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Autore: michaelcray    03/06/2008    0 recensioni
Un barbaro, una missione: vendicarsi della bestia che ha raso al suolo la sua casa, il suo villaggio. Insieme a lui, un soldato senza più un esercito ed una donna senza più casa si ritroveranno faccia a faccia con le loro paure in un combattimento all'ultimo sangue.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Queste canzoni di halfling, nani, uomini
ed elfi vengono a chiudere i tuoi occhi.
Puoi vederli anche tu…”
Blind Guardian “The bard’s song”

J

arn si svegliò di soprassalto. Due figure si trovavano davanti a lui. Elfi. Già, era loro prigioniero da quattro giorni ormai. Ed ogni volta era la stessa storia. Sembravano comparire dal nulla. Nemmeno un fruscio delle loro vesti (anche se ne indossavano poche, ancora adesso non riusciva a non arrossire quando guardava una di loro ed il suo sguardo cadeva sui seni floridi e coperti di tatuaggi.)
Myra si svegliò quando l’elfa la scosse. Nonostante le sue proteste, l’elfa le controllò ancora la ferita e la fasciatura. Jarn aveva fatto attenzione alle cure che loro avevano somministrato alla donna. Si era sentito come un bambino davanti alla loro profonda conoscenza di erbe e piante medicinali. Esaminando le cure e le bende, non era riuscito a risalire nemmeno dall’odore alle erbe utilizzate per medicare il taglio. E non poteva nemmeno credere ai suoi occhi. Della ferita rimanevano soltanto una cicatrice rosa pallido ed il gonfiore era scomparso. Gli elfi avevano anche tolto i punti che lui aveva dato per ricucire i lembi del taglio (e l’elfa che l’aveva fatto l’aveva guardato con un misto di disgusto e… compassione?). Ogni giorno trovavano ciotole colme di frutta fresca, vasi di terracotta pieni d’acqua e di una strana bevanda leggermente alcolica che Myra aveva denominato “vino d’erba”. La sera trovavano selvaggina o pesce cotti allo spiedo e insaporiti con erbe aromatiche.
“Tranne per il fatto che non possiamo andarcene di qui, non si sta poi tanto male”, aveva detto una sera Jarn a Myra.
Gli elfi erano piuttosto taciturni. Non parlavano con loro, nemmeno quando Jarn poneva loro delle domande. Una volta aveva provato a fermare uno di loro mettendogli una mano sulla spalla, ma quello gli era sgusciato di sotto, lasciandolo imbambolato con un braccio proteso in avanti. Un attimo prima erano davanti a lui e in un istante, si era trovato da solo.
Quella mattina invece, gli elfi gli avevano rivolto la parola. “Venite con noi.”
“Parlate la nostra lingua?”, chiese Jarn. Ma l’elfo non disse altro ed indicò solo l’apertura del tronco.
Ed ecco di nuovo quegli strani rami che spuntavano dal tronco e scendevano a spirale. Scesero rapidamente, scortati dai due elfi che non li perdevano d’occhio. Attraversarono quella strana città, dove le case sembravano alberi (o forse era il contrario?) dove regnava la calma ed il silenzio assoluto, dove con la coda dell’occhio scorgevi delle figure che si muovevano tra gli alberi, ti voltavi e non vedevi nulla.
Giunsero ad una costruzione, “l’unica cosa non naturale della foresta”, pensò Jarn.
Un ampio cerchio di marmo bianchissimo, il perimetro circondato da colonne esili ed aggraziate, così diverse dalle tozze colonne create dagli uomini. Le colonne reggevano un anello di marmo dal quale pendevano piante rampicanti, fiori di innumerevoli colori, tra i quali usignoli e pettirossi facevano capolino, diffondendo il loro armonioso cinguettio. Al centro del cerchio, una polla circolare larga circa sei braccia, ricolma di acqua cristallina dalla quale si dipartivano sei condotte scavate nel marmo che portavano acqua verso sei aiuole che circondavano la struttura. All’estremità opposta rispetto a quella da cui il drappello di Jarn stava facendo ingresso, una coppia di elfi sedeva su scranni di legno lucidissimo, decorato con volute ed incisioni di strane figure.
La loro scorta si fermò e così fecero loro. I due elfi che li scortavano si inchinarono e Jarn cercò di imitarli, ma l’elfo accanto a lui lo fulminò con lo sguardo.
“Avvicinatevi, umani.” La voce melodiosa contrastava con il gelido azzurro degli occhi dell’elfo seduto. Sembrava un ordine imperioso, nonostante il tono fosse calmo e la voce appena udibile.
Jarn e Myra si avvicinarono esitando, fino a che l’elfa seduta non alzò una mano. “Basta così”, disse l’elfo. Rimasero fermi, a circa sei passi di distanza dai due elfi seduti che li guardarono in silenzio per un tempo che a Jarn parve un’eternità.
