Titolo: The Way We Get By (Come tiriamo
avanti)
Autrice: Maya
(Mistful)
Traduttrice: Vale
Nota
della traduttrice: Ed eccoci arrivate al gran finale di TWWGB! La
prossima settimana faremo una pausa (lo so che siete in trepidante attesa, ma
abbiamo assolutamente bisogno di portarci un pochino avanti col lavoro per
garantirvi una pubblicazione settimanale regolare, portate pazienza – e
sappiate che stiamo trepidando anche noi per Maya! ^_^) e poi riprenderemo la
normale pubblicazione di DDG. Mi raccomando, preparatevi, scintille in arrivo!
Un bacio a tutte e buona lettura!
Capitolo
quattro
Draco
affrontò il cambiamento di compagno con molta calma. Di certo non voleva stare
con qualcuno che non lo voleva, ed era sicuro che Theophilus Cardross sarebbe
stato un grande compagno, e comunque non aveva il tempo per pensarci.
Doveva salvare suo padre.
Scrimgeour probabilmente non l’avrebbe ascoltato dopo quella sua stupida
esibizione, e di certo non avrebbe potuto approfittare dell’influenza di Harry
Potter. Così rimanevano soltanto i soldi e i politici.
Sarebbe stato nominato un consiglio per decidere la sorte di Lucius Malfoy.
Draco doveva solo fare qualche ricerca sui cinque membri e fare in modo di
ottenere una sentenza unanime.
Ne contattò due e arrivò alla conclusione che avrebbero potuto essere corrotti.
Si mise a sedere in quel terribile appartamento vuoto con i documenti
sparpagliati di fronte a sé a decidere se avrebbe dovuto vendere palazzo Malfoy
o no.
“Casa
nostra in realtà è tua-” cominciò Goyle, che era arrivato appena sentita la
notizia per sottoporre Draco ad alimentazione forzata.
“Non fare lo stupido,” ringhiò Draco. “Non farebbe alcuna differenza.”
“Draco, sei sicuro che sia necessario ricorrere alla corruzione?” chiese Katie
con un’espressione ansiosa. “Di certo una giusta sentenza farà-”
Draco sollevò la testa dalla sua pila di documenti e avanzò verso di lei. “Una
giusta sentenza,” ripeté, e poi gettò la testa all’indietro e scoppiò a ridere.
La vide sussultare. “Scrimgeour vuole un capro espiatorio per il paese, visto
che non può avere un eroe, e io me lo sono inimicato. E quale capro espiatorio
migliore di un Mangiamorte che è stato catturato mentre attaccava il
preziosissimo Potter che allora aveva solo quindici anni, o che, come
testimonieranno senz’altro i Weasley, ha tentato di uccidere la loro preziosa
figlioletta undicenne?. Lo ha fatto sul serio, Katie. Ha fatto tutte queste
cose. Il Bacio dei Dissennatori è la giusta sentenza. La giustizia è
l’ultima cosa che voglio!”
Non aggiunse, Né per lui, né per me.
Katie indietreggiò e colpì il muro con la schiena. Il suo viso era di fianco ad
uno di quei terribili quadri babbani, e per un momento apparve immobile proprio
allo stesso modo.
“Tuo padre,” disse con voce piccola piccola, “non sembra una gran brava
persona.”
Draco
scoppiò di nuovo a ridere. Katie fece per indietreggiare, ma non aveva alcuna
via di fuga. Lui allungò una mano, tracciò la linea della sua clavicola e le
disse all’orecchio, con voce cattiva e tremante: “Io non sono una gran
brava persona.”
Una
voce nella sua testa gli disse di smetterla, perché la stava spaventando.
Lasciò
bruscamente l’appartamento e uscì per una corsa sotto la pioggia, schizzando
attraverso le pozzanghere gelate con i piedi intirizziti e resistendo
all’impulso di colpire a casaccio i pali dei lampioni. Corse finché non scese
una sera grigia e fredda, e poi si sedette su un marciapiede bagnato, si mise
la faccia tra le ginocchia e cercò di fare dei respiri profondi attraverso la
gola irritata.
Non poteva farlo di nuovo.
Non poteva perdere anche lei.
*
Quella notte Blaise Zabini passò dal suo appartamento. Draco alzò lo sguardo,
sorpreso di vedere Zabini senza un’accompagnatrice né il suo entourage, ma gli
faceva troppo male la testa per preoccuparsene.
Zabini guardò Draco e le carte sparse sul pavimento. Ogni linea del suo viso
era bella da togliere il fiato e allo stesso tempo imperscrutabile.
“C’è un uomo che si chiama Everett in quel consiglio,” osservò in tono
distaccato. “Hai il suo voto.”
“Ne sei sicuro?” chiese Draco.
Zabini fece una smorfia. “Dopo la giornata che ho appena passato, puoi starne
certo.”
“Io-”
cominciò Draco, e si fermò, commosso e intrappolato dalle sensazioni che stava
provando, del tutto disarmato. Sapeva che Zabini, per quanto avesse un debole
per il buffet sessuale ad entrata libera che era la sua vita, preferiva le
donne. “Grazie,” riuscì a buttar fuori alla fine, accigliandosi sulla parola.
Una volta completata la missione di misericordia, Zabini si rilassò contro il
muro e assunse la solita aria di quello che si godeva comodamente il suo status
di uomo più attraente d’Inghilterra. “Hai un aspetto terribile,”
rimarcò in tono pigro. “Peggiore del solito, intendo.”
“Quando prenderai la sifilide,” gli rispose Draco, “soffocherò dal ridere.”
“Mmmh,” ribatté Zabini, e si allungò per accarezzare con un dito indolente la
linea del collo di Draco. “Sei ancora convinto di questa buffa faccenda della
monogamia?” chiese. “Mi hanno detto che il sesso con un Veela ha un effetto
straordinariamente calmante, visto che il piacere ti paralizza il cervello e
tutto il resto. Potrei-”
“Il sesso non è la risposta a tutti i problemi della vita, Zabini.”
“Non sai quanto ti sbagli,” gli rispose lui scoccandogli un sorriso perfetto.
“Hai del Whisky Incendiario?”
Bevettero
insieme e poi Zabini controllò l’orologio ed esclamò: “Oddio, ho lasciato i
quattro gemelli ad aspettarmi e ormai la salsa di cioccolato si sarà
raffreddata,” e si Smaterializzò di punto in bianco.
Draco si sentì un po’ più confortato, fino a quando non arrivò in ufficio il
giorno dopo e Theophilus gli chiese: “Sei consapevole che tutte queste proposte
sono totalmente ed estremamente illegali?”
“Sei proprio un Tassorosso, Theophilus,” ringhiò Draco, e andò in sala pausa.
Lì Potter cercò di parlargli, ma Draco non riuscì a sentirlo perché era così
arrabbiato che gli rimbombavano le orecchie. Anche attraverso la confusione,
gli era del tutto chiaro che Potter stava solo cercando una riappacificazione
di circostanza. Di certo si era reso conto che se Weasley e Pansy avessero
portato avanti la loro empia unione e la Granger avesse insistito nel fare di
Tiger un progetto di ricerca, avrebbero dovuto essere civili l’uno con l’altro.
Non c’era dubbio che Potter ci sarebbe riuscito, a condizione di non dover
avere a che fare con lui per tutto il giorno, tutti i giorni. Notevole, da
parte sua.
Potter
gli afferrò il polso. Draco lo fissò e decise con un’indifferenza gelida che
non aveva mai odiato così tanto qualcuno in tutta la sua vita.
Gli ringhiò qualcosa, liberò il braccio con uno strattone e si precipitò fuori
dalla sala pausa dalla porta più vicina, ovunque pur di scappare, e si ritrovò
nel bagno delle signore. Dove vide la nuova compagna di Potter, Chrysanthemum,
seduta sul bordo del lavandino intenta a ululare in un fazzoletto.
“M-Malfoy,” singhiozzò lei, e la sua fuggevole speranza di svignarsela senza
essere notato morì sul colpo.
Ebbe la tentazione di limitarsi a inarcare un sopracciglio e andarsene lo
stesso, ma un vago, irritante senso di comprensione lo costrinse ad avvicinarsi
al lavandino.
“Qual
è, ehm, il problema?” chiese riluttante, sperando di non doversi sorbire una
tiritera sugli sbalzi di umore e sui Periodi Femminili.
“Penserai che sono ridicola,” si lamentò Chrysanthemum, e crollò di
nuovo nel fazzoletto.
“No,” rispose Draco, e tentò un gesto vago che, se fosse stato più vicino,
avrebbe potuto essere una pacca alla schiena. “No, no. Qualche volta abbiamo
solo bisogno di piangere. In bagno,” aggiunse, e poi si affrettò a specificare:
“Non io, ovviamente. Sono troppo virile. Ma la gente. In generale. Ci ho fatto
caso.” Si accorse che stava delirando e la fissò con uno sguardo accusatorio.
“Cosa c’è? Sputa il rospo, non ho tutto il giorno.”
Chrysanthemum
sventolò il fazzoletto come una bandiera che simboleggiava la sua agonia.
“È
Harry,” esclamò. “È terribile – non so come hai fatto a sopportarlo,
lui – non vuole parlare, ed è così lunatico, e qualche volta mi fa
paura e sembra sempre tremendamente infelice. Malfoy,” continuò, mentre
sbatteva le palpebre per ricacciare indietro le lacrime, “per favore,
te lo riprenderesti?”
Draco sentì la bocca storcersi in un ghigno rapido e affilato. “Temo di non
poterti aiutare,” strascicò. “È stato lui a scaricarmi. E visto che ha detto
che preferirebbe chiunque altro come suo compagno,” continuò, facendo risuonare
la parole come se stesse stuzzicando crudelmente una crosta, “non penso proprio
di poterlo fare, no.”
