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Autore: Kvothe97    19/01/2014    1 recensioni
"E arriverà un giorno in cui il Verbo avrà corpo e sarà di straordinaria bellezza. Per lei gli eserciti si schiereranno, per lei ci sarà morte e sangue, per lei si soffrirà.
Porterà rovina ma verrà chiamata Salvatrice.
Porterà Morte ma verrà chiamata Vita"
Profezia della Suprema Rivelazione
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo 9

Il Potere.

 

Le truppe avanzavano in formazione. Cinquemila soldati del Nord dai volti duri come il metallo, gli occhi chiari. Sembravano una sagoma grigia sulla neve bianca. Le lance e gli scudi e le spade tintinnavano ad ogni passo. Gli elmi ben calati sulle teste. Il vento faceva sventolare la bandiera dell'Orso, simbolo degli Holdar da migliaia d'anni. Daften Holdar I, sovrano del Nord e Protettore delle Alture, Guardiano dei Ghiacci e Protettore dei Sepolcri, stava sul suo cavallo bianco come la neve. La lunga barba bianca legata con una treccia, gli occhi grigi che guardavano l'orizzonte. Vestiva dell'armatura reale tenendo l'elmo del orso sotto l'ascella destra. Guardava l'orizzonte con gli occhi socchiusi, assaporando l'aria fredda del Nord.

Robert sapeva quanto suo fratello amasse il suo regno.

Robert Holdar era fratello di Daften, più giovane di lui di dieci anni. Daften era stato quasi come un padre per lui.

Jorg Holdar, loro padre, era stato molto assente. Sempre alla ricerca di fama e di successo. Non ne aveva mai trovata. In compenso aveva trovato una freccia sul collo lanciata da un bruto. Sempre alla ricerca di fama, per risollevare il buon nome del Nord. Il regno dei Ghiacci e delle Nevi, padre degli uomini del Ghiaccio e dell'Acciaio. Coloro che nelle Ere Gelide guidarono tutti i popolo alla sopravvivenza. Coloro che abbatterono i giganti. Ora erano solo un ombra.

Robert portava anch'esso l'elmo sotto braccio. I capelli biondi tagliati corti, gli occhi di un azzurro talmente chiaro da essere simili a dei frammenti di ghiaccio. Anche il suo destriero era grigio. Portava con se la sua spada a due mani, Gelo.

Daften.

Aveva sempre dimostrato una predisposizione per il comando, per la battaglia. Se il capo dei bruti era morto era solo grazie a lui. Colui che uccise loro padre vendicato dal figlio maggiore. Ma non da Robert.

Una sorta di monito immagino. Lui doveva essere il re.

Il paesaggio era spoglio e freddo. In egual misura.

Da oltre una collina apparvero dei bruti. Vestiti di vesti blu e armati di rudimentali armi.

Coraggiosi ribelli, li definiva Daften. Ma pur sempre ribelli. E stupidi.

Si mise l'elmo decorato con le effigi dell'orso e sfoderò la sua ascia.

-Uomini!- urlò Daften.

-all'attacco!-

I soldati risposero con un urlo di guerra.

Anche Robert si mise l'elmo e sfoderò Gelo. Daften era in prima linea, come sempre.

Partì al galoppo con dietro di se i soldati. I bruti erano di meno, ma comunque tanti. Il suo cavallo ne travolse alcuni. Sentì chiaramente il suono delle ossa che si spezzavano. Un movimento della sua spada e la testa di un bruto si aprì brutalmente.

Datfen abbatté la sua ascia con forza spietata. I soldati si schiantarono contro i bruti come se fossero un muro di carne e ferro. Il tintinnio del metallo contro metallo e del metallo contro la carne aleggiava per la vallata gelida. Robert colpì un altro bruto. Era l'ennesima battaglia. Non c'era gioia in tutto ciò. Le battaglie non lo erano mai. Lui non era come Daften. Non più, almeno.