Finalmente, l’elfo parlò.
“Il mio nome e Vrylas e questa è la mia sposa Kymné. Siamo i reggenti di questa comunità. Diteci il vostro nome e il motivo della vostra intrusione nella foresta.”
Un altro ordine imperioso, detto con voce ovattata. Jarn si schiarì la voce.
“Il mio nome è Jarn Ironspear e sono… ero un soldato di River Keep, la roccaforte che sorge sul fiume. Il forte è stato attaccato da un drago ed è stato distrutto. Tutti i miei compagni sono morti. Ho vagato per giorni nelle pianure per avvertire i contadini, ma il drago ha distrutto tutte le fattorie. Durante i miei spostamenti ho incontrato la ragazza, superstite del villaggio di Kurkaam. Era ferita, l’ho curata e abbiamo deciso di tornare al suo villaggio per vedere se ci fossero dei superstiti. È scoppiato un temporale e abbiamo cercato rifugio nella foresta. E siamo stati catturati da voi.”
L’elfo si volse a tradurre alla donna alla sua destra. Jarn vide la donna sgranare gli occhi e guardarlo con un misto di terrore e disgusto. Poi, parlò anche lei, nella sua lingua.
Vrylas tradusse.
“Kymné ha ascoltato la vostra storia e ritiene che quanto da voi detto non corrisponda al vero. I miei esploratori hanno seguito i vostri spostamenti nella prateria, ma non hanno visto il drago. Pertanto a causa della vostra intrusione e delle vostre menzogne, resterete prigionieri a vita presso di noi. Questa è la decisione del consiglio della comunità.”
Jarn era sbalordito. “Cosa vuol dire”, urlò, “che i tuoi esploratori non hanno visto il drago? E le fattorie distrutte? Quelle le hanno viste?”
Vrylas rispose con gli occhi azzurri che emanavano bagliori d’ira. “Per quello che ne so”, sibilò, “potrebbero essere stati umani come te. Siete piuttosto conosciuti per le vostre azioni insensate. Ma finché vi uccidete tra voi, a noi non importa. Avete osato insozzare la nostra foresta con la vostra presenza e raccontare menzogne nel tentativo di sfuggire alla punizione.”
“Non è una menzogna! Il drago ha distrutto il forte! Manda i tuoi esploratori a controllare!”
“Non è necessario. Ne ho abbastanza di voi.” E diede un ordine nella sua lingua ai due che li avevano scortati.
Jarn ne aveva abbastanza. Con un ringhio si scagliò contro Vrylas. Fece due passi, poi dal nulla apparve un elfo armato con un lungo bastone. Jarn scartò verso sinistra, l’elfo abbassò il bastone per intralciarlo. Con un salto, Jarn scavalcò l’estremità del bastone, continuando a correre verso Vrylas, ancora seduto e calmo. Fece un altro passo, Vrylas era quasi a portata di mano, quando una fitta ad entrambe le ginocchia lo fece cadere in avanti. L’elfo con il bastone l’aveva colpito ad entrambe le articolazioni, da dietro. Jarn strinse i denti e fece per alzarsi, quando sentì la sua testa tirata all’indietro per i capelli e la pressione di un coltello sulla sua gola. Vrylas, ancora seduto lo stava fissando con una smorfia di disgusto.
Fu a quel punto che Myra sorprese Jarn e gli elfi. Iniziò a parlare in elfico. “Vrylas!” fu l’unica parola che Jarn riuscì a comprendere. Vide le facce dei due reggenti cambiare espressione, da sorprese ad incredule a furiose. Kymné diede un ordine all’elfa che scortava la ragazza, ma Myra fu più veloce. Bloccò con le mani quelle dell’elfa e le diede una testata in viso. Quando l’elfa indietreggiò, piegata in avanti, Myra la spinse via con un calcio e continuò a parlare, gli occhi suoi fissi su quelli di Vrylas, come se Kymné nemmeno esistesse.
Vrylas si alzò in piedi, furibondo e a Jarn parve che il cielo, fino ad ora azzurro e limpido, si fosse rabbuiato e fosse scoppiato un temporale.
“Adesso basta!” urlò, la voce che soprastava qualsiasi altro suono. “Non lascerò che questo tempio venga insozzato ancora con il sangue!” Fece un cenno ai due elfi che tenevano Jarn e questi lo rimisero in piedi, sorreggendolo per le spalle. Poi, Kymné parlò ancora e l’elfa con il volto insanguinato per la testata della ragazza fece un inchino e si allontanò. Immediatamente si avvicinarono altre due elfe che si inginocchiarono a lavar via il sangue dal marmo.
Jarn era ancora sbalordito dalla rapidità degli eventi.