“Oh,” mugolò Chrysanthemum, fissandolo con gli occhi spalancati. Poi seppellì
la faccia nel fazzoletto. “Oh, e tu eri la mia sola speranza,” esclamò
affranta. “n66; una tortura lavorare con lui, lo amo così tanto!”
Draco sbatté le palpebre. “Ma pensavo che avessi appena detto,” osservò, “che
era terribile e lunatico e spaventoso e-”
“Cosa c’entra questo?” domandò Chrysanthemum, mentre il fazzoletto si gonfiava
come la vela di una nave al vento. “Mi ricorda Heathcliff,” continuò
con un guaito tragico.
“Non
credo di essere informato-”
“E credo che non sappia neanche il mio nome!”
“Sono certo che-” cominciò Draco. “Ehm.”
Chrysanthemum tirò su col naso e lo fissò con un acquoso sguardo d’accusa.
“Malfoy, cosa ci fai nel bagno delle donne?” chiese. “Stavi spiando?”
“Non di recente.”
“Sei una specie di pervertito?” strillò Chrysanthemum con una vocetta
acuta.
Draco se ne andò.
Mentre usciva dal bagno gli venne in mente che in genere Potter aveva avuto
compagne femmine o compagni sposati come Gillam, e questo significava che,
visto che c’erano regole severe sulla Fraternizzazione tra compagni,
probabilmente Kingsley Shacklebolt aveva un’idea abbastanza precisa di quali
fossero le sue preferenze.
Ovviamente, Draco non era né femmina né sposato, ma era stato un’ultima risorsa
e comunque il disprezzo che Potter aveva provato nei suoi confronti non era
certo un segreto. Shacklebolt doveva essere stato consapevole che le
possibilità che Potter si prendesse una cotta per lui erano circa le stesse che
la Terra collassasse casualmente su se stessa.
Kingsley
Shacklebolt, rifletté Draco, era un mistero.
Non
era, tuttavia, un automa malvagio. Draco lo decise in modo definitivo più tardi
quel giorno, quando Shacklebolt lo chiamò nel suo ufficio e lo informò che il
quarto voto nel consiglio era sicuro, perché apparteneva a lui.
“Io-” cominciò Draco.
“Non c’è bisogno che ti sforzi, signor Malfoy,” lo precedette Shacklebolt, e
indicò con un cenno il cartello appeso al muro che diceva Nessuno da solo.
“Anche se soffro tutte le volte che mi ricordo che sei uno dei miei uomini.
Buona giornata.”
*
Quella notte Draco, spulciando tra le vecchie carte di suo padre, trovò
qualcosa su Septimus Umber, l’ultimo membro del consiglio. Mandò un sacco di
Gufi a persone che ricordava di aver incontrato durante le visite di suo padre
a Notturn Alley, quando lui lo portava con sé per istruirlo nell’arte di
estorcere informazioni. Scrisse che avrebbe pagato profumatamente.
Poi arrangiò la vendita di palazzo Malfoy il più in fretta possibile. Era
l’unica cosa pratica da fare, e comunque non metteva più piede nella proprietà
da quando aveva sedici anni.
Quella notte Tiger rimase con lui. Si era portato dietro una bottiglia di
Whisky Incendiario per rimpiazzare quella che aveva finito Zabini. Draco se ne
scolò svariati bicchieri che gli bruciarono la gola mentre sfogliava i
documenti e pensava a sua madre e alle sue vesti eleganti che frusciavano sui
tappeti di casa, a suo padre che si aggirava per la grande sala echeggiante
alto e autoritario come un Dio, e al suo letto.
Ogni volta che riusciva a distogliere la mente da quei pensieri ricordava Chiunque
tranne lui e si ritrovava a ripercorrere disperatamente gli eventi
dell’anno passato per capire cos’aveva fatto di così sbagliato.
Verso
le quattro del mattino il Whisky Incendiario sciolse la lingua a Tiger, che
disse: “Non capisco. Pensavo che gli piacessi.”
Draco buttò giù il bicchierino successivo, tossì mentre gli andava di traverso
e continuò a tossire finché non riuscì a rispondere con un filo di voce: “Anche
io.”
Il giorno dopo era stordito per la mancanza di sonno e si sentiva uno schifo, e
la Granger ebbe sul serio la sfrontatezza di presentarsi in ufficio e di
affrontarlo durante il suo pranzo a base di caffè.
“Malfoy,” cominciò, e poi esitò. “Avresti dovuto dirmi di tuo padre.”
“Oh, davvero?”
“Penso che Lucius Malfoy sia un bastardo,” dichiarò la Granger con occhi
gelidi e duri, e per un momento Draco provò un grande rispetto per
Weasley, che aveva avuto il coraggio di mettere le sue parti intime in quelle
mani spietate. “Ma visto che per te è importante che venga giustiziato
piuttosto che Baciato, ti avrei aiutato.”
“Ho tutto sotto controllo,” ringhiò Draco.
“Oppure potresti chiedere a Harry,” suggerì la Granger.
“Non parlarmi di lui,” ringhiò Draco. “Ha reso perfettamente
chiaro che non vuole avere più niente a che fare con me, e io non potrei
esserne più contento. Devo rimettermi a lavorare.”
Si alzò, ma poi rimase in piedi a guardarla, perché non si fidava per niente di
quello che le stava frullando in quella testa cespugliosa. Lei alzò lo sguardo
e lui le sollevò il viso e si chinò sulla sua bocca.
“Non
azzardarti a dirgli una parola di questa storia,” sussurrò, guardandola dritta
negli occhi. “Non accetterò aiuto da lui. So abbastanza cose da
stroncarti la carriera, Hermione, quindi per una volta tieni la bocca
chiusa.”
“Anch’io
so abbastanza cose da stroncarti la carriera,” gli ricordò con calma la
Granger.
Draco si raddrizzò e scoppiò a riderle in faccia. “Pensi che me ne freghi
qualcosa?” domandò. “In questo momento?”
Quella
notte, mentre Katie se ne stava seduta sul bordo del divano come un ospite
insicuro di essere il benvenuto, arrivò un Gufo che prometteva i segreti osceni
di Septimus Umber in cambio di un’ingente somma di denaro. Draco rispose che
l’avrebbe pagata volentieri.
“Draco,” intervenne Katie. “So che sei sconvolto, ma non puoi ricattare
la gente.”
Draco la fissò. “Pensi che non funzionerà?”
“Non è questo il punto-”
“Faresti meglio a sperare che funzioni,” ribatté Draco. “Altrimenti, non penso
che vorrai vedere quello che farò dopo. Mi dispiace, so che ti sto deludendo,
so di essere una delusione, ma-”
“Non si tratta di deludere me, si tratta di cosa è giusto e cosa è sbagliato!
Draco, forse è il momento che accetti che – che le cose che tuo padre ha fatto
sono imperdonabili-”
Draco avanzò a carponi verso di lei passando sopra ai documenti sparsi sul
pavimento e illuminati dalla luce della luna, sopra all’atto di vendita della
sua casa, e le disse sottovoce: “Lo so già.”
Katie sussurrò: “Cosa?”
“Che non può essere perdonato,” rispose lui. “Non lo merita. E nemmeno io.”
Katie rimase zitta. Draco appoggiò il gomito alle sue ginocchia e sentì il
corpo di lei tremare contro al suo. La stava spaventando di nuovo: sembrava che
non riuscisse a evitarlo.
“Avevo
promesso di uccidere il preside,” mormorò.
“Lo so, Draco,” rispose Katie. “Ma non l’hai fatto, ed eri molto giovane-”
“Avevo promesso la mia lealtà a un pazzo e ho messo l’intera scuola nelle mani
dei Mangiamorte e ho ucciso mia madre,” quasi urlò Draco.
Aveva
ucciso sua madre. Era stato troppo debole per fare qualcosa per o contro i
Mangiamorte e sua madre era stata costretta a proteggerlo. Aveva dovuto
promettere all’Ordine che avrebbe fatto la spia per loro se l’avessero tenuto
al sicuro. Era stata scoperta.
L’aveva uccisa, aveva quasi ucciso Weasley e suo fratello, aveva quasi ucciso
Katie. Non era merito suo se erano ancora vivi e lui stesso aveva rischiato di
morire soltanto per colpa sua, e aveva fatto tutte quelle cose per un uomo
malvagio, lo sapeva, ma era stato spaventato e stupido e aveva voluto
la gloria e aveva voluto salvare suo padre – e adesso stava fallendo
anche in questo.
Alzò gli occhi e, attraverso le ombre e la luce fredda della luna, guardò il
viso di Katie sconvolto dall’orrore.
“Ho
preso il Marchio e lei è morta,” continuò a bassa voce. “Ho preso il Marchio
per salvarlo e si prenderanno la sua anima. Non mi è rimasto nessuno che possa
perdonarmi – solo tu.”
“Draco,” disse Katie, e si allungò tremante ad avvolgerlo tra le braccia. “Sì.”
Draco
appoggiò il viso alla sua guancia umida. Era calda. “Oh, mia Katherine Bell,”
sussurrò, e le baciò le lacrime che le stavano scivolando lungo il viso, la
strinse a sé e si avvinghiò a lei. Sembrava piccola tra le sue mani, fragile
come un uccellino, e lui si sforzò di fare piano anche se non avrebbe voluto.
Quando
la aprì per lui, la sua bocca sapeva di lacrime. “Non sul pavimento, Draco,”
disse lei, e lui la prese in braccio e la portò a letto, la fece stendere sulle
lenzuola bianche sotto la luce della luna e non smise di toccarla nemmeno per
un momento. Lei era tutto quello che gli era rimasto.
“Mi ami?” sussurrò contro il suo collo. Aveva deciso di non chiederglielo,
ricordò, ma era così stanco e aveva bisogno di sapere se lei poteva amarlo o
no.
Era possibile. Sua madre l’aveva amato. Gliel’aveva detto, una volta, prima di
morire.