Ora lo vedeva colpire a destra e a manca, con lo sguardo feroce. Teste di bruti e sangue che zampillava ovunque e gli sporcava l'armatura e la spada. Daften aveva sempre adorato lottare. La gioia nell'uccidere l'avversario nel conquistare un territorio, nel difendere una fortezza e coloro che vi abitavano. Daften rappresentava l'ideale Nordico. Un guerriero fiero di ciò che era e felice di lottare e di spargere sangue. Lo stesso fratello che gli aveva insegnato a leggere e scrivere, lo stesso che lo aveva addestrato e lo aveva portato a visitare le Cripte. Lo stesso che lo aveva abbracciato alla morte di loro padre. Ora era lì, con lo sguardo feroce ricoperto di sangue e i bruti morti attorno a lui. Ma rimaneva sempre la migliore persona che Robert avesse mai conosciuto. Lo aveva sempre invidiato per ciò che era, nel bene e anche nel male. Robert affondò la spada sulla gola di un bruto e poté vedere i suoi occhi spegnersi. Poteva avere una famiglia, dei figli, come ne aveva Robert. Forse... ora erano comunque soli. All'improvviso il suo cavallo impennò e lo fece cadere di sella.

-Robert!- sentì urlare Daften. Si preoccupava di lui. Perché lo faceva? Sapeva che Robert era formidabile.

Anche Robert lo sapeva. Appena si rialzò, lo fece molto velocemente, squarciò la pancia di un bruto, poi ne decapitò un altro. Parò un colpo dietro di lui, senza guardare.
Prevedibile. Girò su se stesso e tagliò la gola del bruto. Un affondo e ne perforò un altro. Un taglio sulla gamba e ne rallentò un altro per poi finirlo aprendogli la testa.

Robert era forte, c'era chi diceva che lo fosse di più di Daften. Anche Daften lo diceva. E col tempo aveva convinto pure Robert.

I soldati lo amavano e lo stimavano, era diverso da Daften ma comunque un grande condottiero. Più preciso e metodico, meno brutale e diretto. Forse meno scavezzacollo. Daften però, pur essendo scavezzacollo, aveva la tendenza di vincere sempre le battaglie in cui si lanciava. Robert era più generoso con il popolo mentre Daften era più duro, ma allo stesso tempo giusto.

Erano le due facce della stessa medaglia.

Una cosa li differenziava completamente.

Daften voleva riportare il Nord alla grandezza economica di un tempo. Voleva riportarlo in alto, alla guida del mondo. Voleva il potere. Ad ogni costo. A fin di bene certo ma il potere, e questo Robert lo sapeva, poteva corrompere anche l'uomo migliore. Come Daften.

Robert era semplicemente stanco. Stanco di continue battaglie, scontri, omicidi. Stanco di una vita che poco gli aveva portato, se non cicatrici. La battaglia sembrava terminata. Ma videro altri bruti arrivare, molti di più.

-Ancora? Ma quanti cazzo sono?- chiese Robert.

Daften rise. -Tranquillo fratello, arrivano i rinforzi!-

Ah già. I rinforzi.

Duemila armature rosse che sembravano di roccia, spade anch'esse rosse, elmi rossi. La pelle rossa come il fuoco. I Capelli, ovviamente neri. Gli occhi gialli. La neve si scioglieva al loro passaggio.

Vurkaniani.

Ora erano alleati dei Vurkaniani. Degli uomini rossi. Dei guerrieri del fuoco. Gli abitanti del caldo Est.

I Vurkaniani erano l'esatto contrario dei Nordici. I primi erano il fuoco, i secondi il ghiaccio. Una cosa gli accomunava, la sete di potere.

E questo a Robert preoccupava molto.

La carica dei Vurkaniani fu inarrestabile. Le armature rosse si abbatterono al fianco dei bruti, sbaragliando le loro fila. Con loro, ben lontano dalla battaglia, stava Penn Gorander, Emissario di Vurkan al Nord. Daften era stato molto serio quando aveva informato Robert dell'alleanza con i Vurkaniani.

“Abbiamo bisogno di loro. Sono giovani e intraprendenti, possono darci la spinta che ci serve. E in più hanno un esercito molto potente. Ancora qualche giorno e ci invieranno pure le Corazze Nere.” aveva detto Daften.

Le Corazze Nere erano la guardia personale del re di Vurkan, Argon Falltayer.

