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Autore: Kvothe97    19/01/2014    1 recensioni
"E arriverà un giorno in cui il Verbo avrà corpo e sarà di straordinaria bellezza. Per lei gli eserciti si schiereranno, per lei ci sarà morte e sangue, per lei si soffrirà.
Porterà rovina ma verrà chiamata Salvatrice.
Porterà Morte ma verrà chiamata Vita"
Profezia della Suprema Rivelazione
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo 18

Nuovi alleati

 

Nodamor volava in sella al suo Work. Il vento lo schiaffeggiava al viso.

Non aveva paura del vento, non aveva paura di scendere in picchiata con il suo Work. Non provava alcun brivido di paura quando sfiorava il terreno e tornava su all'ultimo secondo. Ma non aveva tempo per simile gagliardie. Sopratutto perché Athamor non glielo avrebbe permesso. Dio della Sapienza, fare tali cose era decisamente stupido.

Athamor serviva anche a questo. Oltre a essere il più saggio tra tutti loro. Colui che, nell'alto della sua sapienza, avrebbe sempre optato per opzione più vantaggiosa.

Ma forse...

Nodamor scosse la testa. Doveva essere lucido.

Lucido, sì, lucido.

Sgomberare la mente.

Doveva farlo perché vedeva una macchia al di sotto di sé, sotto il suo Work, sotto il suo esercito. Una macchia composta da soldati Inquisitori. Ad occhio e croce saranno stati...

-Diecimila- disse Nodamor.

-Forse quindicimila- disse Athamor. Aveva ragione, ovviamente. Dio della Sapienza.

-Perché stanno marciando?- chiese Marxal.

-Dev'essere giunta notizia della nostra discesa dalla Città Volante.- constatò Nodamor.

-Impossibile, Dio del Coraggio. Le notizie volano, ma non così in fretta.-

-Siamo in volo da più di tre ore, ha avuto tutto il tempo di arrivare alle orecchie del Grande Inquisitore. Un esercito volante si nota, temo.-

-Allora facciamo sentir loro la nostra presenza!- disse esaltato Marxal.

-Possiamo evitare uno scontro.- disse Athamor.

-Ma è ciò che vogliono. Offriamo loro un grande scontro da cantare nelle locande.-

-Ma siamo noi che dovremo raccontarla. Non loro.- disse Nodamor sorridendo.

-Allora non lasciamone nemmeno uno!-

Marxal era giovane (per i standard Celestiali) e molto intraprendente. Erano famose nella Città Volante le sue avventure con varie dee. Aveva pure adocchiato Allyma, anni addietro.

Sgombera la mente

Non doveva pensare a questo. Lo avrebbe distratto e si sarebbe ritrovato con una lancia sul collo. Evitabile.

-Ho deciso.- disse Nodamor.

-Allora seguiremo i tuoi ordini, Comandante.- disse Athamor.

-Attacchiamoli. Colpiamoli dall'alto. Non lasciamone nemmeno uno.-

Impugnò la sua lancia a due lame.

-Siamo in guerra, non c'è tempo per evitare le battaglie. Uomini, all'attacco!-

-All'attacco!!!- ripeté urlando Marxal.

I Work e i carri trainati da essi volarono con grande sincronia. Il battito d'ali degli uccelli era sincronizzato alla perfezione, anche se alcuni non si vedevano. I Discepoli, coloro che continuarono a credere nei Celestiali e che componevano il grosso dell'esercito, impugnavano le spade, mentre Nodamor e Athamor impugnavano le lance a doppia lama. Marxal possedeva un arco d'oro, ornato con decorazioni argentate.