Le lacrime stavano ancora scintillando sul viso di Katie mentre la baciava, e
lei mormorò di nuovo: “Sì, Draco.”
La mattina dopo si svegliò di fianco a lei al rumore di un gufo che
picchiettava alla finestra, con la notizia che il ricatto a Umber aveva
funzionato e che il consiglio aveva votato all’unanimità contro il Bacio.
Rimase in piedi con la schiena contro la finestra, la testa confusa e dolente
per i giorni passati senza dormire e il pensiero che aveva vinto e che suo
padre sarebbe stato soltanto giustiziato.
Avrebbe voluto tornare a letto di fianco a Katie, ma doveva andare al lavoro.
Quel giorno si doveva occupare di un caso di incendio doloso con Theophilus, e
sembrava proprio che Theophilus stesse seguendo la sua naturale inclinazione a
infastidirlo di proposito.
“Malfoy, anche questo è illegale,” ripeté per la quattordicesima
volta.
Draco strinse gli occhi. “So che ti stai inventando delle leggi solo per
seccarmi.”
“Oh,
Cristo!” sospirò Theophilus.
Mentre stavano ispezionando lo scheletro di un’altra casa bruciata, alcuni
costruttori accesero una radio, che cominciò a suonare una canzone familiare.
Senza nemmeno pensarci, Draco si voltò e la scaraventò a terra.
“Qual è il tuo problema?” domandò Theophilus. “Perché odi le radio?
Sei completamente pazzo?”
“Controlliamo gli archivi degli Indicibili sui piromani,” suggerì Draco.
“È illegale,” dichiarò Theophilus.
“Adesso mi stai solo prendendo in giro,” lo informò Draco. “Non lo ritengo
educato.”
Corse a dare un’occhiata agli archivi degli Indicibili da solo, trovò quello
che pensava fosse un collegamento e trascinò Theophilus sul luogo in cui
sarebbe probabilmente scoppiato l’incendio successivo.
Mentre stava cercando di escogitare un piano per rendere il perimetro sicuro e
magari chiamare i rinforzi l’edificio andò in fiamme.
Il mero istinto gli fece allungare una mano per trattenere il suo compagno.
“Non azzardarti a correre lì dentro, pazzo maniaco!”
“Chiedo scusa?” strillò Theophilus. “Certo che non andrò lì dentro, e
– e come mi hai chiamato, non ci posso credere-”
Draco imprecò, per lo più per la propria stupidità, e poi sentì un urlo che
proveniva da una finestra. Alzò lo sguardo e imprecò di nuovo.
“Vai a chiamare rinforzi,” sbottò a quell’idiota di Theophilus, e si
Materializzò dentro l’edificio.
All’interno era un caos di fuoco e travi che cadevano. Draco si fece strada in
mezzo al fumo in direzione delle urla, e fu soltanto dopo essere stato colpito
che si rese conto di quanto la mancanza di allenamento in quei pochi giorni gli
avesse indebolito i riflessi.
Si
svegliò in preda a un dolore lancinante e vide Katie e Tiger chinati su di lui.
“Ciao,” sussurrò Katie, e gli prese la mano.
“Ciao, mia Katherine Bell,” rispose. “Ti amo anch’io.”
Katie arrossì. “Ti rimetterai,” lo informò lei. “E sono sicura che dopo quello
che è successo – sono sicura che Harry verrà a trovarti-”
“No, non verrà. E chi lo vuole?” scattò Draco, e la combinazione
dell’infelicità, del dolore e dei sedativi fu troppo per i suoi nervi: affondò
la faccia nel cuscino e si riaddormentò.
Si svegliò caldo e al sicuro al suono della voce di Katie, e quando aprì gli
occhi Potter era lì. Sembrava teso e nervoso ma determinato, e disse che voleva
tornare con lui.
Draco era – felice, imbarazzantemente felice, finché il dolore non lo risvegliò
nel cuore nella notte fredda e si rese conto di cos’era che stava succedendo
davvero.
Potter
soffriva del complesso dell’eroe, e Draco era stato ferito mentre lui non
c’era. E le cose non stavano funzionando con la sua nuova compagna. Potter
doveva essere arrivato alla conclusione che lavorare con lui aveva funzionato
almeno in una certa misura. Bene, poteva funzionare ancora.
Draco doveva solo elaborare un piano, fare marcia indietro e comportarsi in
maniera professionale, e non commettere mai più l’errore di pensare che fossero
amici.
*
La settimana seguente ritornò al lavoro e alla sua vecchia scrivania, di fianco
a Potter. All’inizio fu un po’ imbarazzante, e Potter era evidentemente
paralizzato dal disagio e continuava a fissarlo.
“Buongiorno,” lo salutò da perfetto collega professionale. “Potrei vedere quel
rapporto?”
“Giorno,” rispose Potter, e gli allungò il fascicolo.
Draco lo aprì e lo lesse con attenzione e non fece nessun commento sferzante
sulle note di Potter – anche se, oh, ne avrebbe avuti eccome di commenti
sferzanti da fare.
Ogni tanto alzava lo sguardo e si accorgeva che Potter lo stava ancora
fissando. Maleducato, pensò. Era stato Potter a chiedergli di tornare
con lui, dopotutto: non c’era bisogno che lo guardasse come se non riuscisse a
credere ai suoi occhi.
“Grazie, è stato molto utile,” disse Draco, e corse a farsi un urgentissimo
caffè. Due tazze più tardi tornò indietro e chiese: “Hai avuto modo di leggere
le mie note?”
“Ehm,”
rispose Potter. “Sì.”
“Ottimo,” commentò Draco con estrema educazione. “Hai niente da aggiungere?”
“Non – proprio,” gli disse Potter, fissando la scrivania.
“Nessun problema,” continuò Draco in tono cordiale. “Penso che il colpevole
viva a Bath, per cui la prima cosa da fare potrebbe essere procurarsi un po’ di
documentazione aerea sulle risorse idriche nei pressi della città. Sei
d’accordo?”
“Suppongo di sì,” rispose Potter. Sembrava un cane bastonato e Draco avrebbe
voluto picchiarlo a morte con un righello, cosa diavolo stava cercando?
Draco non picchiò a morte il suo compagno con un righello. Draco si comportò in
maniera incantevole e totalmente professionale, anche se la cosa gli provocava
il mal di denti.
“Vuoi accendere la radio?” gli domandò Potter a un certo punto, col tono di uno
che gli stava chiedendo se preferiva consegnare i soldi o la vita.
“Certo,” rispose Draco, e l’accese. “C’è qualche stazione particolare che
preferisci?”
“Piantala, Malfoy,” esclamò Potter.
“Non so di cosa stai parlando,” si impuntò Draco, e guardò fuori dalla
finestra.
Non
capiva cosa c’era che non andava, si stava comportando alla perfezione.
Quella sera mise alla prova le sue maniere perfette con Katie e lei ne sembrò
estremamente affascinata.
“Buongiorno,” insistette con Potter il giorno dopo.
“Giorno,” rispose lui con voce trattenuta. Draco scrisse i suoi rapporti ed
evitò accuratamente di guardare Potter, lasciandogli il suo spazio.
“Vuoi fare allenamento?” domandò Potter dopo un paio d’ore.
“Se ti va,” acconsentì lui.
Durante il combattimento Draco si attenne con diligenza alle regole e assestò
un paio di colpi che avrebbero steso Theophilus. Potter sembrò notarli a
malapena e si avventò su di lui come un pazzo, come se più che lottare contro
di lui stesse lottando contro la sua indifferenza. Più o meno quando un ammasso
di muscoli furiosi lo colpì sul petto, Draco fu assalito dal panico e cominciò
a reagire davvero, ma a quel punto Potter gli aveva afferrato entrambi i polsi
e lo teneva bloccato a terra.
In effetti era completamente impotente, realizzò con lenta indignazione. Non
che non lo fosse già da un po’, tra Potter che prendeva decisioni a casaccio e
il suo tentativo di essere così maledettamente educato.
“Ben fatto,” dichiarò con calma da sotto al corpo di Potter, distogliendo lo
sguardo e puntandolo su un muro. “Bella prova. Mi arrendo completamente: fammi
alzare.”
“No,” ringhiò Potter, col respiro irregolare contro la sua mascella
mentre lo tratteneva a terra con le spalle.
No? avrebbe voluto strillare Draco. Non puoi dire di no! Non ha
nessun senso! Lasciami alzare subito o ti uccido!
“Posso chiedere il perché?” domandò invece, la vittima di un pazzo più
ragionevole ed educata nella storia dei tempi.
Sentì
i muscoli di Potter spostarsi e tendersi contro il suo corpo e per un momento
si chiese se i denti umani potessero squarciare una gola. Le sue mani erano
completamente intrappolate tra il petto di Potter e il suo: non andava bene,
era del tutto alla mercé di Potter, era così umiliante-
“Ti
prego,” mormorò Potter contro la sua mascella.
“Come?” chiese Draco, e voltò la faccia, il che si rivelò un errore visto
che Poter era davvero vicino, con il viso sospeso sopra il suo in preda a un
attacco di psicosi. Draco cercò di scoccargli un’occhiataccia ma non riuscì a
metterlo bene a fuoco perché era troppo vicino, e quando la sua bocca sfiorò
l’angolo di quella di Potter pensò che era arrivato il momento di rivedere la
sua decisione e voltò di nuovo la faccia, concentrandosi con ostinazione sul
muro.
“Ti prego,” ripeté Potter, e il suo fiato caldo colpì la gola di Draco. “So che
sei furioso o quel che è, va bene, puoi essere indisponente quanto ti pare, ma
non puoi – parla, Malfoy, per l’amor del cielo.”
A Draco non era mai successo prima che qualcuno lo implorasse di parlare,
sebbene un paio di volte lo avessero implorato di smetterla.
Ovviamente,
sembrava che Potter lo stesse più minacciando che implorando.