Vrylas guardò la ragazza con gli occhi che lanciavano lampi d’ira. “Per aver profanato questo luogo, quest’assemblea e questa foresta, verrete messi a morte domani al tramonto. Addio.”
Porse il braccio a Kymné e si voltò, incurante delle parole che adesso Myra stava urlandogli dietro, stretta nella morsa di altre due elfe comparse dal nulla.

Dovrai spiegarmi tante cose, Myra”, disse Jarn con una punta d’amarezza nella voce. “Mi hai mentito per tutto questo tempo! Conoscevi la loro lingua e non hai detto una parola fino a… fino a quello che è accaduto oggi!”
Myra sospirò. “Jarn, è una lunga storia…”
“Ma perché non hai parlato prima, al momento della cattura? Perché sei stata zitta fino ad ora?”
“Perché ci avrebbero ucciso sul posto. Avresti preferito questo?”
“Cosa?”
Myra guardò fuori. Il sole colorava le cime degli alberi di tonalità rosate.
“Hai notato che Vrylas parla solo con gli elfi maschi e Kymné con le donne?”
Jarn annuì.
“Fa parte della loro cultura. Due reggenti. Un elfo ed un’elfa. Maschi e femmine possono parlare tra loro solo se sono ancora bambini o se fanno parte della stessa famiglia. In pubblico ognuno parla con quelli del suo stesso sesso. Io ho infranto questa regola, rivolgendomi direttamente a Vrylas.”
“Ma… come fai a sapere tutte queste cose?” Jarn era incredulo.
“Sono stata allevata da un’elfa.”
“Ma tu… non sei… voglio dire…”
“No, infatti”, Myra scosse i lunghi capelli. “Non scorre sangue elfico nelle mie vene. Mio padre rimase vedovo quando ero ancora piccola. Durante una battuta di caccia, si imbatté in un’elfa ferita. Era stata esiliata dal suo popolo perché aveva trasgredito la legge, rivolgendosi ad un maschio estraneo in pubblico.”
“Arrivano addirittura all’esilio per una cosa del genere?”
Myra annuì.
“Mio padre la portò a casa, la curò e si innamorò di lei. Lei fu la mia seconda madre e mi insegnò tutto quello che so sul mondo degli elfi. Si chiamava Aya.”
“Deve essere stato duro per lei adattarsi al mondo umano.”
“No. Per niente”, disse Myra. “Diceva sempre che gli elfi dovrebbero uscire dal loro isolamento, sia come popolo, che come individui. Che sarebbero più felici se imparassero a vivere dagli uomini.”
“Aspetta un attimo”, disse Jarn. “Hai detto che maschi e femmine non si parlano, giusto? Ma quando siamo stati catturati c’era anche un’elfa con loro. Come mai?”
Myra scosse la testa. “Non so… potrebbe essere stata la sorella di uno di loro. O potrebbero essere stati un gruppo di fratelli…”
“Ma cosa hai detto a Vrylas per farlo infuriare in quel modo?”
“Gli ho detto che lui avrebbe pagato per tutti i suoi crimini. Compreso quello che portò all’esilio l’elfa che mi allevò.”
“Vuoi dire che…?”
“Si. Vrylas era l’elfo al quale Aya si era rivolta in pubblico. Era incinta di suo figlio, ma lui era già sposato con Kymné ed era il futuro reggente. Non poteva rischiare uno scandalo.”
“Questo spiega perché si sia infuriato così. Ma adesso,” disse Jarn avvicinandosi al bordo del tronco, “dobbiamo riuscire ad andar via da qui prima di domani al tramonto.”
Jarn guardò giù. Si trovavano a circa 10 m di altezza dal suolo.
“Non possiamo buttarci nel vuoto e le altre cime degli alberi sono troppo lontane per raggiungerle… non abbiamo nulla che possa fare da corda…”
“Non ce la faremo mai”, disse Myra. Si avvicinò a Jarn e gli cinse le spalle da dietro. “Piuttosto…”
Jarn si irrigidì. “Myra… io…”
“Va tutto bene”, gli disse lei. “Domani moriremo e vorrei dimenticare tutta questa storia assurda, almeno nelle ultime ore della mia vita…”
“No!” Jarn la spostò e tornò a guardare giù. “Ti ho cacciato io in questo guaio e rimedierò io! Resterò di guardia e appena ricresceranno i rami sul tronco, prenderò di sorpresa gli elfi e riusciremo a fuggire…”
“Jarn…”
“Ascoltami, Myra! Ce la faremo, lo sento!”
“Jarn… per favore! Siamo disarmati, senza cavalcature, senza sapere nemmeno in che direzione dobbiamo viaggiare! Non sarebbe difficile per loro seguirci e assalirci mentre vaghiamo nella foresta. Odio doverlo ammettere, ma non abbiamo via d’uscita.”