Marxal era giovane ma abile con quell'arma. Dietro di lui stavano gli arcieri, tutti ornati con le vesti verdi. L'aria sibilò nelle orecchie di Nodamor, come una lama. Poi sentì come un tuono. Era il suono di centinaia di migliaia di Work che si abbattevano dall'alto su dei soldati Noveriani. La sua lancia si abbatté con naturalezza, recidendo un braccio. Poi la affondò sulla gola di un soldato, poi tagliò una testa. Il sangue sporcava la lama. Molto velocemente. I Discepoli facevano lo stesso, un enorme massa di carne, piume, ferro e sangue. Molto, molto sangue. Ma non il loro. Solo quello dell'Inquisizione. Il porpora dei loro mantelli svolazzava nell'aria. Mantelli strappati dai becchi duri come la roccia dei Work. Nodamor urlò un ordine. I Discepoli tornarono in volo per abbattersi nel fianco destro. Altri soldati si raggrupparono al centro, continuando la terribile carneficina. Guardò Athamor. Non era un guerriero, ma centinaia d'anni di vita gli avevano insegnato come ci si comportava in un campo di battaglia. Tutti loro l'avevano imparato. Se c'era una cosa che i Celestiali avevano provato più volte sulla loro pelle, quella era la guerra. Il dolore e il sangue. E il terrore della sconfitta. Nodamor ricordava lo sguardo di Athamor quando la Città Volante si sollevò da terra. I suoi occhi erano vuoti. Come un pozzo nel deserto. Nodamor gli aveva posato una mano sulla spalla.

“Non tutto è perduto, vecchio mio. Tu sei vivo ad esempio.-

Athamor aveva scosso la testa,

-Ma a quale prezzo? I miei amici sono morti. La città... anzi un pezzo di essa è costretta a volare e a noi non sarà più permesso toccare la terra che governavamo.-

Nodamor aveva posato lo sguardo sulla terra. Era così in basso...

-è il prezzo della pace.- aveva detto infine.

Parò un affondo di lancia e rispose con un affondo, che trapassò il cuore di un soldato, strappandogli la vita con velocità.

Gli mancava. Tutto ciò gli mancava. Ma era nella sua natura. Dio del Coraggio. E in che altro posto, se non nel vivo della battaglia, si dimostrava il coraggio di un uomo? Sapeva che a guidare quella guerra sarebbe stato qualcun altro. Shalazar il Guerrafondaio. Dio della Guerra. Condottiero durante la guerra civile assieme a Nodamor. E anche durante la Guerra Santa.

Ma anche lui era morto.

La... “Guerra Santa”... gli aveva portato via molti amici.

Allyma.

Sgombera la mente.

Ricordava i suoi occhi verdi come l'erba.

Sgombera la mente, Dio del Coraggio.

Ricordava le sue labbra carnose e morbide, calde, saporite.

Ricordava le notti passate in cima alla torre di Konderham, a osservare le stelle, a parlare di un futuro assieme. Ricordava il suo meraviglioso sorriso.

Ma anche lei... anche lei... era morta.

Sgombera la mente!

La furia prese il sopravvento. Colpì con la sua lancia, squartando un soldato, le interiora che superavano l'armatura. Una freccia lo sfiorò, colpendo all'occhio un Inquisitore.

-Ti sei distratto, Dio del Coraggio!- disse Marxal.

Nodamor lo guardò.

Marxal rise divertito.

-Occhi aperti, Nodamor. Guarda bene! I miei arcieri oscureranno il sole! Le mie frecce pungeranno come mille api!-

I suoi arcieri e lui compreso scoccarono all'unisono. Le frecce si abbatterono come mille punture, come sassi durante una frana.

Marxal. Giovane ma coraggioso. Dio degli Arcieri, il più abile tra i Celestiali con l'arco. Presuntuoso e altezzoso. Pieno di sé. Sempre con una Dea diversa, alla ricerca del piacere.

Nodamor guardò quegli occhi vispi e allegri, anche durante quella carneficina. Ricordava che Allyma ne era stata attratta. Che lo aveva pure baciato. Forse per gioco, forse per fare contento un giovane Dio. Ricordava l'invidia e l'odio che aveva provato. Ricordava i piani che aveva fatto per ucciderlo.

Per uccidere un giovane dio nel pieno delle forze e non temperato da centinaia d'anni di guerre. Un giovane sbruffone, ma coraggioso. Forse più di lui.

Il Dio del Coraggio che moriva d'invidia. Allyma lo aveva preso in giro per questo. Ma lui era rimasto serio. Lei era sua e di nessun altro.

