graffiare con prepotenza il sedile posteriore,aprii con discrezione lo sportello.
“Guarda tu stessa” dissi a bassa voce,indicando col capo l’esserino sul retro.
“Ma che c..” tentò di esclamare la mia amica,immediatamente interrotta dal mio rimprovero “Char,te ne prego,mostra un tantino di contegno”.

Capii presto di aver mal riposto le mie speranze; i suoi consigli,infatti,risultarono pressoché inutili. “Mettilo in borsa” esordì lei alla fine “E’ piccolo,fa freddo e lui starà bene”.
  • Cosa potrebbe andar male,se non tutto? – pensai,alzando poi gli occhi al cielo e annuendo a Charlotte.
Dopo vari latrati e altrettanti guaiti,riuscimmo a calmare il cane,battezzato ormai Ringhio,e lo introdussi con accortezza nella borsa.
Malgrado ciò,durante la camminata lungo i corridoi,l’angoscia e la paura erano in me evidenti. Mi aggiravo con fare circospetto,sorridendo ingannevolmente a chiunque osasse guardare in direzione della mia borsa animata.

Brooks?” mi sentì chiamare alle spalle da un’inequivocabile voce derisoria.
Mi voltai con prudenza,nascondendo grossolanamente la borsa dietro la schiena.
“Me ne dia una dose” disse ancora in un sussurro,avvicinandosi sensualmente al mio orecchio. A quel breve contatto mi accalorai non poco e assunsi un’espressione scettica.
“Di cosa sta parlando,signor Darcy?” chiesi,toccandomi con impellenza i capelli.
“Mi pare più che evidente. Della droga che sta spacciando all’interno dell’edificio scolastico. Sa,il suo atteggiamento potrebbe venir frainteso” mi canzonò,sorridendo apertamente e mantenendo costante la vicinanza tra i nostri corpi.
“Oh,beh,in verità ci sto pensando su. Lo spaccio di droga potrebbe effettivamente fruttarmi un po’ di soldi. Ma,per il momento,tutto ciò che posso darle è la mia parola. Sarà la prima persona che informerò,non appena i miei loschi affari prenderanno il via” risposi,mantenendo vivo il sarcasmo nonostante il sonno e il banalissimo dettaglio di un cane dentro la borsa.
Sorrise ancora,in tutta la sua incredibile e straordinaria bellezza.
I capelli gli accarezzavano dolcemente la fronte,mentre gli occhi gli brillavano di quella spiccata ironia propria del suo essere e le labbra venivano costantemente inumidite da un erotico movimento di lingua.
“Ne sarei estremamente lusingato” disse infine,chinando il capo e voltandosi poi per rivolgere l’attenzione ad una Lydia Collins che lo chiamava insistentemente.
Rimasi lì,in attesa,accarezzando goffamente la borsa che si agitava convulsamente,e ascoltai qualche frammento di conversazione. “No,signorina Collins,le ho già ripetuto un centinaio di volte che non mi è permesso impartire lezioni private”.
Un risolino che non riuscii a celare uscì dalle mie labbra e Darcy,accortosene,si voltò,mandando via Barbie con un cenno della mano.
“Sarebbe così cortese da rendermi partecipe del motivo per cui sta mal celatamente ridendo?” domandò,alzando un sopracciglio e incrociando le braccia con fare severo.
“Insomma,Lydia Collins è un’incallita cacciatrice di uomini. E lei,signor Darcy,è.. Lei è..” tentai di dire,riprendendo a toccarmi i capelli per placare l’ansia che mi attanagliava.
“Un uomo? Le svelo un segreto,non è ritenuto un crimine pronunciare questa scabrosa parola” mi interruppe,avvicinandosi ancora,mentre nei corridoi cominciava la processione di studenti in attesa dell’inizio delle lezioni.
“Intendevo dire che lei,è un uomo,certo. Un uomo gradevole,ecco” conclusi,tirando un sospiro di sollievo.
Le sue labbra formarono un ghigno divertito “Le hanno fatto notare che quando è nervosa tende a toccarsi con troppa frequenza i capelli?” chiese,lasciandomi interdetta e imbarazzata.
Mi rivolse un cenno col capo e,al suonare della campanella fece per andarsene,ma si fermò d’improvviso,voltandosi nuovamente “Oh dimenticavo,signorina Brooks,ha la maglietta al contrario” concluse,sorridendo e riprendendo la camminata verso l’aula,lasciandomi in un imbarazzante stato catatonico.
 
Dopo qualche minuto di impassibile riflessione mi chinai,poggiai la borsa sul pavimento e sbirciai all’interno. Ringhio pareva finalmente tranquillo,o forse semplicemente frastornato quanto me dalla vittoria schiacciante di Darcy.
In quell’istante si formarono nella mia mente due persieri.

Il primo: avevo appena flirtato in maniera disinibita col mio professore.
Il secondo: e se fosse stato proprio lui Mr Who?
  
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