“Ma fratello... i Vurkaniani sono troppo diversi da noi. Troppo giovani.” aveva ribattuto Robert.

“La loro gioventù non è un problema. È uno stimolo. Le generazioni future che aiutano il vecchio e morente regno del Nord.”

Daften era sembrato esaltato per questa cosa.

“E poi” aggiunse. “Fuoco e ghiaccio non possono essere abbinati assieme. Ma se collaborano diventano un'arma inarrestabile. E così dovremmo essere quando marceremo verso Noveria a caccia della ragazza.”

La ragazza. Robert provava gran pena per lei. Una ragazzina di diciassette anni su cui le spalle gravava il destino di un continente. E i Noveriani la consideravano di loro proprietà.

Noi non siamo poi così diversi. Cerchiamo la ragazza per tornare in auge. Per tornare ad essere il grande e potente regno di un tempo. Per il potere.

Penn Gorander era un ometto minuto, dal fisico magro, dai capelli corti e neri dalla pelle rossiccia. Gli occhi giallo chiaro. Era vestito di un farsetto blu scuro e stava su un destriero nero.

-Un destriero nero sulla neve non è saggio, Gorander.- disse Robert.

-Perdonami Holdar, ma le stalle di Vurkan hanno solo destrieri neri.- disse Gorander con un sorriso.

Daften si avvicinò ridendo. -Che carica, amico mio. Che carica! Quei bruti se la sono fatta nei pantaloni appena hanno visto la neve sciogliersi.-

-è normale. Qui si gela.- disse Gorander tremando.

-Siete fuori posto, Gorander. Siete il fuoco nella neve, e come tali la sciogliete. Le tracce del vostro passaggio sono visibili da chilometri.- disse Robert.

-Purtroppo è così. Ma ricorda, Robert Holdar, che il fuoco scioglie la neve.- disse Gorander guardando torvo Robert.

Non ti sto simpatico. È vero. Non ti tratto bene ma lo meriti. Siete dalla nostra parte lo so ma siete fuori posto. Non dovreste essere qui. Come un pesce non dovrebbe stare sulla terra.

-Oh basta tergiversare! Torniamo ad Icehold e festeggiamo. Terza vittoria in due settimane. I bruti non sono più un problema!-

Gorander guardò di nuovo Robert.

-Ti ho visto al centro della battaglia. Il Guerriero del Gelo ha colpito ancora.-

Quel nome detto da un Vurkaniano suonava vuoto... privo di significato.

-Che questo ti rimanga impresso, Gorander.- disse cupamente Robert.

Gorander sorrise e posò la sua mano sulla spalla di Daften.

Anche solo per questo dovrei tagliarti una mano. Nessuno tocca il Re del Nord senza il permesso.

Questa era un'altra cosa che differenziava Robert da Daften.

Daften era un bonaccione per quanto riguardava il rapporto con i propri alleati. Riponeva tutta la sua fiducia e la sua amicizia sui suoi nuovi alleati. Senza distinzioni. Robert era più freddo, come il Nord. Ed era più legato alle antiche tradizioni.

-Fra tre giorni arriverà il mio sovrano. E assieme potremmo marciare verso Noveria.-

-Non aspetto altro, amico mio. Non vedo l'ora di incontrare Argon Falltayer, sovrano dell'Est!-

I soldati esultarono.

I soldati Vurkaniani stavano gelando. Ma la neve sotto di loro si scioglieva a causa della loro maggiore temperatura corporea.

Per loro è quasi come un suicidio. Ma il potere spinge a questo. Il potere spinge un uomo nella direzione sbagliata e gli fa credere che sia quella giusta. Il potere ti spinge a compiere azioni sconsiderate. Come un alleanza tra due regni completamente diversi.

Ma a volte dalle differenza si può trarre qualcosa di buono.

Il potere era sempre lì, che aleggiava come un manto sopra di loro.

Robert ripensò alle parole di Daften.

“Fuoco e ghiaccio non posso essere abbinati assieme. Ma se collaborano diventano un'arma inarrestabile. E così dovremmo essere quando marceremo verso Noveria a caccia della ragazza.”

 

 

 

  
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