“Ah ecco che le emozioni affliggono il Dio del Coraggio!” lo aveva canzonato ridendo.

“Non dovresti comportarti in questo modo.” aveva ribattuto Nodamor serio.

“Ti devo ricordare che non stiamo assieme? Come esco con te e ti bacio posso farlo anche con altri Dei non trovi?” nel volto di Allyma stava lentamente affiorando un sorriso divertito.

“Non è questo... è che... non so come...” cercò di spiegare Nodamor.

“Cosa?”

“è... non so... no niente, lascia stare.”

“ah!” aveva esclamato Allyma e poi aveva riso di gusto.

“Gelosia! Sei geloso! Tra tutti gli Dei che potevano essere gelosi da te non me lo sarei mai aspettato.” disse. Il sorriso non voleva abbandonare le sue labbra.

“No forse era da me che dovevi aspettartelo. Ci vuole coraggio per dirtelo in faccia.”

Il suo viso si era addolcito e... era così bella. Così perfetta.

“Vieni qui.” disse prendendogli il braccio e costringendolo a baciarla. Non fu difficile costringerlo, si lanciò subito su di lei.

Sgombera la mente, Noda. Non è il momento di ripensare a lei. Alla curva del suo sorriso. Ai suoi occhi verdi come l'erba. Ai giorni passati assieme al gruppo di addestramento. Quando Donthamar era ancora tuo amico. Quando te e Attuk vi divertivate tanto a fare scherzi di pessimo gusto alle matricole del campo di addestramento. Quando andavi per mare con Ferghos e lui se la rideva di gusto vedendo che diventavi verde per i movimenti che faceva la nave sballottata tra le onde. Quando te e Allyma, per dimostrarvi il vostro affetto, vi tenevate per mano anche per ore e nessuno dei due voleva mollare la stretta. Quando passavi giornate di pace assieme al tuo gruppo. Prima della Guerra Civile, prima della Guerra Santa. Prima che li perdessi tutti quanti.

Quando Allyma era morta, durante la Guerra Santa, trafitta da una freccia... ricordava di aver guardato Marxal con disprezzo. Una freccia.

Non era la sua ovviamente, ma era una freccia.

Dio degli Arcieri.

Era stupido incolparlo, ma era morta la donna che amava.

Ammetteva di averlo fatto. Lo aveva accusato, aveva urlato contro di lui con tutta la forza che aveva in corpo, tenendo stretto tra le braccia il corpo senza vita di Allyma.

“Guarda! Guarda cos'hai fatto! Non hai potuto fare niente, vero? Eh?! Dimmi che almeno hai provato a impedire questo, maledetto! Dimmelo! Dimmi che non è colpa tua, Dio degli Arcieri! Voglio che tu la guardi, ora, morta, con una freccia impiantata nel suo cuore! Voglio che la guardi e ammetti che è stata tutta colpa tua! GUARDALA!”

Ma ricordava anche gli occhi rossi di Marxal, e le lacrime che solcarono con prepotenza il suo viso. E improvvisamente le sue urla erano diventate vuote. Prive di ogni tipo di significato. Anche Marxal l'aveva amata, con tutta la purezza del suo cuore.

E allora non fece altro che abbracciarlo. Senza dire una parola.

Sgombera la mente!

Quando la sua lancia trafisse il cranio di un soldato, spaccando l'osso e colpendo le cervella, capì che lo scontro era finito.

-Si ritirano! La vittoria è nostra!-

Sollevò la lancia, ridendo!

-Una grande vittoria per i Celestiali! Ora anche la terra è testimone del nostro ritorno!-

 

La tempesta inizio velocemente.

Prima una lieve goccia scese dal cielo, come il primo suono d'una dolce melodia. La seconda seguì la prima con fare invidioso, voleva essere lei la più importante. La terza cadde facendo più rumore, per sovrastare le altre.

Tutte quelle dopo caddero assieme, vogliose di fare la loro parte in quel terrificante frastuono. I tuoni esplosero come ruggiti del cielo. I lampi illuminarono il cielo oscurato, ricordando che la sopra c'era ancora il sole.