“Io
parlo,” sbottò Draco irritato. “Ecco una cosa che ho da dire: fammi alzare
subito.”
Appena Potter allentò la presa sui suoi polsi li tirò indietro, lo spintonò via
selvaggiamente, si alzò in piedi e uscì da quella stramaledetta palestra.
Il giorno dopo in macchina, dopo un paio di caute osservazioni sul tempo,
rifletté a lungo e disse: “Se quando diventerai il padrone del mondo sarò in
testa con i punti, penso che dovresti lasciarmi fare il re d’Inghilterra.”
Le dita di Potter si strinsero sul volante, ma la voce gli uscì quasi normale.
“Se diventerò il padrone del mondo,” rispose, “e non mi hai ancora
detto come dovrei riuscirci-”
“Il piano verrà rivelato a tempo debito,” dichiarò Draco in tono pomposo.
“Beh, comunque, io vivo in Inghilterra,” sottolineò Potter. “Non vedo perché
dovresti averla tu.”
“Ma a quel punto non vivrai più in Inghilterra,” gli spiegò Draco. “Vivrai
nella lontana Arabia. Il clima soleggiato dell’Oriente sarà molto più adatto ai
tuoi ballerini.”
“Ma,” cominciò Potter, “io non voglio dei ballerini.”
Draco si chiese perché Potter si fosse preoccupato di rivelare le sue
preferenze sessuali quando era evidente che non aveva il minimo interesse
per il sesso. “Avrai dei ballerini che tu lo voglia o meno,” lo redarguì.
“Il padrone del mondo ha una certa immagine da mantenere. Allora, potrò essere
re d’Inghilterra?”
“Sì, Malfoy,” si arrese Potter, con un sospiro fatto apposta per essere udito
da Draco e un sorriso che invece, Draco ne era piuttosto certo, non avrebbe
voluto fargli notare. “Quando diventerò il padrone del mondo, tu potrai essere
il re d’Inghilterra.”
Draco si ritenne soddisfatto. Dopo un momento, cominciò a cantare a bassa voce.
“Corri alla mia destra, girati a sinistra, è la mia ribalta, sono sempre in
vista-” *
“Chi è che ti fa vedere questi film?” chiese Potter. “E perché?”
Draco veniva esiliato nella stanza dei bambini con la piccola Mary tutti i
primi fine settimana del mese, ma decise di non menzionare la cosa.
“Evidentemente li hai visti anche tu,” sottolineò in tono altezzoso.
“Sì, perché sono cresciuto con i Babbani, li ho visti nella vecchia TV di
Dudley-”
“Chi è Dudley?” chiese pigramente Draco. “Un tuo ex ragazzo?”
Uno sguardo di indicibile orrore attraversò il volto di Potter. Draco lo
osservò con interesse.
“…no,” rispose alla fine, e poi tamburellò con le dita sul volante. “Ho
cambiato idea,” aggiunse. “Non voglio che parli, dopotutto.”
“Non darmi ordini. Farò esattamente come mi pare,” lo informò Draco, e poi
informò Maurice la radio che non vedeva l’ora di diventare re.
Non poteva cambiare con Potter, perché non aveva la minima idea di come Potter
voleva che cambiasse, e a parte questo era terrorizzato all’idea di rovinare
l’equilibrio che aveva raggiunto, l’equilibrio che gli aveva permesso di essere
un Auror decente, che gli aveva fatto guadagnare l’amore di Katie e che gli
aveva reso tollerabile ricevere il Gufo che lo avvertiva che la data
dell’esecuzione di suo padre era stata stabilita.
Non l’avrebbe certo detto a Potter: non aveva niente a che fare con il lavoro.
Poteva affrontare la cosa da solo.
Quando
Potter accennò al terrore che aveva del Natale, Draco cedette e si lasciò
sfuggire un mezzo invito, ma non era una cosa così terribile, solo non voleva
ubriacarsi da solo a Natale e non voleva pensare a suo padre da solo. Non è che
lo stesse caricando di responsabilità o cose del genere.
Lui
e Potter si distrussero con calma il giorno di Natale, mentre il nodo di tristezza
nel petto di Draco si alleviava sotto l’influenza del Whisky Incendiario. Più
tardi quella sera Draco riuscì a ubriacarsi fino a perdere i sensi e si
risvegliò sul divano appoggiato a Potter: lui gli aveva avvolto un braccio un
po’ esitante attorno alla spalla, e Draco per un momento accantonò ogni
vergogna e voltò il viso contro la sua spalla, fingendo di essere ancora
addormentato.
L’ultimo
Gufo da Azkaban arrivò il giorno dopo, e per la prima volta in tre anni Draco
andò a trovare suo padre.
Quando arrivò sulla porta della cella vide subito che era troppo magro. La
schiena si era incurvata, e l’ossatura spigolosa assomigliava alle ali
caparbiamente ripiegate di un avvoltoio affamato. I capelli lunghi erano aridi
e disordinati. Sotto quella luce fioca, gli ci volle un momento per rendersi
conto che erano diventati bianchi.
L’uomo alzò lo sguardo e Draco vide gli occhi di suo padre in un volto scavato
e irriconoscibile, e realizzò un’altra cosa. Nessuno gliel’aveva detto. E chi
avrebbe dovuto dirglielo, quando era circondato da pazzi e Dissennatori?
“Non sarà il Bacio,” sputò fuori, uno stupido bambino impacciato che per
l’ennesima volta non era riuscito a tenere a freno la lingua.
Le spalle di suo padre si rilassarono comunque, come se qualcuno l’avesse
sottratto dalle mani di un torturatore, e Draco pensò con un’ondata di panico e
di disperazione che avrebbe dovuto immaginare che nessuno gliel’avrebbe detto,
che avrebbe dovuto dirglielo subito lui, che sarebbe dovuto venire a trovarlo
ogni giorno, che avrebbe dovuto salvarlo.
Suo
padre tossì e il suono che ne uscì fu come carta vetrata sul legno. Quando
parlò, la sua voce era sottile e debole e quasi gentile. Non assomigliava per
niente alla voce di suo padre.
“Come stai, Draco?”
“Sto – sto,” balbettò lui, odiandosi, cercando di pensare a qualcosa oltre al
bruciante nodo di dolore che aveva nel petto, cercando di dire a suo padre
qualcosa di vero, qualcosa di sufficientemente bello.
Pensò a Katie che lo amava e a Potter che era tornato da lui, agli Auror e a
Tiger e Goyle felici nella loro stupida casa.
Draco ritrovò la voce e lasciò la presa sulla porta, e rispose quasi con calma:
“Sto facendo del mio meglio.”
*
Il giorno dell’esecuzione di suo padre Shacklebolt mandò Potter al suo appartamento
e Draco decise che alla fin fine era un automa malvagio.
Poteva farcela da solo, davvero, sapeva di potercela fare, ma Potter
era lì e Draco pensò che magari avrebbero potuto – allenarsi, ma poi la rabbia
e la disperazione esplosero con violenza, e non colpì Potter perché non sapeva
se sarebbe riuscito a fermarsi.
Invece distrusse il suo appartamento. Tirò giù tutti quei ritratti che lo
fissavano senza espressione e li frantumò in tante piccole schegge di vetro
mentre suo padre moriva, e per tutto il tempo si sentì ancorato, trattenuto a
terra dall’assoluta mancanza di shock di Potter, dalla calma comprensione della
sua furia cieca di Draco e poi dal modo metodico in cui rimise a posto ogni
cosa.
A
quel punto suo padre era morto, e Draco dovette sedersi. Sentì le gambe cedere
sotto al suo peso e raggiunse il divano. Non riusciva a pensare, non riusciva a
fare niente, così si prese semplicemente il viso tra le mani e pensò Papà.
Era una cosa stupida. Non l’aveva mai chiamato così.
Rimase scioccato quando sentì la mano di Potter sulla spalla. Sollevò la testa
di scatto e si ritrovò a fissare Potter, che era troppo vicino, ed
ebbe l’impressione che l’equilibrio si stesse per spezzare e che si sarebbe
messo a piangere o a raccontare a Potter di quanto era stato misero e disperato
in passato o a fare qualcosa che avrebbe reso evidente che non ce la faceva,
non ce la faceva ad affrontare questa cosa da solo.
Poi Katie tornò a casa e lo prese tra le braccia, e gli disse che voleva
trasferirsi da lui. Draco affondò il viso nella curva del suo collo e si sentì
in salvo.
Quattro giorni più tardi, dopo aver combattuto contro una casa piena di quelli
che una volta erano stati una famiglia e adesso erano Inferi, Draco si stava
guarendo un taglio sanguinante sulla spalla e Potter gli chiese: “Stai bene?”
Lui si bloccò con la bacchetta appoggiata sulla pelle appena risanata e
rispose: “Credo di sì.”
*
Si sentì molto meno bene durante la successiva serata del poker coi Serpeverde,
quando un destino crudele spostò la conversazione sulle prodezze sessuali dei
maschi Grifondoro.
“Sto solo pensando di tenermelo per un altro po’,” disse Pansy. “Non significa
niente.” Stava scribacchiando su un tovagliolino con una matita per le labbra
dei versi davvero orrendi per la sua nuova canzone ‘Weasley Sta Con Me’. Draco
si era rifiutato di aiutarla a comporla. Mentre scriveva, curvò le labbra come
se si fosse ricordata qualcosa di particolarmente piacevole. “Ed è estremamente-”
Draco indietreggiò. “Ti prego,” implorò con voce tremante. “No.”
Pansy scrollò le spalle e cominciò a bisbigliare all’orecchio di Millicent
Bulstrode, e Draco si voltò e sentì Malcolm Baddock dire: “Potter? È come una
pantera. Una pantera del sesso.”
“Parliamo
di donne!”
Baddock lo fissò con sguardo assente. “Perché?”
Zabini sembrava divertito, cosa che riempiva sempre quelli che gli stavano
attorno di un’arcana paura.