Myra gli prese il viso tra le mani e lo costrinse a guardarla negli occhi. Lui rimase folgorato da quello sguardo. Vi lesse passione, un velo di tristezza, ma allo stesso tempo una forza d’animo non comune.
Lei avvicinò le labbra alla sua bocca. Il bacio attraversò Jarn come una scossa una scossa molto intensa e molto piacevole…
Le sue mani corsero ai fianchi di Myra. La strinsero mentre ancora le loro bocche si cercavano, avide di quel bacio che aveva acceso i loro sensi.
Dopo un tempo che a lui parve lunghissimo, Myra si sciolse da quell’abbraccio e lo condusse sul giaciglio. Gli tolse la camicia, esplorò il suo torace compatto e muscoloso con le dita, giocando con i riccioli di pelo castano che gli decoravano il petto.
Poi lo fece distendere e gli si mise a cavalcioni, rannicchiandosi contro il suo petto ad ascoltare il suo respiro.
Jarn le carezzò la testa, fece scorrere tra le sue dita i magnifici capelli biondi. Poi le disse: “Te la cavi bene in battaglia.”
Lei sollevò la testa, stupita. “Di che parli?”
“Ho visto con la coda dell’occhio come hai affrontato quell’elfa. Chi ti ha insegnato a combattere così?”
Lo sguardo di lei si addolcì. “Ah… quello. E’ stato mio padre. Tra le ragazze del villaggio ero la migliore. Riuscivo a battere anche alcuni maschi.”
“Non riesco a crederci!”
“Dico davvero! E poi, sono anche la miglior tiratrice di arco di tutto il villaggio.”
“E sai fare anche altre cose?” Jarn le diede uno sguardo malizioso.
Lei lo guardò, poi sorrise, strizzandogli l’occhio. “Stai per accorgertene, Jarn.” Allungò le mani verso il suo viso, ma Jarn fu più veloce. Le cinse la vita con le gambe e le bloccò i polsi con le mani, costringendola a metterle dietro la sua schiena. Myra rimase così, inarcata su di lui e Jarn ne approfittò per esplorare con i baci il suo viso, il collo, giù fino al solco tra i seni.
Poi, appena lui allentò la presa per un secondo, Myra si avvinghiò a lui restituendogli i suoi baci e le carezze.
Trascorsero la notte facendo l’amore, scherzando e ridendo, abbracciandosi e riposando per poco tempo, per poi riprendere ancora. Non parlarono di nulla, non pensarono nemmeno per un attimo alla morte che li attendeva al tramonto dell’indomani.
L’alba li trovò abbracciati, i loro visi che si sfioravano. Myra dormiva, mentre Jarn non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. Il viso della ragazza, improvvisamente si turbò. Myra iniziò a protestare, prima fievolmente, poi il suo tono di voce si alzò fino a diventare un urlo di terrore. Jarn la scosse e lei si svegliò di soprassalto. Lo guardò ma passò qualche istante prima che desse segno di riconoscerlo.
“Jarn!”
“Sono qui, Myra”, le disse, carezzandole i capelli, “hai avuto un incubo.”
“È stato orribile. Ho sognato il drago che mi inseguiva. Io fuggivo, mi chiudevo dentro casa, ma lui distruggeva tutto. E poi, ho visto la sua bocca scagliarsi su di me…”
Tremava. Jarn la strinse a sé fino a che il suo respiro non divenne di nuovo regolare.
“Chissà cosa starai pensando di me”, gli disse lei, sollevando la testa e guardandolo negli occhi.
“Non capisco.”
“Beh, si, insomma… ci siamo incontrati da meno di una settimana, e siamo finiti a letto…”
Jarn sorrise. “Ho solo esaudito il desiderio di una ragazza.”
Myra si rabbuiò. “È vero.. l’ultimo desiderio di un condannato a morte. Avevo quasi dimenticato.”
“Non dirmi che già pensavi ad una famigliola… io tu, una nidiata di bambini…” scherzò lui, ma alla vista delle sue lacrime, le parole gli mancarono.
“Scusami, Myra.. non volevo…”
Lei scosse la testa. “No, non preoccuparti… capisco… sono stata troppo avventata…”, disse singhiozzando.
Jarn era turbato. E’ vero, lei era una splendida donna e lui ne era stato attratto fisicamente. Ma fino ad allora non aveva provato alcun sentimento profondo nei suoi confronti. Certo, c’era stata la complicità di una situazione pericolosa, e questo aveva facilitato le cose, ma non era sicuro che si trattasse di amore. Avevano un problema molto più grave da risolvere in quel momento e tutto passava in secondo piano. Anche se quegli occhi pieni di lacrime…
Improvvisamente il suo naso avvertì un odore. Fumo.
Jarn si alzò e si avvicinò all’apertura.
“Cosa c’è?”, chiese Myra.
“La foresta.” Jarn iniziò a rivestirsi. “Sta bruciando”.

  
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