Forse.

Una tempesta senza precedenti fece disperdere l'esercito.

Lavò via il sangue.

E nascose le lacrime dovute ai ricordi di Nodamor.

I Work volavano impauriti, con le piume bagnata e sballottati senza sosta dal vento.

-Athamor! Marxal! Statemi vicini! Non dobbiamo perderci!-

Ma a rispondere alla chiamata fu solo Athamor.

-Dov'è Marxal? Dobbiamo stare vicini!-

-Non lo so! Ma questo non è il momento migliore per pensarci! Dobbiamo trovare un rifugio! L'esercito è sparso ormai!- urlò Athamor per sovrastare i tuoni.

Nodamor annuì e fece cenno di seguirlo. Con Athamor, altri Discepoli seguirono il loro comandante.

Nelle Piane di Confine, luogo in cui si trovavano, era difficile trovare rifugio. Ma una cosa prese l'attenzione di Nodamor il Valoroso. Una misteriosa crepa sul terreno. Molto ampia. I soldati potevano passarci. Si diresse verso la grande crepa, mentre il vento turbinava senza sosta, come se il Supremo stesso stesse colpendo con un suo dito la terra.

Ci odi così tanto, vecchio di lassù?

Poi la pioggia offuscò la sua vista.

 

Raggiunse la crepa per miracolo. Guidato dal suo istinto di sopravvivenza. Era strano. L'enorme canyon, perché di canyon si trattava, raggiungeva una notevole profondità, ma poi... una parete era perforata, come per creare un tunnel sotterraneo. Lui e le sue truppe, con Athamor al seguito, vi entrarono.

Era buio, ma illuminato da misteriosi Graffiti. Rappresentavano uomini alti e vestiti di colori sgargianti. Armati di enormi lance. A doppia lama.

Nodamor toccò il muro di pietra. Aveva il fiato pesante. L'acqua stava lentamente allagando quella zona ma davanti a lui stava un portone, più simile ad una fortificazione di legno. Con incisi caratteri Celestiali.

Ma che diavolo...

Prese la sua lancia e colpì con forza il portone, aprendolo.

-Che succede? Chi è? Qui si allaga tutto!- sentì dire da una voce anziana.

I pochi soldati al suo seguito entrarono e richiusero con forza il portone.

Nodamor osservò ciò che aveva davanti. Dietro al vecchio col bastone e la barba lunga e bianca stava un grande atrio, con altre vie al seguito. C'erano donne e bambini. Belle donne, seppur segregate sottoterra. E c'erano uomini. Uomini armati. Molti. Più di quanto Nodamor pensava.

Nodamor li osservo oltre i suoi capelli bagnati, che ricadevano sul suo viso.

-Impossibile...- disse il vecchio.

-Che luogo è questo?- chiese Nodamor.

-Noi siamo... i fedeli dei Celestiali. Per tutti i cieli... di Voi! Noi crediamo in voi!-

Tutti si avvicinarono e si inchinarono, prostrandosi di fronte a Nodamor e Athamor.

-Non credo a ciò che vedono i miei occhi.- disse Athamor sorpreso.

-Credici, perché non mentono.-

Erano ancora inchinati.

-So a cosa stai pensando, Nodamor. Ti conosco da tre intere vite. Guarda bene. Sii Sapiente. Oggettivamente non possono esserci d'aiuto. Per quanto tutto ciò sia sorprendente.-

Ecco. Ecco cosa rendeva dubbioso Nodamor.

-è questo il tuo problema, vecchio amico. L'Oggettività. La tua Sapienza si basa su questo. Oggettivamente non possono aiutarci. Non sono ben armati e nemmeno ben addestrarti.

Ma va oltre l'oggettività.

Io qui, davanti a me, prostrati ai miei piedi, vedo uno stimolo. Uno stimolo per i Celestiali, per i nostri Discepoli. Una nuova forza. Un nuovo inizio. Io vedo un motivo di timore per i miei avversari. Altri fedeli, qui, sulla loro terra.

Io, Athamor il Sapiente, vedo nuovi alleati.-

 

 

  
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