“E se non volessi parlare di donne?” chiese con voce roca, e si chinò verso
Draco.
“Nessuno pensa che questa faccenda Veela sia divertente, Zabini,”
ribatté Draco. “Non-”
Zabini si chinò più vicino, con le ciglia abbassate e gli occhi scuri e
ipnotici, e una strana nota di fondo nella voce che risuonò in ogni
terminazione nervosa del corpo di Draco.
“Baci bene, Malfoy,” sussurrò, sempre più vicino, mentre la bocca arrivava
quasi a toccare l’orecchio di Draco. “Voglio rifarlo.”
Draco ebbe un improvviso ricordo, vivido e tangibile, di se stesso che cadeva
di schiena con Zabini steso sopra di lui, il sangue che scorreva all’impazzata
e le bocche che si toccavano, le sue mani aggrappate alle spalle di Zabini nel
disperato tentativo di attirarlo più vicino. Riusciva ancora a sentire il
tappeto che gli pizzicava la parte bassa della schiena.
Sbatté l’immagine di Katie come un muro tra se stesso e quel ricordo.
“No,” ringhiò. “Piantala.”
Zabini indietreggiò e fece un largo sorriso attraente. “Stai diventando davvero
bravo con questa cosa dell’Occlumanzia,” disse. “Ho usato tutti i miei poteri.”
Tutti gli lanciarono tovagliolini e patatine per aver usato i suoi poteri Veela
durante la serata del poker, e Draco si spostò furtivamente di fianco a Nott e
chiese disperato: “Possiamo parlare di donne?”
“Ma certo,” acconsentì Nott con voce placida. “Millie fa la Vichinga a letto.”
Draco sbatté gli occhi. “Esistono – esistono donne Vichinghe?”
“Ci sono delle donne nella mitologia vichinga,” spiegò Nott. “Le Valchirie.
Indossano elmetti con le corna e accompagnano i guerrieri alla morte.”
“Capisco,” commentò Draco, sconcertato dal fascino morboso della cosa.
“Millie
ha un elmetto con le corna, a casa, non ho problemi a dirtelo,” continuò Nott
con la sua solita voce neutra. “Qualche volta fa finta di accompagnarmi alla
morte. Bel modo di andarsene, eh?”
“Adesso devo proprio andare… di là,” si affrettò a dire Draco.
*
Draco pensò che anche se lui non poteva cambiare, forse avrebbe potuto lo
stesso raggiungere l’equilibrio di cui aveva bisogno se Potter fosse stato più
felice, così lo portò da Rick e poi rimase ad osservare con sgomento come
nessuno sembrava interessarsi a lui.
Forse riuscivano a percepire la pazzia, pensò Draco, e ispezionò da vicino
Potter per vedere se aveva gli occhi da folle.
Potter si piegò sul tavolo verso di lui, e disse a bassa voce, “Uh, Malfoy,
penso che questo potrebbe essere un locale gay.”
“Mi sconvolgi,” ribatté Draco in tono piatto, e infilzò l’oliva del
suo drink.
Era ovvio che c’era la necessità urgente di un piano migliore.
Quell’estate, mentre pattugliavano una spiaggia per scoprire se quella particolare
insenatura era il punto di ritrovo di un’altra banda di corsirene, Draco entrò
in possesso di un’informazione preziosa.
Era giugno inoltrato e il sole era un cocente nocciolo di fuoco nel cielo. La
sabbia che ne assorbiva il fulgore e l’auto si era trasformata in un piccolo,
lugubre forno con la radio che suonava per ammansirli mentre arrostivano a
morte.
Una
volta finito il caffè ghiacciato Draco resistette all’incirca cinque minuti e
poi annunciò: “Vado a farmi un bagno.”
“Siamo alla ricerca di corsirene,” gli ricordò Potter. Draco si sentì
compiaciuto di quanto si fosse diffusa quella parola.
“Puoi farlo tu,” rispose. “Mi rendo conto che hai un deficit visivo, ma persino
tu sei in grado di scorgere dei perfidi pirati pinnuti, se capiterà che si
facciano vivi. E dopo potrai andare a fare il bagno anche tu,” aggiunse
misericordioso, e poi si levò le scarpe e si slacciò il bottone della manica
destra con i denti.
Potter fece un respiro rapido e rimase in silenzio, cosa che Draco interpretò
come una resa.
Scese
dall’auto, lasciandosi dietro la camicia e le scarpe, e affondò i piedi nudi
nella sabbia bollente. L’acqua fu un vero e proprio sollievo, come la bocca di
Katie dopo uno di quei sogni. Si immerse, fece qualche bracciata e tornò
indietro, cercando di stancarsi in modo da sfogare le sue energie lì invece di
impazzire in macchina. Uscì dall’acqua e fece una deviazione prima di scivolare
di nuovo nei suoi jeans e poi dentro l’auto.
“Mi sento molto meglio,” sospirò ad occhi chiusi mentre appoggiava la
testa bagnata contro il sedile, arcuando la schiena per non toccare il tessuto
bollente.
Potter disse: “Lentiggini.”
“To’, sei pazzo,” osservò Draco, e aprì gli occhi. Potter lo stava guardando
con le pupille dilatate, e Draco sbatté le palpebre e si piegò su di lui. “Hai
chiaramente preso un colpo di caldo,” puntualizzò. “Aspetta, “Aspetta, ti apro
il finestrino-”
“No, lo faccio da solo,” ringhiò Potter. Il linguaggio del suo corpo
non avrebbe potuto urlare ‘Allontanati!’ più forte, così Draco si strinse nelle
spalle e si fece indietro.
Poco
dopo chiese accigliandosi, “Hai – hai appena detto ‘lentiggini’?”
“Sì,” rispose Potter scontroso, fissando il nulla con sguardo truce.
“E quindi?”
“Mi piacciono,” sibilò Potter a denti stretti.
“Oh,” commentò Draco in tono assente. Scorse l’orizzonte con lo sguardo e
quando notò un ragazzo che probabilmente poteva avere le lentiggini, disse:
“Ah.” Fece una pausa, poi si arrischiò ad aggiungere: “Non mi era mai capitata
una di queste conversazioni, prima.”
Potter tese la linea della mascella e sbottò: “Quali conversazioni?”
“Beh, sai, confidenze maschili sulle – sulle cose che ci attraggono,” spiegò
Draco agitando la mano libera per enfatizzare quello che stava dicendo. “Cioè,
ho provato a fare questa conversazione con Goyle una volta durante il quarto
anno e lui mi ha raccontato tutto triste di quanto gli piacessero le persone
forti e muscolose e io ho sprecato un penoso quantitativo di tempo a cercare di
farlo mettere insieme a Millicent Bulstrode. E poi Nott mi ha quasi
assassinato. Non sono sicuro di essere molto bravo in questo genere di cose, ma
– lentiggini, dici?”
Potter sembrava combattuto tra il divertimento e l’impulso omicida. “Non voglio
parlarne!”
“Potresti andare a fare due chiacchiere con quel tipo,” suggerì Draco.
“Quale tipo?”
“Quello – con le lentiggini?” tentò Draco, scrutando l’orizzonte senza più
riuscire a scorgere il ragazzo. “Così saremmo entrambi felici,” continuò
placidamente. “Tu avresti le lentiggini, e io avrei due gelati.”
Gliene passò uno con filosofia, e cominciò a mangiare il suo.
Ciononostante, tenne conto dell’informazione. Lentiggini, dunque. In più,
rifletté ripensando a Cho Chang, a Ginny Lo Dicevano Tutti Anche Se Draco Non
Riusciva A Vedere Dove Fosse Così Figa Weasley e a Zacharias Niente Male Per Un
Tassorosso Smith, qualcuno di molto attraente. Qualcuno a cui piacesse il
Quidditch. Vista la mancanza di successo di Malcolm Baddock, qualsiasi Casa a
parte Serpeverde sarebbe probabilmente andata bene.
Un giorno particolarmente torrido di luglio Draco era piuttosto di cattivo
umore, visto che lui e Potter avevano avuto l’incarico di seguire Baston lungo
il campo da Quidditch per tutto il giorno per colpa di un’altra ammiratrice
pazza che aveva giurato di uccidere prima lui e poi se stessa. La combinazione
di Baston e Potter a così poca distanza faceva sì che tutte le donne
sembrassero in preda a un attacco di pazzia delirante, per cui le loro
possibilità di trovare la criminale non si prospettavano delle migliori.
Fu in quel momento che Draco vide la risposta all’infelicità di Potter
attraversare il campo da Quidditch. Aveva le lentiggini, teneva con sé una
piuma Predi-Appunti che significava giornalista sportivo e era di una
bellezza abbacinante del tipo ragazzo-della-porta-accanto-che-fa-il-modello-part-time.
Draco non ricordava il suo nome ma era dannatamente sicuro che avesse fatto
parte della squadra di Quidditch di Grifondoro, e stava fissando Potter come se
fosse appena sceso dal Paradiso dei Giornalisti Sportivi.
“Oh, guarda, la stampa,” strascicò Draco con una voce talmente innocente che
finì per suonare l’esatto opposto. “Che creduloni. Devo andare a raccontargli
la nuova storia che mi sono appena inventato!”
“No,” dichiarò Potter con fermezza.
“È una storia davvero divertente,” gli assicurò Draco.
“Parlerò io con quello lì, stai qui,” ordinò Potter mentre si allontanava.
“Oh, se proprio insisti,” mormorò Draco, e ridacchiò tra sé finché non notò che
la Bellezza Lentigginosa non stava facendo molti progressi, e anzi, stava
cominciando ad assumere un’aria scoraggiata. Così li raggiunse e fece in modo
di convincerli ad andare tutti da Rick.
“Oh, guarda, alcol,” esclamò non appena si furono messi a sedere. “Devo andare
subito a entrare in comunione con lui, scusatemi.”
Potter sembrò sconcertato. Il Lentigginoso lo guardò con interesse a malapena
celato. Draco fece un piccolo cenno e si allontanò con noncuranza in direzione
del bar.
“Parlami del tuo listino dei cocktail, Rick,” disse Draco al barista. “Cosa ti
ha ispirato? Hai sempre voluto scrivere un listino dei cocktail? Era il tuo
sogno fin da quando eri un bambino?”
“Non c’è tempo per queste cose,” ribatté Rick risoluto. “Torna al tuo tavolo,
Draco, qualcuno sta cercando di rubarti quello splendore del tuo ragazzo.”
“Quel chi?” domandò Draco. “Del mio cosa?”
Si voltò per dare un’occhiata al Lentigginoso e a Potter, catturò per un attimo
lo sguardo di Potter e improvvisamente ebbe la risposta sbalorditiva al perché
nessuno ci avesse mai provato con Potter mentre erano da Rick.
Draco scoppiò a ridere, in parte per la propria stupidità e in parte per
l’imbarazzo. “Ehm, non è il mio,” cominciò, e si ritrovò totalmente incapace di
pronunciare la parola. “Siamo solo colleghi,” spiegò, e ripensò a quando Potter
se n’era andato e aggiunse malignamente: “Non siamo nemmeno amici. E vorrei
qualcosa da bere.”
La cosa importante fu che Potter, per la prima volta nella storia dell’umanità,
ottenne un appuntamento. Con leggera sorpresa da parte di Draco, l’appuntamento
andò bene e durante l’estate Potter cominciò a prendere con un po’ più di calma
i suoi casi al lavoro e a muoversi più lentamente, illanguidito dal sesso.
Draco non poteva chiedergli Sei più felice? ma decise che doveva
essere così.
*
A Katie piaceva Ritchie Coote che, a quanto pareva, era il nome del
Lentigginoso. Aveva dovuto fare lei da guida ai piccoli della squadra di
Quidditch, visto che Potter non era stato di certo il capitano più premuroso
del mondo. Propose un’uscita a quattro.
Così
andarono allo zoo. A Katie piaceva andare allo zoo di domenica, spesso con la
piccola Mary, e ormai Draco conosceva il posto a menadito, compresi i sentieri
tortuosi vicino ai pellicani dove poteva baciare Katie sotto l’ombra degli
alberi.
Le
cose con lei andavano molto meglio adesso che il difficile equilibrio era stato
raggiunto, adesso che viveva con lui e che lo amava. Draco stava cercando di
capire quando sarebbe stato il momento opportuno per chiederle di sposarlo.
Potter
e Coote li stavano aspettando. Coote sembrava felice ed eccitato, e Draco si
fece l’appunto mentale di prendere a schiaffi Potter perché non portava mai il
suo ragazzo da nessuna parte.
Sul sentiero per i pellicani Katie si staccò da Draco e andò educatamente a
fare conversazione con Coote, visto che sembrava che lui e Potter non
parlassero tra loro.
“Lo aveva preso sotto la sua ala protettiva a scuola, a quanto pare,” spiegò
Draco quando Potter si ritrovò a camminare con lui. “Ed ecco come siamo
arrivati fin qui: io con una Incantevole Donna Più Grande e tu con un Ragazzino
Giocattolo.”
La bocca di Potter si incurvò leggermente all’insù. “Lui ti piace, allora,”
disse in tono esitante.
No, non gli piaceva. “Beh-”
A quel punto Katie lo salvò tornando indietro e prendendolo di nuovo a
braccetto. “Smettila di flirtare in modo oltraggioso con dei deviati,” la
sgridò Draco, scostandole i capelli dagli occhi e fermandosi per baciarla.
“Ricordati che sei la mia fidanzatina.”
Coote stava facendo ciondolare la mano, con le dita aperte in un richiamo
silenzioso e pieno di speranza. Potter non sembrava averlo notato: aveva le
mani in tasca e teneva risolutamente lo sguardo fisso davanti a sé.
Draco si stava giusto chiedendo come fare per spiegare a Coote che Potter era
incapace di intrattenere delle relazioni sociali normali e che lui avrebbe
dovuto agguantarlo e basta quando raggiunsero la fontana di fianco alla gabbia
delle tigri e all’area picnic. Era larga e profonda, con il fondo verde chiaro,
e Draco la fissò pensieroso mentre un’idea cominciava a girargli per la testa.
“Potter,” lo chiamò lentamente, e sorrise quando vide che si stava guardando
attorno.
Pian piano sul viso di Potter comparve un sorriso smagliante.
Draco
lasciò andare le dita di Katie e scavalcò con disinvoltura il bordo della
fontana, ritrovandosi nell’acqua fino alle ginocchia. Mentre arretrava di
qualche passo uno zampillo d’acqua lo colpì in testa e gli gocciolò giù per il
viso. Sentì il suo sorriso allargarsi contro la sua volontà, si scrocchiò le
dita e disse: “Vieni.”
Potter rise, una risata incerta e sollevata, e lo raggiunse. Entrò nell’acqua
con una piccola smorfia, come un grosso animale non abituato a nuotare e non
troppo a suo agio in quell’elemento, ma pronto a sopportarlo visto che aveva
una meta precisa in mente.
Draco sapeva che non era a suo agio, ovviamente. Ognuno sfrutta i propri punti
di forza, quando può.
“Si stanno allenando,” sentì che Katie stava spiegando a Coote al di là del
circolo d’acqua, mentre stendevano la coperta per un picnic. “Lo fanno per
tenersi in forma.”
L’acqua che gli zampillava davanti agli occhi era un velo scintillante sotto la
luce del sole: Draco scosse la testa per scrollarsi le gocce dal viso e Potter
fece uno scattò e balzò su di lui. Draco afferrò la statua al centro della
fontana mentre si abbassava e si voltò, più agile nell’acqua di quanto non
fosse Potter, per piantargli allegramente il gomito nella nuca. Era proprio sul
punto di colpirlo quando qualcuno lo spinse contro la statua.
“Ehi!” esclamò Coote, col pugno chiuso sulla camicia di Draco. “Non puoi-”
La mano di Potter sbucò dal nulla e afferrò il polso di Coote, allontanandolo
senza troppa delicatezza. “Lascialo,” ringhiò, emergendo dall’acqua con i
capelli che gocciolavano. “Stanne fuori.”
Draco
fece un ghigno a Coote. “L’hai sentito.”
Era vagamente consapevole che non era quello il modo di ingraziarsi il ragazzo
di Potter, ma comunque Coote non avrebbe dovuto interferire. Quel circolo
d’acqua luccicante era il loro spazio: era solo per lui.
Non
appena distolse lo sguardo Potter lo placcò e Draco finì sott’acqua a dimenarsi
e a lottare per sfuggire alla sua presa. Tornò in superficie boccheggiando e
riuscì quasi a vincere sbattendo violentemente la testa di Potter contro la
statua, ma i capelli bagnati gli scivolarono tra le dita e poi si ritrovò di
nuovo sott’acqua, a ridere e ad affogare, con gli occhi e i denti di Potter che
brillavano sopra di lui.
“Mi arrendo,” riuscì a dichiarare senza fiato, emergendo in superficie con un
gomito alla gola di Potter. Gli guarì la ferita sulla nuca non appena ebbe
finito di tossire acqua.
Una volta che si fu trascinato fuori dalla fontana, crollò di fianco a Katie e
si stese sull’erba.
“È stato un po’ – violento, Draco,” commentò lei.
“Davvero?” chiese lui, sbattendo gli occhi per fare uscire l’acqua. “Scusa.
Vieni a darmi un bacio.”
Katie sorrise e scosse la testa. “Sei tutto bagnato.”
Dall’altra parte della coperta per il picnic, Coote stava fissando Potter con
uno sguardo che diceva che a lui personalmente non sarebbe importato bagnarsi
un po’. Potter si sedette gocciolante e si studiò le mani.
“Lo so,” rispose Draco in tono adulatorio. “Vieni a darmi un bacio lo stesso.”
Strattonò la manica di Katie e lei sorrise, si arrese e si piegò su di lui.
Draco si allungò, le mise una mano sul collo e la attirò in un lungo bacio
lento e dolce. Il sole brillava nelle goccioline d’acqua intrappolate tra le
ciglia di Draco, che si lasciò sfuggire un piccolo gemito.
“Prendetevi una stanza,” sbottò Potter.
Draco si astenne dal menzionare l’ovvio, e cioè che Potter era terrorizzato al
pensiero che Coote potesse aspettarsi una simile dimostrazione di affetto in
pubblico.
“Scusa,” disse invece con disinvoltura. “Mi passereste la limonata?”
Si prospettava una giornata piacevole, dopotutto, finché non arrivò un Gufo da
parte di Shacklebolt che li richiamava al dovere.
“Quell’uomo è un automa malvagio,” dichiarò Draco alzandosi in piedi e posando
un bacio gocciolante sul viso sollevato di Katie.
“Ciao,” si limitò a dire Potter a Coote, e si alzò anche lui.
Draco lo inchiodò con uno sguardo intenso, inarcò le sopracciglia e in generale
cercò di trasmettere a Potter l’idea che era il peggior fidanzato del mondo e
che sarebbe stato scaricato, magari da un edificio alto e senza la sua
scopa. Potter si accigliò, ritornò a chinarsi e baciò il suo ragazzo come si
deve, con le dita abbronzate a tenere ferma la mascella di Coote e la bocca
aperta con un leggero accenno di denti.
Ne
uscì con le labbra arrossate e il respiro un po’ accelerato, e si allontanò a
grandi passi. Coote rimase a fissarlo come se avesse visto la luce di Dio, e
Draco dovette sbrigarsi per raggiungerlo.
Quando ci riuscì, Potter si stava strofinando selvaggiamente la bocca col dorso
della mano, come se Coote gli avesse lasciato delle tracce di rossetto.
“Adesso sei felice?” ringhiò a Draco.
Non è questo il punto, avrebbe voluto ribattere lui. Eri tu a
dover essere felice, stupido, stupidissimo idiota.
Invece disse soltanto: “Se io fossi stato il tuo ragazzo, penso che ti
avrei ucciso all’incirca dopo tre giorni.”
“Davvero?” chiese Potter, storcendo la bocca. “Beh, non lo sei.”
Draco pensò che era giunto il momento di fare quella chiacchierata con Coote.
*
“Come osi?” gli domandò Coote.
La chiacchierata non stava andando bene.
“Harry non è uno stupido,” continuò Coote, fulminandolo con lo
sguardo. “L’unica cosa che non va in Harry sei tu.”
Draco sbatté le palpebre. “Chiedo scusa?”
“Lo fai lavorare troppo e lo rendi irritabile,” proclamò l’altro. “E i
tuoi modi di investigare, ho sentito delle storie, stai diffamando il
buon nome di Harry! Non mi sarei aspettato niente di diverso da un Serpeverde,
ma lascia che te lo dica, non appena io e Harry – ci capiremo meglio, la prima
cosa che farò sarà dirgli di mollarti come compagno!”
“Ma davvero,” commentò gelidamente Draco.
Coote
si alzò e buttò i soldi sul bancone. “Katie mi fa pena, visto che deve avere a
che fare con te.”
Dopo che Coote se ne fu andato, Draco rimase a fissare il suo bicchiere. Tipico
di un Grifondoro, fargli sapere le sue intenzioni in anticipo: gli aveva dato
l’opportunità perfetta di riempire di frottole la testa di Potter finché tutta
questa faccenda del nuovo ragazzo non si fosse sgonfiata. Solo che in realtà
non poteva farlo: questa era la prima volta in tanti anni che Potter cercava
un’interazione umana con qualcuno di sua spontanea volontà. Draco pensò al modo
in cui Potter allungava sempre una mano per tentare di afferrare qualcosa
appena sveglio, e si sentì confusamente e genericamente triste.
Si disse che Coote era giovane, ecco tutto. Era ancora fresco di scuola, e
l’aria di scuola era satura di competitività, e faceva diventare pazzi.
A parte l’aria di Serpeverde, ovviamente. I Serpeverde erano avanti!
Quando Shacklebolt gli chiese di infiltrarsi all’interno dell’ultimo gruppo di
Mangiamorte che si stavano preparando a rapire il Ragazzo Che Era
Sopravvissuto, Draco ricevette finalmente un ordine a cui fu felice di
obbedire, perché pensò all’istante che se Potter si fosse trovato davanti
all’evidenza che era un Mangiamorte e nonostante tutto non ci avesse
creduto, allora lui avrebbe avuto la prova che non – che non se ne sarebbe
andato. Draco si sarebbe potuto sentire più al sicuro. Draco voleva sapere cosa
avrebbe fatto Potter.
Infiltrarsi tra i Mangiamorte fu facile. Usare l’Occlumanzia per far sapere
solo quello che voleva fu un gioco da ragazzi. Dirigere i Mangiamorte nella
missione di rapimento fu una cosa da nulla.
Entrare nella cella di Potter il primo giorno fu dura, ma soltanto per qualche
momento. Potter lo fissò ma non tentò di ucciderlo, il che significava che
sapeva quello che stava succedendo.
Fu un tale sollievo.
Poi i Mangiamorte cominciarono ad agitarsi su una questione irrisoria come
quella del riscatto, e Draco non sapeva ancora tutti i loro nomi e cominciava a
innervosirsi ogni volta che uno di loro si avvicinava alla cella di Potter. La
scampò per un pelo quando ne bloccò uno e lo Schiantò nei sotterranei
proprio mentre stava per scoprire gli ultimi nomi.
Quando Shacklebolt e gli altri gli fecero sapere che i Mangiamorte stavano per
essere catturati era abbastanza stanco da collassare, e poi fece uscire Potter,
che alla fin fine non sapeva niente ed era così distrutto che Draco non poté
nemmeno gridargli contro.
Lo accompagnò a casa e mandò un Gufo a Coote chiedendogli di raggiungerlo, e
poi si mise a sedere sul tavolino di fianco al divano di Potter e si prese la
testa tra le mani. Ogni volta che gli veniva in mente un nuovo piano per
liquidare Coote, Potter (nel sonno, Cristo) faceva un leggero
movimento verso di lui, come per afferrarlo, e lui si sentiva istantaneamente e
orribilmente in colpa. Non poteva farlo.
“Shhh,” disse al viso esausto e addormentato di Potter. “Non dicevo sul serio.
Non lo farò.”
Quando Coote arrivò gli lanciò uno sguardo truce, e Draco si alzò e lasciò
subito che prendesse il suo posto. Coote si mosse con fare protettivo attorno a
Potter e lo guardò con occhi furiosi.
“So che in un modo o nell’altro è colpa tua,” lo accusò, e cos’avrebbe potuto
rispondergli? Aveva ragione.
“Prenditi cura di lui,” disse, e se ne andò.
Il giorno dopo arrivò in ufficio e trovò Potter e il caffè alla sua scrivania,
e si preparò psicologicamente per – qualcosa, non sapeva ancora cosa, e chiese
come stava Cootie.
“Abbiamo rotto,” rispose Potter, fissando il suo rapporto.
“Oh,” ribatté Draco, e subito, prima di poter pensare a quello che stava
dicendo, aggiunse: “È colpa mia? E' per il caso? Posso spiegargli, sono
sicuro che riuscirai a risolvere-”
“Sono stato io a rompere,” tagliò corto Potter. “Non voglio parlarne, non
voglio che spieghi niente a nessuno, e non voglio lui, per cui –
lascia perdere e basta, Malfoy, ok?”
“Va bene,” disse Draco in un soffio.
Era stata una maledizione schivata, comunque, anche se non sapeva come o
perché. La cosa lo mise piuttosto di buonumore almeno fino a quella sera,
quando mentre usciva dalla porta gli capitò di voltarsi e vedere Potter ancora
seduto alla sua scrivania con la testa chinata, e la linea delle sue spalle gli
ricordò quella di suo padre, e avrebbe voluto andare da lui e
chiedergli, Dimmi, dimmi cos’è che ti sta rendendo così infelice,
qualsiasi cosa sia, così potremo elaborare un piano per ucciderla.
Ma non lo fece. Doveva preservare l’equilibrio: uscì dalla porta.
*
L’anniversario del loro terzo anno come compagni fu segnato dall’incidente dei
vampiri.
Lui
e Potter erano chinati sul rapporto della missione a escogitare un modo per
introdursi in un covo di vampiri. Beh, Draco stava escogitando, visto che era
abbastanza sicuro che Potter più che altro stesse pensando alle enormi spade
che avrebbero usato per decapitarli.
“Aha,”
esclamò Draco con misurato trionfo. “Ho un piano. Prevede che tu faccia da
esca.”
Potter si accigliò. “Non credo proprio. Perché non puoi farlo tu?”
“Perché l’esca si troverà a portata di spada,” puntualizzò Draco
ragionevolmente. “Potrei essere ucciso!”
Potter lo guardò da sopra gli occhiali.
“Io uso la testa più di te,” argomentò lui. “Ne ho più bisogno.”
“Io uso la spada meglio di te,” ribatté Potter. “Per cui io userò la
spada e tu farai da esca, e ci terremo entrambi le nostre teste.”
“Va bene,” si arrese Draco, imbronciato. “Ma se mi decapiti, tornerò da
fantasma a tormentarti. Diventerò membro dei Cacciatori Senzatesta e ti lancerò
la mia in continuazione. Sarai davvero terrorizzato.”
“Adesso che me l’hai detto, no.”
“Lo sarai. La mia testa mozza sarà così spettrale che te la farai
sotto,” lo informò Draco con sepolcrale soddisfazione. “Gocciolerà ectoplasma.
Te la farò vedere io.”
Potter lo colpì piano sulla testa col suo rapporto. “Vai in giro per Ashvale
Street, stasera,” disse. “Vestiti da vittima.”
Draco imprecò contro Potter e quella sera uscì a corteggiare la morte zannuta
in agguato.
La morte zannuta in agguato apparve sottoforma di un vampiro tarchiato con gli
occhi e i canini scintillanti che saltò fuori da un cespuglio e lo assalì.
“Oh, caspita, sei un tipo sinistro,” constatò Draco con la voce di una Vittima
Innocente. “Spero tu non voglia arrecarmi alcun danno!”
A quanto pareva i vampiri erano non soltanto immortali, ma anche immuni al
sarcasmo. Draco pensò a quanto sarebbe stato del tutto impotente il professor
Piton di fronte a uno studente vampiro e rimase ad aspettare che sbucasse
Potter roteando la sua enorme spada da decapitazione e uccidesse il suo
aggressore.
Il vampiro attirò Draco in un abbraccio vigoroso, gli diede una viscida leccata
sul collo e lo morse con forza.
Potter uscì allo scoperto, roteò la sua enorme spada e decapitò il vampiro.
Draco spinse via il cadavere e lo fissò con uno sguardo accusatorio. “Bleah,”
si lamentò schifato. “Quel vampiro mi ha leccato.”
Potter rivolse un’occhiata significativa al suo collo sanguinante.
“E mi ha morso, sì, che cosa orribile, sono stato marchiato da un non morto,
vedo l’abisso davanti ai miei occhi,” continuò Draco in tono poco convinto.
“Dovresti sentirti veramente in colpa. Ma almeno ero psicologicamente preparato
ad essere morso da un vampiro. È il loro modo di fare vampiresco. Non sapevo
che prima ti leccassero. Mi chiedo se è per rendere più tenera la carne o per
pulirla o cosa.”
“Sta’ a sentire,” concesse Potter con indulgenza, chinandosi a raccogliere la
testa mozzata. “Terrò in vita uno dei vampiri così potrai chiederglielo.”
Potter lanciò a Draco la sua spada, che lui afferrò per l’elsa con un po’ di
difficoltà, poi si fermò a guardarlo.
“Ehm,” disse. “Come ti sei vestito?”
Draco abbassò lo sguardo sulla sua maglietta rossa con la scritta ‘TASSOROSSO
’98.’
“Avevi
detto di vestirmi da vittima.”
Potter salì le scale che portavano al covo del vampiro e riuscì a farsi aprire
usando l’espediente di tenere alzata la testa mozza davanti allo spioncino.
Draco
si congratulò con se stesso per la brillante efficacia del suo piano mentre la
porta si apriva e Potter decapitava il vampiro all’ingresso. Poi contò il
numero di mantelli impilati sull’appendiabiti e si rese conto che doveva
essere in corso un qualche genere di festa vampiresca.
“Penso che potremmo prenderli tutti,” rifletté Potter.
“Penso che mi piacerebbe istituire proprio oggi la Giornata Nazionale Del Non
Farsi Squarciare La Gola,” dissentì Draco. “Torniamo un’altra volta, quando non
hanno ospiti. È una questione di educazione.”
A quel punto un rumore di passi risuonò da dietro una porta, e Draco e Potter
si lanciarono dentro a un’altra. Si ritrovarono in una piccola stanza buia.
“Potter, ci sono all’incirca quaranta vampiri lì fuori,” ragionò Draco. “Se
proviamo a Smaterializzarci lo percepiranno, e se ci scoprono siamo nei guai.”
Rifletté per un momento. “Va bene, se entra qualcuno, fai finta di mordermi.”
“Scusa?”
“Fai finta di essere un vampiro,” spiegò Draco con impazienza. “Sto già
sanguinando: è evidente che qualcuno mi ha morso, e il profumo del sangue ci
coprirà. Se ci sono quaranta vampiri, qui, è possibile che non si conoscano
tutti l’un l’altro. Ci farà guadagnare qualche secondo e potremo uccidere
chiunque entrerà.”
Potter apparve estremamente incerto, il che era oltraggioso perché ormai
avrebbe dovuto sapere che i piani di Draco erano tutti brillanti. Aveva ancora
un’aria incerta quando sentirono un rumore di passi vicino alla porta. Draco
arretrò contro il muro, e Potter si decise e scattò in avanti.
Sollevò il mento di Draco con una presa decisa, gli voltò il viso di lato per
scoprire il morso sul collo e si avvicinò. I suoi capelli arruffati gli
solleticarono il viso e a Draco venne voglia di ridere, finché non realizzò che
Potter stava tremando lievemente. Doveva essere arrabbiato perché era costretto
fare una cosa del genere, e Draco curvò una mano attorno alla sua spalla in un
gesto rassicurante, come per dirgli Va tutto bene, lo so che non mi farai
male e Potter si strofinò appena contro il suo collo, alla cieca, e Draco
lo strinse e – gli passò la voglia di ridere.
All’improvviso ebbe la sensazione che nella stanzetta buia fosse venuta a
mancare un sacco di aria. Fece quasi per spingerlo via, ma poi un asse del
pavimento che dava l’impressione di essere proprio davanti alla porta
scricchiolò e Draco si ritrovò a non saper bene come dire a Potter che stavano
per morire di una morte efferata perché il collo era il suo punto debole.
Il respiro di Potter era irregolare sulla pelle di Draco, la sua bocca calda:
si chinò di un centimetro e lo leccò delicatamente, sul marchio del morso,
lungo la curva della gola, e poi quando ogni terminazione nervosa del corpo di
Draco cominciò a urlare in cerca di attenzione e le sue scapole tentarono di
scavare nel muro per uscire da quella situazione perché, Dio, che
imbarazzo, mentre lui si sforzava di resistere all’impulso di dare un ceffone a
Potter perché aveva preso quella stupida finzione troppo sul serio…
Beh,
in quel momento, grazie a Dio, un vampiro si precipitò nella stanza, afferrò
Potter per i capelli e gridò: “Muori, creatura demoniaca!”
Si
scoprì che erano Edred Worple e il suo amico Sanguini, i due scrittori che dopo
il successo di Fratelli Di Sangue avevano intrapreso una carriera come
cacciatori di vampiri per rimuovere gli elementi veramente sgraditi prima di
scrivere Amanti Di Sangue, il seguito che avrebbe svelato tutta la
verità sulla società dei vampiri. Visto che adesso erano quattro contro
quaranta, Draco acconsentì a proseguire con il piano uccidiamoli-tutti.
A battaglia vinta si incamminarono verso il quartier generale per comunicare
l’avvenuta pulizia del covo. Worple stava barcollando un po’ per via delle
conseguenze della lotta, ma si avvinghiò al braccio di Potter e gli raccontò in
tutta serietà di come il mondo fosse in attesa della sua storia.
“E così sei un vampiro cacciatore di vampiri,” disse allegramente Draco a
Sanguini. “Com’è?”
Lo sguardo di Sanguini era fisso sul suo collo, cosa che lo preoccupava non
poco. Draco stava per tirare fuori la spada quando Potter fece uno dei suoi
versi bizzarri, un ringhio con strane armonie in sottofondo, e Sanguini lo
prese come un suggerimento a spostare lo sguardo.
*
In realtà fu tutta colpa di Potter se Draco sperimentò la roba dell’armadietto
delle prove.
Era seduto fuori sul portico dei Bell con la piccola Mary, con la sensazione di
essere stato esiliato. Si era solo lasciato sfuggire che non voleva figli.
Faceva un lavoro pericoloso, aveva sottolineato, e aveva già spiegato a Katie
che non lo poteva lasciare – aveva un equilibrio da mantenere, era stata lei a
dirgli che tipo d’uomo le sarebbe piaciuto che diventasse, non era giusto
che adesso cambiasse idea – e anche se avesse lasciato il lavoro non avrebbe
comunque voluto figli.
E se avesse avuto un figlio e non fosse riuscito ad amarlo? Questo non lo aveva
detto. E se il bambino avesse provato e provato a farsi amare e lui
semplicemente non ci fosse riuscito e non avesse potuto far altro che
rimanere lì a guardare le conseguenze?
Un’altra cosa che non aveva detto era che non voleva figli che non fossero
purosangue.
Fu
un sollievo quando la macchina di Potter apparve nel cielo e si fermò davanti
al cancello. Draco si appoggiò alla fiancata del lato passeggero e aprì la
portiera di scatto davanti agli occhi increduli di Mary.
“Andiamo, Malfoy, un affare di droga. Shacklebolt pensa che qualcuno cercherà
di resistere all’arresto.”
Draco si raddrizzò e Mary decise di passare all’azione.
Disse: “Potter” e collassò faccia a terra in quello che sembrava un
attacco di estasi in piena regola.
“Lo fa con tutti,” minimizzò Draco. Si chinò per controllare che Mary non fosse
veramente morta di gioia, e poi salì in macchina.
L’arresto fu abbastanza veloce. Nessuno fece resistenza più di tanto. Forse
avevano scorto gli occhi da folle di Potter. Mentre esaminavano i pacchetti di
carta stagnola, Draco si sentiva ancora un po’ depresso, e all’improvviso pensò
di essere quasi sicuro che avessero il giorno libero.
Potter lo vide occhieggiare speculativamente un particolare pacchetto.
“Dai,” disse, con un’alzata d’occhi al cielo. “Ti sfido.”
Più tardi avrebbe dichiarato che non diceva sul serio, ma perché mai qualcuno
avrebbe dovuto dire cose che non pensava davvero?
“Non mi sento per niente diverso,” commentò Draco dopo un momento.
“Signor Malfoy, signor Potter,” cominciò Shacklebolt, incedendo a grandi passi
verso di loro. “- Signor Malfoy, cos’è successo alle tue pupille?”
“Qualche volta penso che lei sia un automa malvagio,” gli confessò Draco con voce
sognante. “Ma altre volte no.”
“Malfoy si sente – poco bene,” spiegò Potter, poi lo afferrò per un braccio e
lo trascinò immediatamente verso la macchina. Lo sgridò per tutto il tempo, ma
Draco stava ascoltando attentamente e non pensava che fosse davvero arrabbiato.
Bene. “Vai a farti un sonnellino sul sedile posteriore. Idiota,” aggiunse
Potter, e lo aiutò quando lui non riuscì a spostarsi da solo.
Una volta che Draco si fu disteso scoprì che stava guardando Potter alla
rovescia, il che era molto divertente. “Ciao,” disse, e si mise a ridere.
“Ciao,” mormorò Potter, e gli toccò i capelli. Era strano ma a quanto pareva
significava che Potter gli voleva bene.
Fu carina anche la partenza, con la musica di Maurice la radio che si mescolava
al ronzio uniforme del motore, e quando l’auto si lanciò nel cielo la luce del
sole riempì tutto il piccolo abitacolo ronzante. Draco pensò a Katie e realizzò
che anche da quel punto di vista andava tutto bene: lei lo amava, glielo aveva
detto, e quelle discussioni sui bambini significavano che forse stava
considerando l’idea di sposarlo.
“Sono felice,” annunciò. Potter si voltò a dargli un’occhiata e Draco scorse
l’angolo del suo sorriso.
“Sì?” ribatté. “Bene.”
L’auto stava salendo sempre più in alto, colmandosi di luce dorata. Draco
voleva chiedere a Potter se anche lui era felice, visto che era altrettanto
importante, ma poi la musica, il calore e la felicità ebbero la meglio.
L’auto continuò a salire sempre più in alto, come se stessero volando verso il
sole, e Draco si addormentò.
* Everybody look left, everybody
look right, everywhere you look I stand in spotlight, dalla canzone
“Voglio diventar presto un re” (originale: I just can’t wait to be king),
tratta dal film “Il re leone”.